CONGRESSO PSI 2013: MOZIONE CONGRESSUALE (BISCARDINI - - TopicsExpress



          

CONGRESSO PSI 2013: MOZIONE CONGRESSUALE (BISCARDINI - CEFISI) La rigenerazione del socialismo italiano. Contributo per una mozione unitaria. 26 Ottobre 2013 Stiamo adoperandoci, con ogni buona volontà, per arrivare alla presentazione di una mozione unica delle opposizioni al Congresso del Partito, non solo per non indebolire il fronte, ma anche perché riteniamo che in un partito di ridotte dimensioni un eccessivo frazionamento non sarebbe compreso dalla base. Pertanto teniamo a confermare che non abbiamo incaricato altri a richiedere adesioni a mozioni che ancora non sono state da noi condivise, richieste che in queste ore vengono avanzate a compagni che hanno aderito, da sempre ed anche recentemente alla nostra posizione, in numero crescente, e che si vedono sollecitati da più parti. La nostra idea principale è quella di presentare una mozione che possa risultare vincente, anche in alleanza con posizioni non propriamente in linea con noi, in modo da consentire un ricambio della guida del Partito. Detto questo abbiamo da parte nostra elaborato una bozza di mozione che potrà essere sia un contributo importante alla stesura della mozione unitaria, ovvero in caso di impossibilità di accordo, eventualità remota, potrà divenire una nostra mozione autonoma, che vi chiederemo di sottoscrivere. Nella prima parte della stessa è riportato il motivo principale del nostro dissenso nei confronti del Segretario. Contributo a una mozione congressuale unitaria. Testo di Alberto Benzoni, Roberto Biscardini, Luca Cefisi, Angelo Sollazzo con Franco Benaglia, Enzo Ceremigna, Antonio Gitto, Giovanna Miele. LA RIGENERAZIONE DEL SOCIALISMO ITALIANO La storia degli ultimi anni del socialismo italiano è stata segnata solo da cocenti sconfitte. Sicuramente è stato pagato un duro prezzo alle vicende di tangentopoli, alcune vere e tantissime false, ma anche le nuove dirigenze hanno avuto una responsabilità pesante. Si è persa la voglia di appartenenza, si è fermata la spinta propulsiva dell’ideale socialista, è stata sposata la tesi della politica personalizzata, sono state accantonate trasparenza, regole e democrazia interna. Spesso ci si è vergognati di dirsi, apparire e presentarsi da socialisti. Il calvario ci ha portato a rinunciare a presentarsi alle elezioni con il proprio simbolo. Progressisti, Segni, Dini, Girasole, Ulivo, Rosa nel Pugno e PD : in tali liste i socialisti hanno trovato ospitalità per eleggere qualche dirigente ma con risultato politico uguale a zero. Nel frattempo il nostro elettorato , non trovando sulla scheda il proprio simbolo, si disamorava e si rifuggiava nell’astensionismo o si collocava in altra casa politica. Ma venendo all’oggi ,in molti avevamo sperato in un cambio di marcia, nell’orgoglio rinato, in una nuova visibilità ed in un nuovo progetto. Purtroppo si è ripetuto il solito film. Il vertice del Partito operava e dichiarava quale obiettivo della propria azione il riportare i socialisti in Parlamento. Operazione riuscita, ma a quale prezzo? La rinuncia, ancora una volta a presentare alle elezioni il proprio simbolo, è stato un errore gravissimo, visto che si era presentata una opportunità storica, dopo venti anni, di rientrare nel gioco politico, e quindi in Parlamento, con il nostro volto e senza chiedere ospitalità ad altri. Con il Porcellum il PSI entrava in Parlamento con numeri ben più significativi di quelli attuali, ma entrava con la propria lista. Nessuno si è accorto che i socialisti hanno partecipato all’ultima campagna elettorale e la loro presenza in Parlamento è assolutamente marginale, al di la di ogni buona volontà. E’ stato l’ultimo di una lunga sequela di errori, iniziata con la non presentazione del Segretario alle Europee, per continuare con l’assenza di un nostro candidato alle Primarie del Centrosinistra, e quindi con una ondivaga politica delle alleanze, da Casini a Vendola, a Bersani ai Radicali, per finire con il capolavoro della non presentazione della lista alle politiche nazionali. Per non parlare della bizzarra proposta di cambiare nome simbolo e ragione sociale e riproporre la fallimentare Rosa nel Pugno. Proposta di seguito rientrata per la reazione furibonda di tutto il Partito. Non si può pensare di dirigere il PSI con continui capovolgimenti di alleanze e di linea politica, tutto questo allontana i compagni, crea scoramento nella base ed i risultati sono davanti agli occhi di tutti. Ritenevamo normale, dopo cinque anni e con risultati discutibili, che il Segretario facesse un passo indietro. Così non è stato e ci si vede costretti ad un confronto aspro per tentare di salvare il poco che è rimasto del Partito. Viene giustamente rilevato che un Partito di piccolissime dimensioni dovrebbe evitare di dividersi. Siamo d’accordo , ma di fronte alla drammaticità della situazione cosa resta da salvare con lo 0,2% , a cui ci hanno portato, e cioè al nulla, ovvero è utile una radicale iniziativa di rigenerazione profonda del socialismo italiano, in cui tutti si mettono in discussione ed il cambiamento non diventa solo di facciata? Basta con i sensi di colpa e con i richiami al senso di responsabilità. Si vi fosse stato un gesto di generosità con un passo indietro della dirigenza, si sarebbe potuto iniziare a ricostruire, senza un congresso lacerante. Ognuno se ne assuma la responsabilità. Per quanto ci riguarda il nuovo Partito deve impegnarsi a rispettar le regole, ad esprimere una vera solidarietà interna, a garantire trasparenza ed agibilità politica a tutti. a tenere quali stelle comete i seguenti punti: 1. Chiara collocazione a sinistra del Partito; 2. Impegno alla presentazione del simbolo alle elezioni di ogni tipo e grado; 3. Ricorso alle primarie interne per ogni tipo di candidatura ed incarico. Con tali presupposti, un’opera di rilancio e di rigenerazione dl socialismo italiano può iniziare. A) Un preambolo all’insegna della franchezza. 1. La situazione del partito, che ci appare di gravissima crisi, impone di parlarci con franchezza: la crisi di consistenza elettorale, di perdita di iscritti con chiusura delle sezioni in molte località, e un in generale un clima di scarso entusiasmo e sfiducia. Si aggiunga la decadenza della vita interna, l’irregolarità nell’applicazione delle regole e l’irregolarità del tesseramento, la rottura dei legami di solidarietà all’interno del gruppo dirigente. Il partito, inteso come strumento per sostenere idee e progetti e per consentire la presenza organizzata dei socialisti nella società, non riesce a svolgere il suo compito. Richiamarsi alla crisi generale dei partiti non serve: vi è una nostra difficoltà specifica, che è precipitata nel corso dell’ultimo anno. Essa è stata paradossalmente evidenziata dal ritorno di una pattuglia parlamentare nella Camera e nel Senato: a quest’obiettivo, in sé necessario, è stato subordinato tutto, dall’autonomia politica alla visibilità e all’immagine presso l’opinione pubblica, fino alla rinuncia a presentare una lista elettorale. Non è per caso, crediamo, che, raggiunto l’obiettivo parlamentare, il partito sembri sfibrato, privo di prospettiva, e privo di leadership, dato che l’attuale segretario non pare in grado di esprimere una guida verso il futuro. 2. Ci si può rassegnare a questa situazione e ritenere cioè che sia il frutto di una debolezza strutturale e ineliminabile del nostro progetto. Questo vorrebbe dire considerare il progetto socialista, il nostro ruolo storico, la nostra missione, come esauriti. Questo porterebbe ad una sola logica conclusione: lo scioglimento del partito. Del resto, è stato proposto di cambiare persino nome e simbolo del partito, pur di continuare a esistere come gruppo e comunità organizzata. Sembra la visione del partito come “ditta”, macchina che consente l’elezione e la partecipazione dei dirigenti professionali al gioco politico. Noi pensiamo piuttosto che la questione socialista sia oggi più urgente che mai, e che sia una questione generale, di estrema importanza per la società, tutto il contrario di un problema di percorso di gruppi o singoli. E’ stato anche sostenuto che le scelte compiute in questi anni siano state collegiali, e quindi nessuno, che abbia avuto responsabilità in questi anni, potrebbe ora chiamarsene fuori. Un’assurda chiamata di correo, quando qui non si tratta affatto di chiamarsi fuori, ma di assumere responsabilità e doveri. E il primo dovere, di onestà e di trasparenza, è di riconoscere gli errori compiuti, senza autoassolversi in niente, e proporsi non certo un richiamo a complicità e solidarietà che sarebbero al massimo esistenziali, ma di cambiare politicamente. 3. E’ dunque necessario reagire e, nell’interesse dei socialisti e di tutta la sinistra italiana, fare del prossimo congresso un congresso straordinario. Per due fondamentali ragioni. La prima, per decidere tutti insieme cos’è necessario fare e per adottare insieme i necessari rimedi, ritirando la delega concessa sinora. La seconda, per ridefinire, una volta per tutte, la missione del nostro partito che non può coincidere con l’autoconservazione di una memoria storica che è peraltro ormai, per la distanza passata, patrimonio condiviso della memoria italiana, ma insufficiente per un’azione di parte e di partito. 4. Noi crediamo che la nostra missione è evidente nelle cose, nei fatti che ci accadono attorno. Sta in una domanda, potenzialmente enorme, di soluzioni politiche, di partecipazione, di condivisione, che richiede una vera e propria scelta “socialdemocratica”, cioè la costruzione di un partito illuminista e popolare, moderno ma radicato nella Storia, e la proposta, basata su studio, competenza, ascolto, di nuovo ruolo dello Stato come promotore dello sviluppo e della redistribuzione del reddito, della riscoperta dei valori e degli strumenti di nuove solidarietà collettive, di un europeismo federalista dei popoli e di un internazionalismo attivo. È tutto un mondo che ha bisogno di essere ascoltato, che è nostro dovere elementare farlo se vogliamo rilanciare con forza la prospettiva del socialismo italiano ed europeo, non per fissazione nostalgica ma per convinzione della sua utilità. E’ evidente quindi che il richiamo al passato, a un’identità che non si fondi sui valori e sui progetti ma soltanto sul richiamo comunitario non ci basta: i socialisti si misurano non su quello che sono stanti, né tanto meno su un’appartenenza formale e nominale, ma su quello che fanno per gli altri, che devono riconoscerli, e spesso in questi anni ciò non è accaduto, come gli esponenti e i difensori di una visione di interesse generale e di ben precise scelte di campo e di valore. 5. Proponiamo dunque un processo di rigenerazione socialista, di cui il congresso deve essere la prima e fondamentale tappa perché impegna tutti, e di conseguenza il gruppo dirigente che sarà eletto a fare alcune cose e in tempi certi. In questa prospettiva, si assume di fronte a tutti i compagni l’impegno a garantire il diritto alla trasparenza, e il diritto alla consultazione e alla codecisione. Vogliamo che i compagni al congresso votino sulla base della valutazione dell’operato del vecchio gruppo dirigente e delle responsabilità che esso aveva, ma anche riconoscendo il discrimine fondamentale emerso con evidenza negli ultimi mesi, ma già latente da tempo, tra chi, anche facendo i conti con il passato dice “basta, cambiamo !”, e chi vuole tranquillamente, come se tutto andasse bene, continuare nel vecchio e disastroso percorso, che salverebbe una qualche organizzazione, assolverebbe una persona o alcune persone, ma non il partito. Nessuno di noi pensa di essere eleggibile a responsabilità di partito a qualunque costo e nonostante tutto. Ci pare, purtroppo, che altri nel partito, nascondendosi dietro la retorica dell’emergenza e la descrizione di una comunità destinata, non si capisce perché, a sopravvivere a dispetto di tutto, si candidino a gestire una ripetizione monotona di tattiche, espedienti, soluzioni di basso profilo, in pratica esigendo assoluzione per il passato e carta bianca per il futuro. Vogliamo quindi anche che i compagni votino sulla base di precisi impegni e che il candidato alla segreteria venga valutato sulle cose che intende fare nell’arco dei prossimi mesi. Così da poter verificare il rispetto, o meno, degli impegni suoi e del collettivo che lo sostiene. 6. Per affermare tutto questo, il congresso del PSI non deve dividersi su chi è più puro: deve anzi ricercare l’unità, nella chiarezza. Unire tutti coloro che sono interessati a un cambiamento sostanziale delle pratiche e delle prospettive del PSI. Una grande mozione che confederi quindi gruppi diversi, storie personali diverse, sulla base dell’onestà intellettuale, dell’umiltà del fare, della responsabilità di tutti verso un progetto condiviso liberamente. B) Gli impegni che dobbiamo prendere per il PSI. 1. Aprire il partito immediatamente all’esterno, perché il Psi, che pure si ispira ai valori del socialismo, è qui ed oggi lontano dal rappresentarli. Perciò proponiamo un appello immediato e non verticistico a gruppi, associazioni, sindacati, iniziative di base, buone volontà, con l’obiettivo di arrivare insieme, entro il 2014, ad un primo appello “costituente” e ad un congresso aperto da tenersi con regole nuove; 2. Prendere le opportune distanze dal governo Letta “delle larghe intese”, da una maggioranza in cui non siamo necessari né determinanti, assumendoci la responsabilità di valutare, anche dal punto di vista parlamentare, le misure caso per caso e se necessario formulare quando possibile le nostre proposte in contrapposizione. Si tratta di preparare il futuro rispetto agli attuali equilibri, non piegandoci sul governo per ragioni prettamente ministerialistiche e opportunistiche, confuse per malinteso senso di responsabilità, e scegliendo chiaramente una visione bipolare che contrapponga una sinistra organica al socialismo europeo e una destra inserita nel popolarismo europeo; 3. Garantire la continuità nel tempo della nostra linea e del nostro ancoraggio politico. Il Psi deve essere una forza autonoma all’interno della sinistra, ancorato ai valori della socialdemocrazia europea, distinto ma in stretto dialogo sia con il Partito Democratico che con Sinistra Ecologia e Libertà, nettamente distante da posizione estremiste, giustizialiste, populiste, e preparare quindi una sinistra italiana diversa, più europea e socialista nelle idee e nei programmi; 4. Preparare da subito l’appuntamento con le elezioni europee, promuovendo ogni iniziativa di riforma elettorale che consenta la presentazione della nostra lista, anche tenendo presente le raccomandazioni della Commissione Europea che invitano i Paesi europei a favorire la rappresentanza e a individuare pubblicamente il partito europeo di riferimento. Dobbiamo evitare una mortificante partecipazione di singoli candidati in liste altrui, e promuovere una lista con un proprio simbolo e con riferimento alla famiglia del socialismo europeo, che possa catalizzare la richiesta, forte e trasversale in tutta la sinistra italiana, di unione nel socialismo europeo di quanto è ancora diviso in casa. 5. Lavorare nella prospettiva di avere nelle prossime elezioni politiche una propria lista socialista e autonoma, soprattutto se si dovesse andare a votare anticipatamente con il “Porcellum” e comunque avendo ben chiara che l’esperienza dalla scomparsa di qualsiasi riferimento socialista dalle liste elettorali rende impossibile nel medio e lungo periodo la ricostruzione del partito; 6. Il gruppo dirigente e il segretario eletto che sostengono questa mozione si impegnano a garantire una gestione collegiale e partecipata del partito. Ci si oppone ad ogni forma di privatizzazione e personalizzazione del partito. Si propone un dialogo costante con gli iscritti, un rilancio delle esperienze e delle iniziative locali e una reale apertura degli organi dirigenti, e ci si impegna a sottoporre a referendum tra gli iscritti le decisioni più importanti. 7. Da qui deriva anche la proposta, che potrebbe valere sin dal congresso nazionale e per i prossimi congressi locali, di primarie aperte per la designazione dei segretari e per la designazione dei candidati. Questa soluzione, se non attuabile nell’immediato, appare l’unica possibile e funzionale per marcare un processo di rigenerazione del PSI immediatamente dopo il congresso. Il PSI e i socialisti, soprattutto in questo particolare momento politico, possono svolgere un ruolo decisivo, affinché si affermi nella sinistra italiana una cultura socialista oggi assente: una tale affermazione ci pare la prima condizione per rendere possibile in futuro il successo della sinistra. E affinché siano praticabili profonde riforme di tipo socialdemocratico, nel senso europeo del termine, ma anche nel senso profondamente italiano, di un riformismo radicato nella storia della sinistra, nel mondo del lavoro e della cultura e nei movimenti laici e democratici. IL PARTITO L’obiettivo è darsi un nuovo e grande progetto. Basta vivere di tattiche, facendo quel che si può sotto il manto retorico e vittimistico del popolo socialista in diaspora, della traversata del deserto e altre metafore bibliche che non rispecchiano una realtà assai più semplice, da interpretare laicamente: senza la cultura socialista la sinistra non vince e non produce riforme efficaci, senza la sinistra i socialisti perdono il loro campo d’azione e la loro bussola. Adesso bisogna uscire dal presente e costruire il futuro socialista della sinistra italiana. Costruire con i socialisti, con una politica profondamente riformatrice da perfezionare, con battaglie forti da perseguire, una nuova fase democratica che rifiuta lo status quo e nella quale la cultura socialista sia l’espressione più forte di una possibile alternativa alla destra e anche al centro. Ecco quindi che non ci convince la presunta indispensabilità delle “larghe intese”, che presuppone, tra l’altro, l’idea che esista nella presente crisi economica una e una sola politica possibile, quasi la fine dell’autonomia della politica rispetto alla pretesa tecnocratica. Si può avviare una fase straordinaria della vita dei socialisti italiani nella consapevolezza che il nostro compito e quello delle future generazioni non è certo quello della sopravvivenza di un partito socialista dello 0,5 per cento in attesa di tempi migliori, ma è quello di essere protagonista di una vera e propria “rigenerazione” che partendo da zero possa costruire da subito una grande realtà politica con chi ci sta e con chi ci crede. Una fase aperta che ci consenta di lasciare alle spalle le piccoli questioni della vita quotidiana interna al PSI e di superare l’errore più grave compiuto in questi anni, nonostante le costanti e ripetute sollecitazioni perché si cambiassero strada e comportamenti: ovvero, la logica della chiusura del piccolo partito fine a sè stesso, che gioca con la politica delle alleanze, un po’ al centro e un po’ a sinistra, ma che non ha esplicitato una vera strategia da perseguire. Una politica senza coerenza e coraggio, fatta di piccole cose prese a prestito dall’attualità. Una politica del galleggiamento, che ha avuto paura di una gestione condivisa e allargata del PSI. Una fase aggregante, una gestione allargata e collegiale, una fase in cui tutti gli iscritti possono sentirsi protagonisti e partecipi di un nuovo percorso. LA MISSIONE DEI SOCIALISTI Dopo vent’anni ci sono le condizioni per farlo. Perché la domanda socialista nella politica, nell’economia e nella società è una domanda forte che non trova rispondenza in una adeguata offerta politica. Nessun partito della sinistra, al di là di qualche sporadica dichiarazione con riferimento al socialismo europeo, ha dimostrato di voler perseguire una politica socialista e di caratterizzare la propria politica in questa prospettiva. Contemporaneamente, mentre la destra tende ad aggregarsi intorno ad un centro che si candida come unico soggetto politico garante della governabilità e della stabilità, senza alternative appunto, il centrosinistra, e il PD in particolare, non cogliendo appieno la gravità del momento, rischia di essere risucchiato nella logica della stessa governabilità, senza proporre un’alternativa di politiche e di valori di cui ci sarebbe assolutamente bisogno. Ecco perché solo un grande e radicale cambiamento della politica economica non più solo basata sulla cosiddetta politica dell’austerità con la inevitabile riduzione della base produttiva, solo profonde riforme istituzionali che consentano ai cittadini di ricostruire un patto di fiducia con uno Stato che oggi non è garante di giustizia e di uguaglianza, solo un’azione di crescita che consenta una diversa redistribuzione della ricchezza insieme alla difesa delle conquiste sociali su cui ancora si regge il paese, può rendere credibile una nuova sinistra, che non può che essere socialista e di popolo. Ciò che proponiamo in occasione del prossimo congresso del PSI non è quindi di ridistribuire le carte all’interno di un gruppo dirigente più o meno ristretto, ma di chiamare il popolo socialista, giovani e anziani, donne e uomini, che ci crede e che è stato in tutti questi anni fedele all’idea di socialismo a partecipare insieme ad una vera e propria “rivoluzione culturale”, partendo da un dato certo: anche nel nostro p aese, come nel resto d’Europa e del mondo, a fronte della crisi morale in cui si è infilato il capitalismo internazionale e a fronte delle ingiustizie prodotte da politiche liberiste senza regole, esiste una domanda potenziale di giustizia, cui in Italia non risponde né la politica né i partiti. Spetta a noi socialisti dare delle risposte e agire con coerenza. Dobbiamo darci l’obiettivo di una ricostruzione di un’area politica ed elettorale che ci consenta di affrontare con dignità le prossime scadenze: le elezioni europee, le prossime politiche e quelle amministrative e aprire una fase grande anche dal punto di vista dei consensi. Un’iniziativa da perseguire con abnegazione tutti i giorni e a tempo pieno, che guarda lontano per ridare ai giovani e agli anziani quella fiducia e quella speranza che seppero dare i socialisti agli inizi del secolo scorso. Un movimento di rottura con la storia recente e con le ipocrisie dell’ultimo ventennio, forte e riconoscibile in tutta l’opinione pubblica. Una contemporanea risposta a quel bipolarismo fittizio, a quell’alternanza senza ideali che non ha consentito alla grande tradizione del socialismo italiano ed europeo di avere nuova voce. Che ha imbarbarito la politica e persino le coscienze. Andiamo alle nostre radici migliori e lì troveremo la strada della nostra affermazione e della nostra modernità. La sinistra è nata per difendere gli interessi della classe “la più numerosa e la più povera”. Da tempo si direbbe che i perdenti, i poveri, i precari, non essendo più che dei “marginali”, rischiano di non avere più voce. Per la sinistra storica è una parte rilevante di elettorato, ma occorre andare oltre e colpire il meccanismo che produce consenso illegittimo alla destra da parte di strati sociali che hanno bisogni che richiedono programmi di sinistra e si fanno però travolgere dal mercato dei falsi bersagli. Anni di retorica contro i Partiti e la politica, di bombardamento mediatico, di disprezzo per la memoria e la cultura in nome delle esigenze commerciali, hanno drogato i bisogni, li hanno stravolti, li hanno creati e inoculati per esigenze di mercato. La destra vince perché prima ha creato i bisogni e poi ha presentato le risposte che aveva già preconfezionate. Da qui la richiesta di protezionismo, il voto leghista, le paure sapientemente coltivate, i capri espiatori e il razzismo, le presunte risposte “forti” a pensieri deboli. Non noi soltanto, ma tutto il centrosinistra italiano è caduto in questa trappola: con tutto il nostro bagaglio intellettuale, abbiamo inseguito le domande e i punti di un’agenda fissata da altri. Eppure, noi riformisti non abbiamo mai pensato che sia necessario e sufficiente “fare ciò che vuole la gente”: questo si chiama populismo. Il riformismo al contrario chiede alla “gente”, o meglio agli elettori, che hanno, grazie al cielo, diversi interessi, bisogni disparati e idee diverse e opposte tra loro, di scegliere tra opzioni alternative, e quella riformista e progressista è sempre un po’ più difficile da portare avanti. La sinistra vincente è quella che fa il suo mestiere: il primo dei quali è non seguire quello che vuole la gente, per quello ci sono la destra populista e i leghisti, ma offrire alla “gente”, meglio, ai cittadini una proposta. Occorre dire ai cittadini ciò che noi pensiano sia giusto, e farci giudicare, essere credibili, coerenti e convincenti nell’individuare ciò che davvero conta. Se invece rincorriamo la destra sulle sue parole dordine, non soltanto subiamo inevitabilmente la sua egemonia, ma i cittadini ci troveranno falsi, insinceri, una copia sbiadita della destra. E tra la copia e loriginale non c’è gara. Insomma, come spiegano gli americani, se tu accetti l Agenda dellavversario, cioè di discutere soltanto i punti a lui graditi , hai già perso, perché hai accettato le sue priorità. Un Partito Socialista moderno bada a quelli che sono caduti nel fosso, ai lati dell’autostrada del liberismo impietoso e imperante. Ma soprattutto bada alla qualità della vita dei tanti che, sempre più affannati, impauriti, su quell’autostrada arrancano, con gli occhi fissi verso un traguardo invisibile, ma ossessivamente annunciato, di promozione e gratificazione personale. C’è una domanda inespressa, perché ancora in gran parte inconsapevole, di qualità della vita, di dignità. Noi non possiamo promettere a tutti di diventare ricchi ma garantire che nella società che vogliamo ricchezza e povertà non siano il confine tra dignità e umiliazione, tra successo e invidia. Il socialismo italiano si misura, in primo luogo, sulla capacità di produrre ricchezza e di offrire redistribuzione. Oggi, mentre la crisi economica ha messo a nudo la gratuità di tanti anni di politica di palazzo, autoreferente perchè si immaginava che il mercato potesse, anzi dovesse, essere lasciato a sè stesso, le riforme sono rimaste incompiute, la politica (tutto il personale compreso allinterno di questa categoria) ha ulteriormente abbassato la qualità dei suoi prodotti, trasformandosi in casta, la richiesta di trasparenza e di legalità -che non sono solo elementi di moralizzazione della vita istituzionale ma anche e soprattutto elementi di sua razionalizzazione - hanno dato seguito ad iniziative populiste per alcuni versi, massimaliste ed inefficaci per altri. A livello sociale la classe media è stata in larga parte risucchiata verso il basso e si è perso uno degli elementi che ha caratterizzato una lunga fase della storia nazionale: quella della mobilità sociale verso lalto. Lintera società italiana si sta allora polarizzando in uno scontro silenzioso ricchi/poveri che però non trova riscontro chiaro in opzioni politiche alternative, e spesso capri espiatori facili negli immigrati, nell’Europa, in varie teorie complottistiche, che specialmente i “grillini”, per carenza di cultura politica, amano coltivare. In questo percorso destra e sinistra hanno smarrito parecchi tratti storici. La sinistra ha perduto uno dei suoi connotati storici (quello di guardare al progresso ed allo sviluppo, potenziando e qualificando il lavoro ed i diritti civili in chiave di ridistribuzione della ricchezza e di crescita sociale). La destra si è appiattita sulle vicende giudiziarie del suo leader, perdendo di vista una criticità che aveva avuto il coraggio di evidenziare: la giustizia in una chiave liberale di alleggerimento della mano pubblica sulleconomia e sulla società. Così anche l’urgentissima del sistema giudiziario sè inceppata. La nuova fase (diciamo pure la terza Repubblica) dovrà ricondurre il Paese al suo storico processo di crescita in un contesto internazionale sicuramente complesso e difficile. Di qui la necessità di nuove classi dirigenti, a tutti i livelli, politici, amministrativi, burocratici, produttivi. Di qui la necessità di nuovi assetti politici in grado di giovarsi del meglio che cè e soprattutto di mobilitare il Paese su obiettivi chiari e realistici; con tempi definiti; con strategie condivise e flessibili. LItalia (ed anche per questo la sua storia è importante) e rinata più volte. Non a caso adoperiamo alcune categorie storiche (Rinascimento, Risorgimento, Ricostruzione, ecc.) che descrivono proprio questi processi straordinari. . L’Italia ha le risorse per battere la crisi e convivere senza ansie con la globalizzazione: sapendo fare sintesi tra tradizionie innovazione. Così anche sul fronte della politica industriale s’interconnettono le nuove potenzialità legate all’hi tech (ed in genere alle innovazioni tecnologiche, a tutti i livelli) ed i prodotti tradizionali, da quelli agroalimentari a quellit tessili; per esempio, basti pensare al “classico” settore dell’edilizia, dove la gamma di prodotti odierni è estremamente più ampia di quelli riferibili solo a qualche anno fa (in termini di risparmio energetico, di qualità e persino di design e di qualità). Occorre però scegliere con decisione la via del rilancio degli investimenti, anche allargando le maglie del rigore di bilancio, spesso dimostratosi ideologico e fine a sè stesso. Cambiare il fisco, riducendo il cuneo fiscale sui salari e soprattutto distinguendo l’economia produttiva da quella finanziaria e speculativa. Aggravare il carico fiscale sulla rendita, incentivando l’investimento e il lavoro. Mantenere la progressività della tassazione, indicendo sui patrimoni, garantendo agli enti locali fonti adeguate di sostentamente. Il tema della distribuzione della ricchezza, dovrebbe poi rappresentare la vera ragion d’essere di una forza politica di sinistra. Passata l’epoca del “pragmatismo” senza riferimenti ideologici o culturali sta tornando la consapevolezza che occorre interrogarsi sulla “ricchezza”, su come la si produce e la si distribuisce. E’ di nuovo la questione sociale, è di nuovo la ragion d’essere della risposta socialista. Occorre affrontare la situazione con riforme coraggiose e robuste. Vere riforme, in un Paese dove la parola “riformismo”, svincolata da socialismo, è diventata buona per tutti gli usi e ha perso significato. Il vero riformismova sempre nella direzione del progresso e della crescita. Oggi avviare con serietà e radicalità un vero processo riformista, significa fare i conti con le coperture finanziare e con i modelli di servizi e di governance, pensando, al medesimo tempo, agli effetti ed ai loro costi: riformare, significa anche razionalizzare ed ottimizzare i servizi. Ad esempio, un sistema sanitario nuovo è possibile non chiudendo semplicemente gli ospedali ma definendo i fabbisogni legati al benessere della persona e trasferendo i servizi quanto più vicino a lui, anche a domicilio. La riforma più cruciale riguarda il lavoro, o meglio l’assenza di lavoro stabile e continuativo, nell’era della flessibilità e dell’intermittenza. Non si tratta di promettere lavori fissi e stabili per tutta la vita, anche se certo si può limitare l’eccesso patologico di precarietà, ma da tempo sosteniamo l idea, di derivazione dalle socialdemocrazie del nord Europa, di garantire continuità di reddito, nella flessibilità del rapporto di lavoro. Questo significa nuovi e veri servizi per limpiego ma comporta anche una revisione sostanziale degli ammortizzatori sociali: un vero e proprio welfare di cittadinanza, che il Paese attende da sempre, che superi la divisione tra garantiti e non garantiti del mercato del lavoro e abbandoni le antiche logiche clientelari e di scambio per diritti davvero universali. E’ evidente, per altri versi, che il lavoro è direttamente proporzionale allo sviluppo. Se cè qualcosa che dovrebbe connotare una forza di sinistra, quanto meno questo dovrebbe essere incentrato sul lavoro: qui non cè tempo da perdere o rischiamo di abbandonare generazioni intere con, se non altro, conseguenze future e gravi, sui sistemi pensionistici. In una società di capitalismo maturo “distribuire ricchezza”, non si identifica immediatamente con i “posti” di lavoro; ma sicuramente con la creazione di opportunità e la soddisfazione di nuovi fabbisogni. Anche in questo l’idea di riconnettere la “sinistra” al “progressismo”, cioè a un’idea di società in marcia verso una direzione di crescita, può rivelarsi piena di risorse e prospettive. IL PSI, il PARTITO del SOCIALISMO EUROPEO e l’INTERNAZIONALE SOCIALISTA Il PSI ha l’orgoglio di essere l’unico partito italiano formalmente membro del PSE e dell’Internazionale Socialista. Occorre però ricordarci sempre che la forma non basta: in questo quadro, il PSI è membro storico e rispettato, ma sarebbe illusorio pretendere di godere di un’interlocuzione privilegiata: quando si tratta di affrontare i nodi dell’agenda europea, sono i partiti con effettiva responsabilità di governo, o che guidano l’opposizione, a contare. Già oggi, di fatto, il PD è a tutti gli effetti un interlocutore delle forze socialdemocratiche e laburiste europee, e Sinistra Ecologia e Libertà sta avviando un percorso di richiesta di accredito presso il PSE. Il ruolo europeo di un partito è in massima parte funzione del suo ruolo nazionale: il ruolo del PSI deve essere quindi umile e consapevole. Devono soprattutto finire le letture illusorie di un’impossibile sostegno delle organizzazioni socialiste per incrementare la nostra influenza in Italia. Al contrario, è il PSI a dover carcare di aumentare il suo sostegno al PSE e all’IS: questo è necessario, doveroso, e assolutamente indispensabile anche per la crescita e il prestigio del nostro partito. Inoltre, noi dobbiamo mettere i nostri seggi nelle organizzazioni a disposizione della sinistra italiana: non si tratta di moltiplicare sino a tre i membri italiani della famiglia socialista internazionale, senza vantaggio per l’unità e la chiarezza, cosa tra l’altro evidentemente sgradita e incomprensibile in Europa,come fu sgradita e incomprensibile a suo tempo la tripartizione tra Pds, Psi e Psdi. Invece, sulla base di un processo che abbia in Italia le sue ragioni e le sue radici, il seggio del PSI nelle sedi internazionali deve essere messo a disposizione come risorsa nell’ambito di un processo di aggregazione della sinistra italiana.
Posted on: Sun, 03 Nov 2013 12:55:52 +0000

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