8. Una Chiesa Ecumenica - TopicsExpress



          

8. Una Chiesa Ecumenica (Atti 10-11) Questo testo degli Atti è in continuità col discorso precedente: l’apertura della la salvezza è per tutti. Da Giona, integralista e nazionalista, che si sorprende del perdono di Dio ai pagani, a Pietro che si sorprende dell’agire di Dio, a favore dei pagani. Lo Spirito Santo sorprende sempre, deve sorprenderci sempre, e ha diritto di sorprenderci. Difatti in questo episodio degli Atti tutto è orchestrato dallo Spirito Santo: la visione di Cornelio, la visione di Pietro, l’incontro di Pietro a casa di Cornelio, e il primo discorso di Pietro a Cesarea, dove avviene improvvisamente l’effusione dello Spirito, anche su dei pagani. Cosa che sconcerta tutti, compresa Gerusalemme, e Pietro deve giustificare a Gerusalemme quello che è avvenuto, cioè come Dio ha stracciato tutti i confini stabiliti dall’uomo. 1) Visione di Cornelio (Atti 10, 1-9). In questo primo testo (10, 1-9), c’è la presentazione di Cornelio, la visione, e il luogo (Cesarea) della irruzione divina. L’episodio infatti inizia con l’indicazione della città dove è avvenuto questo intervento di Dio, decisivo per il futuro della vita della Chiesa: il futuro della Chiesa è legato a questa visione. Cesarea è una città che il re Erode aveva fatto costruire in 12 anni, in onore di Cesare Augusto. Era diventata sede abituale del procuratore romano e al tempo della missione cristiana era la città più importante della Palestina. Qui c’era una popolazione mista formata da una minoranza di Giudei e da una maggioranza di pagani, e i rapporti erano abbastanza tesi. I Giudei facevano appello al fatto che Cesarea era stata costruita da un re giudeo (Erode, appunto), i pagani potevano fare riferimento al fatto che la vita pubblica della città e le sue istituzioni erano pagane (in onore di Cesare). Quindi sullo sfondo storico di una tale situazione etnica, caratterizzata da tensioni tra Giudei e pagani, acquista maggior rilievo il fatto che proprio a Cesarea alcuni giudeo-cristiani saranno testimoni del fatto che anche i pagani abbiano ricevuto lo stesso dono dello Spirito Santo. Là dove vivevano questi due gruppi etnici divisi tra loro e in continuo conflitto, nasceva una comunità cristiana fatta da persone che pur appartenendo a estrazioni culturali e religiose diverse, sentivano il bisogno di vivere in comunione, grazie allo stesso dono dello Spirito Santo, che Dio aveva loro concesso. Questa solenne introduzione alla visione di Cornelio è giustificata dal ruolo che svolgerà il centurione in questa vicenda. Nei suoi confronti infatti Pietro opererà un miracolo molto più grande di quelli operati lì in quei giorni, e cioè: la guarigione del paralitico alla porta del Tempio e quella della discepola di Ioppe. Accanto alla figura di Cornelio va notata, nell’introduzione, la presenza di tutta la sua casa: quello che accadrà a lui e alla sua casa farà epoca nella storia della Chiesa. E Luca metterà in buona luce, come è suo costume, questi personaggi romani, e fra le qualità di Cornelio merita una particolare attenzione quella di “pio” di un “timorato di Dio”. Sono appellativi che incontreremo ancora due volte nella storia di Cornelio e altre volte negli Atti: nella sinagoga di Antiochia di Pisidia, Paolo incomincia il suo discorso con le parole: “Israeliti e voi timorati di Dio”. La parte centrale della visione di Cornelio è costituita dall’apparizione e dal dialogo dell’angelo di Dio che Luca descrive secondo il cliché stereotipato del genere letterario delle “apparizioni”: l’irruzione improvvisa del messaggero celeste, il saluto, la risposta, il messaggio e poi la scomparsa. “Manda degli uomini a Giaffa e fai venire un certo Simone, detto Pietro”: è un ordine divino. E’ significativa, a questo proposito la domanda di Cornelio: “Che c’è Signore?”. La storia è messa in cammino da un intervento di Dio, Cornelio deve uscire dal suo isolamento per mettersi in contatto con una persona che vive altrove, questa distanza geografica, che l’angelo di Dio comanda di annullare, certamente non è lunga: Cesarea dista da Giaffa una cinquantina di km, ma è la distanza spirituale che è enorme. A Giaffa Pietro è ospite di una comunità di giudeo-cristiani, cioè di quei cristiani che provenivano dal mondo giudaico (Pietro in qualche modo si sentiva il leader del movimento cristiano nato a Pentecoste), e si erano convertiti al cristianesimo. Cornelio, anche se pagano, è simpatizzante del giudaismo, non conosce ancora Gesù di Nazaret, non ha nessuna esperienza della comunità cristiana. Cosa potrà significare quest’ordine dato dall’angelo a un pagano come Cornelio, di cercare un contatto con un capo dei cristiani come Pietro? D’altra parte il messaggero non rivela al centurione di Cesarea lo scopo di questo comando, non indica neppure il motivo per cui deve mandare alcuni uomini per far venire Pietro a Cesarea, che lui neanche conosce. Ma se un intervento di Dio induce Cornelio a mandare una delegazione a Giaffa per chiedere a Pietro di voler gentilmente recarsi a Cesarea, certamente l’incontro tra questi due personaggi, non è un colloquio banale tra persone: è un evento carico di mistero, che Cornelio e chi legge gli Atti, attende che sia svelato in seguito. Però l’intervento dell’angelo che entra nella casa di Cornelio, come nella casa di Maria, anticipa già simbolicamente l’ingresso della salvezza cristiana nella sfera vitale di una famiglia pagana. Certo che la pietà religiosa di Cornelio è quella tipica del giudaismo: le sue preghiere, le sue elemosine, sono accettate da Dio come un sacrificio, e l’intervento dell’angelo appare come una risposta, un premio di Dio per la pietà di Cornelio. D’altra parte il testo non suggerisce nella religiosità di Cornelio nessun elemento che potrebbe far pensare ad una farisaica morale del compenso. Non si dice negli Atti come Cornelio preghi, che vanti dei meriti per la sua osservanza, ma è l’angelo di Dio che rivela al centurione che la sua preghiera è riuscita gradita a Dio. Per Luca l’ingresso dell’angelo nella casa di Cornelio e il messaggio che comunica al centurione è un dono di Dio, anche se dato in cambio del dono che Cornelio ha fatto con la sua preghiera, con la sua elemosina al Signore. A questo punto, potremmo dire che nello stesso tempo in cui avveniva questo evento a Cesarea con Cornelio, avviene anche la visione di Pietro. 2) Visione di Pietro (Atti 10, 9-16). Pietro è il secondo protagonista di questa vicenda (10, 9-16), colui al quale Cornelio aveva inviato la sua delegazione. E’ interessante osservare l’analogia dell’esperienza vissuta da Cornelio con quella di Pietro, al pari del centurione romano che risiede a Cesarea, Pietro risiede a Giaffa. Cornelio ha una visione, Pietro riceve questa rivelazione, nel contesto di una preghiera. Nella situazione di Cornelio, il mediatore divino è un angelo di Dio, nell’esperienza di Pietro è una voce, come nel caso di Saulo. Ma l’identica risposta dell’uno e dell’altro: “Signore”, accomuna le due esperienze, sotto un unico regista della storia: il Signore Dio. E il contenuto della rivelazione che Pietro riceve non sembra avere nessuna relazione con la problematica personale di Cornelio, questo rafforza la convinzione che il vero soggetto operante della prima e della seconda scena è sempre il Signore Dio, e ci fa capire che sia Cornelio che Pietro sono semplici strumenti attraverso i quali si realizza il piano di Dio. Intanto considerato in se stesso l’episodio di Pietro è chiaro: il lenzuolo calato dal cielo dove si trovavano varie specie di animali puri e impuri, il termine profano, regole tipiche delle purità alimentari e il comando della voce celeste che per te volte ordina a Pietro: “Uccidi e mangia” (cioè, ciò che Dio ha reso mondo, cessa di considerarlo profano), non possono avere che un solo senso: Dio ordina a Pietro di lasciar cadere tutte le distinzioni legali tra cibi puri e impuri. Questa triplice ripetizione della voce celeste indica con chiarezza che il superamento di tali leggi di purità degli alimenti è per l’instaurazione di un’ottica li liberta ed è una rivelazione che viene da Dio. Questa è una rivelazione che Dio dona al capo della comunità cristiana perché liberi il cristianesimo da queste leggi di purità alimentare, che se avevano una ragione di esistere nella economia veterotestamentaria, sono assurde nella nuova alleanza fondata da Gesù. Questo superamento della legge sui cibi era già stato oggetto della predicazione di Gesù di Nazaret e la tradizione sinottica ha conservato una sentenza di Gesù con la quale “egli dichiarava mondi tutti i cibi”. E qui ci si domanda il senso di questa visione di Giaffa, tuttavia questo secondo intervento della voce celeste: “Ciò che Dio ha reso mondo, cessa di chiamarlo profano”, lascia aperta la possibilità, che oltre alla questione degli alimenti ci sia un riferimento concreto anche alle persone. Infatti anche “ciò che Dio” (è un neutro) può riferirsi alle cose ma anche alle persone e dal seguito del racconto sapremo che tale possibilità, nell’attuale redazione di Luca, è una certezza. 3) Incontro di Pietro con gli inviati di Cornelio (Atti 10, 17-23). Luca sottolinea con insistenza i ripetuti tentativi di Pietro di interpretare la visione solo in senso letterale. Ma, come vedremo in seguito, la visione si riferirà ad una realtà che Pietro per il momento non riesce a cogliere, perché è ancora un giudeo ben radicato. La voce ha detto a Pietro: “Alzati, uccidi e mangia, ciò che Dio ha reso mondo cessa di considerarlo profano” e mentre Pietro si chiedeva il significato di questa visione, lo Spirito gli disse: “Alzati, discendi, và con loro” senza tentare di interpretare la visione. E alla luce interpretativa dello Spirito, Pietro comprende che la visione del lenzuolo interessava non soltanto gli alimenti ma anche e soprattutto le persone. Infatti i due imperativi: “Uccidi e mangia”, che riguardavano gli animali, sono compresi per mezzo dello Spirito Santo, in riferimento agli due imperativi che seguono: “Discendi e và con loro”, che interessano i rapporti di comunione tra le persone. Questi imperativi stanno a significare che non ha più alcuna ragione d’essere la tradizionale distinzione giudaica tra uomini puri (Giudei) e impuri (i pagani). Quindi solo alla luce di questa ulteriore rivelazione dello Spirito (“Discendi e và con loro”) è possibile l’incontro tra Pietro e gli inviati di Cornelio: da notare che questi sono tutti pagani. Questa rivelazione assolve a una duplice funzione, prima di carattere diciamo ermeneutico (cioè di metodo, interpretativo) perché permette di cogliere il collegamento tra la visione di Cornelio e quella di Pietro, e l’altra di carattere ecumenico, perché consente di superare la distanza spirituale tra Giudei e pagani, che nonostante l’arrivo della delegazione di Cornelio a Giaffa, questa chiusura, questa separazione persisteva. Se il cammino materiale dei delegati di Cornelio ha reso possibile il superamento della distanza geografica tra Cesarea e Giaffa, il cammino intellettuale di Pietro non era sufficiente ancora a colmare la distanza spirituale tra Giudei e pagani: occorreva un’ulteriore illuminazione dello Spirito che facesse comprendere a Pietro il disegno di Dio. L’intervento dello Spirito Santo, che induce Pietro all’azione evoca una costante teologica del libro degli Atti: ogni qualvolta istruzioni o comandi vengono dati in una visione, in un’estasi, attraverso la voce dello Spirito, la voce di un angelo, siamo di fronte a una tappa importante nella realizzazione del piano di Dio: “Pietro, allora li fece entrare e li ospitò”: un pagano non poteva entrare nella casa di un giudeo. Condotto dallo Spirito sul senso profondo della visione e illuminato dal dialogo con gli inviati di Cornelio, Pietro non ha difficoltà ad ammettere i pagani sotto lo stesso tetto, dove egli abita. I delegati del centurione, che arrivati a Giaffa chiedevano dove fosse ospite Simone, detto anche Pietro, non solo hanno la gioia di osservare che Pietro va loro incontro: “Ecco sono io colui che cercate”, ma vengono introdotti nella casa e ospitati. Nella stessa casa dove Pietro ospita il giudeo-cristiani, sono ospiti anche i pagani. Tutto ciò non può non avere valore simbolico, in considerazione del futuro sviluppo della nazione: giudeo-cristiani e pagano-cristiani saranno insieme nell’unica Chiesa di Dio. L’azione che Pietro compie nei confronti dei delegati di Cornelio, annuncia simbolicamente il conferimento del Battesimo che egli ordina di dare alla casa del centurione, e attraverso il quale i pagani faranno il loro ingresso nella casa del Signore. 4) Incontro a Cesarea di Pietro e Cornelio (Atti 10, 23-33) Il senso fondamentale di questa scena è l’ingresso di Pietro nella casa di Cornelio. Luca non poteva sottolineare meglio l’importanza dell’avvenimento: sia la visione di Cornelio, che quella di Pietro, erano finalizzate da Dio a tale incontro, e la descrizione dell’avvenimento è curata bene dall’autore degli Atti, fin nei minimi particolari. Ben quattro volte ripete lo stesso verbo: “Entrare”. Il significato dell’avvenimento è illustrato in modo convergente dal comportamento e dal discorso di Pietro: questi entra nella casa di Cornelio, nella consapevolezza di essere un uomo. E’ molto bello questo atteggiamento di Pietro: “Alzati, anch’io sono un uomo”. C’è il dovere di non ritenere profano, impuro, alcun uomo: il fatto che Pietro sia un giudeo e Cornelio un pagano non è più motivo di discriminazione, possono incontrarsi nel comune possesso della stessa umanità. Questa è la base: se non siamo uomini, non siamo nemmeno cristiani. Le prescrizioni legali giudaiche sono definitivamente superate, attraverso un lungo processo di riflessione, Pietro ha compreso che Dio gli ordinava di non tenerne più conto. Il gesto di Cornelio che si prostra ai piedi di Pietro per adorarlo, simile a quello dei pagani di Listra nei confronti di Paolo, ha il colore di una bestemmia: Pietro si scandalizza. L’ingresso di Pietro nella casa di Cornelio segna l’inizio di una nuova fase della storia nella quale gli uomini hanno la possibilità di intrecciare rapporti di comunione con tutti, senza lo scrupolo di dover trasgredire una legislazione discriminante. Quante norme sono ancora discriminanti! Dopo l’esperienza di Cornelio per un giudeo che voglia avere rapporti con un pagano non sarà più necessario un intervento dello Spirito: perché qui è già intervenuto. Accanto a questo significato fondamentale di questo incontro (cioè non c’è più distinzione tra giudei e cristiani), ce n’è un altro a livello simbolico: con Pietro entra nella casa di Cornelio la salvezza di Dio. L’identità, operata da Luca, nel descrivere sia l’ingresso dell’angelo che quello di Pietro nella casa di Cornelio, pone le due scene in rapporto reciproco: l’intervento dell’angelo nella casa di Cornelio preannuncia l’ingresso di Pietro nella casa del centurione romeno, una scena qualifica l’altra. Il terzo dato teologico da rilevare è la marcata accentuazione della dimensione comunitaria dell’evento. Il racconto delle tre scene precedenti lasciano pensare che l’episodio interessi solo la figura di Cornelio e di Pietro. Anche se insieme a Cornelio è fatta menzione della sua casa, tutto lascia pensare che si tratti di elementi secondari, una vicenda strettamente personale. Ma in questa quarta scena, invece, balza agli occhi prepotente la dimensione comunitaria di quanto sta per accadere. Arrivato Pietro a Cesarea, Luca nota che, erano ad attendere l’ospite non solo Cornelio, ma anche i suoi parenti, gli amici più intimi, e infine, nella conclusione della scena, si precisa che: “Tutti noi siamo qui riuniti per ascoltare tutto ciò che ti fu ordinato dal Signore”, anche Pietro è accompagnato, non è solo, tutti sono in attesa del discorso di Pietro. L’avvenimento ha un significato teologico che trascende la sola figura di un uomo, per quanto importante come Cornelio, per rivestire un significato comunitario. Se all’inizio poteva sembrare che era stato Cornelio, su comando dell’angelo, a mandare a chiamare Pietro, qui invece appare chiaro che la venuta di Pietro non interessa soltanto il centurione di Cesarea, ma tutta la sua casa. A Cesarea sta per nascere una nuova comunità di salvezza. 5) Discorso di Pietro (Atti 10, 34-43). - Il primo messaggio contenuto nel discorso di Pietro è l’affermazione che la salvezza di Dio è destinata a tutti gli uomini. Il capo della comunità cristiana comincia il suo discorso con una dichiarazione di principio, dalle dimensioni universalistiche: “Dio non fa preferenze di persone, ma chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque popolo appartenga è a Lui accetto”. Dio non guarda in faccia a nessuno, ama il forestiero e gli dona pane e vestito, diceva già il Deuteronomio. Grazie all’opera di Gesù, Pietro comprende che l’imparzialità di Dio verso tutti i membri del popolo eletto si estende anche a tutti gli uomini di qualunque nazione “chiunque teme Dio e opera la giustizia è a lui gradito”. Per piacere a Dio non è più necessario far parte del popolo giudaico, l’imparzialità di Dio non si manifesta soltanto nel “giudizio”, ma ora “nelle relazioni verso tutti gli uomini”. Cornelio, uomo giusto, timorato di Dio, le cui opere buone salivano come memoriale al suo cospetto, vive nella condizione presupposta dal discorso di Pietro, anche se è un pagano, è un amico di Dio, anche se non è un credente. Questa prospettiva universalistica, con la quale Pietro apre il suo discorso non è che un’applicazione cristiana di un principio già noto nell’AT e nel giudaismo. Anche a Pentecoste Pietro aveva terminato il suo discorso con la dichiarazione che Gesù è il Signore (Att, 2,36): era un discorso rivolto soltanto al giudei, ora egli parla ai pagani, dice che Gesù è il Signore di tutti. L’antica professione di fede: Gesù è il Signore” è qui utilizzata da Luca in senso universalistico: “Dio ha mandato Gesù, Signore di tutti per stabilire la pace tra giudei e greci”; “Cristo è la nostra pace” (Efesini), qui si vede il forte legame che c’è tra Paolo e Luca. “Chiunque crede in lui riceve il perdono”, gli uomini ormai non si distinguono più tra puri e impuri, la vera purificazione si ottiene mediante la fede, che non opera più alcuna discriminazione fra gli uomini. Tutto il messaggio biblico dell’AT riletto alla luce dell’esperienza di Gesù Cristo è una testimonianza del fatto che la salvezza di Dio è offerta a tutti gli uomini. - Il secondo messaggio del discorso di Pietro è costituito dalla stessa centralità della persona e del ministero di Gesù E qui Luca nel ricordare i fatti più salienti della sua vita (l’inizio del suo ministero, il Battesimo, la sua attività in Giudea, in Galilea, fino all’Ascensione) presenta Gesù come il realizzatore definitivo delle promesse di Dio. La salvezza che Dio offre agli uomini è la persona stessa di Gesù nella totalità della sua esperienza, del suo mistero. I cristiani di tutti i tempi non potranno mai staccarsi dall’evento-Gesù, senza compromettere seriamente la genuinità della propria fede. Cornelio è il primo pagano che diventa cristiano, non perché convertito dagli uomini ma da Dio: questo è il fatto strepitoso che suscita lo stupore di Pietro, il quale deve semplicemente constatare che Dio “non fa differenze di persone”. I giudeo- cristiani venuti da Giaffa con lui, sono meravigliati che anche su un pagano è stato effuso il dono dello Spirito, sarà poi la stessa comunità di Gerusalemme a riconoscere che Dio ha concesso anche che ai pagani la penitenza per la vita. Convertito da Dio, Cornelio è già un cristiano. 6) Effusione dello Spirito e Battesimo (Atti 10, 44-48). Dopo aver letto questi episodi, il lettore degli Atti finalmente comprende qual’era lo scopo cui mirava Luca fin dall’inizio. Tutta la storia di Cornelio è stata orchestrata dall’evangelista per mettere in risalto l’effusione dello Spirito Santo sui pagani. La pentecoste dei pagani avviene nella casa di un pagano, Cornelio. E questo per una iniziativa gratuita di Dio, anche noi dovremo sempre fare i conti con le iniziative gratuite di Dio, in tutti i tempi. E’ Dio che ha posto sullo stesso piano pagani e giudeo-cristiani. Attraverso il battesimo e la comunione di vita con i giudeo-cristiani i pagani hanno fatto il loro ingresso ufficiale nella comunità ecclesiale. - l primo dato teologico da rilevare è che l’ irruzione improvvisa e assolutamente gratuita dello Spirito sulla casa di Cornelio, stravolge tutto il normale processo di iniziazione cristiana le cui tappe importanti erano fondate sulla proclamazione della Parola di Dio, l’ascolto, la fede, la conversione, il battesimo e il dono dello Spirito. Qui sembra che tutto questo non abbia senso. - Un’altra chiara preoccupazione teologica di Luca è l’assimilazione della Pentecoste dei pagani con Pentecoste cristiana, cioè la discesa dello Spirito Santo sugli Apostoli. Luca fa un parallelismo e dice: ciò che è avvenuto a Gerusalemme, nel giorno di Pentecoste avviene qui a Cesarea, l’accostamento tra le due scene emerge da una serie di termini che sono caratteristici nella descrizione delle due esperienze: per esempio il termine “tutti” (“pàntes”) è riferito sia agli apostoli presenti nello stesso luogo dove furono beneficiari di una tale comunicazione divina, sia a “tutti (“pàntes”) i pagani presenti a Cesarea dove sono investiti del dono dello Spirito. L’effusione dello Spirito a Pentecoste provoca nei giudei presenti a Gerusalemme una reazione di stupore, di meraviglia (dicevano: “Sono ubriachi”), uguale a quella provata dai giudeo-cristiani che avevano accompagnato Pietro da Giaffa a Cesarea, e che sono testimoni di questo evento. Quindi sia nella pentecoste giudaica sia in quella dei pagani, lo Spirito è definito come “dono”. A Gerusalemme Pietro dice: “Ravvedetevi e fatevi battezzare nel nome di Gesù Cristo per ottenere il perdono dei vostri peccati e riceverete il dono dello Spirito santo”. A Cesarea, gli amici di Pietro si meravigliano che anche sui pagani è stato effuso il dono dello Spirito Santo. Nell’uno e nell’altro caso, l’irruzione dello Spirito è espressa con lo stesso verbo “effondere” e al dono dello Spirito segue il fenomeno della “glossolalìa”, questo parlare in lingue, che vuol dire “farsi capire” non tanto linguaggi strani. I membri della casa di Cornelio ricevuto lo Spirito parlano in lingue, cioè annunciano le meraviglie di Dio, i cristiani di Cesarea magnificavano Dio. E come se queste analogie non bastassero, Luca sottolinea chiaramente l’identità dell’esperienza spirituale avuta dagli apostoli a Gerusalemme e dai pagani a Cesarea: “Forse che si può proibire che siano battezzati con l’acqua questi che hanno ricevuto lo Spirito Santo al pari di noi?”. L’identità del dono dello Spirito costituisce la prova decisiva perché Pietro non abbia più alcuna difficoltà a comandare che essi siano battezzati e inseriti ufficialmente nella comunità ecclesiale. Il conferimento del battesimo sancisce in modo ufficiale l’accoglienza dei pagani nella comunità ecclesiale. Non è più il battesimo che dona lo Spirito ma esso segna l’appartenenza ormai definitiva dei pagani di Cesarea alla Chiesa, il vero dono che Pietro fa a Cornelio e che era l’unica ragione del suo viaggio a Cesarea è il conferimento del battesimo. Lo Spirito non è certo una realtà istituzionale, è dato alla Chiesa ma non è proprietà della Chiesa, la sua presenza, pur essendo talvolta legata a un ministero umano resta sempre una realtà trascendente, che Dio liberamente concede come dono a qualsiasi uomo. Lo Spirito sfugge a tutti i tentativi umani di manipolazione, dirà Giovanni: “Lo Spirito Santo è come il vento, non si sa dove viene né dove và”. D’altra parte l’azione dello Spirito si manifesta pienamente nella comunità ecclesiale. Il dono dello Spirito crea la vera libertà e la vera comunione fra gli uomini. Per Luca la comunione ecclesiale non è soltanto un fatto spirituale ma anche una realtà esterna, visibile, che deve manifestarsi nella vita quotidiana dei credenti, nel cap 2 e 4 degli Atti leggiamo che “mettevano tutto in comune”. E alla fine Pietro deve fare una relazione di quello che è avvenuto: 7) Discorso di Pietro a Gerusalemme (Atti 11, 1-18). Pietro di fronte alle critiche che venivano da Gerusalemme è costretto a dire come stavano le cose, per cui la comunità pagano-cristiana di Cesarea riceve il riconoscimento ufficiale nell’incontro di Pietro con la Chiesa di Gerusalemme. - Questo è ilprimo significato fondamentale di questo brano. Secondo la concezione teologica della Chiesa che ha l’autore degli Atti, tutte le comunità cristiane sparse nel mondo, pur nel pluralismo culturale e religioso che li caratterizza, devono essere collegate in modo vitale con la Chiesa Madre di Gerusalemme. Anche Paolo rispetterà lo stesso stile: terminato il primo viaggio missionario, giunto insieme a Barnaba a Gerusalemme, furono accolti dalla Chiesa, dagli apostoli, dai presbiteri e annunciavano “tutto ciò che Dio ha operato per mezzo loro”. Quindi nessuna meraviglia che tale regola venga rispettata dallo stesso Pietro, per la comunità nata a Cesarea, benché sia sorta per iniziativa esclusiva di Dio. Gli interventi di Dio messi in atto nell’origine della Chiesa di Cesarea non esonerano questa nascente comunità dalla comunione con la Chiesa di Gerusalemme. Pietro ne è consapevole, perciò sale a Gerusalemme e fa la sua dettagliata e ordinata esposizione dei fatti e riceve il sigillo ufficiale della Chiesa che pubblicamente riconosce che “anche ai pagani Dio ha concesso la penitenza per la vita”. E attraverso la comunione con Gerusalemme, tutte le chiese locali sono collegate a Gesù di Nazaret come centro della storia. E la Chiesa di Gerusalemme non è vista da Luca come centro di potere, cui tutto deve essere subordinato, ma come luogo di mediazione, che consente alle chiese di tutti i tempi, sparse per il mondo, di essere “cattoliche” nel senso di “universali”. Il riconoscimento che la comunità di Gerusalemme ha dato all’operato di Pietro è stato in fondo un atto di obbedienza a Dio: “Anche ai pagani Dio ha concesso la vita”. - Il secondo aspetto del messaggio teologico contenuto in questo brano, che emerge dal discorso di Pietro, si può cogliere nel versetto conclusivo: “Chi ero io da potermi opporre a Dio?”. E questo è un interrogativo che dobbiamo porci tutti nei casi delle nostre storie: “Chi ero io per oppormi a Dio?”. A volte Lui ci sopravanza, d’altra parte questa conversione dei pagani aveva suscitato problemi all’interno della Chiesa di Gerusalemme: Pietro ha offerto ospitalità a dei pagani e lui stesso è ospite in una famiglia di pagani, certamente non ha osservato le leggi, le norme legali del tempo. A Gerusalemme erano in comprensibile apprensione, il testo diceva: “Quelli della circoncisione si erano fatti portavoce”. L’effusione dello Spirito sulla famiglia di Cornelio appare quindi come un nuovo compimento di una Parola del Signore. Quante suggestioni nascono da questo brano, forse l’abbiamo letto tante volte, ma letto in modo analitico capiamo come lo Spirito Santo, ci sorprende. La grande libertà dello Spirito và al di là delle nostre istituzioni, che vanno sempre in qualche modo relativizzate, siamo in cammino verso il Regno e deve affacciarsi il senso della provvisorietà: qui si pianta soltanto tenda, ciò che rimane è il Signore e il suo regno, Lui ha sempre il diritto di scombinarci, quando ci leghiamo in modo irreversibile alle nostre idee, alla nostra visione della vita, un po’ come era successo a Giona. Da qui l’apertura continua alla Parola, allo Spirito che vibra in essa, relativizzando anche le nostre piccole miserie, ma restando aperti al dono dello Spirito, alla sua libertà che è senza limiti. Ecco il legame tra il libro di Giona dell’AT e questo degli Atti del NT.
Posted on: Mon, 09 Sep 2013 21:04:17 +0000

Trending Topics



Recently Viewed Topics




© 2015