ELIO FILIPPO ACCROCCA: (NEO)REALISMO ED AVANGUARDIA di Luca - TopicsExpress



          

ELIO FILIPPO ACCROCCA: (NEO)REALISMO ED AVANGUARDIA di Luca Ariano La vicenda poetica di Elio Filippo Accrocca incarna per circa un trentennio la storia letteraria e poetica dell’Italia dal dopoguerra almeno sino agli anni ‘70; anche Accrocca, come Gatto e Sinisgalli già trattati su questa rivista, appartiene a quella schiera di poeti dimenticati di cui oggi è impossibile reperire raccolte o trovare antologie, se non tramite biblioteche o in qualche libreria antiquaria (nei casi più fortunati), eppure Accrocca durante la sua vita ottenne numerosi riscontri di critica riguardo alle sue poesie ed è segnalato su più antologie novecentesche. Nativo di Cori, in provincia di Latina (17 aprile 1923), visse sempre a Roma dove morì l’11 marzo del 1996. Accrocca fu considerato: «Il più importante esponente dell’area romana tra la generazione del post-ermetismo […], nell’immediato dopoguerra fu un po’ il perno di un alacre gruppetto di giovanissimi, tutti dal più al meno ammaliati dai corsi universitari svolti da Ungaretti…» (Silvio Ramat). Proprio lo stesso Ungaretti firmò la prefazione alla prima silloge del poeta laziale Portonaccio, pubblicata da Scheiwiller nel 1949 e che il critico Giorgio Bàrberi Squarotti riconobbe essere «il modello e la fonte de Le Ceneri di Gramsci di Pasolini». Portonaccio nacque in seguito all’esperienza della guerra, al bombardamento romano di San Lorenzo di cui il poeta fu testimone e che espresse attraverso questi versi: «Ho dormito l’ultima notte / nella casa di mio padre / al quartiere proletario. / La guerra, aborto d’uomini / dementi, è passata sulla / mia casa di San Lorenzo. […] Ho chiuso il mio tormento / su questi sassi che a me / celano segreti di morte. / Chi mi staccherà dalle macerie arse, / chi mi quieterà?». Da questi versi si evince chiaramente come Accrocca si possa inquadrare nell’ambito del neorealismo poetico e di una certa poesia sorta dopo la guerra: il paragone corre immediatamente a Storia delle vittime di Gatto o alla più tarda raccolta Le Ceneri di Gramsci di Pasolini. Del sodalizio con il maestro Ungaretti il poeta stesso ricorda: «Da lui ho appreso una grande lezione di vita, mi ha insegnato a credere nel valore dell’ombra-luce. E soprattutto mi ha insegnato a scoprire la presenza di un figlio nonostante la sua morte». Sullo stesso tono di Portonaccio furono le successive raccolte fra le quali ricordiamo: Caserma (1950), Reliquia umana (1955) e Ritorno a Portonaccio (1956) dalla quale sono tratti questi versi al figlio, quasi una dichiarazione di poetica: «Figlio, tu non farai certo il poeta / denigrato mestiere, bene raro / che in sé racchiude una perla segreta: / moneta antica dal valore amaro. […] Né tu conoscerai le amene dispute / e i disinganni e i falsi ingegni e i queruli / lamenti, né l’incorrisposto affetto». Sulla poetica di queste raccolte scrisse l’amico Zanzotto: «In tutto questo periodo Accrocca è assorto nel proprio segno di rinnovamento e memoria, nello stupore di una grazia che gli viene donata: il fatto stesso di vivere, di poter pensare alla poesia, di trarre tutte le cose, anche i morti e le rovine, entro la poesia pronunciandone sottovoce solo il nome». In questi anni Accrocca non si dedicò solo all’attività poetica, ma collaborò a importanti testate giornalistiche e prestigiose riviste come «La Fiera Letteraria», fu anche instancabile promotore culturale con iniziative editoriali la più famosa delle quali fu senza dubbio, nei primi anni ‘50, la collana Il Canzoniere. «Tutta concentrata, al contrario, nella vita, la poesia di Accrocca, – come scrive Walter Mauro – utilizza subito il dato esistenziale nel suo significato socialistico, rintracciando in sé una linea dorsale in cui la figura dell’uomo, costante essenziale di tutta la produzione di questo poeta, emerge fin dall’avvio […]». A partire dai primi anni ‘60 Accrocca si avvicinò alla neo-avanguardia e al Gruppo ‘63 come testimoniano prima la raccolta dal titolo sintomatico di Innestogrammi – Corrispondenze (Rebellato, 1966) e poi le successive Roma così (De Luca, 1973), Due parole dall’al di qua (Lacaita, 1973), Siamo non siamo (Rusconi, 1974). Da Innestogrammi – Corrispondenze abbiamo tratto i versi della poesia ‘Chiarificazione’ dedicata all’amico Zanzotto: «Solìgo, finestra sul tuo orto / indiscusso, la pieve, ecloga (vita / silenziosa), la 2, la tua migliore / sorte che a foglie inverdirà di quercia / resistente sull’orlo…» Va comunque detto che Accrocca prese presto le distanze dallo sperimentalismo puro e proseguì per la sua strada mantenendo inalterate le linee tematiche della sua poesia, ma una cesura netta sulla produzione del poeta laziale fu la morte del figlio che sublimò nelle raccolte Il superfluo (Mondadori, 1980) e Copia difforme (Giardini, 1986). Nella poesia ‘La guida’ datata 6 luglio 1975 emergono i ricordi familiari della moglie e del figlio: «Tua madre ha fatto il bucato / con le lenzuola dove dormisti / l’ultima notte: portano il tuo fiato. / […] Oggi che hai vent’anni /ti ricreiamo con la fantasia / nel luogo che conserva la tua voce». Anche nella poesia ‘Il ritorno’, dal titolo sintomatico, ricompare la figura del figlio: «Non riesco ad abituarmi / a non vederti più, a non sentirti: / è forse la condanna per chi resta? / Se avessi potuto raccogliere / nel cavo della mano la tua voce, / avrei almeno un’eco del respiro…» Sempre ne ‘L’impronta’ il poeta sembra dialogare col proprio figlio dall’aldilà: «Se potessi portarti / qualche cosa di quello che hai lasciato / di qua… fammi sapere che desideri. […] Le tue cose, gli oggetti col tuo nome / sono le tappe del vivere / che ci danno l’impronta dei tuoi passi». Notevole, oltre alla poesia, fu anche il suo apporto all’arte evidenziato in particolare dall’attività di insegnante e poi di direttore dell’Accademia delle Belle Arti di Foggia. L’influenza della pittura è evidente proprio nella raccolta d’esordio (Portonaccio) in cui certi versi quasi ci riportano alle tele di Guttuso e Morandi. Qualche anno prima di morire (1988) Accrocca diede alle stampe per Newton Compton l’autoantologia La distanza degli anni in cui è raccolta una cospicua parte della sua produzione poetica. Elio Filippo Accrocca visse appieno il suo tempo, poeta multiforme e artista a tutto tondo seppe osservare attentamente la realtà circostante e i cambiamenti che portava con sé, insieme con le sue contraddizioni, spesso usando l’arma della sottile ironia; forte fu in lui la fede nella poesia da lui definita “un remo per approdare” verso nuovi lidi. Ci auguriamo presto di poter vedere pubblicata, se non un’opera omnia, quanto meno una ristampa della sua autoantologia o delle principali raccolte poetiche che ci aiuterebbero non solo a capire un poeta multiforme come Accrocca, ma anche l’evolversi della poesia dal dopoguerra sino agli anni ‘70, e con essa dell’Italia. Il Foglio Clandestino, n. 56, 2005.
Posted on: Tue, 09 Jul 2013 09:06:38 +0000

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