“B., sette anni. “Bimbi li avete imparati un po’ i numeri? - TopicsExpress



          

“B., sette anni. “Bimbi li avete imparati un po’ i numeri? Li avete ripetuti a casa?” Coro di sì, qualche no disperato e poi c’è lei. B. è una bambina piccina piccina con la voce inafferrabile anche per l’udito più sviluppato. Non la sento mai parlare, nemmeno quando chiacchiera con le sue amiche. Non si sente. Anche i movimenti che fa sono impercettibili, tanto che quando si è alzata per venirmi vicino me la sono ritrovata accanto senza rendermi conto che si era alzata dalla sedia. “Io non riesco a dire i numeri ad alta voce, mi vergogno. Possiamo andare fuori io e te da sole?” “Sei come me”, ho pensato, ma le ho detto solo “Fuori no, facciamo una cosa: provi a dirmeli qui, stando accanto a me, senza farti sentire dai compagni. Se li dici per benino ti metto un bel voto e la prossima volta dimostri a tutti che li sai alla perfezione. Io ti dico se sei pronta oppure no, ok?” B. ha ceduto quasi subito, secondo me me lo legge negli occhi che ci assomigliamo, che io da piccola avevo anche più paura di lei. Quando dovevano interrogarmi studiavo ore e ore, anche alle elementari. Le poesie, le paginette di storia e di geografia. Eppure, una volta arrivata al momento fatidico di dimostrare cosa avevo imparato, non riuscivo quasi mai a parlare, non riuscivo nemmeno a spiegarmi come lei ha fatto con me. Lei è più forte e io ne sono stata fiera di quella potenza travestita da fragilità. Ammettere di avere paura è come sconfiggere la paura, o quasi. Ammetterlo agli altri e non solo a se stessi, intendo. Così mi ha portato il quaderno, mi ha detto “chiudilo, altrimenti li vedo” e mi ha ripetuto i numeri. L’undici non l’ho praticamente sentito e il tredici le viene un po’ così, ma è stata un fenomeno. E’ arrivata al venti in un lampo, a modo suo, che evidentemente è il modo giusto. Le ho detto “questo è un dieci, lo sai vero? E la prossima volta dovrai mantenere la promessa”. Lei non ha risposto niente, è andata a sedere e probabilmente ha pensato un po’ alle controindicazioni della situazione, poi deve aver deciso che non c’era più da alzare barriere e mi ha chiamato al suo banco. “Maestra, ti devo dire due cose: una è che mi sono sbucciata il ginocchio ieri perché correvo troppo forte”. Silenzio. “E la seconda?” “La seconda è che sei brava e ti voglio bene”. I bambini si affezionano con una facilità impressionante, se riesci a prenderli per mano nel modo giusto. Prima di andare via mi ha detto che il prossimo mercoledì dirà i numeri come tutti gli altri, e comunque non importa, che importa se ci metterà più tempo a dire quello che pensa, significherà soltanto che le sue parole saranno state soppesate con più attenzione. E che importa se sono precaria, se non so scrivere libri, se non avrò mai abbastanza soldi per comprare una casa. Oggi una bambina si è sentita più forte anche grazie a me, sono felice.” — Susanna Casciani.
Posted on: Thu, 21 Nov 2013 20:47:01 +0000

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