Agguato di via Fani Da Wikipedia, lenciclopedia - TopicsExpress



          

Agguato di via Fani Da Wikipedia, lenciclopedia libera. Avvertenza Alcuni dei contenuti qui riportati potrebbero urtare la sensibilità di chi legge. Le informazioni hanno solo un fine illustrativo. Wikipedia può contenere materiale discutibile: leggi le avvertenze. Agguato di via Fani ViaFani 2.jpg Via Fani a Roma pochi minuti dopo lagguato delle Brigate Rosse. Stato Italia Italia Luogo Roma Obiettivo sequestro di Aldo Moro Data 16 marzo 1978 9.02-9.05 Tipo agguato con armi da fuoco Morti cinque uomini delle forze dellordine: due carabinieri, Oreste Leonardi e Domenico Ricci e tre agenti di Pubblica sicurezza, Francesco Zizzi, Giulio Rivera, Raffaele Iozzino Responsabili Brigate Rosse Sospetti Terrorismo internazionale; Servizi Segreti Deviati Motivazione Terrorismo Lagguato di via Fani (o strage di via Fani) fu un sanguinoso attacco terroristico compiuto da militanti delle Brigate Rosse il mattino del 16 marzo 1978 in via Mario Fani a Roma, per uccidere i componenti della scorta di Aldo Moro e sequestrare limportante esponente politico della Democrazia Cristiana. Questo tragico fatto di sangue degli anni di piombo, portato a termine con successo dai brigatisti rossi, fu il primo atto del drammatico rapimento dellesponente politico che si concluse dopo 55 giorni con il ritrovamento del cadavere di Moro nel bagagliaio di una Renault 4 rossa in via Michelangelo Caetani. Le modalità precise dellagguato (denominato in codice allinterno delle Brigate Rosse Operazione Fritz[1]), i dettagli operativi, le circostanze precedenti e successive allattacco, le responsabilità, i componenti del gruppo di fuoco terroristico, leventuale presenza di altre componenti estranee alle Brigate Rosse o di connivenze e aiuti esterni, sono tutti aspetti della vicenda aspramente dibattuti in sede processuale, parlamentare e pubblicistica, e rimangono oggetto di discussioni e dubbi. Indice [nascondi] 1 Giovedì 16 marzo 1978 1.1 Roma, ore 08:45-ore 09:00 1.2 Ore 09:00-ore 09:30 1.3 Ore 09:30-ore 12:45 1.4 Ore 12:45-ore 23:00 2 Svolgimento dei fatti secondo il racconto dei brigatisti 2.1 Preparazione dellattentato 2.1.1 Le Brigate Rosse a Roma 2.1.2 Attacco al cuore dello Stato 2.2 Lagguato di via Fani 2.2.1 Appuntamento in via Fani 2.2.2 Lo scontro a fuoco 2.2.3 Fuga da via Fani 2.3 Fuga dei brigatisti 3 Analisi degli aspetti controversi della ricostruzione dellagguato 3.1 Mancata reazione della scorta 3.2 Il nucleo di fuoco brigatista e perizie balistiche 3.3 Componenti del gruppo brigatista e loro dislocazione in via Fani 3.4 La fuga dei brigatisti 3.5 Altre questioni materia di discussione 3.5.1 Indizi precedenti lagguato 3.5.2 Possibili interferenze esterne 3.5.3 I brigatisti avieri 3.5.4 La scelta di via Fani 3.5.5 Il ritrovamento delle auto in via Licinio Calvo 3.5.6 Le foto mancanti 3.5.7 Le borse di Moro 4 Conclusioni 5 Filmografia 5.1 Cinema 5.2 Televisione 6 Note 7 Bibliografia 8 Voci correlate Giovedì 16 marzo 1978[modifica | modifica sorgente] Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Caso Moro e Cronaca del sequestro Moro. Roma, ore 08:45-ore 09:00[modifica | modifica sorgente] Il presidente della Democrazia Cristiana Aldo Moro. Giovedì 16 marzo 1978 a Roma era previsto il dibattito alla Camera dei deputati ed il voto di fiducia per il quarto governo presieduto da Giulio Andreotti; si trattava di un momento di grande importanza: per la prima volta nella storia repubblicana il Partito Comunista Italiano avrebbe concorso direttamente alla maggioranza parlamentare che avrebbe sostenuto il nuovo esecutivo. Principale artefice di questa complessa e difficoltosa manovra politica era stato il presidente della Democrazia Cristiana, il partito italiano di maggioranza relativa, lonorevole Aldo Moro[2]. Con un faticoso lavoro di mediazione e sintesi politica, Moro, che aveva intrapreso approfonditi colloqui con il segretario comunista Enrico Berlinguer, era riuscito a sviluppare il rapporto politico tra i due maggiori partiti italiani usciti dalle elezioni del 1976, la Democrazia Cristiana e il Partito Comunista Italiano. Aldo Moro aveva dovuto superare forti resistenze interne al suo partito e contrasti tra le varie forze politiche; fino alle ultime ore erano sorti nuovi problemi legati alla composizione ministeriale, giudicata insoddisfaciente dai comunisti, del nuovo governo guidato da Giulio Andreotti[2]. Aldo Moro era inoltre obiettivo, oltre che di attacchi politici, di manovre scandalistiche che miravano a minarne lautorevolezza. Nel quadro delle indagini sul cosiddetto scandalo Lockheed, era stato ventilato sulla stampa che il famoso Antelope Kobbler, il misterioso referente politico principale coinvolto nella transazione finanziaria con lindustria aeronautica statunitense, avrebbe potuto essere proprio Moro. Il mattino del 16 marzo 1978 il quotidiano la Repubblica pubblicava in terza pagina un articolo in questo senso con il titolo: Antelope Kobbler? Semplicissimo, è Aldo Moro, altri importanti quotidiani nazionali riportavano le stesse notizie[3]. La presentazione delle dichiarazioni programmatiche del nuovo governo Andreotti alla Camera dei deputati era stata fissata per le ore 10:00 del 16 marzo e fin dalle ore 08:45 gli uomini della scorta dellonorevole Moro erano in attesa, fuori dalla sua casa in via del Forte Trionfale 79, che luomo politico uscisse dalla propria abitazione per accompagnarlo in Parlamento[4]. Aldo Moro scese qualche minuto prima delle 09:00 e venne accompagnato dal maresciallo dei carabinieri Oreste Leonardi, suo fedele collaboratore da molti anni, allauto di rappresentanza dove si sedette sui sedili posteriori. Subito dopo il piccolo convoglio, lauto del presidente e quella della scorta, si mise in movimento in direzione di via della Camilluccia. Le auto procedevano a velocità abbastanza sostenuta, mentre luomo politico consultava il pacco dei giornali del mattino; prima di raggiungere la Camera dei deputati era prevista labituale sosta nella Chiesa di Santa Chiara[5]. Ore 09:00-ore 09:30[modifica | modifica sorgente] Alle ore 09:00 circa in via Mario Fani, quartiere Trionfale, lauto dellonorevole Aldo Moro e quella della scorta furono bloccate allincrocio con via Stresa da un gruppo di terroristi che aprirono immediatamente il fuoco, uccisero in pochi secondi i cinque uomini della scorta e sequestrarono Moro[6]. I terroristi ripartirono subito su diverse auto e fecero perdere le loro tracce. In via Fani rimasero la Fiat 130 targata Roma L59812 dellonorevole Moro con i cadaveri dellautista, appuntato dei carabinieri Domenico Ricci, 42 anni, e del responsabile della sicurezza, maresciallo dei carabinieri Oreste Leonardi, 52 anni, e la Alfa Romeo Alfetta targata Roma S93393 degli agenti di scorta con a bordo il cadavere della guardia di Pubblica sicurezza Giulio Rivera, 24 anni, e il vicebrigadiere di Pubblica sicurezza Francesco Zizzi, 30 anni, gravemente ferito ma ancora in vita; riverso supino sul piano stradale, vicino allauto, rimase anche il corpo della guardia di Pubblica sicurezza Raffaele Iozzino, 23 anni. Davanti alla Fiat 130 dellonorevole Moro rimase unauto Fiat 128 familiare con targa del corpo diplomatico CD 19707, ferma allincrocio e abbandonata dai suoi occupanti[7]. Le auto dellonorevole Aldo Moro e della scorta ferme in via Fani pochi minuti dopo lagguato delle Brigate Rosse, a terra, coperto da un panno bianco, il corpo dellagente di Pubblica sicurezza Raffaele Iozzino. La prima comunicazione alle forze dellordine dei fatti accaduti venne registrata alle ore 09:03 al 113 che ricevette una telefonata anonima che informava di una sparatoria avvenuta in via Mario Fani; la centrale operativa del 113 provvide quindi ad allertare subito la pattuglia del Commissariato di Monte Mario che era in sosta in via Bitossi. Gli agenti vennero avvertiti che si sono uditi diversi colpi di arma da fuoco in via Fani. Dalla documentazione della Questura risulta che già alle 09:05[8] arrivò la prima comunicazione degli agenti della pattuglia di Monte Mario che, giunti sul posto in via Fani, provvidero ad allontanare la folla che si era radunata, ispezionarono le auto con i colleghi morenti, raccolsero le prime notizie dalle persone presenti e richiesero di inviare subito le autoambulanze, sono della scorta di Moro e hanno sequestrato lonorevole. Gli agenti riferirono anche che i malviventi si sarebbero allontanati su una Fiat 128 bianca con targa Roma M53995; i poliziotti della pattuglia diramarono anche linformazione che i terroristi sarebbero stati quattro e avrebbero indossato divise da marinai o da poliziotti[9]. Nel frattempo dopo una seconda telefonata anonima erano state messe in allarme e inviate in via Fani anche le volanti Beta 4, Zara, V12 e SM91; vennero informati delle prime notizie la Questura, la Criminalpol, la Squadra mobile, la DIGOS e il Commissariato di Monte Mario. Nei minuti successivi, entro le ore 09:10, venne comunicato alle autoradio delle volanti dalla sala operativa della Questura di ricercare, oltre alla Fiat 128 bianca in cui erano stati segnalati quattro giovani a bordo, anche una auto Fiat 132 blu targata Roma P79560 e una moto Honda scura. Alle ore 09:15 la Questura comunicò la notizia dellagguato di via Fani alla centrale operativa della Legione dei carabinieri di Roma[10]. Alla stessa ora la centrale operativa registrò anche la comunicazione telefonica dellonorevole Pino Rauti che, abitando in via Fani, ebbe modo di osservare da una finestra, alcune fasi dellagguato e comunicò subito di aver sentito raffiche di mitra, di aver visto due uomini vestiti da ufficiali dellaeronautica e di aver osservato allontanarsi una Fiat 132 blu[11]. Immagine dallalto di via Fani il mattino del 16 marzo 1978. Nel frattempo le prime notizie raggiunsero il Ministero dellInterno, comunicate dal Questore di Roma Emanuele De Francesco che decise di recarsi subito in via Fani insieme al capo della DIGOS Domenico Spinella[10]. Il ministro Francesco Cossiga venne informato alle ore 09:20 dal capo della Polizia Giuseppe Parlato, mentre già in precedenza il Presidente del Consiglio Giulio Andreotti aveva ricevuto la drammatica notizia nel corso della cerimonia di giuramento dei sottosegretari del suo nuovo governo; il segretario della DC Benigno Zaccagnini seppe dellaccaduto sulle scale di Montecitorio dove si era recato per il previsto dibattito parlamentare[12]. Con il passare dei minuti un numero sempre piu elevato di funzionari e dirigenti raggiunse via Fani; tra essi il comandante generale dei carabinieri, generale Pietro Corsini, il procuratore capo Giovanni De Matteo con tre sostituti procuratori, il capo della Squadra mobile Fernando Masone, il capo della Legione carabinieri di Roma, colonnello Enrico Coppola, i generali Giuseppe Siracusano e Mario De Sena, il capo della DIGOS Spinella. Nella zona cera una crescente confusione, accorrevano sempre nuove autopattuglie a sirene spiegate, la gente era tenuta lontano con difficoltà, venivano diffuse notizie discordanti e inattendibili[13]. In precedenza, fin dalle ore 9.30 il questore De Francesco si era recato in via Fani, seguito dal procuratore Luciano Infelisi; dopo pochi minuti giunse Eleonora Moro, moglie del presidente che, informata mentre teneva una lezione di catechismo nella chiesa di San Francesco, rimase sconvolta dalle notizie e poi dalla scena del delitto, manifestando i primi dubbi sulla vicenda. Il questore De Francesco cercò di tranquillizzare la donna e affermò che dalla metodica dellagguato si poteva ragionevolmente essere sicuri che lonorevole fosse ancora vivo[14]. La prima notizia dellagguato raggiunse la nazione con i mezzi di comunicazione di massa alle ore 09:25 attraverso una edizione straordinaria del giornale radio del Gr2; il giornalista radiofonico parlò in tono emozionato di drammatica notizia che ha dellincredibile, che, anche se non ha trovato finora una conferma ufficiale, sembra sia vera, lonorevole Moro era stato rapito a Roma dai terroristi; si trattava di un inaudito, ripetiamo, incredibile episodio. La scorta era composta da cinque agenti: sarebbero tutti morti[15]. Alle ore 09:31 anche il Gr1 in edizione straordinaria comunicò che il presidente della Democrazia Cristiana Aldo Moro è stato rapito stamane a Roma...gli uomini della scorta colpiti e uccisi, non si sa ancora se tutti, dal fuoco del commando[16]. Ore 09:30-ore 12:45[modifica | modifica sorgente] Secondo la documentazione disponibile il primo posto di blocco organizzato dalla polizia venne attuato a partire dalle ore 09:24 nei pressi dello svincolo del Grande Raccordo Anulare di via Tiburtina, in un punto molto lontano dalla effettiva direzione seguita dai terroristi per la fuga; altri posti di blocco vennero ordinati dalle ore 09:25 in zona via Trionfale-Pineta Sacchetti; alle ore 09:33 è documentata lentrata in funzione di un altro posto di blocco sulla via Cassia; alle 09:34 due elicotteri decollarono dallaeroporto di Pratica di Mare per sorvolare la zona dellagguato e controllare il traffico cittadino. Le disposizioni diramate agli uomini delle forze dellordine provenivano in modo confuso sia dalla polizia che dai carabinieri senza un effettivo coordinamento operativo centralizzato[17]. Fin dalle ore 09:23 unauto della polizia individuò la Fiat 132 targata Roma P79560, abbandonata dai brigatisti in via Licinio Calvo[18]. Lo stop di via Fani su via Stresa con le tre auto ferme dopo lagguato. E evidente la leggera pendenza di questo tratto di via Fani. Fu solo alle ore 09:45, circa quaranta minuti dopo lagguato, che sistematici posti di blocco della polizia e dei carabinieri furono attivati sulle strade di accesso della città, nelle zone Primavalle, Ponte Milvio, Flaminio, Aurelio, Monte Mario e sulle uscite del Grande Raccordo Anulare per le vie Nomentana e Flaminia. Nel frattempo sul luogo dellagguato si verificò anche una temporanea interruzione delle linee telefoniche che in un primo momento venne spiegata con unazione di sabotaggio delle stesse Brigate Rosse; solo in un secondo tempo i tecnici della SIP riferirono invece che i problemi dei collegamenti erano stati causati dal sovraccarico del traffico telefonico nella zona dopo lattentato[19]. Alle ore 10:10 una telefonata anonima giunse al centralino dellagenzia ANSA a Roma; il messaggio comunicato dallo sconosciuto riferiva seccamente che le Brigate Rosse avevano sequestrato il presidente Moro ed eliminato la sua guardia del corpo, teste di cuoio di Cossiga. Lagenzia ANSA, che quella mattina tra laltro era in sciopero, si affrettò ad interrompere lagitazione sindacale in corso ed a trasmettere alle ore 10:16 il comunicato dei brigatisti[20]. Due minuti prima, alle ore 10:08, era già stato comunicato alla redazione milanese dellANSA da unaltra telefonata anonima che le Brigate Rosse avevano portato lattacco al cuore dello stato e che lonorevole Moro è solo linizio, alle 10:13 giunse un messaggio simile anche alla redazione di Torino dellANSA[21]. Il corpo dellagente Giulio Rivera riverso allinterno dellAlfa Romeo Alfetta della scorta. Queste rivendicazioni e le notizie dellattentato vennero ben presto diffuse anche dalle televisioni; poco dopo le ore 10:00 Bruno Vespa aprì ledizione straordinaria del TG1 e diede lettura del comunicato brigatista allagenzia ANSA a Roma e pochi minuti dopo Paolo Frajese in collegamento da via Fani diede una prima drammatica descrizione del luogo dellagguato. Giuseppe Marrazzo per il TG2 intervistò i primi testimoni: una ragazza descrisse l uomo un pochino più alto di Moro...lo prendeva per il braccio...prendeva il rapito per il braccio..., i terroristi erano molto calmi, non erano concitati, non correvano..., si erano sentite forti grida di tanti uomini e anche di una ragazza...la voce di una persona anziana che diceva lasciatemi, poi delle altre voci molto giovani...[22]. La prima riunione a Palazzo Chigi tra i rappresentanti dei partiti principali con il Presidente del Consiglio Andreotti avvenne a partire dalle ore 10:20 con la presenza di Berlinguer, Zaccagnini, Bettino Craxi, Pier Luigi Romita e Ugo La Malfa, vi presero parte anche i rappresentanti sindacali Luciano Lama, Giorgio Benvenuto e Luigi Macario. Nel frattempo si era diffusa nel paese grande inquietudine e si erano verificati i primi scioperi spontanei di solidarietà democratica in fabbriche e uffici; alle ore 10:30 le federazioni sindacali proclamarono dalle ore 11:00 alle ore 24:00, lo sciopero generale a sostegno della Repubblica e delle istituzioni democratiche contro laggressione terroristica. Lo sciopero ebbe larga diffusione e alcuni milioni di lavoratori si riversarono nelle piazze, grandi manifestazioni ebbero luogo a Bologna, Milano, Napoli, Firenze, Perugia e a Roma, dove 200:000 persone di raccolsero a piazza San Giovanni[23]. Alle ore 11:30 il Ministro degli Interni Francesco Cossiga convocò al Viminale i ministri della Difesa, Attilio Ruffini, delle Finanze, Franco Maria Malfatti, e di Grazia e Giustizia, Franco Bonifacio, insieme al sottosegretario agli Interni, ai capi dei servizi di sicurezza, ed ai capi della Polizia, dei Carabinieri e della Guardia di Finanza, per organizzare il cosiddetto Comitato tecnico-operativo, la struttura preposta al coordinamento delle indagini, delle ricerche dellonorevole Moro ed a decidere e attuare le misure destinate a controbattere loffensiva terroristica[24]. Lattività del ministero dellInterni era iniziata in precedenza con un grossolano errore: il capo dellUCIGOS, Antonio Fariello, aveva diramato a tutti gli organi dipendenti nazionali la disposizione di attuare il Piano Zero; in realtà questo fantomatico piano non esisteva e si riferiva a disposizioni di mobilitazione previste in casi di emergenza per la sola provincia di Sassari. Solo alle ore 12:15 venne diramata alle questure la comunicazione che annullava la precedente disposizione sullinesistente Piano Zero[25]. Il corpo dellagente Raffaele Iozzino. La Polizia scientifica aveva cercato subito di raccogliere il maggior numero di elementi utili per le indagini e alle ore 10:00 era stata redatta unaccurata relazione della scena presente sul luogo dellagguato con descrizione della posizione dei cadaveri[26]. Vennero rinvenute sulla Fiat 130 un borsello con dentro una pistola sotto il sedile dove era seduto il maresciallo Leonardi e unaltra pistola carica nello spazio compreso tra i due sedili anteriori; anche sullAlfetta venne trovata una pistola con il caricatore pieno e colpo in canna nella stessa posizione; nellauto della scorta venne rilevato come la radioricetrasmittente fosse accesa con il ricevitore adagiato sul pianale del autoveicolo[27]; tra i piedi dellagente Rivera fu trovato un piccolo pacchetto contenente una bottiglia piena di caffè. Gli agenti descrissero inoltre lo stato delle auto con i segni dei proiettili sulle fiancate di sinistra, sui finestrini, sul lunotto e sul portabagagli dellAlfetta. Si cercò di recuperare tutti i bossoli dei proiettili ma la confusione e la presenza di curiosi non permisero una completa individuazione di ogni elementi di prova; alcuni reperti vennero calpestati o spostati anche a causa della leggera pendenza del piano stradale di via Fani, in discesa su via Stresa. Sul piano stradale vennero repertati un cappello dellAlitalia, un caricatore per pistola mitragliatrice contenente ventidue cartucce[28] e due borse di cuoio[29]. Nella Fiat 130 furono recuperate due borse dellonorevole Moro rimaste sui sedili posteriori; cinque giorni più tardi sarebbe stata ritrovata unaltra borsa nel bagagliaio posteriore della stessa auto[30]. Alle ore 11:50 vennero comunicate le prime notizie riguardo alla targa CD 19707 della Fiat 128 dei terroristi; risultò che era stata assegnata molti anni prima allambasciata del Venezuela la quale ne aveva denunciato il furto l11 aprile 1973, ottenendone in sostituzione unaltra in plastica con la stessa numerazione[31]. Alle ore 12:36 i sanitari del Policlinico Gemelli comunicarono ufficialmente che anche il vicebrigadiere Francesco Zizzi, ricoverato in condizioni disperate dopo lagguato, era morto per collasso cardiocircolatorio da shock emorragico a seguito di triplice ferita da arma da fuoco al torace[32]. Ore 12:45-ore 23:00[modifica | modifica sorgente] Alle ore 12:45, dopo un iniziale rinvio, si aprì la seduta alla Camera dei Deputati; dopo un austero saluto del presidente Pietro Ingrao che espresse lo sdegno per lattacco infame allo stato democratico, prese la parola il Presidente del Consiglio Andreotti che illustrò sinteticamente il programma del suo governo dopo aver espresso la volontà dellesecutivo di rimuovere, nel limite delle umane possibilità, questi centri di distruzione del tessuto civile della nostra nazione[33]. Il Presidente del Consiglio Giulio Andreotti. Tra le forze politiche si manifestò smarrimento e grande turbamento e le reazioni dei principali esponenti dei partiti dimostrarono la profonda preoccupazione; Ugo La Malfa parlò di stato di guerra e di necessità di misure eccezionali di guerra; Giorgio Almirante arrivò al punto di richiedere la sostituzione del ministro Cossiga con un militare, la promulgazione di una legge eccezionale e il ripristino della pena di morte[34], il Procuratore Capo della Repubblica Giovanni De Matteo propose di dichiarare lo stato di pericolo pubblico[35]. Altri uomini politici diedero invece grande importanza alla necessità di dare una risposta democratica al terrorismo; Francesco De Martino invitò a non perdere la calma e mobilitare tutte le energie del paese, Giovanni Malagodi richiese coraggio e fermezza democratica[36]; Bettino Craxi parlò di ferita della Repubblica e di temere che si diffonda una sorta di rassegnazione, mentre Enrico Berlinguer vide nellagguato di via Fani un tentativo estremo di frenare un processo politico positivo[37]. Infine Benigno Zaccagnini, legato da sentimenti di fraterna amicizia con Aldo Moro, apparve sconvolto ed espresse solo lauspicio che possa essere messa in atto ogni azione capace di far fallire lo scopo di questa criminosa e criminale attività[38]. Sandro Pertini, dopo aver parlato di colpo al cuore della classe politica, propose di rinunciare alla discussione generale alla Camera e passare subito al voto di fiducia al nuovo governo per dare una immediata dimostrazione di solidarietà democratica[39]. Alle ore 20:35, dopo il discorso del presidente del consiglio Andreotti, interrotto a tratti dalle intemperanze soprattutto di alcuni deputati del MSI, venne votata la fiducia al nuovo governo con 545 voti favorevoli, 30 voti contrari e tre astenuti[40]. Nella popolazione le drammatiche notizie di via Fani provocarono in grande maggioranza paura e dolore; linquietudine e lo sgomento furono i sentimenti prevalenti, si assistette ad un significativo riavvicinamento popolare alle istituzioni democratiche e predominarono fenomeni di ripulsa e totale rifiuto della violenza e della brutalità dimostrata dai terroristi[41]. Nella base comunista e operaia tuttavia non mancarono minoranze che manifestarono sentimenti di soddisfazione per lattacco brigatista alla Democrazia Cristiana, mentre nel Movimento giovanile di estrema sinistra lazione di via Fani fece grande impressione e favorì un notevole reclutamento di nuovi militanti decisi a passare alla lotta armata[42]; nellambiente studentesco ci furono anche reazioni di esultanza[43]. Nel complesso comunque la dirigenza del Partito Comunista Italiano seppe controllare la sua base popolare, impose la sua scelta della fermezza democratica e della piena collaborazione con la Democrazia Cristiana e seppe divenire una delle dighe più efficaci contro il terrorismo[44]. Francesco Cossiga, Ministro degli Interni nel governo Andreotti. Durante il resto della giornata del 16 marzo si susseguirono indiscrezioni e informazioni sulle prime indagini e sugli sviluppi della ricerca dei rapitori e dellostaggio. Vennero diramate dal sostituto procuratore Infelisi notizie completamente errate sul possibile impiego da parte dei terroristi di una pistola Nagant; un enorme quantità di segnalazioni da parte di cittadini fu registrata e controllata senza alcun risultato. Il Ministero dellInterni diffuse i nomi e le foto di diciannove presunti terroristi ricercati, probabilmente coinvolti; la lista presentava gravi errori ed includeva anche criminali comuni, due persone già detenute e militanti di altri gruppi eversivi estranee ai fatti. Peraltro cinque persone incluse nella lista erano realmente responsabili dellagguato di via Fani e del sequestro; si trattava di brigatisti conosciuti e clandestini da anni: Mario Moretti, Lauro Azzolini, Franco Bonisoli, Prospero Gallinari e Rocco Micaletto[45]. Alle ore 23:30 venne fermato, su disposizione del sostituto procuratore Infelisi, Gianfranco Moreno, dipendente di una banca, personaggio che si sarebbe ben presto rivelato completamente estraneo ai fatti[46]. In realtà nonostante alcuni infortuni e una certa confusione, le autorità non erano state completamente inefficienti nelle prime, drammatiche ore dopo lagguato; in particolare il dirigente della DIGOS Domenico Spinella aveva intrapreso le prime ricerche di elementi sospetti dellestremismo romano di cui non si sapeva più nulla da anni. Tra il pomeriggio del 16 marzo e il mattino del 17 marzo, agenti di polizia si presentarono e sottoposero a perquisizioni le abitazioni ufficiali di Valerio Morucci e Adriana Faranda senza trovare traccia dei due, che erano effettivamente tra i principali responsabili del sequestro[47]. Nel frattempo alle ore 21:00 si era conclusa la seconda riunione del Comitato tecnico-operativo presieduta dal ministro Cossiga; in questa sede non erano emerse novità importanti; si era discusso soprattutto di intensificare i posti di blocco, di attivare contatti con i servizi segreti stranieri, di organizzare un piano di massicce perquisizioni alla ricerca della prigione dellostaggio; si rinunciò invece a istituire una taglia sui rapitori[48]. Svolgimento dei fatti secondo il racconto dei brigatisti[modifica | modifica sorgente] Preparazione dellattentato[modifica | modifica sorgente] Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Anni di piombo e Brigate Rosse. Le Brigate Rosse a Roma[modifica | modifica sorgente] Mario Moretti, Maurizio, in una fototessera dei primi anni settanta. A partire dallestate 1976 le Brigate Rosse erano riuscite a costituire una colonna dellorganizzazione a Roma, grazie soprattutto allimpegno di tre dirigenti discesi nella capitale dal nord. Mario Moretti, conosciuto con il nome di battaglia di Maurizio, Franco Bonisoli Luigi, entrambi membri del Comitato esecutivo, il principale organismo direttivo delle Brigate Rosse, e Maria Carla Brioschi Monica avevano preso contatto con gli elementi estremistici già presenti nella città provenienti principalmente dalla disciolta struttura militare di Potere operaio, dal gruppo autonomo di via dei Volsci e dai resti della struttura dei NAP[49]. I primi elementi clandestini della nuova colonna romana furono Valerio Morucci Matteo, personaggio già molto noto negli ambienti dellestremismo, esperto di armi e organizzatore di precedenti piccoli gruppi di lotta armata, e la sua compagna Adriana Faranda Alessandra[50]. A questi due militanti si unirono ben presto, sotto la direzione dei brigastisti del nord, altri giovani inizialmente non clandestini come Bruno Seghetti, Barbara Balzerani, Francesco Piccioni, Alessio Casimirri, Rita Algranati, Germano Maccari, Renato Arreni, Anna Laura Braghetti, Antonio Savasta[51]. Nel settembre del 1977 discese a Roma anche un altro importante brigatista del nord, Prospero Gallinari, evaso in gennaio dal carcere di Treviso dove era detenuto dopo il suo arresto nel 1974[52], mentre prima la Brioschi e poi Bonisoli tornarono a Milano. Valerio Morucci Matteo Valerio Morucci Matteo Valerio Morucci Matteo Adriana Faranda Alessandra Soprattutto grazie alla capacità organizzativa ed allesperienza di Mario Moretti, brigatista clandestino fin dal 1972 in contatto con gli altri militanti del Comitato esecutivo delle Brigate Rosse presenti al nord, la colonna romana crebbe progressivamente in efficienza. Vennero costituite le prime basi in via Gradoli e in via Chiabrera e vennero eseguiti i primi attentati con ferimenti di giornalisti, uomini politici e dirigenti degli apparati dello stato. Ben presto lobiettivo delle Brigate Rosse a Roma, città priva di grandi complessi industriali e di una forte classe operaia come le grandi città del nord, divenne il cosiddetto attacco al cuore dello stato: lorganizzazione di un attentato clamoroso con il sequestro di un importante uomo politico della Democrazia Cristiana, partito dominante da oltre trentanni in Italia, per incidere direttamente sulla vità politica nazionale, minare la solidità della Repubblica democratica e sviluppare e propagandare la lotta armata[53]. Nel febbraio 1978 le Brigate Rosse diffusero una cosiddetta Risoluzione Strategica in cui delineavano la loro nuova e ambiziosa strategia di distruzione delle forze del nemico; il gruppo armato intendeva organizzare un vero salto di qualità passando dalla fase della propaganda armata a quello della guerra civile dispiegata; lo scopo della cosiddetta campagna di primavera diveniva lattacco alla Democrazia Cristiana, il partito-stato[54]. Secondo le dichiarazioni di alcuni brigatisti la scelta dellobiettivo concreto fu in parte legata a considerazioni sulle difficoltà operative delleventuale azione; si ritenne che un attentato contro Giulio Andreotti, Presidente del Consiglio, o Amintore Fanfani, Presidente del Senato, presentasse problemi insormontabili a causa della forte protezione di cui disponevano per i loro incarichi istituzionali. Un agguato contro Aldo Moro, presidente della Democrazia Cristiana e principale protagonista delle recenti vicende politiche, sembrò invece più semplice; in realtà Mario Moretti ha affermato che fin dallinizio Moro, per la sua statura politica, fu il vero obiettivo delle Brigate Rosse a Roma[55]. Attacco al cuore dello Stato[modifica | modifica sorgente] Inizialmente la pianificazione brigatista ipotizzò un sequestro incruento; durante la fase dellinchiesta preliminare venne individuata la possibilità di effettuare lazione allinterno della Chiesa di Santa Chiara in piazza dei Giochi Delfici dove lonorevole Moro sostava in preghiera quasi tutte le mattine accompagnato solo da due agenti di scorta. I brigatisti, in particolare Valerio Morucci, ritenevano di poter immobilizzare gli agenti dentro la chiesa e di poter fuggire con lostaggio attraverso luscita posteriore. Preoccupazioni su un eventuale conflitto a fuoco che avrebbe potuto coinvolgere estranei, compresi bambini e genitori di una scuola comunicante con il percorso di fuga, convinse però i brigatisti a rinunciare a questo piano[56]. In giallo è indicato il quartiere Trionfale in Roma dove si trova via Mario Fani. Venne quindi studiato un piano alternativo che questa volta prevedeva luccisione di tutti gli uomini della scorta delluomo politico. Studiando le abitudini di Moro venne rilevato dai brigatisti come egli seguisse nella mattinata di regola sempre le stesse attività; se non aveva impegni particolari, Moro si recava per prima cosa, accompagnato dalla scorta, nella Chiesa di Santa Chiara percorrendo quasi sempre lo stesso percorso a partire dalla sua abitazione in via del Forte Trionfale. Lungo questo percorso abituale i brigatisti ritennero di poter effettuare lagguato in via Mario Fani, una strada a doppio senso di marcia poco frequentata, costeggiata da quartieri residenziali, larga circa dieci metri, lunga e dritta, che si sviluppava con un andamento lievemente in discesa fino ad uno stop allincrocio con via Stresa, una strada più stretta, in salita e a senso unico di marcia che si ricollegava a via Trionfale[57]. Lazione avrebbe presentato la grave difficoltà che il convoglio dellonorevole Moro sarebbe stato in movimento, ma la strada in leggera pendenza e lo stop avrebbe rallentato la marcia consentendo ai brigatisti di fermare le auto utilizzando la cosiddetta tecnica dei cancelletti. Questa metodica prevedeva di bloccare il convoglio con uno strategemma e di isolare larea dellagguato organizzando dei cancelletti di sbarramento con delle auto e i loro occupanti, interrompendo il traffico sia da entrambe le parti di via Fani sia dalla parte di via Stresa; in questo modo un gruppo di fuoco appostato allincrocio, libero da minacce o interferenze di estranei, avrebbe potuto eliminare la scorta del presidente. Era inoltre essenziale proteggere la via di fuga del gruppo brigatista in direzione di via Trionfale[58]. Il piano definitivamente adottato dai brigatisti prevedeva che un militante, tempestivamente avvertito da una brigatista dellarrivo delle macchine del presidente, si sarebbe inserito sulla strada e avrebbe bloccato, fermandosi bruscamente allo stop con la sua auto, il convoglio dellonorevole Moro. Lauto utilizzata avrebbe esposto una targa CD (corpo diplomatico) per evitare sospetti tra gli uomini della scorta; la targa, rubata nel 1973 ad un funzionario venezuelano, era arrivata alle Brigate Rosse tramite Valerio Morucci che laveva consegnata allorganizzazione nel settembre 1976[59]. Quindi lincrocio di via Stresa e la parte bassa di via Fani sarebbero stati presidiati e sbarrati da altri tre brigatisti con due macchine; sul lato sinistro della strada, altri quattro militanti, travestiti da avieri Alitalia e armati di mitra, posizionati dietro le siepi di un bar chiuso per restauri allangolo di via Fani, il bar Olivetti, sarebbero intervenuti di sorpresa sulle auto delluomo politico ed avrebbero eliminato la scorta[60]. Unaltra auto con un brigatista a bordo, pronta in via Stresa, avrebbe quindi caricato lostaggio insieme ad alcuni terroristi e sarebbe partita subito verso via Trionfale. Via Fani il mattino del 16 marzo 1978. Per organizzare e portare a termine unoperazione così complessa sarebbe stato necessario impegnare lintera colonna romana; inoltre furono richiamati nella capitale alcuni brigatisti esperti delle altre colonne del nord. Alla fine del 1977 scese a Roma da Torino Raffaele Fiore Marcello che rimase nella capitale per alcuni giorni; contemporaneamente da Milano ritornò Franco Bonisoli; in questa occasione si svolse in un villino a Velletri una prima riunione con i militanti regolari della colonna, tra cui Morucci, Gallinari, Moretti, la Balzerani e la Faranda, in cui vennero discussi i dettagli dellazione e vennero analizzati una serie di problemi tecnici. Fiore si recò anche sui luoghi previsti per lagguato in compagnia di Morucci e Moretti[61]. A febbraio 1978 si tenne nel villino di Velletri una importante Direzione strategica delle Brigate Rosse con la partecipazione di militanti di tutte le colonne; da Torino arrivarono Fiore, Nadia Ponti Marta e due irregolari[62]; venne definitivamente decisa lazione contro Aldo Moro, denominata in codice allinterno dellorganizzazione operazione Fritz, e vennero studiati i risvolti politici del sequestro. Prospero Gallinari racconta che durante quella riunione, a cui parteciparono anche i militanti scelti per lazione di via Fani, si svolse nel giardino della villa lunica esercitazione generale per studiare movimenti e tempi delloperazione[63]. A partire dal 22-23 febbraio iniziarono i sopralluoghi sistematici dei brigatisti nel luogo scelto per lagguato per valutare sul terreno i problemi operativi[64]. Nella prima settimana di marzo ritornò a Roma Raffaele Fiore che partecipò con Morucci e Bonisoli ad alcune prove con le armi sulla riva del mare; egli alloggiò i primi giorni a Velletri quindi si trasferì nellappartamento di Bruno Seghetti[65]; la decisione definitiva del Comitato esecutivo fu prese una settimana prima del 16 marzo e, a dire dei brigatisti, fu presa indipendentemente dal calendario dei lavori parlamentari e dalle notizie sugli sviluppi della formazione del nuovo governo Andreotti[66]. Il giorno inizialmente stabilitò era il 15 marzo; il rinvio fu dovuto a difficoltà per il reperimento delle auto necessarie ed anche al fatto che i brigatisti avevano notato che il 15 marzo, essendo mercoledì, la zona era perlustrata da guardie giurate della Mondialpol[67]. La coincidenza con la presentazione del nuovo governo quindi secondo i brigatisti fu casuale; Morucci ha rievocato in sede processuale che il 16 marzo era il primo giorno che il gruppo si recava in via Fani per tentare di portare a compimento lagguato e il sequestro[68]. La sera precedente i componenti del gruppo brigatista si erano riuniti, e durante la notte Raffaele Fiore e Bruno Seghetti eseguirono un ultimo compito, recandosi in via Brunetti 42 e squarciando le quattro gomme del furgone Ford Transit del fioraio Antonio Spiriticchio che, parcheggiando con il suo automezzo tutte le mattine per lavoro allincrocio di via Fani, avrebbe potuto intralciare lazione e correre il rischio di essere coinvolto nel conflitto a fuoco[69]. Lagguato di via Fani[modifica | modifica sorgente] Appuntamento in via Fani[modifica | modifica sorgente] La notte del 16 marzo Mario Moretti, che a suo dire non riuscì a dormire, rimase in via Gradoli con Barbara Balzerani; Morucci e Bonisoli erano in via Chiabrera insieme ad Adriana Faranda[70], Gallinari dormì con Anna Laura Braghetti in via Montalcini, mentre Fiore passò la notte a Borgo Vittorio nellabitazione di Bruno Seghetti, insieme al quale in precedenza aveva squarciato le gomme dellautoveicolo del fioraio Spiriticchio. Fu Moretti che controllò preliminarmente se quel mattino Aldo Moro fosse nella sua abitazione; il brigatista passò davanti alla casa dellonorevole dove vide le auto della scorta pronte ad accompagnare luomo politico; egli quindi si portò in via Fani dove avvertì i suoi compagni che lazione era confermata[71]. Prospero Gallinari era uno dei brigatisti travestiti da avieri che attaccarono lauto della scorta. Nei loro racconti i quattro brigatisti del gruppo di fuoco, Morucci, Fiore, Gallinari e Bonisoli ricordano che nelle prime ore della mattina del 16 marzo indossarono pesanti maglioni scuri a giro collo, giubbotti antiproiettile e impermeabili azzurri a doppio petto su cui erano stati cuciti i fregi dellAlitalia, sotto di cui nascosero i loro mitra inizialmente trasportati in borse di cuoio con marchio Alitalia. Tutti e quattro avevano berretti azzurri con visiera con i fregi della compagnia di bandiera italiana, acquistati alcuni giorni prima da una donna in un negozio di via Firenze, che si appurò in seguito essere Adriana Faranda[72]. I componenti del nucleo brigatista arrivarono in via Fani in piccoli gruppi intorno alle ore 8.45; Valerio Morucci Matteo, armato con un mitra FNAB-43 e una pistola Browning HP, e Franco Bonisoli Luigi, con un altro FNAB-43 e una pistola Beretta M51, si mossero su una Fiat 127 che poi abbandonarono nei pressi del mercato Trionfale e salirono su una Autobianchi A112 con la quale arrivarono in via Stresa, quindi si diressero a piedi sul luogo dellagguato che raggiunsero per primi[73]. Poco dopo arrivarono anche gli altri due brigatisti travestiti da avieri, Prospero Gallinari Giuseppe, che aveva un mitra TZ45 e una pistola Smith&Wesson 39, e Raffaele Fiore Marcello, con una pistola mitragliatrice Beretta M12 e una pistola Browning HP; i quattro si portarono con calma dietro le siepi del bar Olivetti, chiuso per lavori, con le saracinesche abbassate, poste allangolo della strada nei pressi dello stop di via Fani su via Stresa[74]. Secondo Raffaele Fiore, i quattro brigatisti si divisero in due coppie poco distanti tra loro, fingendo di chiacchierare; egli ha rievocato anche la grande tensione presente e lattenzione messa per controllare eventuali situazioni impreviste[75]. Mario Moretti, principale dirigente delle Brigate Rosse a Roma, guidava la Fiat 128 bianca con targa Corpo Diplomatico. Nello stesso tempo anche gli altri brigatisti raggiunsero le posizioni stabilite. Mario Moretti Maurizio, armato con un mitra Beretta MAB 38 e una pistola Browning HP, era a bordo della Fiat 128 con targa CD ferma sulla destra di via Fani subito dopo via Sangemini, pronto a muovere verso lincrocio di via Stresa; in precedenza, dopo essere arrivato in compagnia della Balzerani, aveva percorso a piedi via Fani per controllare che tutti fossero ai loro posti[73]. Su una Fiat 128 bianca Alessio Casimirri Camillo e Alvaro Lojacono Otello, che disponevano di un fucile M1 cal. 30, erano in attesa sullo stesso lato di via Fani, poco più avanti di Moretti. Dallaltra parte dellincrocio di via Stresa era ferma una Fiat 128 blu, rivolta con il muso verso la direzione da cui era previsto larrivo delle auto dellonorevole Moro; a bordo di questa auto cera Barbara Balzerani Sara, armata con una mitraglietta Vz 61 Skorpion. In via Stresa, fermo contromano sul lato sinistro della strada, a pochi metri dallincrocio cera Bruno Seghetti Claudio alla guida di una Fiat 132 blu; questa auto avrebbe dovuto tornare indietro in retromarcia e caricare a bordo lostaggio; infine una A112 era ferma senza occupanti sul lato destro di via Stresa a venti metri dallincrocio[76]. Alle ore 09:00 circa Rita Algranati Marzia, la giovane ragazza appostata allinizio di via Fani, vide arrivare il convoglio delle auto dellonorevole Moro e con un mazzo di fiori in mano fece il segnale convenuto allertando Mario Moretti; subito dopo abbandonò il luogo dellazione su un ciclomotore[77]. Moretti quindi, appena vide arrivare le auto, partì a sua volta e riuscì ad inserirsi nel momento giusto proprio davanti al convoglio del presidente; egli rallentò opportunamente landatura evitando tuttavia di farsi superare, sorpassò una Fiat 500 che procedeva lentamente e le macchine di Moro superarono a loro volta e lo seguirono subito dietro. Allo stop su via Stresa, Moretti si arrestò, fermandosi leggermente di traverso per occupare la maggior parte della carreggiata[78]. Riguardo alla fase iniziale dellagguato le ricostruzioni di Valerio Morucci e quelle di Moretti e Fiore sono parzialmente discordanti; mentre Morucci riferì che la fermata allo stop di via Fani della Fiat 128 CD guidata da Moretti provocò un immediato tamponamento a catena con la Fiat 130 dellonorevole Moro e lAlfetta della scorta[79], Moretti e Fiore ricordano invece che inizialmente non ci fu alcun tamponamento e che le auto del presidente democristiano si fermarono regolarmente dietro la Fiat 128 CD apparentemente senza sospettare alcun pericolo; Moretti notò anche che lappuntato Ricci gli segnalò di ripartire[80]. Lo scontro a fuoco[modifica | modifica sorgente] I quattro brigatisti travestiti da avieri, non appena videro arrivare le tre auto nei pressi dellincrocio di via Fani, cominciarono ad uscire da dietro le siepi del bar Olivetti e quindi estrassero i mitra dalle loro borse e si portarono il più rapidamente possibile al centro della strada per avvicinarsi al massimo alle auto ed aprire immediatamente il fuoco[81]. Matteo (Morucci) e Marcello (Fiore) si mossero verso la Fiat 130 del presidente, mentre Giuseppe (Gallinari) e Luigi (Bonisoli) si avvicinarono allAlfetta; in pochi istanti i quattro brigatisti avieri raggiunsero le auto ferme ed iniziarono a sparare da distanza estremamente ravvicinata con le loro armi automatiche, cogliendo completamente di sorpresa gli agenti di scorta[82]. Valerio Morucci sparò attraverso il parabrezza con lFNAB-43 e colpì ripetutamente il maresciallo Leonardi, ma Raffaele Fiore che aveva il compito di uccidere lautista della Fiat 130, appuntato Ricci, dopo pochi colpi ebbe il suo mitra M12, che teoricamente era larma più moderna a disposizione dei terroristi, inceppato; egli sostituì il caricatore ma non riuscì a riprendere il fuoco e di conseguenza lappuntato Ricci non venne subito eliminato[83]. Valerio Morucci fu uno dei brigatisti travestiti da avieri che spararono contro lauto di Aldo Moro. Contemporaneamente anche gli altri due brigatisti, Gallinari, armato di un mitra TZ45, e Bonisoli, con un altro FNAB-43, si avvicinarono allAlfetta; essi aprirono il fuoco subito contro la scorta; anche la fiancata sinistra dellauto fu raggiunta da molti colpi[84]. Sarebbe stato proprio limmediato, gravissimo ferimento dellagente Rivera che innescò il tamponamento a catena; lautista della lAlfetta colpito rilasciò la frizione e lauto quindi tamponò la Fiat 130 che a sua volta fece un movimento in avanti e colpì la 128 CD con Moretti rimasto alla guida[85]. Alle spalle delle due auto dellonorevole Moro si erano intanto portati Casimirri e Lojacono che bloccarono il traffico lungo via Fani con la loro Fiat 128 bianca e provvidero ad intimidire con le armi le poche persone presenti sul luogo ed il figlio del giornalaio delledicola posta lungo via Fani[86]. Il corpo dellappuntato Domenico Ricci, alinterno della Fiat 130. Nel frattempo anche Barbara Balzerani si era subito portata allincrocio di via Stresa e con la mitraglietta Skorpion controllò e bloccò il flusso delle auto da quella direzione mentre alle sue spalle infuriava il conflitto a fuoco[87]. Anche i due brigatisti impegnati contro lAlfetta ebbero problemi con le loro armi; Gallinari riuscì a sparare per alcuni secondi prima che anche il suo mitra si inceppasse, egli quindi continuò a sparare con la sua pistola Smith&Wesson M39[88], mentre Bonisoli sparò circa un caricatore contro gli agenti dellAlfetta[82]. Secondo i racconti di Moretti, Fiore e Morucci, lappuntato Ricci ebbe il tempo di effettuare alcuni disperati tentativi di sfuggire alla trappola; mentre Fiore cercava di risolvere i problemi del suo M12, Morucci, dopo aver sparato al maresciallo Leonardi, si trovò in difficoltà con il suo FNAB-43 e si spostò per alcuni secondi verso lincrocio di via Stresa per tentare di disinceppare la sua arma[89][90]. Lappuntato Ricci fece varie volte delle manovre per svincolare la Fiat 130 ma, bloccato posteriormente dallAlfetta e anteriormente dalla Fiat 128 CD non riuscì a trovare una via duscita. Moretti che avrebbe dovuto intervenire allincrocio per aiutare la Balzerani, invece rimase dentro lauto, inserì il freno a mano e tenne premuto il freno a pedale cercando di mantenere il blocco[91]; il tentativo dellappuntato Ricci di passare sulla destra fu impedito anche dalla casuale presenza sul bordo della strada da quel lato di una Mini Minor parcheggiata[92]. Entro pochi secondi Valerio Morucci riuscì a risolvere i problemi tecnici del suo mitra, egli poté quindi ritornare verso la Fiat 130 e sparare altre raffiche ravvicinate che uccisero lappuntato Ricci[93]; nel frattempo mentre lagente Rivera e il vicebrigridiere Zizzi erano stati ripetutamente colpiti, lagente Iozzino, posto sul sedile posteriore destro dellAlfetta e quindi relativamente meno esposto al fuoco da sinistra dei brigatisti, riuscì ad uscire dallauto e a rispondere al fuoco con la sua pistola Beretta 92 esplodendo alcuni colpi. Sia Gallinari che Bonisoli spararono contro lagente Iozzino; secondo il racconto di Moretti, sarebbe stato Bonisoli che, dopo aver esaurito il caricatore del suo mitra FNAB-43, aveva riaperto il fuoco con la sua pistola Beretta 51, a colpire mortalmente lagente di polizia verosimilmente già raggiunto in precedenza da altri proiettili dei due brigatisti[94]. Bonisoli si sarebbe mosso per aggirare da sinistra lagente Iozzino che cadde riverso supino sul piano stradale; secondo il racconto di Morucci, Bonisoli avrebbe quindi raggiunto, ormai al termine del conflitto a fuoco, il lato destro della strada dove sparò altri colpi verso lAlfetta e ritornò, passando da quel lato, verso lincrocio di via Stresa[92][95]. Fuga da via Fani[modifica | modifica sorgente]
Posted on: Sun, 24 Nov 2013 22:40:40 +0000

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