COMMISSIONE XII - AFFARI SOCIALI - AUDIZIONE RESOCONTO - TopicsExpress



          

COMMISSIONE XII - AFFARI SOCIALI - AUDIZIONE RESOCONTO STENOGRAFICO SEDUTA DI GIOVEDÌ 11 LUGLIO 2013 ------------------------------------------------------------------------ Seguito dell’audizione del Ministro della salute, Beatrice Lorenzin, sulle linee programmatiche del suo dicastero. ------------------------------------------------------------------------ MASSIMO ENRICO BARONI. Gentile ministro, colleghi deputati della Commissione, vorremmo innanzitutto ringraziare il ministro per essere tornata per la quarta volta ad ascoltare e a rispondere in merito al suo programma in materia di salute. Tra le molte questioni sollevate dal ministro nel suo discorso programmatico troviamo diverse vulnerabilità a cui vorremmo, però, dare il nostro contributo in qualità di forza politica di opposizione più numerosa e più importante in termini di innovazione e ricostruzione culturale. Non abbiamo forza ideologica alle nostre spalle, ma solo cittadini coinvolti. Vediamo, quindi, insieme a lei, ministro, se esiste un potenziale condiviso con le forze politiche. Al termine del suo discorso, lei auspica una governance forte ed autorevole con l’auspicio di potersi avvalere di un ampio confronto per individuare risposte condivise sulle questioni da affrontare. Non so se lei comprendesse anche una famosa "funzione di controllo" rispetto ai diversi assetti ben radicati che lei avrà trovato all’interno del suo Ministero. È inutile ricordarle che le lobby e gli stakeholder sono permanentemente insediati nella filiera di fondazioni, società specializzate di medical devices, associazioni di categoria, federazioni e consulenze e che sono molto abili a resistere a cambiamenti nel momento in cui questi vengono diminuiti da un potenziale programma di cambiamento che comprenda un’inversione culturale, di abitudini di spesa, che lei ammette come inevitabili, e che noi, invece, auspichiamo come "programma". Le chiediamo, quindi, di mettersi in una posizione di ascolto e di disponibilità in merito a questioni primarie come la trasparenza. Tra i vari stakeholder che i cittadini e che gli operatori del settore sanitario e sociosanitario desiderano monitorare ci sono tutte le consulenze esistenti all’interno del Ministero e di altri enti di rilevanza pubblica in materia di sanità che, ammantati di scientificità, raggruppano dati per giustificare capitoli di spesa in odore di convenienze. È ovvio che la finalità di tutti questi attori è quella di creare visioni che occultano falsi bisogni di salute e di sanità. Sappiamo bene che gli stakeholder riescono a creare e a potenziare i bisogni di salute e di sanità. Vorremmo citarle il famoso fenomeno del consumismo farmaceutico, con le grandi case farmaceutiche che investono due terzi dei loro bilanci nel marketing e solo un terzo nella sperimentazione di nuovi farmaci. Che bisogno abbiamo allora che venga fatta pubblicità? Questo è il fenomeno del "disease mongering", ossia della commercializzazione delle malattie, come il caso dell’ADHD (Attention-Deficit/Hyperactivity Disorder) nel quale il successo del Ritalin venduto negli Stati Uniti ha permesso un successo analogo anche in Germania. A questo proposito, la campagna «Giù le mani dai bambini» e il giornalista Luca Poma denunciano che alcune case farmaceutiche stanno facendo pubblicità su farmaci per bambini prima ancora che abbiano avuto l’autorizzazione da parte dell’AIFA (Agenzia italiana del farmaco). Il marketing di farmaci non autorizzati è, però, pratica vietata dalla legge. Quando ribadisce la sua forte intenzione di contrastare il binge drinking, il gioco d’azzardo e il fumo, vorremmo ricordarle che qualsiasi libro di carattere divulgativo sul tema della salute mentale è in grado di spiegare che tali patologie sono il sintomo di un disagio esistenziale e sociale più profondo introiettato attraverso l’uso di modelli culturali che non sono olistici, ma muscolari, meccanicistici e individualistici. La mia stessa professione, la psicologia clinica, ha tradito il suo mandato iniziale di portare una cultura dell’indagine e una corretta analisi della domanda nei contesti organizzativi complessi, facendosi corrompere dalle sirene della medicalizzazione della professione. Troviamo psicologi ospedalieri che vestono il camice bianco per evocare un potere invece che per mettere a disposizione una competenza in tema di sofferenza e di supporto a essa. Tutti noi, negli ultimi giorni, abbiamo bonificato dai 10 ai 18.000 euro a testa come restituzione delle eccedenze. Anche questo è uno spunto di riflessione in termini di salute. Credo che il nostro sistema immunitario ed endocrinologico rimarrà a prova di bomba per tutta la durata della legislatura. Tali gesti, infatti, fanno bene alla salute mentale, all’anima e ai cittadini che ci osservano e su cui esercitiamo un potere di attivazione perché manteniamo forte il nostro mandato sociale. Interpretiamo in pieno la presa in carico del dolore e della sofferenza di chi vorrebbe, ma a causa della crisi economica e – ripetiamo – culturale non può e si trova ingolfato in un sistema malato e asfittico di risorse. Anche le pubblicazioni dei collaboratori di cui lei si avvale, come i professori della scuola di specializzazione della Bocconi, coautori del rapporto OASI (Osservatorio sulla funzionalità delle aziende sanitarie italiane) 2012, auspicano in maniera imprescindibile un’inversione culturale in merito ai due parametri che concorrono a creare una buona sanità: una medicina ospedaliera per acuti ad alta e altissima specializzazione tecnologica, supportata da una medicina di comunità, multidisciplinare, di iniziativa, a gestione ambulatoriale e domiciliare, in cui finalmente troviamo il sanitario che entra in casa del paziente, che mantiene viva la programmazione con un progetto terapeutico individualizzato, che fa meno politica nei palazzi della casta e più politica professionale, cioè politica della salute, della prevenzione primaria e terziaria, e che si assume totalmente il mandato sociale, non quello politico e di interessi che non sia la salute del paziente. Oggi abbiamo chiesto, in merito alle audizioni possibili da fare in questa Commissione, un’audizione con il Gruppo tematico «Decrescita e Salute». In tempi in cui il PIL sta scendendo, la nostra capacità predittiva risulta la più adatta rispetto all’inevitabile riallocazione delle risorse a cui lei, ministro, sarà chiamata a rispondere; una riallocazione che sarà ancora una manovra di perché negli ultimi anni avete usato ancora un modello di crescita esponenziale, prima iperbolico. Ora state tentando di farci credere che sia possibile un modello di crescita logaritmico. Sappiamo bene che non ci crede più nessuno e che lei deve usare l’espressione «universalità mitigata» per la semplice ragione che, con i suoi consulenti, vecchi e legati allo status quo di molti stakeholder, non avete una visione alternativa di "reductio ad simplicitas". I dati epidemiologici Istat 2011 sulle patologie croniche dicono che i residenti in Italia diagnosticati con una patologia cronica sono il 38,6 per cento del totale. Più di un terzo degli italiani soffre di patologia cronica, e il dato è ovviamente in aumento. Nel momento in cui il secondo modello, quello di sanità di iniziativa, dovesse funzionare a pieno regime il primo, quello di sanità di attesa e di prevenzione secondaria, verrebbe diminuito in senso quantitativo, innalzandone il livello di specializzazione perché con un modello di primary health care, promosso e sostenuto dall’OMS (Organizzazione mondiale della sanità) come ottimale per i nostri Paesi, si andrebbe proprio a drenare quella domanda di ospedalizzazione per subacuti e post-acuti ciclicamente destinati a ritornare in ospedale a causa dell’abbandono sociale successivo alla dismissione. L’assenza di una continuità progettuale domiciliare multidisciplinare successiva alla dismissione ospedaliera è un fattore chiave in termini di possibilità di occupazione e diminuzione degli sprechi. Nel leggere il suo testo troviamo uno strabismo, che ci auguriamo sia di Venere e non voluto. Vogliamo credere che sia mal consigliata e che chi la consiglia sia in buona fede. Se, infatti, a quanto ci risulta, vuole difendere la scelta dei suoi predecessori di deospedalizzare l’offerta sanitaria, le ricordiamo che non è possibile farlo se contemporaneamente non si scopre che l’ospedalizzazione del territorio è frutto di politiche di medicalizzazione spinta dei bisogni essenziali, in primo luogo di semplici bisogni culturali, come l’autocura e la prevenzione da stress correlato. È sintomatico, infatti, che per mantenere il budget del sistema sanitario nazionale siano state tolte risorse – come è ben noto – al comparto scolastico e dell’istruzione. Quando parla di difendere gli ospedali, luogo principe deputato alla cura delle acuzie, speriamo che abbia ben chiaro l’abuso che i politici hanno sempre fatto di questi luoghi: potenziandoli hanno creato veri e propri bacini di clientele. Per esempio, solo nel Lazio per "cinque" Castelli abbiamo tre ospedali a breve distanza l’uno dall’altro perché ogni sindaco, in accordo con consiglieri regionali, deve avere il proprio ospedale, come una specie di spilla da appuntarsi alla giacchetta. Passiamo a qualche altro tema sintomatico. Ogni anno si laureano circa 10.000 nuovi infermieri che di fatto rimangono inoccupati. Vorremmo sapere cosa intende fare per quei 30.000 infermieri professionali disoccupati e precari formati nelle università italiane, a fronte di molti infermieri impiegati con formazioni inferiori venuti da altri Paesi e usati da cliniche private convenzionate per abbassare il costo del lavoro in strutture come le RSA (residenze sanitarie assistenziali), spesso veri manicomi travestiti da strutture per lunga degenza, con un terzo settore usato per la creazione di cooperative che nascono nella stessa orbita di controllo e di massimizzazione del profitto della clinica privata convenzionata. Per terminare il nostro intervento, ricordandole che una buona offerta sanitaria crea come aspetto "bias" anche aumento della domanda stessa e che il correttivo che suggeriamo è la capacità di sfruttare il cambiamento delle asimmetrie informative tra medici e pazienti; diciamo che il potenziamento di servizi di cura primaria e terziaria passa anche attraverso la capacità di sfruttare in senso progettuale queste asimmetrie informative, di cui, se vuole, potremmo parlare. Solo la riattivazione di un potenziale umano coinvolgente, chiaro, condiviso, lontano da logiche lineari e causali della medicina allopatica tout-court e più vicino a modelli di progettazione di media e lunga durata, con modelli biopsicosociali e olistici, porta a delle modifiche nelle abitudini di pazienti cronici e al potenziamento della bassa e media specializzazione, con il rafforzamento del senso di comunità e dell’appartenenza territoriale da cui la salute dell’Italia dipende.
Posted on: Wed, 17 Jul 2013 19:39:25 +0000

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