Nuovi soggiorni alpini, celebrazioni e La chiesa di - TopicsExpress



          

Nuovi soggiorni alpini, celebrazioni e La chiesa di Polenta[modifica | modifica sorgente] Carducci con amici ad Auronzo di Cadore durante lestate del 1892. Dietro di lui il genero Giulio Gnaccarini, marito della secondogenita Laura Proseguivano intanto le estati alpine; nel 1891 fu a Madesimo, e si narra che mentre soggiornava, come farà le numerose volte in cui vi tornerà, allAlbergo della Cascata, gli fu riferito che sarebbe arrivata la regina Margherita di Savoia alla stazione di Chiavenna: il poeta si presentò accompagnato dalla banda musicale del paese. Attese invano: era uno scherzo orchestrato dai repubblicani chiavennesi a chi un tempo era stato repubblicano ed ora era monarchico.[164] Il 1892 lo vide a Pieve di Cadore, ad Auronzo e a Misurina, dove compose lode Cadore. Ovunque andasse, il Carducci si dedicava allo studio della storia e della letteratura del luogo, e così fu anche durante questo soggiorno. Raccolse le Antiche laudi cadorine e le diede alle stampe quellanno stesso, con una prefazione di suo pugno. Lanno seguente villeggiò nei dintorni di Bologna, a Castiglione dei Pepoli, ma si recò ugualmente sulle Alpi per qualche giorno. Tornato nella città felsinea, si dedicò a due saggi sul teatro tassesco, uno avendo come soggetto il Re Torrismondo e laltro lAminta. Sempre nel 1893, cominciando ad accusare la stanchezza dopo tanti anni dinsegnamento, ottenne di essere affiancato dal discepolo e amico Severino Ferrari. Dal 1894 Madesimo assurse a rango di località di ristoro preferita, dal momento che fu scelta in cinque estati su sei, essendo il Carducci tornato a Courmayeur nel 1895. La scena politica italiana non aveva cessato di vivere esperienze tumultuose. Alla caduta del governo Giolitti sembrava dovesse diventare Presidente del Consiglio lonorevole Giuseppe Zanardelli, ma Umberto I si oppose incaricando Crispi di formare per la terza volta il gabinetto. La stampa dellepoca si scagliò senza pietà contro lo statista siciliano, indignando Giosuè che non perdeva occasione di dimostrargli il proprio sostegno, scrivendo anche unode per il matrimonio della figlia di Crispi, avvenuto il 10 gennaio 1895, attirando su di sé critiche e polemiche, cui non mancò di replicare nella Gazzetta dellEmilia.[165] Da anni si pensava ad una grande festa per il professore, che, rinunciando nel 1887 alla cattedra dantesca capitolina, aveva dato ai bolognesi la dimostrazione daffetto definitiva. Si era pensato al 1890, in cui cadeva il trentesimo anniversario dallarrivo a Bologna, ma si decise di ritardare per fare le cose in grande. Alle due del pomeriggio, il 6 febbraio 1896, Carducci venne solennemente festeggiato nella sala maggiore dellArchiginnasio, alla presenza di un pubblico molto numeroso, al cui interno cerano naturalmente le personalità più significative della città. Parlarono in lode del Nostro il sindaco Alberto Dallolio, il preside di Lettere Francesco Bertolini, Giovanni Battista Gandino - che insegnava letteratura latina - e il sindaco di Pietrasanta, venuto a presentare lomaggio dei borghigiani del luogo natìo.[166] Qualche giorno prima, il 24 gennaio, gli studenti avevano offerto a Giosuè un albo in cui si erano premurati di raccogliere i nomi di tutti gli studenti che in trentacinque anni avevano beneficiato dellinsigne guida. Nelle parole carducciane di ringraziamento è ravvisabile il manifesto della sua concezione dellinsegnamento e dellarte: « Da me non troppe cose certo avrete imparato, ma io ho voluto ispirar me e innalzar voi sempre a questo concetto: di anteporre sempre nella vita, spogliando i vecchi abiti di una società guasta, lessere al parere, il dovere al piacere; di mirare alto nellarte, dico, anzi alla semplicità che allartifizio, anzi alla grazia che alla maniera, anzi alla forza che alla pompa, anzi alla verità ed alla giustizia che alla gloria. Questo vi ho sempre ispirato e di questo non sento mancarmi la ferma coscienza.[167] » Due gravi lutti colpirono il professore negli anni appresso. Il 25 agosto 1896 si spense Enrico Nencioni, della cui fraterna amicizia aveva goduto per quasi cinquantanni, mentre due anni dopo morì improvvisamente il genero Carlo Bevilacqua, che lasciava così la Bice vedova con cinque figli. Carducci accorse nella città labronica e portò figli e nipoti a Bologna, dove provvide alla loro sistemazione e a tutte le loro necessità.[168] Il 5 giugno 1897 segna invece un evento positivo, foriero di conseguenze umane e letterarie. Accompagnato dallamico e allievo sanscritista Vittorio Rugarli, Carducci viene accolto con riguardo a Villa Sylvia (a Lizzano), proprietà dei conti Giuseppe e Silvia Pasolini Zanelli, con i quali il Nostro era legato da decennale amicizia. Aveva cominciato a frequentarli nellinverno del 1887 quando, di passaggio in Romagna, fu invitato a cenare nella loro villa di Faenza, alla presenza di Marina Baroni Semitecolo, madre di Silvia, intima di Aleardo Aleardi e vecchia conoscenza dello stesso Carducci. Nella primavera dello stesso 1887 Giosuè aveva visitato per la prima volta la Pieve di San Donato in Polenta, a Bertinoro, dove secondo la tradizione pregarono Dante e Francesca da Polenta, immortalata nel quinto canto dellInferno. Nelle vicinanze sorgeva un cipresso secolare, legato dalla tradizione allinfelice moglie di Gianciotto Malatesta, che sarebbe nata a pochi metri di distanza.[169] Accanto alla commozione ci fu per il poeta un motivo di grande dispiacere: la chiesa era in uno stato pietoso. La facciata della chiesa oggi Lamicizia con i Pasolini divenne ancor più salda quando negli anni novanta vennero ad abitare a Bologna. Lo stato in cui si trovava la chiesa preoccupava sia Giosuè che i Pasolini, e fu così che, in collaborazione con larciprete della Pieve, cominciarono a battersi perché fossero iniziati i restauri. Il campanile cadeva a pezzi e tutta la struttura andava rinnovata. Infine, grazie agli sforzi del conte Giuseppe, deputato a Cesena, e agli aiuti economici dei Pasolini e altre eminenti personalità, fu possibile procedere al restauro.[170] Così, il giorno successivo allarrivo a Villa Sylvia, il 6 giugno 1897, il poeta venne accompagnato alla chiesa di Polenta. Carducci ebbe la gioia di vedere la chiesa parzialmente restaurata, e il mese successivo compose uno dei suoi testi più celebri, lode La chiesa di Polenta, comparsa il 15 settembre nellItalia di Roma e stampata in opuscoletto da Zanichelli il 9 ottobre.[171] Leco suscitata dal componimento, in cui si chiedeva di portare i lavori a compimento, fu lo sprone decisivo per riparare anche il cadente campanile. Il 21 luglio 1898 un fulmine abbatteva il cipresso della tradizione, suscitando nei Pasolini e nel poeta limmediato desiderio di piantarne uno nuovo. Così, il 26 ottobre Giosuè - accompagnato tra gli altri dal fratello Valfredo, che era divenuto direttore della Scuola Normale di Forlimpopoli - si recò sul colle di Conzano, dove fu piantato lalbero e costruita una piccola arca, allinterno della quale fu posta una pergamena a celebrazione dellevento, recante in calce la frase latina «Quod bonum felix faustumque sit», scritta dal Carducci stesso, che si rallegrò inoltre di vedere la riparazione del campanile già avviata. Il medesimo giorno il sindaco Farini conferiva al cantore della chiesa polentana la cittadinanza bertinorese, omaggiandolo di un diploma la cui cornice era stata ricavata dal legno del cipresso abbattuto.[172] Gli ultimi anni di vita[modifica | modifica sorgente] Come si è visto, non aveva quindi smesso di scrivere poesie. Nel 1898 riunì pertanto tutti i componimenti successivi alle Rime nuove e alle Terze Odi barbare in un volumetto elzeviriano: Rime e Ritmi. È lultima raccolta, e comprende La chiesa di Polenta. La stampa fu completata il 15 dicembre, ma il libro reca come data il 1899, anno in cui scelse nuovamente Madesimo per il ristoro estivo. Uno scritto licenziato da Alfredo Panzini per la Rivista dItalia del maggio 1901 ci racconta come Carducci passasse le giornate durante il soggiorno, dimostrando una volta di più come i costumi carducciani siano rimasti sempre immutati (Panzini aveva raggiunto il maestro nella località lombarda). Apprendiamo che Giosuè risiedeva, come negli anni innanzi, a Villa Adele, e mangiava poi allAlbergo della Cascata, dove giungeva in ritardo rispetto agli altri commensali, in quanto costantemente impegnato nello studio. Pur avendo quasi raggiunto i 65 anni, Carducci lavorava ancora otto ore al giorno.[173] Era stanco, ma anche stavolta riempì di oneri il periodo che si è soliti dedicare a rinfrancare la mente. Preparava una prefazione alla ristampa dei Rerum Italicarum Scriptores di Ludovico Antonio Muratori[174] e uno studio su Alberto Mario, che sarebbe dovuto comparire nella seconda edizione dei suoi Scritti (la prima era uscita già nel 1884). Tornato a casa, aveva praticamente portato a termine la prima fatica, ma col Mario non era riuscito ad andare avanti. La vedova Jessie chiese di poter pubblicare il volume con la sola parte proemiale già scritta e Carducci accettò. Il libro uscì nel 1901. Carducci assieme al tenore Bonci e la Contessa Silvia Baroni Semitecolo Pasolini a Villa Silvia in Cesena La mattina del 25 settembre 1899 fu colto da una nuova paralisi della mano destra; questa volta la portata dellattacco fu maggiore e gli impedì un corretto uso delle articolazioni per alcuni mesi, tanto che, riuscendo a scrivere solo con grande fatica, dovette spesso ricorrere alla dettatura.[175] Ben più drammatica era la situazione dei Pasolini: dopo aver perso due figli, il 28 dicembre 1898 era morto anche Pierino, lultimo rimasto. Lo strazio fu in qualche modo alleviato dalle cure del poeta, che cominciò a recarsi a Lizzano con una certa frequenza. Invitato alla villa, la raggiunse assieme alla moglie Elvira nel maggio 1900. Quasi quotidianamente scendeva a Cesena per portare conforto agli sventurati genitori, che si erano stabilmente insediati nella loro villa di città, dato che dopo la morte di Pierino non avevano più osato recarsi a Lizzano. Il Carducci dette loro coraggio, e tutti insieme salirono a piangere nei luoghi dove avevano visto crescere lamato figlio.[176] Carducci detterà inoltre le parole per lerma funeraria fatta scolpire in memoria di Pierino nel cimitero di Faenza (settembre 1901). I Pasolini accoglieranno il poeta pressoché ogni anno nel suo ultimo scorcio di vita; il 1902 fu loccasione per visitare Longiano, il 1903 lo vide recarsi a Faenza e Modigliana, nellanno 1904 fu a Cervia e Rimini, in quello successivo a Cesenatico, Cervia, Montiano e Carpineta e nella primavera del 1906 vide per lultima volta Bertinoro e la pieve polentana.[177] Due generazioni e due poetiche si trovarono a confronto l11 aprile 1901; Gabriele DAnnunzio era giunto a Bologna per la rappresentazione della sua Francesca da Rimini, in programma al Comunale. Per loccasione il pescarese e Carducci si incontrarono nella redazione de Il Resto del Carlino dove fu allestito un sontuoso banchetto e i due mangiarono insieme. La famosa scena fu immortalata da una caricatura del celebre pittore locale Nasica (pseudonimo di Augusto Majani), che era solito rappresentare nei propri bozzetti i momenti più significativi della vita cittadina.[178] Carducci aveva intanto mantenuto la propria fedeltà nei riguardi di casa Savoia, e il rapporto con la regina era sempre rimasto cordiale, al punto che Margherita acquistò nel 1902 la biblioteca privata dello scrittore, lasciandogliene tuttavia lutilizzo.[179] Nel 1904 fu costretto a lasciare linsegnamento per motivi di salute. Limpegno svolto gli valse la stessa pensione che fu data nel 1859 al Manzoni.[180] Gli succedette Giovanni Pascoli. Nel 1906 lAccademia Svedese gli conferì il Premio Nobel per la letteratura, ma il poeta, già ammalato, non si recò a Stoccolma, limitandosi a ricevere in casa propria lambasciatore di Svezia in Italia. La morte (per cirrosi epatica) lo colse nella sua abitazione di Bologna il 16 febbraio 1907.[181] Fu sepolto con esequie solenni alla Certosa di Bologna. Poetica e pensiero[modifica | modifica sorgente] Lamore per la patria al di sopra di tutto: se si comprende a fondo questo motto la poetica carducciana risulta già spiegata nelle sue linee essenziali. Si aggiunga un innato amore per il bello, per la natura, unincondizionata adesione alla vita nelle sue espressioni più genuine, e il quadro potrà dirsi completo. Le scelte di campo contingenti, i diversi schieramenti politici e ideologici cui dovette aderire nel tempo, sono solo una conseguenza del proprio carattere schietto e impermeabile a ogni forma di doppiezza, e non contengono al loro interno alcuna contraddizione.[182] Per questo con Carducci si ebbe una reazione al tardo romanticismo (Prati, Aleardi, DallOngaro), perché il raggiungimento dellunità nazionale richiedeva forza e virilità, non labbandono a svenevoli malinconie. In particolare la sua reazione vide il ritorno ai classici e la ricerca di una lingua che avesse dignità letteraria. La poetica romantica andava sempre più declinando verso una tenerezza piagnucolosa, verso il facile sentimentalismo e una sorta di languore del tutto contrari allimpetuoso temperamento carducciano, volto a ristabilire attraverso lesempio antico un modello di società in cui regnino la giustizia e la libertà.[183] La poetica del Carducci non fu mai antitetica rispetto a quella romantica. Lamore per la vita, per la natura, per il bello non hanno nulla di antiromantico. Le polemiche giovanili avevano un senso nellottica della temperie risorgimentale, che portava il Carducci a demonizzare tutto ciò che potesse frapporsi alla riconquista della libertà che fece grande Roma e degni di imperitura gloria i Comuni italiani nel Medioevo (in questo senso va intesa lidiosincrasia iniziale per le letterature straniere). Quando, a bocce ferme, si diede ad unanalisi puramente artistica della letteratura, imparò ad amare i grandi scrittori e pensatori francesi, i grandi poeti tedeschi, e rivalutò molti romantici, il Prati e il Manzoni in primo luogo. Dei francesi trascurò quelli saliti alla ribalta negli anni della sua giovinezza; non si entusiasmò quindi per Taine o Flaubert, tanto per estrapolare due nomi soltanto dalla nutrita schiera di pensatori positivisti o scrittori naturalisti che avranno in Zola lesponente più maturo e culminante. Al contrario, gli ardori carducciani portavano il giovane ad infervorarsi per gli spiriti libertari e rivoluzionari di qualche anno prima; era in autori come Hugo, Proudhon, Michelet, Blanc, Thierry o Heine (che può considerarsi francese dadozione) che Carducci vedeva riflesse le proprie aspirazioni e i propri sogni, le proprie speranze in una società dove luomo possa finalmente trovare libertà e dignità.[184] Attraverso queste letture poté in maniera del tutto naturale innamorarsi di coloro che, a loro volta, le avevano ispirate: gli illuministi del XVIII secolo, Voltaire, Diderot e DAlembert.[185] Il sentimento della vita, con i suoi valori di gloria, amore, bellezza ed eroismo, è senza dubbio la maggior fonte dispirazione del poeta, ma accanto a questo tema, non meno importante è quello del paesaggio. Un altro grande tema dellarte carducciana è quello della memoria che non fa disdegnare al poeta vate la nostalgia delle speranze deluse e il sentimento di tutto quello che non cè più, anche se tutto viene accettato come forma della vita stessa. La storia, però, governata da una legge imperscrutabile procede verso il meglio, ed è attraverso la lezione dei classici prima, dei Comuni medioevali e del Risorgimento poi, che il presente deve esprimere una società migliore.[186] La costruzione della poesia del Carducci fu di ampio respiro, spesso impetuosa e drammatica, espressa in una lingua aulica senza essere sfarzosa o troppo evidenziata. Carducci sentì vivamente il clima di fermo impegno morale del Risorgimento e volle, in un momento di crisi di valori, far rinascere quella forza interiore che aveva animato le generazioni del primo Ottocento. La ricostruzione storica per i romantici era pretesto di esortazione allazione, mentre per lui è solo ripensamento nostalgico di un tempo eroico che ormai non cè più (per esempio esalta la civiltà romana in Dinanzi alle terme di Caracalla o gli ideali del libero Comune medievale ne Il comune rustico. Nel componimento Nellannuale della fondazione di Roma mostra il suo spirito retorico, come nel verso cantici di gloria di gloria correran per linfinito azzurro). Carducci manifesta anche la concezione della nemesi storica, secondo cui le colpe dei tiranni sono scontate dai discendenti anche più lontani (Per la morte di Napoleone Eugenio; Miramar). Nelle Rime nuove egli contempla la natura che gli appare ora irta e selvaggia (Traversando la Maremma toscana), ora dolcemente malinconica poiché è testimone di un tempo felice oramai trascorso (Nostalgia), ora luminosa e piena di forza e serenità (Santa Maria degli Angeli). Il suo spirito fu veramente erede del primo Romanticismo, da cui riprese lamore della libertà, la fede pugnace negli ideali, lesaltazione gloriosa della storia medievale, la contemplazione commossa e nostalgica della natura, il rimpianto dei sogni giovanili, la pensosa meditazione sul destino umano e sulla morte. Non manca però anche un evidente legame con la cultura del positivismo: fiducia nella ragione, nella scienza e nel progresso, negazione di ogni prospettiva metafisica ed escatologica. Bisogna tuttavia prestare molta attenzione circa il rapporto tra Carducci e la religione. Parlare di un Carducci ateo o antireligioso sarebbe un grave errore. Dopo la formazione cattolica ricevuta in famiglia e presso gli Scolopi, il poeta assunse un atteggiamento estremamente aggressivo nei confronti della Chiesa e dei preti, ma ciò fu dovuto ad altri motivi, e potrebbe essere paradossalmente addirittura assunto a prova della sua profonda religiosità e di una naturale affinità con linsegnamento di Cristo: insegnamento che vedeva sbeffeggiato proprio da coloro che lo predicavano. La Chiesa era contraria alle ideologie risorgimentali e alla Rivoluzione Francese, e in virtù dellalleanza con gli austriaci predicava una morale della rinuncia che costituiva un chiaro ostacolo sulla via dellunità nazionale. In quanto tale Carducci, naturalmente innamorato dellenergia vitale delluomo, oltre che della storia dItalia, non poté che avversarla.[187] La missione morale e civile da lui affidata alla poesia, la necessità di conformare la propria vita a quanto predicato artisticamente e la profonda convinzione di un imperscrutabile motore della Storia (evidente più che mai nelle Odi barbare) sono però in totale sintonia con lo spirito cristiano, oltre che con gli amatissimi modelli classici.[188] I motivi per cui Manzoni ammirava Virgilio o Orazio erano del tutto simili, e anche se sulla pagina scritta il giovane Giosuè si scagliò contro il romantico per antonomasia, i due professavano in realtà la stessa cosa.[189] Uno la poneva sul piano cristiano-cattolico, laltro su quello pagano, ma gli obiettivi che si prefiggevano e che davano allarte erano affatto sovrapponibili. Passati i fermenti storici e quelli della gioventù, lo stesso Carducci poté riconoscerlo in A proposito di alcuni giudizi su A.Manzoni (1873). Si rese anche conto di come il furore giovanile lavesse portato ad associare clericalismo e spiritualità, Chiesa e idea di Dio. Certo non si autodefinì mai credente nel senso tradizionale, ma ciò accadde perché gli ideali carducciani, in fondo, sono rimasti immutati durante tutta la sua esistenza, e in realtà non riuscì mai del tutto a distinguere la Chiesa dai suoi ministri. Carducci non fu mai contro il divino, contro Dio. Basti pensare alle composizioni giovanili, o, esempio ancor più lampante, alle parole rivolte nel 1889 agli studenti delluniversità di Padova: «Il Dio dellamore e del sacrificio, il Dio della vita e dellavvenire, il Dio delle genti e dellumanità è in noi, con noi e per noi».[190] Molti critici cattolici non poterono mai accettare il pensiero dellautore dellInno a Satana, ed è naturale che vi siano stati attriti. Non è più possibile tuttavia accettare, per le ragioni esposte sopra, commenti drastici come quello di Paolo Lingueglia, secondo cui Carducci non ebbe mai il senso del religioso, e si accontentò di «una giustizia reboante e formale».[191] La critica contro corrente[modifica | modifica sorgente] Lettera aperta a Benedetto Croce, ed. G. Pedone Lauriel, Palermo 1915 Carducci fu oggetto anche di critiche molto aspre. Fra le molte, è da segnalare quella di Mario Rapisardi, repubblicano, che probabilmente non perdonò a Carducci il tradimento degli ideali giovanili con ladesione alla monarchia (si veda Lettera aperta a Benedetto Croce, ed. G. Pedone Lauriel, Palermo 1915 della quale si può leggere un estratto qui Lettera aperta a Benedetto Croce). Già durante la vita del Carducci ci furono dunque forti reazioni. Non fu molto tenero nel 1892 neanche Alfredo Oriani; il Nostro sarebbe stato professore più che poeta, avrebbe usato la testa più che il cuore, senza poter diventare il poeta del popolo, troppo distante da esso a causa di una preparazione troppo classica e aliena dalla comprensione della vita popolana reale.[192] È ancora una polemica contenuta, pronunciata comunque da un amico che rientrerà nella nutrita schiera di coloro che, nel numero di Capodanno de il Resto del Carlino del 1905, riserveranno un pensiero affettuoso per il poeta. Più dura ma anche più soggettiva è la critica piovuta addosso a Carducci nel 1896, quando sulla Gazzetta letteraria meneghino-torinese comparvero alcuni testi a condanna di Giosuè, firmati con lo pseudonimo di Guido Fortebracci, lultimo dei quali avente per titolo La necessità di averlo abbattuto (di aver abbattuto cioè il Carducci). Quello che Oriani aveva lasciato intendere viene qui detto esplicitamente: ci troviamo di fronte a un professore, non a un poeta, un professore che ha scelto per di più il momento sbagliato per manifestare i propri ardori politici (per il Fortebracci essi avrebbero avuto più senso negli anni Ottanta, in mezzo ai tumulti post-unitari, quando invece la musa carducciana tacque), condannando i colpevoli (lautore che si cela sotto il nome di Fortebracci era certamente un cattolico) più che esaltando gli eroi del Risorgimento. Enrico Thovez Limpostazione soggettiva e spesso non organica di questi articoli fece sì che la loro risonanza fosse piuttosto contenuta. Maggior compattezza e acume critico dimostrò invece Enrico Thovez quando nel 1910 mandò fuori un libro in cui accusava Carducci di aver deviato dalla linea maestra che Leopardi aveva tracciato per rinnovare la poesia italiana. Thovez non prova, leggendo le poesie del maremmano, alcuna emozione, trovandovi una Weltanschauung che fa parte ormai di altre epoche - mentre il recanatese era a tutti gli effetti poeta del proprio tempo -; inoltre, anche laddove si parla damore, «nemmeno il più acceso degli erotomani può credere che le Lidie, le Lalagi, le Dafni, le Line carducciane siano donne di carne e ossa».[193] Manca insomma la passione, imprigionata allinterno di schemi metrici che ne impediscono una libera espressione. Anche qui, comunque, prevale limpronta soggettiva, e Benedetto Croce mostrò come le affermazioni del Thovez, pur acute, muovessero ancora da unimpostazione arbitraria e pretendessero di definire la poesia e la sua bellezza assecondando il proprio modo di sentire anziché fondarsi su considerazioni prettamente tecniche.[194] Più tardi Natalino Sapegno definì Carducci un poeta minore.[195] Onori[modifica | modifica sorgente] Carducci raffigurato in busto nella Biblioteca Civica di Verona Gli è stato dedicato un cacciatorpediniere, il Giosuè Carducci. Gli è stato dedicato un cratere su Mercurio.[196] Nel 1906 lAccademia di Svezia gli conferì il Premio Nobel per la letteratura, il primo ad un italiano con la motivazione: « Non solo in riconoscimento dei suoi profondi insegnamenti e ricerche critiche, ma su tutto un tributo allenergia creativa, alla purezza dello stile ed alla forza lirica che caratterizza il suo capolavoro di poetica » (Motivazione del Premio Nobel) Nel 1907 il comune di Castagneto Marittimo, dove il poeta trascorse linfanzia, modifica il suo nome in Castagneto Carducci. Cavaliere di Gran Croce decorato di Gran Cordone dellOrdine della Corona dItalia - nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere di Gran Croce decorato di Gran Cordone dellOrdine della Corona dItalia Cavaliere dellOrdine Civile di Savoia - nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere dellOrdine Civile di Savoia GrandUfficiale dellOrdine dei Santi Maurizio e Lazzaro - nastrino per uniforme ordinaria GrandUfficiale dellOrdine dei Santi Maurizio e Lazzaro Commendatore dellOrdine della Rosa (Brasile) - nastrino per uniforme ordinaria Commendatore dellOrdine della Rosa (Brasile) Produzione poetica[modifica | modifica sorgente] Cronologia di alcune poesie[197] 1865 - Inno a Satana, in opuscolo presso Società tipografica pistoiese. 1873 - Pianto antico, in Nuove poesie. 1873 - Idillio maremmano, in «Monitore di Bologna», 12 settembre. 1876 - Alle fonti del Clitumno, in «La Vedetta», 21 ottobre. 1877 -Alla stazione in una mattina dautunno, in Odi barbare. 1878 - Davanti a San Guido, nella biografia del poeta stilata da Adolfo Borgognoni, premessa alle Poesie. 1878 - Alla Regina dItalia, in opuscolo presso Zanichelli. 1899 - Jaufré Raudel, in Rime e ritmi. Non è sempre facile seguire lo sviluppo della poesia del Carducci attraverso le raccolte da lui edite. Il poeta infatti organizzò più volte e in modo differente i suoi componimenti e ne diede una sistemazione definitiva solamente più tardi nelledizione delle Opere pubblicate per Zanichelli fra il 1889 e il 1909. Qui di seguito si fornisce lelenco delle opere poetiche pubblicate in volume, poi risistemate nei 20 volumi delle Opere. Rime, San Miniato, Tip. Ristori, 1857. Levia Gravia, Pistoia, Niccolai e Quarteroni, 1868. Poesie, Firenze, Barbera, 1871 (seconda edizione, ivi, 1875; terza edizione, ivi, 1878). Primavere elleniche, Firenze, Barbera, 1872. Nuove poesie, Imola, Galeati, 1873 (seconda edizione, Bologna, Zanichelli, 1875; terza edizione con prefazione di Enrico Panzacchi, ivi, 1879). Odi barbare, Bologna, Zanichelli, 1877 (seconda edizione con prefazione di Giuseppe Chiarini, ivi, 1878; terza edizione, ivi, 1880; quarta edizione, ivi, 1883; quinta edizione, ivi, 1887). Juvenilia edizione definitiva, Bologna, Zanichelli, 1880. Levia Gravia edizione definitiva, Bologna, Zanichelli, 1881. Giambi ed Epodi, Bologna, Zanichelli, 1882. Nuove odi barbare, Bologna, Zanichelli, 1882 (seconda edizione, ivi, 1886). Rime nuove, Bologna, Zanichelli, 1887 (seconda edizione, ivi, 1889). Terze odi barbare, Bologna, Zanichelli, 1889. Delle Odi barbare. Libri II ordinati e corretti, Bologna, Zanichelli, 1893 (seconda edizione, ivi, 1900). Rime e ritmi, Bologna, Zanichelli, 1899. Poesie (MDCCCL-MCM), Bologna, Zanichelli, 1901 (seconda edizione, ivi, 1902). Di seguito i volumi poetici nelle Opere. I volumi non corrispondono però allordine cronologico con il quale il poeta aveva pubblicato le prime raccolte, ma fanno riferimento più che altro a distinzioni di generi e pertanto troviamo poesie di uno stesso periodo in raccolte diverse. Le raccolte seguono questo ordine: Juvenilia in sei libri (1850-1860) Levia Gravia in due libri (1861-1871) Inno a Satana (1863) Giambi ed Epodi in due libri (1867-1879) Intermezzo (1874-1887) Rime Nuove in nove libri (1861-1887) Odi barbare in due libri (1873-1889) Rime e Ritmi (1889- 1898) Della Canzone di Legnano, parte I (Il Parlamento) (1879) Juvenilia[modifica | modifica sorgente] La prima raccolta di liriche, che lo stesso Carducci raccolse e divise, dal titolo significativo Juvenilia (1850-1860), composta da sei libri, ha indubbiamente il carattere di un recupero della tradizione classica proprio del gruppo degli Amici pedanti che si era costituito in quel periodo con il proposito di combattere i romantici fiorentini. Nei versi della raccolta si coglie subito limitazione dei classici antichi, dello stilnovo, di Dante e di Petrarca e, tra i moderni, soprattutto quella di Alfieri, Monti, Foscolo e Leopardi. Si intravede però già lo spirito carducciano, il suo amore per la bellezza dello stile, la purezza dei sentimenti e la dignità della patria, oltre che la capacità di apprezzare tutto ciò che è genuino, quindi anche la parlata popolare.[198] In seguito a questa prima esperienza il Carducci, che nel frattempo aveva allargato i suoi orizzonti culturali con le letture di Hugo, Barbier, Shelley, Heine e Von Platen, assorbe le esperienze della poesia romantica europea e le ideologie di tutti quei movimenti democratici nati dalla Rivoluzione francese diventando acceso repubblicano e mazziniano. Nasceranno in questo periodo di grande fervore ideologico Giambi ed Epodi che seguono il noto Inno a Satana e si intrecciano con le poesie di Levia Gravia. Levia Gravia[modifica | modifica sorgente] Nella seconda raccolta, Levia Gravia (1861-1871), che accosta nel titolo due plurali senza congiunzioni come era nelluso classico, vengono raccolte poesie di poca originalità, di imitazione e spesso scritte per particolari occasioni secondo luso della retorica. In molte di queste poesie si avverte la delusione di chi ha visto il compiersi dellunità dItalia. Tra le poesie maggiormente riuscite vi è Congedo, dove si vive lo stato danimo nostalgico di chi ha visto la giovinezza tramontare, mentre importante dal punto di vista storico è Per il trasporto delle reliquie di U. Foscolo in S. Croce e politicamente significativo il canto Dopo Aspromonte, dove viene celebrato un Garibaldi ribelle e fiero. Giambi ed Epodi[modifica | modifica sorgente] La raccolta intitolata Giambi ed Epodi (1867-1879) viene citata dalla critica come il libro delle polemiche. In essa, pur non essendoci ancora la vera poesia carducciana, si coglie tutta la passione del poeta e vi sono tutti, anche se non ancora affinati, i temi della sua poesia. Si avverte nel titolo il desiderio di riproporre lantica poesia polemico-satirica, come quella greca di Archiloco e quella latina di Orazio che nel suo Libro di epodi si ispira al poeta-soldato. In Giambi ed Epodi vi è lesaltazione dei grandi ideali di libertà e giustizia, il disprezzo per i compromessi dellItalia unificata, la polemica contro il papato e contro molti aspetti di costume della vita italiana. Rime Nuove[modifica | modifica sorgente] Nella raccolta Rime nuove (1861-1887), che è preceduta da un Intermezzo, si colgono gli echi e i motivi di Hugo, von Platen, Goethe, Heine, Baudelaire e Poe. In essa i contenuti e le forme derivano in gran parte dai precedenti scritti ma maggiormente approfonditi e maturi. Tra i temi che emergono nelle Rime nuove un posto rilevante è assunto dal culto del passato e delle memorie storiche dove il sogno della realizzazione di una società egualitaria e liberale si avverte soprattutto attraverso lesaltazione delletà dei comuni che vengono presi come esempio di sanità morale e di vita civile. Un altro esempio preso dal Carducci di espansione democratica è la Rivoluzione Francese che viene rievocata nei dodici sonetti del Ça ira. Accanto al sogno, sul piano storico, di un popolo libero e primitivo, corrisponde sul piano sentimentale quello di una infanzia libera e ribelle che si riversa sul paesaggio maremmano, come nel caso del sonetto Traversando la Maremma toscana, uno forse tra i più belli e noti del poeta. Anche Pianto antico è molto significativo. Odi barbare[modifica | modifica sorgente] Odi barbare è una raccolta di cinquanta liriche scritte tra il 1873 e il 1889. Rappresenta il tentativo da parte del Carducci di riprodurre la metrica quantitativa dei Greci e dei Latini con quella accentuativa italiana. I due sistemi sono decisamente diversi, ma già altri poeti prima di lui si erano cimentati nellimpresa, dal Quattrocento in poi, su tutti Leon Battista Alberti, Gabriello Chiabrera e specialmente Giovanni Fantoni. Egli pertanto chiama le sue liriche barbare perché tali sarebbero sembrate non solo ad un greco o ad un latino, ma anche a molti italiani. Predomina nelle Odi barbare il tema storico e quello paesaggistico con accenti più intimi, come nella poesia Alla stazione in una mattina dautunno. E ancora una volta i temi fondamentali della poesia carducciana sono gli affetti familiari, linfanzia, la natura, la storia, la morte accettata con virile tristezza come nella poesia Nevicata. Rime e Ritmi contiene una poesia dedicata al Monumento a Dante a Trento. Rime e Ritmi[modifica | modifica sorgente] Nella raccolta Rime e Ritmi (1889-1898), formata da 29 poesie, le composizioni in metrica tradizionale si affiancano a quelle in metrica barbara, come sottolinea lo stesso titolo; in esse vengono ricapitolati i motivi già presenti nelle precedenti opere, non senza delle interessanti novità. Se le odi storiche e celebrative, da Piemonte a Cadore, un tempo famose, non incontrano più il gusto dei lettori moderni, alcune altre liriche godono oggi di una notevole fortuna, mostrando un Carducci più intimo e sensibile ai cambiamenti di gusto che segnano la fine dellOttocento. Molto apprezzate, in particolare, sono le liriche che vanno sotto il nome di Idillii alpini, ossia Lostessa di Gaby, Esequie della guida E. R., In riva al Lys, SantAbbondio e lElegia del monte Spluga, alle quali va aggiunto lincantevole Mezzogiorno alpino. Presso una Certosa è invece una sorta di testamento ideale, nel quale, di fronte alla morte, Carducci riafferma la sua fede nei valori della poesia. Significative sono anche le tristi elegie La moglie del gigante e Jaufré Rudel. Della canzone di Legnano, parte I (Il Parlamento) (1879)[modifica | modifica sorgente] Fa parte a sé Il Parlamento, frammento de La canzone di Legnano che è senza dubbio uno dei capolavori del Carducci e dove si trova lispirazione maggiore delle maggiori raccolte. Opere[modifica | modifica sorgente] Edizioni, antologie e commenti[modifica | modifica sorgente] Di seguito le edizioni originali di poesie e di prose comparse in volume: Rime, San Miniato, Tip. Ristori, 1857. Levia gravia, Pistoia, Tip. Niccolai e Quaternoni, 1868 (edizione definitiva presso Zanichelli, 1881). Poesie, Firenze, Barbera, 1871 (seconda edizione, ivi, 1875; terza edizione, ivi, 1878). Primavere elleniche, Firenze, Barbera, 1872. Nuove poesie, Imola, Galeati, 1873 (seconda edizione, Bologna, Zanichelli, 1875; terza edizione con prefazione di Enrico Panzacchi, ivi, 1879). Studi letterari, Livorno, Vigo, 1874. Delle poesie latine edite e inedite di Ludovico Ariosto: studi e ricerche, Bologna, Zanichelli, 1875 (poi con il titolo La gioventù di Ludovico Ariosto e le sue poesie latine, ivi, 1881). Intorno ad alcune rime dei secoli XIII e XIV ritrovate nei Memoriali dellArchivio notarile di Bologna, Imola, Galeati, 1876. Bozzetti critici e discorsi letterari, Livorno, Vigo, 1876. Odi barbare, Bologna, Zanichelli, 1877 (seconda edizione con prefazione di Giuseppe Chiarini, ivi, 1878; terza edizione, ivi, 1880; quarta edizione, ivi, 1883; quinta edizione, ivi, 1887). Juvenilia edizione definitiva, Bologna, Zanichelli, 1880. Levia Gravia edizione definitiva, Bologna, Zanichelli, 1881. Confessioni e battaglie, Roma, Sommaruga, 1882 (poi con lindicazione Serie prima, ivi, 1883; serie terza: ivi, 1884). Giambi ed Epodi, Bologna, Zanichelli, 1882. Nuove odi barbare, Bologna, Zanichelli, 1882 (seconda edizione, ivi, 1886). Ça ira, Roma, Sommaruga, 1883. Conversazioni critiche, Roma, Sommaruga, 1884. Rime nuove, Bologna, Zanichelli, 1887 (seconda edizione, ivi, 1889). Il libro delle prefazioni, Città di Castello, Lapi, 1888. Terze odi barbare, Bologna, Zanichelli, 1889. Storia del Giorno di Giuseppe Parini, Bologna, Zanichelli, 1892. Delle Odi barbare. Libri II ordinati e corretti, Bologna, Zanichelli, 1893 (seconda edizione, ivi, 1900). Su lAminta di T. Tasso, saggi tre, con una pastorale inedita di G.B. Giraldi Cinthio, Bologna, Zanichelli, 1896. Degli spiriti e delle forme nella poesia di Giacomo Leopardi, Bologna, Zanichelli, 1898. Rime e ritmi, Bologna, Zanichelli, 1899. Poesie (MDCCCL-MCM), Bologna, Zanichelli, 1901 (seconda edizione, ivi, 1902). Curatele[modifica | modifica sorgente] Larpa del popolo. Scelta di poesie religiose, morali e patriottiche cavate dai nostri autori e accomodate allintelligenza del popolo, Firenze, Tip. Galileiana di M. Cellini, 1855. Antologia latina e saggi di studi sopra la lingua e la letteratura latina, Firenze, Tip. Galileiana di M. Cellini, 1855. Poesie di Giuseppe Parini, Firenze, Barbèra, 1858. Poesie di Lorenzo de Medici, Firenze, Barbèra, 1859. Le Stanze, lOrfeo e le Rime di messer Angelo Ambrogini Poliziano, rivedute su i codici e su le antiche stampe e illustrate con annotazioni di varii, Firenze, Barbèra, 1863. Letture italiane scelte e ordinate a uso delle Scuole del Ginnasio inferiore, Bologna, Zanichelli, 1883 (assieme a Ugo Brilli; seconda edizione: ivi, 1885). Le Rime di Francesco Petrarca di su gli originali, Firenze, Sansoni, 1899 (assieme a Severino Ferrari). Antica lirica italiana (canzonette, canzoni, sonetti dei secoli XIII-XV), Firenze, Sansoni, 1907 (uscito postumo per le cure di Guido Mazzoni). Note[modifica | modifica sorgente]
Posted on: Mon, 18 Nov 2013 23:41:34 +0000

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