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A PROPOSITO DI TESSERE................. Chi ha il potere di decidere, nel Partito Democratico? Nei partiti che conosciamo, la risposta è stata sempre piuttosto chiara: gli iscritti al Partito, attraverso la convocazione - a scadenze statutariamente determinate - dei Congressi. È infatti il Congresso il momento nel quale vengono definiti, attraverso il voto di tutti gli iscritti: a - il leader; b - l’indirizzo politico; c- la composizione di un organo rappresentativo del Partito. A questo scopo, il primo atto della regolare convocazione di un Congresso era ed è rappresentato dalla definizione della data di «chiusura» del tesseramento: attraverso quell’atto, infatti, veniva definita una volta per tutte la platea degli aventi diritto al voto (elettorato attivo). Il Congresso (sede di decisione su leader, linea politica e organismo dirigente rappresentativo) del Pd avrà le stesse caratteristiche? Secondo me, no. Saranno identici gli oggetti della decisione congressuale. Ma a votare - scegliendo tra le diverse opzioni in campo (ciascuna composta da leader, linea, lista per l’organismo) dovranno essere tutti i cittadini - italiani o regolarmente residenti in Italia - che lo vogliono, col solo vincolo della pubblicità di quella loro partecipazione. In questo senso, parlo di Congresso del Pd «modello 14 ottobre». Naturalmente, considero perfettamente legittime e «democratiche» proposte ispirate al modello più tradizionale (la platea degli aventi diritto al voto è composta solo dagli aderenti permanenti - gli iscritti - al partito). Semplicemente, le considero meno coerenti con la sostanza della funzione politica che il Pd deve assumere: partito a vocazione maggioritaria, naturale asse dell’alternativa di governo al centro-destra. In parole povere: un partito il cui leader è il capo del governo (o dell’opposizione) e il cui programma è la sostanza del programma di governo. Se è un partito così quello che vogliamo, le scelte fondamentali di quel partito debbono essere proposte dai suoi iscritti, ma assunte da tutti i cittadini che desiderino parteciparvi. Ma, in un partito così, che diritti e poteri avrebbero gli aderenti più attivi e permanenti, gli iscritti? E, ancora più a fondo, che incentivi all’iscrizione - alla partecipazione quotidiana - fornirebbe, un partito così? Si tratta di domande cruciali, visto che nessun partito davvero «popolare» può vivere senza un vasto corpo di persone quotidianamente impegnate a svilupparne l’iniziativa nella società e l’attività di elaborazione. La mia risposta è che il Pd deve avere «gli iscritti», raccolti in «sezioni», territoriali e non (sui nomi, degli uni e delle altre, mi affido volentieri a chi ha maggiore fantasia di me). E che questi iscritti debbono essere titolari di due diritti fondamentali: a) costruire e presentare - loro e solo loro - le piattaforme politiche e le candidature che compongono le diverse opzioni sulle quali i cittadini dovranno poi votare col metodo 14 ottobre (il riferimento è alle primarie aperte ndr) e b) essere gli unici titolari dell’elettorato passivo, cioè poter essere eletti - loro e solo loro - negli organismi rappresentativi e dirigenti del partito. Si tratta di diritti e poteri assai penetranti,.... Di diritti e poteri che - in buona sostanza - motivano e implicano una robusta strutturazione permanente del Pd (per questo aspetto, quindi, assai poco «leggero» e «liquido»). ENRICO MORANDO 2 dicembre 2007 ps Ovviamente le osservazioni di Morando sono rimaste minoritarie e il Pd prese unaltra strada.
Posted on: Sat, 02 Nov 2013 15:19:19 +0000

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