AUTOBIOGRAFIA A-SCIENTIFICA (88): ho conosciuto Stefano Boeri - TopicsExpress



          

AUTOBIOGRAFIA A-SCIENTIFICA (88): ho conosciuto Stefano Boeri relativamente tardi, credo nel 2000 in occasione di una conferenza di Rem Koolhaas alla Triennale di Milano che lui presentava. Siamo entrati poi in contatto, ma francamente non ricordo come, probabilmente attraverso la presS/Tletter. Mi sembrò una ottima notizia quando nel 2004 lessi che era lui il nuovo direttore di Domus. Finalmente, pensai, un architetto italiano aperto alle ragioni della sperimentazione. Ricordo che lo aiutai a promuovere il nuovo corso della rivista con qualche articolo e in una conferenza a Pescara. Fu durante quella conferenza che gli vidi fare una dedica molto originale a uno del pubblico che si era alzato a salutarlo, probabilmente un amico che non vedeva da tempo. Sulle prime pagine della sua rivista c’era una cartina con indicate le città coinvolte nel numero, perché là vi risiedeva l’autore o perché si parlava di un edificio lì localizzato. Lui scrisse il nome dell’amico sopra Pescara e lo collegò al grafo che legava tra loro tutte le città. Più tardi capitò di incontrarci a Milano, mangiammo un panino in zona Corso Como e prima di salutarci mi volle regalare un numero della rivista, che andò a comprare in una edicola. Cercò la pagina con la cartina e, come se gli fosse balenata lì per lì l’idea, segnò il mio nome su Milano ( o Roma?) e lo legò al grafo. Naturalmente sorrisi e ringraziai. La sua direzione di Domus fu una delusione. Una rivista che divagava continuamente, affrontando temi marginali all’architettura e senza mai affrontare quello centrale e cioè l’architettura stessa attraverso le sue realizzazioni. Lo stesso è avvenuto poi con Abitare dove fu tentata l’operazione più sofisticata ma non meno spericolata di commentare le opere attraverso pezzi di scrittura letteraria e non attraverso l’analisi critica. Il che vuole dire affiancare a un linguaggio polisenso un altro polisenso, dichiarando così di fatto la morte del ragionamento critico in favore di un estetismo a mio giudizio inconcludente. Riconosco a Stefano il merito di aver intuito che in un momento di crisi ,le riviste andavano rifondate, ma credo che alla fine lui più che risollevarle abbia contribuito a dare loro il colpo finale. Chi fa sbaglia e solo chi non fa la indovina sempre. Ed è per questa ragione che credo che il problema Boeri non sia legato alla gestione, per quanto fallimentare, delle due testate ( da qualche parte dovrei ricordarmi di parlare di Italo Lupi che, prima di Boeri, era stato l’eccellente direttore di Abitare, riuscendo a fare una rivista che captava sia l’attenzione del vasto pubblico che degli addetti ai lavori). Il problema Boeri coincide in larga parte con il problema Casamonti. Che a sua volta non è dissimile dal problema Gregotti, Portoghesi, Rogers, Piacentini. E’ quello della commistione dei ruoli: direttore di rivista, professore universitario, personaggio coinvolto nella politica, professionista. Con due aggravanti. Che il coinvolgimento politico non è stato superficiale: Boeri ha tentato di diventare sindaco di Milano e poi è stato assessore alla cultura dello stesso comune. E che tutto questo, che a mio giudizio è il vecchio che ritorna, è stato visto come il nuovo che avanza. Una confusione che mi è stata sempre insopportabile, anche quando Boeri ha organizzato eventi importanti come Festarch a Cagliari. Dove –ricordiamolo- era invitato, dandogli ampio spazio, Casamonti in quel periodo pubblicato anche su Domus. E dove i protagonisti del Festarch, Boeri compreso, poi li trovavi incaricati dei progetti che venivano portati avanti in Sardegna. Per carità tutto in regola, tutto legale. E poi, lo ripeto, in ogni caso sono i giudici e non io a dover trovare eventuali riscontri penali. Ma c’era qualcosa che non tornava alla mia concezione forse superata del rapporto tra politica e cultura. Tanto è vero che quando è scoppiato il caso Maddalena, sentii il bisogno di scrivere qualcosa. E ne sono seguiti due incontri, uno a Roma e uno a Milano dove ci confrontammo duramente. Il secondo problema di Boeri è nella sua concezione elitaria, ma in senso radical chic, della cultura. A lui bisogna riconoscere un talento straordinario nel trovare giovani intelligenti, tra questi mi vengono in mente Grima e Gallanti, e ce ne sono altri. Ma tutti con una concezione dell’architettura come gioco snob e sofisticato, lontano da quella che è la pratica sul campo. E difatti Grima, che è succeduto a Boeri nella conduzione di Domus, ha dato alla rivista il secondo colpo mortale. Preferendo l’inconsueto, il paradossale, l’irrealizzabile, lo strano alla migliore prassi architettonica. E’, non ci vuole molto a vederlo, il ritorno dell’Accademia con una formula aggiornata. Nel suo disprezzo del fare quotidiano e nella falsa credenza che sia buona architettura solo quella densa di contorcimenti mentali. Esattamente come quando io ero studente, e dominava la Tendenza, e si usava come massimo insulto la parola professionista. (continua)
Posted on: Tue, 13 Aug 2013 08:19:58 +0000

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