ALTRI DUE..... A diciotto anni ci sentivamo maggiorenni, - TopicsExpress



          

ALTRI DUE..... A diciotto anni ci sentivamo maggiorenni, anche se a quei tempi occorrevano 21 anni per esserlo effettivamente; in realtà si poteva comunque andare al cinema a vedere i film vietati ai minori di 18 anni. Erano quelle cose che aspettavi da sempre : sedersi di fronte al “grande schermo” e vedere tutte quelle meraviglie ingrandite, gigantesche. Guardavamo in silenzio, con la sigaretta in bocca ; le sole parole che si sentivano erano di quelli che non fumavano e che dicevano : “ Lo butti più in la sto fumo che non si riesce a vedè un tubo….“ Tutte le volte che finiva il primo tempo c’era un via vai al bagno per pulirsi i pantaloni: erano sempre tutti molli in quel posto… Diciotto anni : tempo della macchina, tempo dei viaggi più lunghi, tempo delle discoteche, dei fidanzamenti più seri, del borsello sempre senza soldi. C’erano i problemi di come mettere la benzina tanto che spesso dovevamo ricorrere a pompare sulla gomma della pompa: occorreva anche un’ora o più per poter metterne cinque mila lire, perché dovevamo fermarci all’arrivo dei clienti veri, fare finta di niente, per poi ricominciare. Quante volte lo abbiamo fatto ! A quel tempo avevo una Fiat 124 spider, una di quelle auto che andavano di moda: consumava un casino e quindi era quasi sempre ferma, perciò, andavamo con quella di Luca , una Diane rossa ,oppure l’Opel Kadett del Bicheri. Avevo comprata a rate la mia macchina, secondo l’insegnamento del babbo. Era costata 1.050.000 lire. Sì, capito bene: un milione e cinquanta mila lire, non cinquecento euro che adesso non sono nulla. Avevo firmato 22 cambiali da 50.000 lire perché una era relativa agli interessi. E’ stato lì che ho imparato a studiare la mia firma: avevo messo un mese per inventarla e poi imparare a rifarla, ma ci riuscii: era proprio bella, una di quelle firme importanti, da vip. Quante ne ho fatte da quel momento in poi ! In quel periodo avevo due fidanzate: Rossana e Cinzia. Rossana abitava a Castiglion Fiorentino, Cinzia a Pisa. Questa ultima l’avevo conosciuta al mare a Follonica, ma durò poco anche perché la distanza era tanta e con la mia macchina,visto il consumo ed i pochi soldi che avevo, era quasi impossibile andarla a trovare. Anche se potevo chiedere l’aiuto di un amico: Roberto. Roberto era un po’ più grande di me e non aveva problemi di soldi. Era un po’ “credulone”,(speriamo che non legga mai questo racconto perché come allora sarà permaloso ) bastò dirgli: “ Ho un’amica che mi ha chiamato e vuole vedermi, però le ho detto vengo se porti una tua amica, dato che non arrivo solo”, e così lui, credendoci, mi accompagnò a Pisa con la sua cinquecento giallina. Al nostro arrivo, io andavo per i fatti miei e Roberto restava in attesa della ragazza promessa, nel “ campo dei Miracoli “, forse proprio nella speranza che se ne avverasse uno… invano! Roberto è stato un grande amico, non mi ha mai chiesto i soldi della benzina, ( tanto non glieli avrei mai dati ) Luca era impegnato con una ragazza che aveva conosciuto a Tavernelle, in provincia di Perugia, una morettina, non tanto carina, che però a lui piaceva molto; credo che sia stata una delle poche di cui si sia innamorato. La sua storia con questa ragazza finì presto, anche perché, un giorno, mentre tornava a casa, dopo una serata passata con lei, ad una curva, la sua Diane non riuscì a girare e finì contro un muro , ribaltandosi: distrutta. Non volle più sentir parlare di quella ragazza , perché diceva che era tutta colpa di lei: non ho mai saputo il perché. Al termine di quell’estate la vita tornò ad essere quella di sempre: scuola e lavoro. Avevo deciso di studiare e lavorare. Facevo il disegnatore in uno studio di architettura non lontano da Torrita, così potevo mantenermi gli studi e togliermi qualche piccola soddisfazione, oltre alla possibilità di aiutare la mia famiglia anche se quello che guadagnavo era poco . Comunque ero molto contento nel prestare qualche lira al mio babbo, mi faceva sentire utile. Quell’inverno Luca ebbe la brillante idea di voler imparare a suonare la chitarra e mi propose di accompagnarlo a scuola. Decisi di seguirlo; comprammo due chitarre: la sua più bella, la mia più andante, visto che non ho mai avuta una reale passione per la musica. Questa brillante idea era legata alla possibilità di arrivare alla prossima estate suonando la chitarra in riva la mare, per far cadere ai nostri piedi tutte le ragazze,ma non fu così. L’insegnante abitava ad Acquaviva di Montepulciano: la signora Mazzanti, una donna di una ottantina d’ anni, maestra di violino, bravissima. Andavamo due volte alla settimana e devo dire che in poco tempo il nostro repertorio si era arricchito: “ Azzurro “, “ il ragazzo della via Gluk “, “ Generale” di De Gregori “, “ Sogni proibiti di due innamorati “. Con il susseguirsi dell’insegnamento Luca si comprò delle chitarre nuove, cominciò persino a cantare, andava alle feste dell’Unità a fare il karaokhe. Non vinceva , ma si piazzava sempre egregiamente. Arrivò l’estate e tornammo al mare. Luca aveva comprato la macchina nuova, una Renault 5 nera, con i sedili anatomici color arancio: era veramente una bella macchina. Io invece possedevo sempre il 124 Spider, però fui costretto a comprarne un’altra, una Citroen DS Pallas, il cosiddetto “ Ferro da Stiro“, dato che d’inverno, nel mio spaiderino pioveva e doveva rimanere in garage, mentre d’estate lo riattivavo per poi passarci tutta la stagione. Quell ’estate partimmo con la macchina di Luca, come d’obbligo perché era nuova, ansiosi di passare una vacanza grandiosa. Purtroppo non si rivelò tale: Luca suonava la chitarra , ma le ragazze furono pochine. Qualche conquista si fece, ma il problema era il solito: abitavano troppo lontano, tipo a Milano, e quindi, terminata l’estate, tutto finì. 8 E…POI Non voglio continuare a raccontare tutte le avventure che io e Luca abbiamo passato insieme, anche perché sembrerebbe voler far passare tali storie come uniche, stupende, indimenticabili… Indimenticabili si, ma non uniche. Siamo stati amici come tanti, con le nostre storie, come tutte le storie. Voglio solo citare quelle che ritengo siano le più importanti, per poter spiegare meglio il rapporto tra me e lui: i nostri caratteri, le nostre debolezze ed i nostri pregi, senza né lodare né sminuire. Negli anni successivi i nostri rapporti sono continuati ,anche se ho conosciuto la mia futura moglie, Marussa. Avevo venti anni e le sedici; ora siamo sposati da ventisei anni. Quando incontri la donna della tua vita, spesso le amicizie subiscono una svolta; ci vediamo di rado, parliamo meno, ci confidiamo raramente. Pure nel mio caso è stato così, anche se con Luca non ci siamo mai persi di vista. Inizialmente sei preso da tanti nuovi interessi, uscire con la fidanzata, fare insieme le vacanze , tanto che il tempo per gli amici comincia a mancare. Con Luca sono appunto mancate tutte le avventure che due ragazzi di venti anni possono fare insieme, ma con tutto ciò il nostro rapporto è continuato ad essere quello che era sempre stato: cene, veglie a casa sua, ritrovarsi al mio negozio, sul suo posto di lavoro, senza mai perdere la voglia di parlare, di confidarsi e cercarsi (nel bisogno). Entrambi c’eravamo. Luca c’e’ sempre stato, appariva in punta di piedi nei momenti più critici. Ricordo con tanta emozione quando il 5 di maggio del 1985 morì il mio babbo; avevo solamente 24 anni, sposato da sette mesi ed in attesa di una bambina che sarebbe nata a Luglio. Fu un fulmine a ciel sereno. Quella mattina, con Marussa, eravamo invitati ad matrimonio di un nostro amico, invece alle cinque del mattino mio babbo si sentì male. Chiamato il dottore, fu ricoverato in ospedale, ma dopo poche ore se ne andò. Non ci fu il tempo di dirsi nulla, di capire il perché; solo il tempo di guardarsi in faccia, stringersi le mani quando lui, con un semplice gesto, mi salutò per l’ultima volta. Ventiquattro anni: sono stato insieme a lui così poco tempo, ma mi è stato sufficiente per capire quanto era grande e quanto mi voleva bene. Attendeva con ansia l’arrivo della sua prima nipotina. Spesso alla mia mamma diceva : “ Angiolina, hai visto che ce l’abbiamo fatta a diventare nonni! “. Mia mamma aveva quattro anni più di lui. Che gioia vedevo nei suoi occhi. Si è spento così, tutto all’improvviso. Quando muore un genitore, le frasi più ovvie sono: “ basta che non patisca” , ” l’importante che sia un colpo e via”. No, non è vero! A me è mancato curarlo, assisterlo, baciarlo, con tutti quei baci che non gli ho mai dato. Purtroppo ti accorgi sempre tardi, di tutte le cose che avresti voluto dirgli o fare. Adesso non è più possibile. Mi sentivo imprigionato, non sapevo cosa fare, chi chiamare, a chi chiedere aiuto, ero solo in una stanza di ospedale, solo con lui. Dovevo avvisare casa, non avevo il coraggio: mia moglie incinta, mia madre vedova… “Oddio…!” La mia mente era assalita da gesti irragionevoli: mi sari gettato dalla finestra, avrei voluto morire anch’io, ma sapevo che dovevo reagire, trovare il coraggio, dovevo diventare grande. E infatti da quel momento la mia vita è cambiata. La morte di un genitore ti fa diventare grande tutto insieme. Ti fa sentire vecchio; non puoi chiamare “ babbo “, non puoi più cercarlo. Solo nei tuoi pensieri puoi raggiungerlo. Ero pieno di preoccupazioni e problemi non solo che affettivi : c’erano anche quelli economici, dato che lavoravo solo io. Nessuno dei miei parenti si avvicinò a me per tendermi una mano, per offrirmi un aiuto. Ci fu solo la classica compassione di circostanza: “ Parino “, “ Come faranno questi ragazzi “. Finito il momento, nessuno di loro mi ha mai aiutato e forse è stato meglio così, perché ero e sono orgoglioso. Luca è stato l’unico, solo Luca, il mio amico. Come sempre, si avvicinò, appoggiò la sua mano nella mia spalla e, mi porse un librettino celeste,che era quello della Banca : “ Prendilo, sono pochi ma ti possono essere utili, io adesso non ho bisogno, me le restituirai quando potrai, adesso servono più a te che a me , e se poi non potrai restituirmeli non importa, tanto quello che stò facendo adesso per te lo avresti fatto anche tu per me “. Piansi come un bambino, stringevo Luca a me, come fosse una cosa tutta mia, una cosa preziosa dalla quale non ti staccheresti mai. Anche lui pianse. Quei soldi non li ho accettati per il semplice motivo che dovevo cavarmela da solo, per dignità personale, del mio babbo, della mia famiglia, ma è come se li avessi presi: quel gesto mi dette una forza e una sicurezza tale da riuscire a fare tutto quello che dovevo, perchè sapevo che in qualunque momento Luca c’era. “ UN CUORE AMICO RICONOSCE UN BISOGNO PRIMA CHE VENGA ESPRESSO E VI RISPONDE CON TANTA PRONTEZZA CHE SEMBRA UNA COINCIDENZA “. E’ questa la frase che non smetterò mai di ripetere, perché questo è il simbolo dell’amicizia, io e Luca lo sapevamo bene. Anche a Luca due anni dopo morì il babbo.
Posted on: Thu, 12 Sep 2013 13:37:09 +0000

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