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Al termine della battaglia, Cesare decise di marciare contro gli Atuatuci, che si erano riuniti tutti in ununica roccaforte la cui notevole fortificazione era aiutata dalla natura stessa dei luoghi.[64] Così Cesare descrive lassedio della città (probabilmente Namur): « Avendo questa città tutto intorno altissime rupi [...] restava solo da una parte un accesso in leggera pendenza largo non più di 200 piedi [circa 65 metri]; in questo luogo gli Atuatuci avevano costruito un altissimo muro duplice e vi collocarono massi molto pesanti e travi appuntite [...] e appena lesercito romano arrivò, gli Atuatuci fecero frequenti sortite dalla città e si scontavano in piccole battaglie con i nostri. Più oltre quando furono circonvallati da un bastione che girava intorno per 15.000 piedi [circa 4,5 km] e da numerosi fortini, rimasero dentro le mura della loro città. Quando videro che, avvicinate le vinee, innalzato il terrapieno, veniva costruita una torre dassedio, al principio irridevano i Romani dalle loro mura, perché una macchina tanto grande fosse stata costruita così lontana [...] Ma quando videro che si muoveva e si avvicinava alle loro mura, cosa nuova ed insolita per loro, mandarono a Cesare ambasciatori a trattare la pace [...] Cesare disse loro che avrebbe salvato la loro nazione più per consuetudine che per merito, se si fossero arresi prima che lariete toccasse le loro mura, ma che dovevano consegnare le armi [...] gettata dalle mura una grande quantità di armi, tanto che le armi accatastate erano alte quanto la cima delle mura e del terrapieno, ma di una parte fu nascosta nella città la terza parte [...] e per quel giorno rimasero in pace [...] Al calare della notte Cesare ordinò ai suoi soldati di uscire dalla città perché di notte gli abitanti non ricevessero ingiustizie dai soldati. Gli Atuatuci, seguendo un piano precedentemente stabilito [...] fecero improvvisamente una sortita dopo la mezzanotte dalla città con tutte le truppe nel punto dove risulta più agevole la salita alle fortificazioni romane [...] ma segnalato il fatto rapidamente per mezzo di fuochi, come Cesare aveva in precedenza ordinato, le truppe romane accorsero dai castelli vicini. I nemici combatterono tanto valorosamente e duramente [...] contro i nostri che dal vallo e dalle torri tiravano i dardi [...] uccisi circa 4.000 nemici, gli altri furono ricacciati nella città. Il giorno seguente, forzate le porte [...] ed introdottisi i nostri soldati, Cesare mise in vendita tutto il bottino della città: [...] 53.000 persone. » (Cesare, De bello Gallico, II, 29-33.) Conquista della costa atlantica[modifica | modifica sorgente] Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Battaglia di Octoduro. Al termine di queste operazioni, tutta la Gallia Belgica, comprese le terri di Nervi, Atuatuci, Viromandui, Atrebati ed Eburoni, era stata posta sotto il controllo romano. Nel frattempo, la legio VII, guidata da Publio Crasso, figlio del triumviro Marco Licinio Crasso, era stata inviata ad occidente per sottomettere le tribù delle regioni costiere dellOceano Atlantico, tra le odierne Normandia e Garonna.[65] Un altro legato, Galba, fu inviato con la legio XII e parte della cavalleria nelle terre dei Nantuati, dei Veragri e dei Seduni, che si trovano tra i territori degli Allobrogi, il lago Lemano, il fiume Rodano e le Alpi.[66] Cesare, una volta poste tutte le legioni nei quartieri dinverno (tra i Carnuti, gli Andi, i Turoni ed i popoli dove aveva appena condotto la guerra), fece ritorno in Italia.[67] Partito Cesare, il legato Galba, che aveva come compito quello di aprire la via delle Alpi tra la Gallia Comata e la Gallia Cisalpina, trovandosi a dover combattere contro un nemico nettamente superiore in numero, fu costretto ad abbandonare il vicus celtico di Octodurus, dove aveva posto i suoi accampamenti invernali, e a ritirarsi nel Paese amico degli Allobrogi.[68] Anno 56: i popoli del mare e dellAquitania si ribellano[modifica | modifica sorgente] La campagna di Cesare del 56 a.C. Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Battaglia del Morbihan. Ben presto i popoli della costa tornarono sul piede di guerra: « il giovane Publio Crasso aveva acquartierato per linverno la settima legione nel paese degli Andi, ubicati nei pressi delloceano. Dato che in quella zona cera poco frumento inviò presso i popoli confinanti molti prefetti e tribuni militari a cercare vettovaglie, tra cui Tito Terrasidio presso gli Esuvi, Marco Trebio Gallo presso i Coriosoliti, Quinto Velanio e Tito Silio presso i Veneti. Questa nazione è la più autorevole di tutta la costa di quelle regioni dato che possiedono molte navi con cui navigano in Britannia, che sono superiori alle altre tribù nella scienza e nella pratica della navigazione e infine che detengono i pochi porti disseminati in un ampio tratto di mare e sulloceano aperto battuto dalle tempeste, percependo tributi dalla maggior parte di coloro che navigano in quel mare » (Cesare, De bello Gallico, III 7-8, 1.) I Veneti decisero di trattenere i due ambasciatori inviati da Cesare, Silio e Velanio, pensando di poter così riavere gli ostaggi che avevano consegnato a Crasso. Il loro esempio fu seguito dai popoli confinanti, che trattennero Trebio e Terrasidio e poco dopo decisero di legarsi con reciproci giuramenti di alleanza e fedeltà contro il comune nemico romano. Alla fine tutti i territori costieri della Gallia occidentale si sollevarono. I Galli perciò inviarono a Crasso un ultimatum, pretendendo la restituzione degli ostaggi se voleva rivedere vivi i suoi ufficiali.[69] Cesare, informato di quanto era accaduto, prevedendo un possibile ed imminente scontro navale con questo popolo di abili marinai, ordinò ai suoi uomini di costruire sulla Loira una flotta di navi da guerra, adatte anche ad affrontare il mare, e arruolò rematori e timonieri nella provincia. Frattanto i Veneti e i loro alleati, saputo dellarrivo di Cesare e resisi conto di quanto fosse grave laver scatenato lira del generale romano, decisero di prepararsi alla guerra, soprattutto provvedendo agli armamenti delle navi. Confidavano molto nella conoscenza dei luoghi, a loro tanto familiari. « I Veneti sapevano che le vie di terra erano interrotte dalle lagune, la navigazione era impedita per chi non conosceva i luoghi e dalla scarsità dei porti. Confidavano che il nostro esercito non potesse fermarsi troppo tempo tra questo popolo per la scarsità di grano [...] e poi essi avevano una grandissima forza navale, mentre i Romani non avevano nessuna nave e non conoscevano questi luoghi [...] i bassifondi, i porti e le isole [...] Fatti questi piani, fortificano le città, ammassano frumento nelle stesse, raccolgono il maggior numero possibile di navi nel Paese dei Veneti, dove sapevano che Cesare avrebbe iniziato la guerra. Si associarono come alleati a loro anche gli Osismi, i Lessovi, i Namneti, gli Ambiliati, i Morini, i Diablinti ed i Menapi, e chiamarono anche truppe dalla Britannia, che si trova di fronte a queste terre. » (Cesare, De bello Gallico, III, 9.) Cesare, che era tornato in Gallia non prima della fine di aprile, si preoccupò di dispiegare il suo esercito doccupazione prima che crescesse il numero delle nazioni partecipanti alla congiura contro Roma: inviò Labieno ad est, nella Gallia Belgica, tra Treviri e Remi con buona parte della cavalleria per bloccare larrivo di possibili rinforzi germanici; incaricò Publio Licinio Crasso di sottomettere i popoli dellAquitania, con 12 coorti ed un gran numero di cavalieri (tra la Garonna ed i Pirenei); nel territorio degli Unelli, dei Coriosoliti e dei Lessovi inviò il legato Quinto Titurio Sabino con tre legioni e lincarico di tenere lontane le truppe di quelle popolazioni; al comando della flotta, costituita con navi fatte prelevare dalle popolazioni dei Pictoni e dei Santoni, pose Decimo Bruto, ordinandogli di partire il prima possibile per la Bretagna; quanto a sé stesso, marciò contro i Veneti con le truppe di terra rimastegli: 3-4 legioni.[70] Le città dei Veneti erano poste sullestremità di piccole penisole di terra e promontori, in posizione tale da essere inaccessibili sia per via di terra, quando le maree sollevavano il livello delle acque, sia per mare, poiché quando la marea scendeva le navi nemiche si incagliavano nei bassifondi. La battaglia tra Cesare ed i Veneti del 56 a.C. presso la Baia di Quiberon Per questi motivi Cesare trovò grandi difficoltà nellassediarle. Oltre a ciò Cesare racconta che: « [...] le loro navi erano costruite e armate in questo modo: le carene erano alquanto più piatte che quelle delle navi romane, per poter più facilmente affrontare i bassifondi, ed il riflusso della marea [...] le prue e le poppe erano assai alte, adatte alla grandezza delle onde e delle tempeste. Le navi erano fatte di legno di quercia per resistere alla forza della natura [...] al posto delle vele, cuoio e pelli sottili [...] Con queste navi la flotta romana [...] era superiore solo nella velocità e nella forza dei remi, in tutte le altre caratteristiche erano superiori i Veneti [...] Le navi romane non potevano recare loro danno con il rostro, tanto era la loro solidità, e non era facile per laltezza delle navi dei Veneti lanciarvi dei dardi e per lo stesso motivo non era facile ancorarle con gli arpioni [...]. » (Cesare, De bello Gallico, III, 13.) Cesare, dopo aver espugnato diverse città, si rese conto che non poteva né impedire ai nemici di fuggire, né nuocer loro maggiormente. Decise pertanto di attendere larrivo della flotta comandata da Decimo Bruto. Una volta giunta, i Romani ingaggiarono battaglia coi Veneti[71] e, avvalendosi di falci affilate inserite e fissate a pertiche, riuscirono a tagliare le sartie che legano le antenne degli alberi delle navi, togliendo così alle navi galliche la possibilità di manovrare le vele e determinandone il loro arresto, in balia della flotta romana. Il combattimento che ne conseguiva dipendeva dal valore dei soldati di entrambe le flotte, ed in questo campo Romani erano di molto superiori. A questa superiorità tattica dellesercito romano si aggiunse improvvisamente una così grande bonaccia e calma, che le navi galliche non poterono più muoversi dalle loro posizioni. Point de Raz, Bretagna. Questa circostanza risultò fondamentale nel decidere le sorti della battaglia, e lesito finale fu favorevole ai Romani, che piegarono così la resistenza dei Veneti e li costrinsero alla resa. Cesare decise di punirli duramente, con esecuzioni di massa e la riduzione in schiavitù dei superstiti, poiché non aveva dimenticato che non avevano rispettato il sacro diritto degli ambasciatori romani, avendoli poco prima sequestrati e ridotti in prigionia.[72] Intanto Quinto Titurio Sabino sedò una rivolta delle tribù stanziate nella regione corrispondente allattuale Normandia[73] capeggiata da Viridovice, mentre Crasso sottomise le tribù dellAquitania fino ai Pirenei, a cominciare dai Soziati di Adiatuano[74], dei Vocati e dei Tarusati, battuti in due successive battaglie. Oltre a queste, altre tribù si arresero per il solo timore di essere attaccate: i Tarbelli, i Bigerrioni, i Ptiani, gli Elusati, i Gati, gli Ausci, i Garonni, i Sibuzati ed i Cocosati.[75] A fallire fu la sola spedizione contro i Menapi e i Morini della costa delle Fiandre, perché costoro, approfittando del territorio paludoso e boscoso, misero in atto una tattica di guerriglia contro la quale i Romani non poterono fare nulla. Dopo aver devastato le loro terre, il proconsole si ritirò negli accampamenti invernali presso i Lessovi, gli Aulerci e altre nazioni galliche che aveva appena combattuto.[76] Anno 55: Germani e Britanni[modifica | modifica sorgente] La campagna di Cesare del 55 a.C. Egli compì due spedizioni memorabili nel corso di questanno: in Germania ed in Britannia, territori fino ad allora mai esplorati dagli eserciti romani. Cesare batte Usipeti e Tencteri e varca il Reno[modifica | modifica sorgente] Spinte alle spalle dalla pressione dei Suebi, le tribù germaniche degli Usipeti e dei Tencteri avevano vagato per tre anni, e si erano spinti dai loro territori, a nord del fiume Meno, fino a raggiungere le regioni abitate dai Menapi alla foce del Reno. I Menapi possedevano, su entrambe le sponde del fiume, campi, casolari e villaggi; ma, spaventati dallarrivo di una massa tanto grande (Cesare sostiene fossero ben 430.000 persone),[77] abbandonarono gli insediamenti al di là del fiume e posero alcuni presidi lungo il Reno, per impedire ai Germani di passare in Gallia. Non riuscendo ad attraversare il fiume, Tencteri ed Usipeti simularono la ritirata; una notte, però, la loro cavalleria tornò allimprovviso e fece strage dei Menapi che erano tornati nei loro villaggi. Si impadronirono delle loro navi e passarono il fiume. Occuparono villaggi e si nutrirono per tutto linverno con le loro provviste.[78] Venuto a conoscenza di questi fatti, Cesare decise di anticipare la sua partenza per la Gallia e raggiungere le sue legioni, che svernavano nei territori della Gallia Belgica.[79] Era venuto inoltre a sapere che alcune tribù galliche avevano invitato le tribù germaniche ad abbandonare i territori appena conquistati del basso Reno, per inoltrarsi in Gallia. « Attratti da questa speranza, i Germani si spinsero più lontano con le loro scorrerie, fino ai territori degli Eburoni e dei Condrusi, che sono un popolo cliente dei Treviri [...] Cesare dopo aver blandito ed incoraggiato i capi della Gallia, ed avergli richiesto reparti di cavalleria alleata, stabilì di portare la guerra ai Germani [...] Cesare dopo aver provveduto a raccogliere frumento ed arruolati i cavalieri si diresse verso le regioni dove si diceva si trovassero i Germani.[80] » (Cesare, De bello Gallico, IV, 6-7,1.) I Germani, che si trovavano in una località non molto distante dallattuale città di Nimega,[81] una volta venuti a conoscenza dellavvicinamento dellesercito romano decisero di inviare ambasciatori a Cesare, per chiedere al generale il permesso di insediarsi in quei territori ed offrendo in cambio la loro amicizia. Gli ricordarono il motivo per cui erano stati costretti a migrare ed il loro valore in battaglia, ma Cesare negò loro il permesso di occupare territori della Gallia: sostenne che non era giusto che i Germani si impadronissero delle terre di altri popoli; proprio loro, che non erano stati capaci di difendere i propri territori dalle scorrerie dei Suebi. Unimmagine del corso del Reno allaltezza di Coblenza dove Cesare costruì un ponte per portare la guerra ai Germani della riva destra nel 55 e 53 a.C. Cesare consigliò loro di ripassare il Reno e di occupare i territori del popolo amico degli Ubi;[82] Fu stabilita quindi una tregua da utilizzare per giungere a un compromesso con questo popolo, ma, durante la tregua, i Germani si scontrarono con uno squadrone di cavalleria gallo-romana, che fu messa in fuga. Cesare li accusò di non aver rispettato laccordo e così, quando gli ambasciatori di Usipeti e Tencteri si recarono da lui per giustificarsi, li fece imprigionare, dopodiché, con una mossa fulminea, piombò sullaccampamento germanico difeso solo da carri e bagagli, massacrando i nemici e costringendoli alla fuga in direzione della confluenza del Reno con la Mosa (lungo il tratto chiamato Waal).[83] Ottenuta una nuova vittoria sulle genti germaniche, Cesare decise di passare il Reno e di invadere la stessa Germania. La ragione principale che lo spinse a portare la guerra oltre il Reno fu lintenzione di compiere unazione dimostrativa e intimidatoria che scoraggiasse i propositi germanici di invadere in futuro la Gallia. Troppo spesso essi avevano fornito truppe mercenarie ai Galli e si erano intromessi nelle loro vicende interne. Gettato un lungo ponte di legno sul Reno (tra Coblenza e Bonn, lungo probabilmente 400 metri[84]), il proconsole passò prima nel territorio amico degli Ubi, poi deviò verso nord nel territorio dei Sigambri, dove per diciotto giorni compì devastazioni e saccheggi a rapidità incredibile. Terrorizzati a sufficienza i Germani, decise di far ritorno in Gallia, distruggendo il ponte alle proprie spalle e fissando il confine delle conquiste della Repubblica romana sul Reno.[85] La prima spedizione in Britannia[modifica | modifica sorgente] Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Spedizioni cesariane in Britannia. Le bianche scogliere di Dover della Britannia, dove i Britanni si erano appostati, aspettando lesercito di Cesare. Nella tarda estate del 55 a.C. Cesare decise di invadere la Britannia, perché: « [...] comprendeva che in quasi tutte le guerre galliche, i rinforzi erano giunti dallisola ai nostri nemici; se non fosse bastata la buona stagione per condurre la guerra, tuttavia pensava che avrebbe tratto grande utilità anche da una semplice visita nellisola, da unesplorazione dei suoi abitanti e da una ricognizione dei luoghi, dei porti e degli accessi; tutte cose che erano quasi del tutto ignote ai Galli. Ad eccezione dei mercanti, nessuno infatti rischiava di recarsi là e anche la conoscenza che loro avevano dellisola non andava oltre la costa e le regioni che si trovano di fronte alla Gallia. » (Cesare, De bello Gallico, IV, 20.) Per questi motivi, Cesare non fu in grado di ottenere dai mercanti sufficienti informazioni su quanti e quali popoli vi abitassero, quali tattiche di guerra utilizzassero, quali porti fossero idonei per lattracco della sua flotta. Decise allora di mandarvi in avanscoperta Gaio Voluseno, con una nave da guerra, mentre nel frattempo si spostò nel territorio dei Morini, dove ordinò di radunare quella stessa flotta che aveva combattuto contro i Veneti nel 56 a.C., poiché da questa regione la traversata per la Britannia risulta più breve. Mentre Cesare preparava la spedizione, alcuni mercanti informarono i Britanni circa le intenzioni del proconsole romano. Spaventati dalla possibile invasione romana, decisero di inviare ambasciatori a Cesare, promettendogli di consegnare ostaggi e di obbedire allautorità di Roma. Cesare accolse le loro promesse e permise loro di ritornare in patria, mandando con loro Commio, da lui imposto sul trono degli Atrebati. Aveva il compito di visitare la Britannia, di esortare le sue popolazioni ad essere fedeli a Roma e di annunciare loro che presto si sarebbe recato in Britannia egli stesso. Il Santuario, sulla Overton Hill, 5 miglia a ovest di Marlborough, nella contea del Wiltshire. Voluseno frattanto tornò con molte informazioni, mentre i Morini decidevano di sottomettersi a Cesare, scusandosi per il comportamento passato. Allo scopo di rendere più sicura la situazione in Gallia prima di partire, Cesare dispose che gli fossero consegnati un gran numero di ostaggi, e come li ebbe ricevuti, accettò la loro sottomissione.[86] Quindi salpò alla volta della Britannia, da Portus Itius (o Gesoriacum, lattuale Boulogne-sur-Mer), con circa ottanta navi, sufficienti a trasportare due legioni (la VII e la X),[87] ma lasciando indietro la cavalleria (su altre diciotto imbarcazioni da carico), che avrebbe dovuto partire da un altro porto (forse Ambleteuse, distante otto miglia). Avvicinatosi allalta scogliera della zona di Dover si accorse che lì si era appostato il grosso dellesercito nemico, che dallalto osservava la flotta romana. Cesare ritenne impraticabile uno sbarco in quel punto e decise di riprendere il mare; giunse più tardi in un tratto di costa aperta e piana, che si trovava a circa sette miglia da Dover. Qui, ancora una volta, si trovò di fronte al nemico schierato. Infatti i Britanni avevano mandato avanti la cavalleria ed i combattenti sui carri per attendere Cesare in riva al mare, mentre il grosso dellesercito li avrebbe raggiunti. In questo luogo ebbe luogo unimportante battaglia, poiché lesercito dei Britanni tentò di impedire lapprodo delle navi e il conseguente sbarco dei Romani.[88] Questi ultimi, dopo molte difficoltà, riuscirono (grazie anche alle potenti armi da getto dellartiglieria pesante collocata sulle navi) a scendere a terra, dove i due eserciti si scontrarono. Dopo un duro combattimento, i Britanni furono messi in fuga, ma i vincitori non furono in grado di inseguirli, poiché mancava loro la cavalleria rimasta in Gallia.[89] Le tribù britanniche, vinte in battaglia, si decisero a mandare ambasciatori per chiedere la pace. I messi condussero con loro Commio (che era stato fatto prigioniero e che liberarono dalle catene davanti a Cesare) e offrirono numerosi ostaggi. Quando però seppero che la cavalleria romana era stata ricacciata sulle coste belgiche dal cattivo tempo e che le maree oceaniche avevano danneggiato pesantemente le navi di Cesare, i Britanni decisero di riprendere le armi contro linvasore romano e, dopo aver rinnovato a parole lalleanza con Cesare, lasciarono furtivamente il campo del proconsole. Ma Cesare, che aveva intuito le intenzioni del nemico, predispose tutto il necessario per un eventuale attacco, compreso il reperimento del frumento necessario per rifornire lesercito e la riparazione di più navi possibili (fece utilizzare, come pezzi di ricambio, parti di quelle maggiormente danneggiate, ormai inutilizzabili per la traversata di ritorno).[90] Spada celtica trovata in Britannia. Durante queste operazioni fu inviata una sola legione, la VII, a raccogliere il grano necessario, non essendoci stato alcun sospetto di una ripresa ostilità da parte delle tribù indigene. La legione, però, una volta allontanatasi dal campo principale fu circondata ed attaccata da ogni parte. Cesare, accortosi dellaccaduto (anche da lontano si poteva scorgere un polverone maggiore del solito), prese con sé otto coorti della X legione e si mise in marcia a grande velocità. Riuscì a salvare la legione assediata, bersagliata da proiettili da ogni parte, ed a riportarla allinterno del campo base, dove era certo avrebbe dovuto sostenere lultimo e decisivo assalto nemico.[91] Alla fine, i Britanni, dopo aver radunato una grande massa di fanti e di cavalieri, attaccarono: furono nuovamente sconfitti, subendo perdite ingenti. I Romani inseguirono il nemico finché le forze lo consentirono loro, incendiando in lungo ed in largo tutti i casolari della zona. La vittoria romana costrinse i Britanni a chiedere la pace, e questa volta Cesare, ottenuta la promessa di ricevere il doppio degli ostaggi, ripartì per la Gallia, dove, una volta sbarcate, le sue legioni furono però aggredite anche dai Morini, che speravano in un ricco bottino. I nemici furono respinti anche questa volta ed il proconsole inviò Tito Labieno a punire questo popolo, mentre Quinto Titurio Sabino e Lucio Aurunculeio Cotta furono inviati a devastare le terre dei vicini Menapi. Al termine delle operazioni, Cesare dislocò le legioni negli accampamenti invernali, questa volta tutti nella Gallia Belgica. Frattanto solo due nazioni inviarono gli ostaggi promessi dalla Britannia, mentre le altre vennero meno agli accordi. Ordinò, infine, ai suoi legati, prima di lasciare i quartieri dinverno per recarsi in Italia, di provvedere durante linverno alla costruzione del maggior numero di navi possibile ed alla riparazione di quelle vecchie, disponendo che le nuove navi fossero più basse e più larghe di quelle che abitualmente erano usate nel mar Mediterraneo (così da reggere meglio le onde delloceano).[92] Una volta tornato a Roma, furono decretati venti giorni di festa in suo onore.[93] Anno 54: il ritorno in Britannia e le prime rivolte in Gallia[modifica | modifica sorgente] Dopo aver posto fine in Illiria agli attacchi dei Pirusti, Cesare decise di far ritorno in Gallia, dove volle ispezionare tutti i quartieri dinverno e le numerose navi che erano state fino a quel momento costruite: ben seicento, che decise di radunare presso Portus Itius. Venuto a sapere che tra i Treveri serpeggiava una voglia di rivolta - non solo non partecipavano più alle riunioni comuni dei Galli, ma avevano mantenuto dei buoni rapporti con i Germani doltre Reno -, decise di muovere verso di loro con quattro legioni ed ottocento cavalieri. Raggiunti i Treveri, richiese a Induziomaro, uno dei due uomini più influenti di questo popolo e favorevole alla cacciata dei Romani dalla Gallia, numerosi ostaggi tra i suoi famigliari, mentre a Cingetorige, che si era dimostrato fedele ed amico del popolo romano, affidò il comando su questa nazione. A questi eventi si aggiunse la morte delleduo Dumnorige, il quale, dopo aver terrorizzato i nobili della Gallia sostenendo che Cesare li avrebbe trucidati una volta sbarcati in Britannia, fu messo a morte per evitare possibili sentimenti di rivolta tra i Galli.[94] La seconda spedizione in Britannia[modifica | modifica sorgente] Popoli della Britannia meridionale contro cui Cesare combatté la seconda campagna. Cesare, lasciato in Gallia Tito Labieno con tre legioni e duemila cavalieri a guardia dei porti, a provvedere al vettovagliamento ed a controllarne la situazione, salpò per la seconda volta da Portus Itius alla volta della Britannia[95] con una forza militare più consistente di quella dellanno precedente: cinque legioni e duemila cavalieri a bordo di oltre ottocento navi. Al suo seguito si aggiunsero anche numerosi mercanti attratti dai racconti sulle favolose ricchezze dellisola.[96] Sbarcato nello stesso luogo dellanno precedente senza trovare nessuna opposizione, Cesare, lasciate a guardia della flotta dieci coorti e trecento cavalieri sotto il comando di Quinto Atrio, marciò verso linterno dove, a circa diciotto miglia dal campo base, trovò la prima vera opposizione dei Britanni, i quali furono sconfitti sebbene si fossero attestati in una posizione favorevole.[97] La mattina seguente giunsero presso il campo del generale romano alcuni cavalieri inviati da Quinto Atrio per informarlo che la notte precedente una tempesta aveva danneggiato la maggior parte delle navi.[98] Il proconsole romano si recò quindi a constatare di persona i danni e a predisporre il necessario per far riparare le navi. Tornato presso le legioni, scoprì che nel frattempo si era radunato nei pressi del campo romano un imponente esercito nemico guidato da Cassivellauno (che regnava sulle genti a nord del Tamigi).[99] Lattacco dei Britanni che ne seguì è così descritto dallo stesso Cesare: « Cesare inviò in loro aiuto due coorti e scelse due legioni che presero posizione [...] ma i nemici con grande coraggio, mentre i Romani erano atterriti dal nuovo modo di combattere, riuscirono a sfondare passando nel mezzo, riuscendo a mettersi in salvo. In questo giorno cadde ucciso il tribuno militare Quinto Laberio Duro, ed i Britanni furono respinti con linvio di numerose coorti [...] osservando il combattimento, Cesare comprese che i Romani non potevano inseguire gli avversari quando si ritiravano per la pesantezza delle armi [...] allo stesso modo i cavalieri combattevano con grande pericolo, poiché i Britanni di proposito si ritiravano e quando li avevano allontanati un po dalle legioni, scendevano dai carri ed a piedi li attaccavano in modo diseguale [...] in questo modo il pericolo risultava identico per chi inseguiva e chi si ritirava, inoltre i Britanni non combattevano mai riuniti ma in ordine sparso [...] in modo che potessero coprirsi la ritirata e soldati freschi sostituire quelli stanchi. » (Cesare, De bello Gallico, V, 15-16.) Il giorno seguente i Britanni, che sembravano essersi ritirati lontano dal campo romano, decisero di tornare ad attaccare le tre legioni e la cavalleria che erano state inviate a fare provviste. Ed anche in questa circostanza la miglior disciplina dellesercito romano prevalse sulle genti della Britannia, con i Romani che riuscirono a respingere i nemici, infliggendo loro numerose perdite. Cesare, deciso a passare al contrattacco, condusse la sua armata fino ai domini di Cassivellauno. Attraversato il Tamigi attaccò il nemico, che si era appostato sulla riva settentrionale, in mondo così improvviso che i Britanni furono costretti alla fuga. Proseguì poi le operazioni fino alla conquista di un oppidum nemico più a nord.[100] Lultimo tentativo di Cassivellauno di attaccare il campo navale e le forze romane lasciate a presidio della costa si rivelò anchesso un totale fallimento, tanto che il re britanno fu costretto a intavolare trattative di pace con Cesare, attraverso la mediazione dellatrebate Commio. I Britanni furono costretti a sottomettersi, a pagare un tributo annuale ed a consegnare ostaggi al proconsole romano in segno di resa, mentre allo stesso Cassivellauno fu vietato di recare ulteriore danno a Mandubracio e ai Trinovanti che avevano chiesto protezione contro di lui a Cesare.[101] Il generale romano fece ritorno in Gallia, dove, dopo aver assistito allassemblea dei Galli a Samarobriva (forse lodierna Amiens), mandò le legioni nei quartieri dinverno.[102] Benché non avesse ottenuto alcuna nuova conquista territoriale in Britannia, era riuscito nellintento di terrorizzare quelle genti, limitandosi a creare tutta una serie di clientele che avrebbero portato questa regione nella sfera dinfluenza di Roma, oltre ovviamente ad essere stato il primo romano a coprirsi di gloria per aver attraversato con le sue legioni il Mare del Nord.[103] Da qui scaturirono quei rapporti commerciali e diplomatici che apriranno la strada alla conquista romana della Britannia nel 43.[104]. Primi segnali di rivolta in Gallia[modifica | modifica sorgente] La campagna di Cesare del 54 a.C. in Britannia (estate) e Gallia (autunno/inverno). Ricevuti gli ostaggi britanni, Cesare ritornò in Gallia dove, dopo aver assistito allassemblea dei Galli a Samarobriva, mandò le legioni nei quartieri dinverno. Una legione affidata al legato Gaio Fabio fu inviata tra i Morini (presso lattuale cittadina di Saint-Pol-sur-Ternoise); unaltra, assegnata a Quinto Cicerone, si posizionò tra i Nervi (presso Namur); una terza (Lucio Roscio) fu inviata tra gli Esuvi (presso Nagel-Séez-Mesnil, nellAlta Normandia); una quarta (Tito Labieno) tra i Remi, al confine con i Treveri (probabilmente in località Lavacherie, a circa sedici chilometri a nord-ovest di Bastogne); tre legioni andarono tra i Belgi, sotto il comando del questore Marco Crasso (nella zona di Beauvais) e dei legati Lucio Munazio Planco (presso Lutezia) e Gaio Trebonio (presso Samarobriva); e una legione (appena arruolata nella Gallia Cisalpina) con cinque coorti, affidate a Quinto Titurio Sabino e Lucio Aurunculeio Cotta, raggiunsero le terre degli Eburoni (non molto distante da Atuatuca). Cesare stesso, invece, avrebbe fatto ritorno in Italia, non appena avesse saputo che ogni legione aveva preso posizione nel luogo assegnato.[105] In Gallia, però, si respirava aria di rivolta e tutto il Paese era in fermento. I primi segnali si ebbero già a partire dallautunno di quellanno, quando i Carnuti (stanziati nella zona di Chartres e Orléans) uccisero il re filo-romano Tasgezio, che Cesare aveva posto sul trono apprezzandone il valore, la discendenza e la devozione. Quando lo seppe, il proconsole, temendo una sollevazione generale del popolo dei Carnuti, decise di inviare Lucio Munazio Planco con la sua legione a svernare in quella regione. Nel frattempo venne a sapere che tutte le altre legioni erano giunte nei quartieri invernali e che le fortificazioni erano state completate.[106] Quindici giorni dopo che le legioni si erano acquartierate nei loro rispettivi hiberna, scoppiò improvvisamente una rivolta tra gli Eburoni (regione delle Ardenne) guidata da Ambiorige e Catuvolco. Le truppe romane furono attaccate mentre erano intente a far provvista di legna fuori dal campo base, e laccampamento romano di Sabino e Cotta, che si trovava con ogni probabilità presso Atuatuca, fu completamente circondato: « [...] si trattava di un disegno comune di tutta la Gallia, quello era il giorno fissato per un attacco da parte dei Galli a tutti i quartieri invernali di Cesare, perché nessuna legione potesse prestare aiuto alle altre. » (Cesare, De bello Gallico, V, 27.) Ambiorige decise di cambiare tattica. Avendo considerato che il campo romano era difficilmente attaccabile e che comunque sarebbe caduto solo a prezzo di ingenti perdite tra i suoi, riuscì a convincere con linganno i Romani ad uscire dallaccampamento. Suggerì loro di ricongiungersi con le legioni più vicine (quelle di Labieno o di Cicerone), che distavano una cinquantina di miglia, assicurando che non avrebbe interferito nella marcia. Dopo un acceso dibattito tra i due comandanti romani, alla fine prevalse lipotesi (sostenuta da Quinto Titurio Sabino) di abbandonare il campo con grande rapidità, poiché erano state segnalate orde di Germani in avvicinamento. Ma quando le truppe si trovarono allo scoperto, al centro di una vallata boscosa,[107] lesercito degli Eburoni le attaccò in massa e massacrò quasi completamente una legione,[108] cinque coorti romane ed i loro comandanti. Solo pochi superstiti riuscirono a raggiungere il campo di Labieno ed avvertirlo dellaccaduto.[109] Statua del capo degli Eburoni, Ambiorige, posta nella piazza dellantica città di Atuatuca, oggi Tongeren. Dopo questa vittoria, Ambiorige riuscì ad ottenere lappoggio degli Atuatuci, dei Nervi e di numerosi popoli minori come i Ceutroni, i Grudi, i Levaci, i Pleumossi ed i Geidunni, per assediare il campo di Quinto Cicerone e della sua legione (attestati presso loppidum di Namur). Lassedio durò un paio di settimane, fino allarrivo dello stesso Cesare: il generale era stato informato dal suo legato grazie ad uno stratagemma cui questi aveva fatto ricorso durante uno dei numerosi attacchi subiti da parte del nemico. Cicerone, infatti, si era servito di un fedele e nobile gallo della tribù dei Nervi, il quale aveva cercato presso di lui rifugio fin dal principio dellassedio e gli aveva dimostrato grande lealtà, per consegnare a Cesare una lettera, riuscendo ad allontanarsi senza destare sospetto, poiché celta tra i Celti. Nel corso di questo assedio, particolarmente difficile per la legione romana, i Galli riuscirono a mettere in atto tecniche e strumenti di assedio simili a quelle dei Romani, dai quali le avevano ormai in parte appresi (anche grazie ai prigionieri romani ed ai disertori). Anche questa volta Ambiorige tentò di convincere il legato ad abbandonare il campo, promettendogli di proteggere la sua ritirata. Ma Quinto Cicerone, a differenza di Sabino, non cadde nel tranello del capo degli Eburoni, pur non sapendo che poco prima ben quindici coorti erano state massacrate, e riuscì a resistere, tra enormi sforzi e numerose perdite umane, fino allarrivo di Cesare.[110] Il proconsole, ricevuta la lettera da parte di Cicerone, marciò da Samarobriva con grande rapidità a capo di due legioni che era riuscito a reperire dopo essersi ricongiunto con Gaio Fabio e Marco Crasso. Giunto in prossimità di Cicerone, questi lo informò che la grande massa di assedianti (circa sessantamila Galli) si stava dirigendo contro lo stesso Cesare. Il proconsole, costruito un campo con grande rapidità, non solo riuscì a battere gli aggressori ed a metterli in fuga, ma anche a liberare definitivamente Cicerone dallassedio, elogiandolo pubblicamente, insieme alla sua legione, di fronte allesercito schierato. In seguito a questi eventi Cesare decise di svernare con le sue truppe in Gallia, disponendo che tre legioni rimanessero con lui presso Samarobriva, suo quartier generale.[111] Cesare, dopo aver convocato presso di sé i capi di buona parte della Gallia, venne a sapere di una nuova ribellione da parte dei Senoni. La tribù era riuscita, dichiarandogli apertamente guerra, a convincere molte genti ad unirsi ad essa (tra cui i vicini Carnuti); soltanto Edui e Remi sarebbero rimasti fedeli a Roma. Oltre a ciò, prima che terminasse linverno, il legato Tito Labieno fu nuovamente attaccato dai Treveri, guidati da Induziomaro.[112] Fortuna e abilità consentirono tuttavia al legato di battere un nemico nettamente più numeroso e di ucciderne il capo. « Tito Labieno, che non usciva dal campo, che era ben difeso sia dalla natura del luogo sia dalle fortificazioni romane, si preoccupava che non gli sfuggisse unazione di valore [...] egli trattenne i suoi dentro laccampamento, cercando di dare limpressione che i Romani avessero paura e poiché Induziomaro si avvicinava al campo romano ogni giorno con crescente disprezzo, Labieno fece entrare numerosi cavalieri alleati di notte nel campo [...] frattanto, come faceva tutti i giorni, avvicinatosi al campo Induziomaro [...] i cavalieri galli scagliarono dardi sui Romani provocandoli a combattere [...] dai Romani non giunse nessuna risposta [...] al nemico gallo quando parve il momento di allontanarsi al calar della sera [...] velocemente Labieno ordina ai suoi di far uscire dalle due porte del campo tutti i suoi cavalieri, ed ordina che una volta terrorizzati e messi in fuga i nemici cerchino Induziomaro e [...] di ucciderlo, non badando ad altri, promettendo grandi ricompense [...] la fortuna confermò i suoi piani e [...] Induziomaro viene preso mentre sta guadando il fiume ed ucciso, e la sua testa viene portata al campo romano [...] » (Cesare, De bello Gallico, V,57-58.) Cesare, in seguito agli eventi di questultimo inverno, si era definitivamente convinto che lanno successivo avrebbe dovuto riprendere liniziativa e condurre una campagna punitiva nel nord della Gallia, per evitare una sollevazione generale.[113] Anno 53: cresce la rivolta in Gallia[modifica | modifica sorgente] Con linizio del nuovo anno, il proconsole decise di arruolare due nuove legioni, per compensare la perdita della legio XIIII, oltre a chiedere una legione a Gneo Pompeo; questi acconsentì, per il bene della Repubblica romana e lamicizia nei confronti di Cesare, che poté così portare il numero delle proprie legioni a dieci.[114] Con la morte di Induziomaro, i suoi parenti, mossi ancor di più dal rancore nei confronti del proconsole della Gallia, decisero non solo di cercare alleati tra i Germani doltre Reno (con i quali scambiarono ostaggi e garanzie reciproche), ma anche tra gli Eburoni di Ambiorige, i Nervi e gli Atuatuci. Contemporaneamente, sul fronte occidentale, i Senoni ed i Carnuti si erano rifiutati di obbedire alla convocazione di Cesare dellassemblea della Gallia e si accordarono con le popolazioni limitrofe per ribellarsi al potere romano. Venuto a conoscenza di questi fatti, il generale romano decise di condurre quattro legioni nel territorio dei Nervi, con mossa fulminea. Giunto nei loro territori, dopo aver catturato una grande quantità di bestiame e di uomini (preda che lasciò ai suoi soldati), oltre ad aver devastato i loro campi di grano, costrinse i Galli (sorpresi dalla rapidità con cui era stata condotta lazione) alla resa ed alla consegna di ostaggi. In seguito rivolse le sue armate ad occidente, ottenendo anche qui la resa di Carnuti e Senoni senza colpo ferire. Essi vennero a lui, infatti, supplici ed ottennero il perdono grazie allintercessione di Edui e Remi. Solo il principe dei Senoni Accone, che li aveva sobillati, fu condotto in catene davanti a Cesare e poco dopo decapitato, quale monito per tutta la Gallia[115] Campagna contro Menapi e Treveri[modifica | modifica sorgente] La campagna di Cesare del 53 a.C. in Gallia e Germania. Pacificata questa parte della Gallia, Cesare rivolse le sue armate contro i Treveri, gli Eburoni di Ambiorige ed i loro alleati. Per prima cosa credette di dover attaccare gli alleati del principe eburone prima di provocalo a guerra aperta, evitando così che, persa la speranza di salvarsi, potesse nascondersi tra il popolo dei Menapi o al di là del Reno, tra i Germani. Una volta stabilito questo piano, il proconsole romano spedì tutti i suoi carriaggi, accompagnati da due legioni, nel Paese dei Treveri, al campo base di Tito Labieno, dove lo stesso aveva svernato con unaltra legione. Egli stesso con cinque legioni, senza bagagli, si mise in marcia alla volta dei Menapi, i quali, grazie alla conformazione del terreno, decisero di non radunare lesercito, ma di rifugiarsi nelle fitte foreste e paludi con i loro beni più preziosi, poiché sapevano che avrebbero avuto la peggio in uno scontro aperto con il generale romano. La reazione di Cesare fu quella di dividere il suo esercito in tre colonne parallele: una guidata dal luogotenente Gaio Fabio, una dal questore Marco Crasso e la terza, presumibilmente quella centrale, sotto la sua guida. Le operazioni cominciarono con la devastazione dei territori del nemico in ogni direzione; molti villaggi furono incendiati, mentre una grande parte del bestiame dei Galli fu razziata, e molti dei loro uomini furono fatti prigionieri. Alla fine anche i Menapi inviarono a Cesare ambasciatori per chiedere la pace. Il proconsole acconsentì a condizione di riceve un adeguato numero di ostaggi ed a fronte della promessa di non dare asilo ad Ambiorige o ai suoi sostenitori. Portata a termine anche questa operazione, Cesare lasciò sul posto latrebate Commio con la cavalleria, affinché mantenesse lordine, e si diresse verso il territorio dei Treveri.[116] Nel frattempo Labieno, una volta lasciati tutti i carriaggi allinterno del forte romano in compagnia di cinque coorti, mosse con grande rapidità incontro ai Treveri, con le restanti 25 coorti e la cavalleria, prevenendone un loro attacco. La battaglia che ne derivò avvenne nei pressi di un fiume, identificabile con il Semois, a circa quattoridici miglia ad est della Mosa. Labieno ricorse a uno stratagemma: fece credere al nemico di essere stato terrorizzato dal suo gran numero e di aver deciso di far ritorno al campo base, ma quando i Treveri, passato il fiume in massa, si misero allinseguimento dellesercito romano, che credevano essere in fuga, trovarono al contrario unarmata schierata che li stava aspettando. La battaglia fu favorevole ai Romani, i quali non solo riuscirono ad ottenere la resa di questo popolo e la fuga dei parenti di Induziomaro, ma trasferirono il potere nelle mani di Cingetorige, da sempre principe filo-romano.[117] Cesare passa il Reno per la seconda volta[modifica | modifica sorgente] Venuto a sapere del nuovo successo ottenuto dal suo legato sui Treveri, Cesare decise di passare per la seconda volta il Reno, costruendovi un secondo ponte con la stessa tecnica del primo. I motivi che lo spinsero a prendere questa decisione erano due: non solo i Germani avevano mandato aiuti ai Treveri contro i Romani, ma Cesare temeva anche che Ambiorige potesse trovarvi rifugio, una volta sconfitto. Il ponte di Cesare sul Reno come doveva apparire nel 53 a.C. « Stabilito ciò, decise di costruire un ponte un poco più a monte del luogo dove aveva attraversato il fiume la volta precedente[118] [...] dopo aver lasciato un forte presidio a capo del ponte nel territorio dei Treveri, per impedire che si sollevassero di nuovo [...] portò sulla sponda germanica le altre legioni e la cavalleria. Gli Ubi, che in passato avevano consegnato ostaggi e riconosciuto lautorità romana, per allontanare da loro possibili sospetti, mandarono a Cesare degli ambasciatori [...] non avevano infatti né inviato aiuti ai Treveri, né avevano violato i patti [...] Cesare scoprì infatti che gli aiuti erano stati inviati dai Suebi [...] Accetta pertanto le spiegazioni degli Ubi e si informa sulle vie da seguire per giungere nel paese dei Suebi. » (Cesare, De bello Gallico, VI, 9.) Ma i Suebi, che ormai conoscevano le gesta militari del generale romano, decisero di ritirarsi nellinterno ed aspettare, in luoghi remoti e difesi dalle insidie delle fitte foreste e delle pericolose paludi, il possibile arrivo di Cesare. Il generale, tenendo conto del suo obiettivo principale (la sottomissione della Gallia) e considerando anche la difficoltà degli approvvigionamenti di frumento in un territorio tanto selvaggio, decise di tornare indietro. « Cesare per lasciare ai barbari il timore di un suo ritorno [...] una volta ricondotto lesercito in Gallia, fece tagliare lultima parte del ponte per una lunghezza di circa 200 piedi, ed allestremità fece costruire una torre di quattro piani, oltre ad una fortificazione imponente munita di ben 12 coorti, assegnando il comando al giovane Gaio Vulcacio Tullo. » (Cesare, De bello Gallico, VI, 29.) Sterminio degli Eburoni[modifica | modifica sorgente]
Posted on: Fri, 08 Nov 2013 19:58:51 +0000

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