Coordinamento Nazionale Siti Contaminati - CNSC Piattaforma - TopicsExpress



          

Coordinamento Nazionale Siti Contaminati - CNSC Piattaforma della Rete delle Associazioni e dei Comitati dei Siti inquinati di interesse nazionale e regionale Brescia, 15 ottobre 2013 – ver. 1.1 0. Storia di un’iniziativa dal basso La Rete delle Associazioni e dei Comitati dei Siti inquinati di interesse nazionale e regionale ha preso le mosse da una prima iniziativa promossa il 22 ottobre 2011 da alcune Associazioni, Wwf Abruzzo e Medicina democratica, presso l’Università di Chieti - Pescara, cui è seguito un secondo convegno nazionale organizzato dalla Rete per la Tutela della Valle del Sacco, Retuvasa, a Colleferro il 23-25 novembre 2012. Ora la Rete intende consolidarsi e strutturarsi con una Piattaforma discussa e condivisa sulla quale sollecitare le più ampie adesioni e con un Sito web in cui convergano tutte le informazioni delle attività delle Associazioni e dei Comitati che operano nei Siti inquinati di interesse nazionale e regionale. La Rete delle Associazioni e dei Comitati è finalizzata a promuovere la partecipazione attiva e consapevole delle cittadinanze dei Sin e dei Sir per contrastare le forme di nocività che colpiscono i territori, interagendo con le iniziative e i movimenti in difesa dei beni comuni e contro il consumo del suolo; inoltre intende confrontarsi con tutti i livelli istituzionali, a partire dal Governo e dal Parlamento, affinché il grande tema delle bonifiche venga organicamente affrontato. 1. La situazione dei Sin e dei Sir Com’è noto, i Sin erano 57, poi ridotti a 39 con il declassamento di 18 a siti di interesse regionale (Dm 11 gennaio 2013). Un’operazione, compiuta dal precedente Governo, che sembra più un maldestro tentativo di ridimensionare il problema e di attenuare le responsabilità della pressoché totale e ultradecennale inazione governativa. A proposito di questa operazione di declassamento, avvenuta concedendo alla Regioni soltanto 15 giorni per un parere motivato, la critica più rilevante è il non coinvolgimento preventivo delle istituzioni regionali e comunali interessate, il cui consenso convinto, maturato dopo un’adeguata valutazione, sarebbe stata la condizione necessaria perché l’atto non si configurasse come il classico “scarica barile”. Per una valutazione complessiva di quanto è stato, o meglio, non è stato fatto per le bonifiche dei Sin in 13 anni, a partire dal Dm 471/99, si riporta quanto ha sancito la Relazione sulle bonifiche dei siti contaminati in Italia della Commissione parlamentare d’inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, del 12 dicembre 2012: “Il settore bonifiche, almeno fino ad oggi, è stato fallimentare [...] Allinterno dei 57 siti di interesse nazionale (Sin) (mega-siti contaminati) ricadono le più importanti aree industriali della penisola, tra cui: i petrolchimici di Porto Marghera, Brindisi, Priolo, Gela; le aree urbane ed industriali di Napoli Orientale, Trieste, Piombino, Taranto, La Spezia, Brescia, Mantova Il quadro della contaminazione nei siti di interesse nazionale (Sin) è notevolmente complesso, in quanto nella maggior parte dei casi attività industriali di diversa origine ed intensità si sono susseguite negli anni, compromettendo irreparabilmente lutilizzo delle risorse ambientali e paesaggistiche e creando vere e proprie emergenze sanitarie come nel caso dei siti di Brescia, di Priolo e di vaste aree della Campania. Allesito dellinchiesta della Commissione, il quadro risulta desolante non solo perché non sono state concluse le attività di bonifica, ma anche perché, in diversi casi, non è nota neanche la quantità e la qualità dellinquinamento e questo non può che ritorcersi contro le popolazioni locali, sia dal punto di vista ambientale sia dal punto di vista economico. Come già evidenziato, nel nostro territorio i siti di interesse nazionale sono 57, coprono una superficie corrispondente a circa il 3 per cento del territorio italiano e, sebbene il riconoscimento quali Sin per taluni di essi sia avvenuto diversi anni fa (talvolta anche oltre dieci anni fa), i procedimenti finalizzati alla bonifica sono ben lontani dallessere completati” [p. 658-660 ]. Anche per i Sir la situazione non è confortante, se si escludono alcune Regioni come la Lombardia, il Trentino Alto Adige e l’Emilia Romagna, anche tenendo conto che le anagrafi sono lacunose e compiute con criteri disomogenei che ne rendono difficile la lettura comparata: comunque risulterebbero 15.122 i Siti di interesse regionale potenzialmente contaminati inseriti/inseribili, 6.132 i Sir potenzialmente contaminati accertati, 4.314 i Sir contaminati, 4.879 i Sir con interventi avviati, 3.011 i Sir bonificati. 2. La necessità di un Piano nazionale delle bonifiche Come si è visto, dopo oltre 12 anni sprecati, si impone una svolta: l’Italia non può più permettersi di rimuovere il problema, di abbandonare aree così estese del proprio territorio e milioni di cittadini al degrado ambientale ed a seri rischi per la salute umana. Sugli effetti sanitari delle nocività che incombono sui milioni di cittadini che abitano nei Sin lo studio Sentieri dell’Istituto superiore di sanità è giunto ad una prima preoccupante conclusione: “Incrementi significativi dellincidenza di tumori maligni a carico di numerose sedi sono stati messi in evidenza nellinsieme dei siti considerati, in entrambi i generi, nelle tre macroaree in esame (Nord, Centro, Sud e isole). Risultati coerenti nei due generi hanno in particolare riguardato i tumori di esofago, fegato, vie biliari, polmone, vescica e encefalo, oltre che i tumori totali”. In questo decennio, i Governi hanno puntato esclusivamente sulla competitività manifatturiera sui mercati globali come leva per agganciare una crescita effimera che, come un miraggio, continua in realtà a sfuggirci inesorabilmente. Nel contempo hanno del tutto trascurato la più preziosa risorsa per il ben vivere e per l’economia del Paese, il territorio. Enormi sono i costi che dobbiamo pagare come collettività per i danni prodotti ciclicamente dal dissesto idrogeologico, dalla mancata prevenzione antisismica, dallo stato di abbandono del patrimonio culturale, dalle mancate bonifiche e dall’evidente impatto sui costi sanitari. Per preservare il territorio, è di essenziale importanza prevenire i comportamenti che lo mettono a rischio, con strumenti efficaci e un’azione politico-amministrativa adeguata che valorizzi i controlli sulle imprese durante loro vita. Occorre il massimo impegno di tutti per ottenere l’adempimento degli obblighi previsti dall’ordinamento, secondo un modello di responsabilità rispettoso prima di tutto delle persone (del diritto di non subire minacce alla salute e alla qualità della vita, a vivere in un ambiente salubre e a ottenerne la conservazione e protezione, di ottenere un serio risarcimento in caso di danni alla salute o alle proprie attività di lavoro). E’ anche importante, in ogni località e contesto, valorizzare un sentimento sociale che disapprovi e respinga come deleteri privilegi e comportamenti accondiscendenti, in modo da incoraggiare interventi (controlli, prestazioni di garanzie) prima che le imprese cessino la loro attività. Ora sembra che il territorio non abbia più alcun valore, che possa essere del tutto trascurato e lasciato deperire. Eppure è solo dal territorio che può venire per la nostra economia e la nostra società un riscatto duraturo e su basi solide, perché non esposte all’alea della competitività globale. Dunque bisogna con la massima urgenza che il Governo assuma questa priorità e che definisca un Piano nazionale della bonifiche capace in tempi certi di restituire ai cittadini porzioni importanti del territorio, finalmente risanate e di nuovo fruibili, realizzando al contempo due risultati virtuosi: tutela della salute dei cittadini attraverso prevenzione di patologie connesse alle sostanze inquinanti e valorizzazione di un bene comune prezioso e scarso, il territorio. Che le bonifiche rappresentino un investimento strategico redditizio lo dimostra esemplarmente lo studio per il sito di Augusta-Priolo e di Gela, citato anche dalla Commissione parlamentare: qui la bonifica integrale delle aree industriali inquinate potrebbe evita¬re la morte prematura di 47 persone in media ogni anno, il ricovero ospedaliero di 281 am¬malati di cancro e di 2.702 persone per tutte le cause, con un enorme vantaggio economico, stimato, in 30 anni, in un risparmio di oltre 10 miliardi di euro, 3,6 miliardi a Priolo e 6,6 miliardi a Gela (C. Guerriero, F. Bianchi, J. Cairns, L. Cori, Policies to clean up toxic industrial contaminated sites of Gela and Priolo: a cost-benefit analysis, “Environmental Health”, vol. 10, 2011). Il Piano nazionale è necessario anche per definire le priorità di intervento sulla base di criteri il più possibile oggettivi e condivisi, a partire dalla gravità dell’inquinamento delle matrici ambientali e dei pericoli sanitari per la popolazione esposta In questo settore di attività occorre ancora prestare molta attenzione all’adeguatezza delle regole attraverso la ancora ridotta esperienza della loro applicazione, perfezionandole se non in grado di assicurare buoni risultati e considerando i rischi di infiltrazioni della criminalità organizzata. E’ del tutto ovvio inoltre che in ogni territorio, nel programmare e realizzare le opere di bonifica, vengano considerati fattori fondamentali di qualità e di successo linformazione, il coinvolgimento e la concreta partecipazione delle popolazioni. 3. La Salute Il monitoraggio delle condizioni di salute degli abitanti dei siti contaminati realizzato sino ad ora in modo inadeguato deve essere formalizzato e generalizzato. I metodi e gli strumenti da adottare assieme alle risorse da mobilitare si impongono come un paradigma per il controllo della salute nella condizione attuale dei territori in cui viviamo, caratterizzati da un inquinamento diffuso di acqua, aria e terreno che si diffonde nei cicli biologici e nelle filiere alimentari. I siti particolarmente contaminati non si limitano certamente a quelli classificati come Sin e solo un monitoraggio accurato della salute dei cittadini assieme ai parametri ambientali permette di ricavare indicazioni necessarie per la trasformazione delle attività produttive, logistiche ed insediative. Tanto più è necessario prendere l’iniziativa sul terreno della salute quanto più i tagli alla spesa sanitaria colpiscono le attività di analisi, cura e prevenzione. Il passato non può essere dimenticato perché fa parte del presente e vede il futuro avvicinarsi. E’ necessario quindi avere un quadro sanitario completo della salute dei nostri territori per mettere in relazione contaminanti e contaminati. Crediamo perciò che sia necessario verificare la eventuale presenza di danni sanitari sofferti dalle popolazioni che abitano nelle vicinanze dei siti contaminati. Riteniamo che questa problematica possa e debba essere affrontata con gli stessi criteri con cui viene effettuata la Valutazione del Danno Sanitario (VDS) elencati nel decreto ministeriale 24 aprile 2013, in attuazione della Legge 24 dicembre 2012 N. 231. E’ ben vero che la VDS riguarda gli effetti sulla salute del vicinato degli insediamenti produttivi, ma riteniamo che occorra studiare, con lo stesso rigore, anche gli effetti dei siti contaminati, adattando la VDS ai Sin e ai Sir. In Italia conosciamo un solo studio che affronta la problematica degli effetti sulla popolazione dei contaminanti presenti nei Sin, ed è lo studio Sentieri dell’ISS (Istituto Superiore di Sanità). Apprendiamo con piacere che lo stesso Istituto sta eseguendo uno studio analogo sulla salute dei bambini che abitano nelle medesime zone. Tutto ciò però non basta, sia perché l’indagine epidemiologica è in grado di fornire soltanto un quadro parziale delle differenti situazioni, sia perché le importanti conclusioni di Sentieri, che registra un aumento di mortalità nei comuni sedi di Sin, non chiariscono completamente il quadro sanitario locale; prova ne sia infatti che nello studio gli autori riportano analisi seguite localmente precisando, quasi per tutte, la necessità di approfondimenti. Crediamo inoltre che sia importante raccogliere informazioni a livello locale, sia presso la popolazione residente e le loro associazioni di differente natura, sia presso i medici del luogo che possono fungere, opportunamente coinvolti, da medici sentinella. Ogni sito è un caso a sé stante per la presenza di contaminanti diversi e va studiato con programmi specifici di intervento ampliando la visione di VDS ad eventuali effetti mutageni. D’altra parte si ritiene necessario verificare giuridicamente la responsabilità oggettiva delle Amministrazioni in merito alle condizioni fisiche, psicofisiche e della salute dei cittadini residenti nei Sin e Sir, cioè dei soggetti direttamente responsabili dell’incolumità dei cittadini da loro rappresentati visto l’endemico disinteresse degli enti locali, lontani dal tutelare con interventi sanitari rapidi o dal prendere provvedimenti nei confronti delle aziende che arrecano il danno. Una proposta di carattere sociale potrebbe riguardare il consentire agevolazioni sanitarie per residenti nei Sin e Sir, in considerazione del fatto che questi abitanti hanno subito conseguenze negative per scelte spesso imposte dall’alto. 4. Il principio “chi inquina paga” per una nuova legislazione ambientale In una situazione di crisi come l’attuale, il problema delle risorse finanziarie per le bonifiche appare cruciale, anche se troppo spesso si conclude, al riguardo, che realisticamente occorrerebbe prendere atto di un fondo del barile abbondantemente raschiato. Cosicché da un canto, si considera inapplicabile in Italia il principio “chi inquina paga”, per una scontata inadeguatezza legislativa. Dall’altro, con una rassegnata constatazione che serpeggia anche nella Relazione della Commissione parlamentare, sembra impensabile allocare, nell’attuale contesto, risorse pubbliche per le bonifiche, cosicché non suscita alcun scandalo che la dotazione attuale del Ministero dell’Ambiente per le bonifiche assommi ad 1, dicasi un, milione di euro! Per render conto dell’inconsistenza clamorosa di questa cifra basta confrontarla con l’ammontare di circa 17 miliardi del danno ambientale stimato dal Ministero dell’ Ambiente solo per alcuni Sin (Grado e Marano, Brescia, Colleferro, Bagnoli, Val Basento, Cogoleto, Bussi sul Tirino, Manfredonia, Pieve Vergonte). La questione delle risorse deve tener conto anche delle condizioni diverse dei vari Sin: si va da Sin in cui sono ancora pienamente operanti e produttive le imprese fino ad altri in cui di fatto si è di fronte ad ex aziende da tempo fallite; vi sono Sin costituiti da aree molto appetibili per la riconversione urbanistica, magari con una contaminazione ridotta e comunque con scarsa esposizione della popolazione, di contro altri, per diverse ragioni, improponibili per un riutilizzo interessante per la rendita immobiliare, e tuttavia con un inquinamento severo ed un insostenibile rischio sanitario per la cittadinanza. Dunque, prioritariamente, laddove ve ne siano le condizioni, ovvero la presenza di imprese private solvibili, bisogna far valere il principio “chi inquina paga”. Purtroppo, come rileva la stessa Commissione parlamentare d’inchiesta, il nostro legislatore, con un’incredibile propensione autolesionista, sembra aver fatto di tutto per spuntare le armi della mano pubblica e favorire gli interessi dei privati, cosicché in Italia l’azione risarcitoria risulta irta di ostacoli e il principio “chi inquina paga” largamente disatteso. Questa situazione scandalosa va sanata introducendo norme più stringenti, in ottemperanza alla direttive europee: a) prevedere forme di responsabilità oggettiva con riferimento ai danni o alle minacce di danno provocati da coloro che esercitano determinate attività pericolose o potenzialmente pericolose, a prescindere dalla colpa o dal dolo (requisiti, oggi previsti, che di fatto alimentano un contenzioso senza fine, magari fino a che il soggetto risulti fallito); b) implementare meccanismi regolamentari volti ad impedire che nelle compravendite tra privati di aree inquinate e/o potenzialmente inquinate (anche solo per categoria di destinazione urbanistica) si smarrisca la responsabilità della bonifica; si pensi, ad esempio, a soggetti che acquistano aree contaminate dagli inquinatori pur essendone consapevoli e ottenendo grandi sconti proprio per tale ragione a causa degli oneri futuri della bonifica. Poi accade che i nuovi proprietari non responsabili dellinquinamento (ma consapevoli al momento dellacquisto) si rifiutano di provvedere alla bonifica e tocca allo Stato cercare di rintracciare e far condannare linquinatore. In tal modo lacquirente che ha tratto vantaggio da un acquisto fatto consapevolmente al ribasso, ottiene un vero e proprio guadagno dallacquisto visto il risparmio ottenuto a suo tempo sobbarcandosi costi per le bonifiche che non effettuerà mai; c) obbligo di adottare misure di riparazione complementare e compensativa (in mancanza della possibilità di provvedere alleffettivo ripristino), senza deroghe con semplici risarcimenti monetari; mantenere lapplicazione della disciplina della responsabilità ambientale anche a quelle situazioni di inquinamento per le quali siano già state avviate le procedure di bonifica; d) infine lo strumento dell’ordinanza ingiunzione amministrativa previsto dal Dlgs 152/2006 che consentirebbe allamministrazione, con un procedimento snello, di comminare le sanzioni per applicare immediatamente il principio «chi inquina paga» quasi contemporaneamente alla condotta illecita, deve essere reso praticabile superando l’attuale termine di decadenza di un anno e mezzo dal momento del fatto, tempo che coincide troppo spesso con il segreto istruttorio delle indagini penali e che lo rende quindi di fatto inapplicabile, e prevedendo che tale termine sia sospeso dalla pendenza del procedimento penale fino alla chiusura delle indagini. Nei fatti, di fronte alla difficoltà nel concludere positivamente il contenzioso, in molte situazioni, si sono praticate delle transazioni, che allo stato attuale sarebbero le uniche risorse disponibili, circa 540 milioni di euro, dopo un iter interno ai Ministeri piuttosto farraginoso, ma solo per i Sin direttamente interessati alle transazioni stesse. Anche l’azione penale va rivista e potenziata nella strumentazione e nelle sanzioni superando l’attuale inefficacia così denunciata dalla stessa Commissione parlamentare: “Più in generale, dalle audizioni di tutti i magistrati è emersa una grave inadeguatezza della normativa ambientale in sede penale (in verità anche in sede civile ed amministrativa). Le norme penali, nel ricondurre determinate fattispecie ad ipotesi di reato, sono frutto di una specifica scelta legislativa finalizzata, attraverso la minaccia di una sanzione penale, a dissuadere i consociati dal tenere le condotte previste nelle norme incriminatrici. Ebbene, la funzione generalpreventiva e specialpreventiva della pena risulta frustrata allorquando le sanzioni sono eccessivamente blande, quando è garantita limpunità attraverso il decorso dei termini di prescrizione (la maggior parte dei reati hanno natura contravvenzionale), quando i reati ambientali sono definibili attraverso la procedura delloblazione” [p. 667]. Per i Sin dove si è in presenza di industrie da tempo dismesse o fallite, le risorse non possono che essere reperite dall’ intervento pubblico. Non è accettabile che si continui a ripetere: “Con l’attuale crisi non c’è un euro”. Ingenti risorse si trovano e si impiegano in opere alquanto controverse rispetto all’utilità e bontà, certamente secondarie se confrontate a beni primari costituzionalmente tutelati come la salute ed il territorio (basti citare l’acquisto degli F35, le missioni di pace in realtà di guerra come in Afghanistan, la Tav Torino – Lione, le ipotizzate prospezioni in mare o nel sottosuolo per la ricerca di idrocarburi, le prevedibili opere per ospitare le olimpiadi, l’abolizione dell’Imu anche per residenze di lusso, ma anche i ricorrenti, e già dimostrati inefficaci, interventi sul “cuneo fiscale” che si traducano in regalie a pioggia per le imprese…). Dunque un Piano nazionale delle bonifiche, per essere credibile, deve essere dotato di adeguate risorse finanziarie, ricorrendo anche alla Cassa Depositi e Prestiti perché finanzi con un “asse ad hoc” la messa in sicurezza e la bonifica dei siti prioritari. Queste risorse nazionali sono indispensabili anche per accedere ai Fondi europei, che vanno attivati nella prospettiva di progetti di riconversione e riutilizzo delle aree da bonificare. Il Piano nazionale per le bonifiche per essere operativo deve saper attivare il protagonismo dei Comuni interessati. Inoltre si potrebbe prevedere fin da subito l’attivazione di alcuni meccanismi utili a finanziare il risanamento di questi cosiddetti “siti orfani”, sulla base di esperienze internazionali. Sarebbe utile ad esempio la costituzione di un Superfund nazionale, sul modello degli Usa e, in attesa della sua definizione, iniziare a vincolare parte dell’ecotassa regionale per lo smaltimento dei rifiuti in discarica. E necessario sviluppare una analisi accurata degli assi su cui si articolano i diversi fondi europei per il periodo 2014-2020, di come si organizza il quadro di riferimento a livello nazionale e regionale, che andrà ad indirizzare e vincolare lutilizzo dei fondi. Si tratta di definire lutilizzo possibile e lintegrazione dei diversi capitoli finalizzandoli agli interventi di bonifica e trasformazione dei territori -nel quadro di un Piano Nazionale delle Bonifiche- ed assieme porre un focus a livello regionale sulle diverse aree contaminate articolando gli interventi secondo le specificità dei diversi siti e territori. Il Ministero dellAmbiente, ente referente per i Sin, opera spesso con personale precario. Riteniamo che tale condizioni determini di fatto limpossibilità a seguire processi di bonifica che durano anni, estremamente complessi e con controparti molto aggressive, che si avvalgono di tecnici pagati profumatamente e di interi studi di avvocati specializzati. Lo Stato non può “andare alla guerra” delle bonifiche senza dotarsi di personale adeguato per numero e posizione e senza stabilità. Riteniamo che presso il Ministero, come accaduto in Germania per la Ruhr (sullesempio delliniziativa IBA), debba stabilirsi un osservatorio permanente per la progettazione partecipata delle bonifiche in cui possano dialogare continuamente personalità scientifiche di alto profilo, anche straniere, istituzioni, mondo delleconomia, comitati e associazioni. Losservatorio potrà assistere lo Stato per la Redazione del Piano Nazionale per le Bonifiche; inoltre dovrà ideare modalità di disinquinamento innovative e di riutilizzo intelligente del territorio bonificato. Si eviteranno, si spera, proposte incredibili volte a insediare in Sin già disastrati, in territori e comunità che hanno “già dato” in termini ambientali e sanitari, nuove industrie inquinanti e/o pericolosi come cementifici e gassificatori. Infine, tenuto conto del contesto sopra descritto, vi è una situazione che non viene mai considerata: il cittadino, incolpevole e vittima, che subisce ingenti danni esistenziali e patrimoniali a causa dell’inquinamento prodotto nei Sin e nei Sir. Se per lo Stato è oggi difficile esigere un risarcimento dei danni, per il singolo inerme cittadino, nei fatti, è impossibile. Eppure quel cittadino è assimilabile a chi ha subito un terremoto o un’alluvione: dunque ad esso, in qualche misura, una società civile deve provvedere. 5. Il ruolo delle Arpa e delle Asl Nelle attività di controllo preventivo e di monitoraggio ambientale e sanitario sono di estrema rilevanza le attività delle agenzie regionali per l’ambiente e delle aziende sanitarie locali. Queste attività vanno potenziate con personale qualificato e strumentazioni adeguate, anche per togliere gli alibi ricorrenti delle accampate carenze di organico per i mancati controlli. Dal momento che negli anni la rete dei controlli si è andata strutturando in maniera non omogenea sul territorio nazionale, con alcuni casi di eccellenza e altri con maggiori criticità, è necessario oggi creare un vero Sistema nazionale delle agenzie, che veda coinvolte tanto l’Ispra quanto le Agenzie regionali, rafforzando e attivando, dove ancora manca, un sistema di controlli efficace, tempestivo e soprattutto accurato da parte degli enti competenti, attrezzando le Arpa a svolgere questo ruolo. Sicuramente il periodo di crisi economico-finanziaria non aiuta, ma vanno trovate nuove risorse da investire in personale, strumenti di analisi e attività di formazione, dando priorità a quelle realtà che mostrano evidenti ritardi e maggiori criticità. Occorre partire dalla convinzione del fatto che solo rafforzando il sistema di controllo e valutazione ambientale da parte dei soggetti istituzionalmente preposti, rendendolo più efficace e in grado di rispondere alle esigenze che oggi ci sono potremo ristabilire quel clima di fiducia nei cittadini verso le istituzioni, non sempre tangibile sul territorio, e necessario anche per facilitare la riconversione ecologica del sistema industriale del Paese. Ma vi è un grande problema che va discusso e affrontato: queste istituzioni, in questo campo, svolgono un ruolo straordinariamente delicato e importante, assimilabile per molti versi a quello della Magistratura, alla quale peraltro molto spesso fanno da supporto; dunque ad esse è richiesta assoluta indipendenza nei confronti delle imprese private o pubbliche, ma anche nei confronti degli eventuali “padrini” politici delle stesse. Ebbene, i vertici di queste istituzioni sono di fatto di nomina politica, spesso brutalmente “lottizzati”, quindi sottoposti alle pressioni del potere politico. Il conflitto di interessi è scandaloso e inaccettabile. E’ urgente un cambiamento, sottraendo alla politica le nomine dirigenziali di Arpa ed Asl e introducendo procedure concorsuali interne, basate su titoli e competenze accertabili, con supervisioni internazionali, tali da assicurare indipendenza e terzietà a questi ruoli tanto importanti per il corretto funzionamento di istituzioni che devono essere al servizio del bene comune e non di interessi privati o di parte. 6. L’informazione e la partecipazione dei cittadini Perché la partecipazione dei cittadini possa pienamente esercitarsi è indispensabile che agli stessi venga garantita la massima trasparenza e informazione. Per i dati ambientali e sanitari riferiti ai Sin ed ai Sir, non è sufficiente la burocratica disponibilità degli atti pubblici in relazione a formali richiesti ai sensi delle legge vigente. Si devono invece rendere disponibili e leggibili dati, informazioni e documentazione, relativi ai diversi territori, prodotti e detenuti dalle amministrazioni pubbliche, in siti on line appositamente dedicati, presso i Comuni interessati, ma anche presso il Ministero dell’Ambiente e il Ministero della Salute. Appare incredibile che nellera dellinformazione, e nonostante precisi obblighi allinformazioni contenuti nella Convenzione di Aarhus, ratificata dallo Stato Italiano con la Legge 108/2001, sul sito del Ministero dellAmbiente non compaiano neanche le date e gli ordini del giorno delle convocazioni delle Conferenze dei Servizi sui SIN rendendo possibile ai cittadini e ai portatori di interesse di partecipare. Lo stesso Ministero appare inadempiente rispetto al D.lgs. 195/2005 sulla trasparenza e la pubblicità dei dati ambientali sui SIN, visto che sul suo sito WEB non vi è alcun dato relativo, ad esempio, ai piani di caratterizzazione. Si tratta di un punto nodale, precondizione per una partecipazione attiva dei cittadini alle gestione della cosa pubblica ed alla difesa dei territori; una battaglia che si può avvalere delle competenze e delle iniziative del movimento degli Open data che a livello nazionale ed internazionale lavora con totale trasparenza. La partecipazione può avvenire anche attraverso il miglioramento delle conoscenze dei cittadini. In considerazione dei danni subiti dalle comunità, riteniamo che debbano essere riconosciute delle facilitazioni nel campo dellaccesso al sapere per i giovani che sono nati e/o vissuti nei Sin/Sir. Lo Stato e le Regioni devono garantire borse di studio per la formazione di questi giovani, sia per luniversità (oltre a borse anche accesso gratuito e facilitazioni nelle selezioni nelle facoltà a numero chiuso) sia post-laurea, come dottorati e assegni di ricerca. Non si tratta di compensare un danno, ma bisogna costruire un futuro diverso per i territori ripartendo dalle comunità che sono state aggredite investendo su di loro. 7. Proposta operativa In relazione alla piattaforma, in bozza allegata alla cartella del Convegno, è sorto il CNSC acronimo di Coordinamento Nazionale Siti Contaminati, una forma di aggregazione a carattere nazionale, che abbia il suo riferimento web con il sito sinforma.org , costituita da soggetti operanti sui territori, che possa rivolgersi alle istituzioni in modo strutturato e costante, che possa fare leva e avanzare proposte operative agli organi competenti, oltre che promuovere iniziative pubbliche di informazione. Si tiene presente che la piattaforma sinforma.org, elaborata da Riqua, Associazione di Promozione Sociale di Pescara, non è ancora pubblica, è in via di ulteriori miglioramenti e la prima revisione sarà una beta chiusa, usata solo da uno stretto numero di collaboratori per capire come migliorare le funzionalità e lusabilità del sito. In successione si potrebbe integrare SINFORMA con strumenti anche di UniTO come ad esempio laggregatore di leggi e sentenze accessibile dagli aderenti o ulteriori collegamenti ad altre piattaforme attinenti quali i Media Civici o progetti di informazione indipendente e partecipata (esempio Cittadini Reattivi o Ecosin). E’ prematuro costituire un nuovo soggetto giuridico e ne valuteremo in seguito l’opportunità, nel frattempo la struttura risulterebbe composta da numerosi soggetti già costituiti giuridicamente e/o da comitati spontanei capaci di svolgere interventi in sede istituzionale o anche da semplici cittadini attivi. Opportuno però un ufficio stampa riconosciuto che abbia il compito di essere il punto di riferimento per l’attività di divulgazione. Allo stesso modo si rende necessario rilanciare il confronto, come avviene da due anni a questa parte, attraverso un incontro nazionale itinerante a cadenza annuale e verifiche operative periodiche, anche a cadenza semestrale con strumenti web. Si ritiene altresì utile interloquire con la Rete dei Comuni Sin, costituitasi a Mantova il 25 settembre 2013. Per questo documento verranno effettuate richieste di adesione a realtà associative e comitati nazionali e locali operanti nelle aree contaminate nazionali per una necessaria e indispensabile adesione partecipativa. Per le Associazioni o Comitati o aggregazioni di identificazione nazionale è opportuno che oltre all’adesione del nazionale faccia seguito quella delle realtà locali al fine evidenziarne l’impegno concreto nel valorizzare e dare forza a ogni realtà locale, che come abbiamo detto, si confronta con i caratteri specifici dei territori e degli episodi di contaminazione. Un momento importante sarà lavvio di una collaborazione con reti già esistenti che si occupano di temi strettamente collegati, come, ad esempio, il Forum Italiano dei Movimenti per lAcqua e le reti che si occupano di rifiuti e paesaggio o ancora reti che si occupano di difesa della salute. Le pratiche di partecipazione dal basso del Forum Italiano dei Movimenti per lAcqua rappresentano un esempio virtuoso di come poter costruire una mobilitazione ampia nel paese sui temi ambientali. La piattaforma è suscettibile di verifiche integrazioni e modifiche in un processo di revisione condiviso dopo un primo passaggio temporale post-Brescia. Brescia, 15 ottobre 2013 Nota a margine Al momento esiste un gruppo di coordinamento pro-tempore configurato in alcuni dei presenti agli incontri di Chieti - Pescara nel 2011, Colleferro nel 2012, Brescia nel 2013. La mailing attualmente è gestita dalla Rete per la Tutela della Valle del Sacco, troveremo al momento opportuno una forma di comunicazione interna idonea al fine di evitare l’affollamento mail. Provvisoriamente, in attesa dell’attivazione pubblica di sinforma.org, i documenti prodotti nel Convegno di Brescia, nonché i comunicati e le notizie sull’attività del CNSC sono disponibili sul sito industriaeambiente.it al link industriaeambiente.it/convegno_sin/default.asp . Per info: Coordinamento Nazionale Siti Contaminati coord.naz.siti.contaminati@gmail Alberto Valleriani retuvasa@gmail oppure Marino Ruzzenenti [email protected] Per le adesioni riempire il modulo al link: https://docs.google/forms/d/11oa8r9ZrS9T7jk-mdcpxjTdVxWYKm1FTBDxnrVs_soQ/viewform
Posted on: Mon, 25 Nov 2013 12:30:47 +0000

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