COSA NOSTRA Cosa Nostra: il termine e le origini “Cosa - TopicsExpress



          

COSA NOSTRA Cosa Nostra: il termine e le origini “Cosa nostra” è un termine entrato nell’uso giornalistico per definire la mafia americana, ma fino al 1984 tale termine era perlopiù sconosciuto a studiosi e magistrati: fu il collaboratore di giustizia Tommaso Buscetta a rivelare in un interrogatorio a Giovanni Falcone che in Sicilia la mafia era unorganizzazione denominata Cosa nostra. Tuttavia il primo documento in cui si allude a una “cosca mafiosa”, per descrivere le fratellanze coinvolte in attività criminali, firmato dal procuratore della Gran c orte criminale di Trapani, risale al 1837. Il termine “mafia” invece è diventato espressione corrente dopo la rappresentazione del dramma popolare “I mafiusi di la Vicaria”,del 1863, ad opera di Giuseppe Rizzotto, in collaborazione con Gaetano Mosca. Le origini di Cosa Nostra sono legate al latifondo, ossia la proprietà terriera chiusa che dominava la struttura produttiva siciliana fino agli inizi del ’900: i primi mafiosi facevano da intermediari fra la nobiltà terriera feudale e i contadini, prendendo via via la forma di un ceto organizzato in confraternite, che svolgeva funzioni di controllo e repressione. Altre organizzazioni mafiose sono la ’ndrangheta calabrese, la camorra napoletana e la Sacra corona unita pugliese. Caratteristiche e struttura di Cosa nostra Cosa nostra si fonda su un sistema di relazioni basato sulla violenza e lintimidazione esercitata dai sui adepti, così come recita la legge Rognoni - La Torre del 1982 che introduce nel codice penale lart. 416 bis che definisce la nuova figura di reato di associazione di stampo mafioso, incentrata sulla nozione di metodo mafioso. Il prestigio allinterno della famiglia mafiosa si raggiunge infatti soprattutto con la consumazione di omicidi, attraverso i quali si dà prova del proprio valore. Essa si basa su di un profondo radicamento nel territorio e quindi su di un’organizzazione a base territoriale nel senso che lunità organizzativa di base, cioè la famiglia, prende il nome dal territorio dove opera e controlla. Le famiglie di Cosa nostra infatti prendono il nome dalle città e dai paesi che controllano (famiglie di Corleone, Trapani, Palermo, ecc). Palermo, la capitale della mafia, è lunica ad avere sul suo territorio un gran numero di famiglie che, pertanto, prendono il nome dalle borgate sotto il loro controllo (famiglie di Brancaccio, Porta Nuova, corso dei Mille, Mondello, ecc). Ogni famiglia è composta da un nuomero variabile di uomini donore, organizzati secondo una scala gerarchica: soldati, capidecina, consiglieri, sottocapo, capifamiglia, capimandamento, rappresentanti provinciale, “rappresentante regionale”. Lorganizzazione è di tipo verticale - piramidale. Più famiglie vicine costituiscono infatti un mandamento con un suo capo deciso dai capifamiglia. I capimandamento della provincia fanno parte poi della Commissione Provinciale al cui vertice vi è un rappresentante provinciale che, insieme agli altri rappresentanti provinciali, partecipa alla Commissione Regionale di Cosa nostra. La realizzazione di delitti di rilievo, dalle estorsioni alle rapine fino allomicidio (eseguito sempre come ultima ratio) è rappresentativa delle relazioni in un dato territorio: ogni delitto di rilievo non può essere commesso in un dato territorio senza la preventiva autorizzazione del capofamiglia o del capomandamento (a seconda della gravità del fatto). Per delitti per così dire eccezzionali - come omicidi di capifamiglia, esponenti delle Istituzioni e personalità in vista - occorre unautorizzazione direttamente dalla Commissione Provinciale, o addirittura Regionale. Per quanto riguarda la struttura, Cosa nostra ricorda limmagine di un carciofo, vale a dire differenti strati, o cerchi concentrici, dellappartenenza mafiosa: affiliati questo rappresenta il nucleo più intimo: essi sono coloro che fanno parte anche formalmente allorganizzazione facendovi ingresso attraverso un particolare rito di affiliazione. ⁃ collaboratori esterni il secondo strato è quello costituito da persone che hanno contatti stabili con chi occupa la posizione più interna: si tratta in genere di politici, imprenditori, faccendieri che, anche se non formalmente affiliati, garantiscono allorganizzazione sistematiche possibilità di condizionamento della vita politico - amministrativa, infiltrazione nelleconomia legale, possibilità di riciclaggio dei proventi della attività illecite. ⁃ fiancheggiatori questo rappresenta lo strato più esterno ed è costituito da coloro che hanno contatti saltuari, ma che garantiscono quegli appoggi, coperture e consenso sociale di cui la mafia ha vitale bisogno per la riproduzione del proprio potere. Vi sono diversi livelli: da una parte vi sono i notabili legati alla mafia che fissano il legame alto fra mafia, mondo della politica e mondo degli affari; dallaltra persone comuni che forniscono alla mafia considerazione sociale, accondiscendenza, omertà e, quando serve, consenso elettorale. Oggi si stima a grandi linee che Cosa Nostra conti circa 5.000 affiliati e almeno 20.000 fra fiancheggiatori e collaboratori esterni. Oltre che in Italia, essa è presente negli Stati Uniti, in Canada, in Germania, in Svizzera, in Francia, in Gran Bretagna e in Russia. In Cosa nostra si entra, o entrava, attraverso un formale rito di affiliazione che conferiva al tutto un significato simbolico ed assoluto, tanto che una volta affiliati lo si è a vita: non vi è il diritto di recesso, da quel momento il vincolo con Cos a nostra diviene permanente tanto che lorganizzazione ha diritto di vita e di morte su ogni affiliato. Luomo donore viene battezzato durante una cerimonia alla presenza di un capofamiglia, o di un autorevole uomo donore, che garantisce per lui. Al nuovo arrivato vengono rese note le regole, dopodichè si procede alla punciuta, ossia la pungitura del dito con la spina di unarancia amara. Inoltre nelle sue mani viene bruciata una santina, mentre recita la formula di giuramento di fedeltà a Cosa nostra, che conferisce un carattere di sacralità al tutto. Il significato simbolico è una sorta di rinascita rituale che da vita a una nuova parentela tra i consociati che contiene un preciso riferimento alla punizione che spetta a chi tradisce. La mitologia vede la mafia sia nata per nobili fini, come difendere i deboli o affermare valori come lamicizia, la solidarietà, la famiglia, il senso dellonore, ecc. La storia in realtà è molto diversa e la presunta regola che vieterebbe ad esempio ai mafiosi lassassinio di donne e bambini è in realtà una prassi consolidata nel tempo: basti pensare alla strage di Portella della Ginestra, dove morirono fra la folla anche donne e bambini, e lomicidio del piccolo Giuseppe Di Matteo, dissolto nellacido a soli 13 anni. Differentemente da Cosa nostra, le associazioni camorristiche e ndranghetiste invece sono fondate sul concetto di clan, molto più condizionato dal vincolo di sangue, cioè dallappartenenza allo stesso ceppo familiare (ad esempio in Campania il clan Alfieri, Giuliano, Nuovoletta, ecc). Inoltre mentre Cosa nostra si basa su unorganizzazione gerarchica verticale - piramidale, la camorra e la ndrangheta si basano su una struttura di tipo orizzontale - federativa, anche se per quanto riguarda ques’ultima le recenti operazioni di polizia del 2010 hanno evidenziato per la prima volta una struttura anch’essa di carattere piramidale. Storia di Cosa nostra Secondo la comune opinione degli storici la nascita della mafia sicialiana coincide con la nascita dello Stato nazionale nel 1861 con la formazione del Regno dItalia, nel momento in cui la nuova classe dirigente piemontese delegò al blocco di potere della borghesia mafiosa il compito di contrastare la nobiltà locale nostalgica del regime borbonico e la pressione delle masse contadine sfruttate nel lavoro dei campi. In quel periodo, metà dell800, la mafia siciliana è soprattutto una mafia agraria che si regge su un sistema economico di tipo parassitario grazie al ruolo di interposizione che essa gioca, da una parte, fra comunità locale e Stato centrale e, dallaltra, fra manodopera contadina e proprietari terrieri. Nel corso degli anni 50 del ‘900, con il cosiddetto boom economico e il processo di massiccia urbanizzazione della popolazione contadina, si assiste allo trasformazione verso una mafia urbana caratterizzata dalinfiltrazione nella spesa pubblica e nelle opere edilizie. La mafia diventa così imprenditrice e si arricchisce enormemente negli anni del cosiddetto sacco di Palermo. In questa fase la mafia accumula grandi ricchezze che reinveste e moltiplica entrando nel mercato internazionale della droga, divenendone presto leader a livello mondiale. Nel 1943 infatti il governo USA si accorda con il boss della mafia italo-americana, Lucky Luciano, che, seppure condannato a 30 di prigione per sfruttamento della prostituzione, diviene un elemento utile per facilitare lo sbarco americano in Sicilia. Nel 1946 Luciano è così libero prima di aver scontato la pena e rimpatriato in Italia, dove i servizi segreti americani favoriscono la rinascita della mafia (decimata da Mussolini) per amministrare la Sicilia e soprattutto combattere i comunisti del Paese. A Napoli Luciano rinnova i legami tra le gang italoamericane e le famiglie siciliane per costruire reti di traffico internazionale di eroina il cui obiettivo è il mercato nord americano, praticamente ripulito durante la Seconda Guerra Mondiale. La mafia siciliana tuttavia non mise immediatamente a profitto la via al traffico di droga aperta da Luciano. Dal 1958 al 1969 infatti le grandi famiglie siciliane saranno impegnate in una guerra senza pietà - la prima guerra di mafia - che scardinerà i vecchi meccanismi della Commissione, organo istituzionale che dava le direttive e lindirizzo politico a Cosa nostra, che fino ad allora aveva governato attraverso le varie famiglie in essa rappresentate. La strage di Ciaculli, del 1963, in cui unautobomba esplose uccidendo sette carabinieri dellArma - attentato in realtà indirizzato a famiglie mafiose avverse - portò ad una dura reazione dello Stato - definita la seconda guerra di mafia - con centinaia di arresti, processi, misure di confino e la creazione a Roma della prima commissione antimafia . In questo clima Cosa nostra, totalmente disorganizzata, decide di dichiarare momentaneamente sciolte le Commissioni provinciali e quella regionale, ponendo lorganizzazione sotto la reggenza di tre uomini forti: Gaetano Badalamenti, Stefano Bontade e Luciano Liggio (che a Corleone uccide scalzando dal potere il vecchio boss Michele Navarra). In questi anni le principali attività dellorganizzazione sono: i sequestri di persona dietro riscatto; il contrabbando di tabacco; e soprattutto il traffico di droga. Solamente attorno alla metà degli anni 70 le famiglie torna no a darsi una struttura organica ricostituendo le Commissioni provinciali e quella regionale. Agli inizi degli anni 80, allinterno di Cosa nostra, vi fu un vero e proprio golpe interno da parte dei corleonesi di Salvatore Riina, Bernardo Provenzano e Leoluca Bagarella (i cosiddetti viddani perchè provenienti dalle campagne) contro le famiglie di Palermo, che in breve vengono sterminate e costrete a rifugiarsi allestero. In questa terza guerra di mafia si parla di circa 1.000 morti. Con i corleonesi la struttura, tradizionalmente fondata su un sistema di distribuzione di poteri fra le varie famiglie, diviene più spiccatamente gerarchica e tutto il potere si concentra nelle mani di Riina, che assume il potere al posto di Luciano Liggio nel frattempo arrestato. Con la guerra di mafia la vecchia Commissione viene decimata e al suo posto subentra una Commissione composta da rappresentanti schierati in toto con i corleonesi, come il capomafia Michele Greco. Di fatto essa viene quindi matenuta in vita solo per salavare le apparenze. Giovanni Brusca, ex braccio destro di Riina divenuto poi collaboratore di giustizia, riferisce che, in seguito alla seconda guerra di mafia, Riina, dopo aver collocato al vertice dei vari mandamenti uomini di sua stretta fiducia, aveva di fatto assunto il controllo totale della Cupola (termine per indicare la Commissione regionale), annunciando la restaurazione di tutte le regole e il ritorno alla piena collegialità per le deliberazioni più importanti. La Commissione diviene quindi un guscio vuoto ed il luogo in cui ratificare le decisioni già assunte da Totò Rina. Inoltre era stata abbandonata anche la tradizionale prassi di tenere riunioni plenarie: vi era il timore infatti di essere sorpresi dagli avversari scampati alla carneficina messa in atto dai corleonesi. Questi ultimi sono portatori di un surplus di violenza dentro e anche fuori dallorganizzazione: labbattimento degli “avversari interni” infatti precede ed anticipa l’abbattimento degli “avversari esterni”, vale a dire esponenti delle Istitutzioni o della società civile, che minacciano o ostacolano la loro ascesa al potere e il loro prestigio. Con i corleonesi infatti, la mafia rompe un equilibrio secolare in quanto inizia a voler imporre allo Stato le proprie condizioni e quindi a rifiutare una situazione di rapporto subalterno rispetto alla politica. Per la prima volta non si accontentano più, come in passato, di chiedere la tangente alle imprese che si erano aggiudicate i lavori, ma pretendono ed ottengono di entrare nelle stanze dei bottoni dove vertici politici e imprenditoria decidevano la spartizione degli appalti pubblici. I corleonesi dispongono peraltro di una forza miltare e finanziaria senza precedenti che mette in difficoltà la stessa borghesia mafiosa (vedi di seguito) che, per la prima volta, si trova davanti un monolite compatto e pronto a tutto. Tuttavia la rivoluzione corleonese produrrà in definitiva un effetto boomerang a causa della massiccia reazione delle Istituzioni che infliggerà gravi colpi allorganizzazione militare di Cosa nostra con larresto e la condanna di centinaia di affiliati. In seguito allarresto dello stesso Riina, nel 1993, lorganizzazione, fino ad allora perfettamente funzionante grazie alla direzione verticistica del leader corleonese, inizia a sfaldarsi e ciascun capomandamento inizia a gestire il proprio territorio in maniera autonoma. Allarresto di Riina subentra al potere Leoluca Bagarella che tuttavia verrà arrestato anch’egli nel 1995. Lo stato di sbandamento vissuto dallorganizzazione, acuito peraltro dalla crescita esponenziale dei collaboratori di giustizia, verrà frenato solamente da Bernardo Provenzano, lultimo dei corleonesi, il quale traghettarà la mafia attraverso la bufera repressiva degli anni del post stragismo. Egli la condurrà verso il nuovo millennio limitando i danni grazie ad unaccorta politica di tregua esterna e riorganizzazione interna. La cosiddetta “strategia della sommersione” è in realtà un ritorno alle antiche pratiche: • rinuncia ai delitti eclatanti e quindi ricorso alla violenza come extrema ratio; • • ricerca della trattativa con lo Stato al posto dello scontro aperto; • • ricerca di un consenso sociale anzichè la brutale imposizione di pizzo e tangenti (principio “pagare meno, pagare tutti”); • • ridimensionamento dei disegni politici che da allora guardano più alla politica locale che a a quella nazionale; • • riorganizzazione interna secondo esigenze di segretezza; • • sistema di protezione alternativo per detenuti e familiari. In particolare Provenzano procederà con un progressivo accentramento dei processi decisionali creando comunque una nuova Cupola a Palermo formata dai capimandamento più anziani. La stessa struttura organizzativa muta e si adatta a esigenze di segretezza e sicurezza: drastico ridimensionamento dei riti formali di affiliazione come la pungitura, niente più riunioni plenarie di Commissione ma soltanto un direttorio autorevole di consiglieri che assicuri un elevato grado di segretezza interna. Lazione di Cosa nostra si esercita anche in riferimento alluniverso carcerario: qui si attua unopera di prevenzione per cui il nuovo detenuto si trova circondato dalla solidarietà e dallasistenza degli altri detenuti, mentre i suoi familiari sono presi economicamente in carico dalla famiglia o dal mandamento di appartenenza. In questo modo Cosa nostra interviene sulle aspettative di una eventuale collaborazione, rendendo più appetibili i benefici e i sistemi di protezione interni rispetto a quelli offerti dallo Stato. Tutto ciò è una conseguenza dellefficace repressione post stragista, ma anche di uno strategico ripiegamento in ambiti più consoni alla mafia dopo il delirio di onnipotenza dei corleonesi. Infatti in seguito alla parentesi corleonese saranno le vecchie famiglie della borghesia mafiosa a riprendere in mano le redini del potere (vedi di seguito). Lazione criminale di Cosa nostra non sì è quindi fermata, ma anzi risulta oggi ancora più insidiosa perchè più invisibile e quindi inafferrabile. Secondo le statistiche ufficiose delle forze dellordine, oggi le famiglie affiliate a Cosa nostra sarebbero presenti in tutte le province della Sicilia, con leccezione di Ragusa dove dominerebbe la Stidda, con circa 6.000 membri. La forza della mafia sembra risiedere nella sua incredibile capacità di adattarsi ai nuovi contesti. In questo senso essa, oltre a sopravvivere al periodo post stragista, è riuscita anche a sfruttare la globalizzazione dei mercati del crimine, diversificando i settori, i territori e i traffici nei quali far confluire i propri interessi illeciti. La mafia di oggi è quindi soprattutto una mafia degli affari: una mafia finanziaria entrata nei circuiti del grande riciclaggio transnazionale che reinveste perciò le eneormi ricchezze ac uisite negli anni dellaccumulazione e dei traffici illeciti. In quersto modo - attraverso un esercito di consulenti, finanziari e politici - si inserisce ed inquina i più diversi settori delleconomia legale, soprattutto in ambito finanziario. La strategia infatti è quella di indirizzarsi non più verso il mercato immobiliare, con beni immobili più facilmente individuabili e confiscabili dallo Stato, ma verso il mercato finanziario che offre mille possibilità di mimetizzare le ricchezze mafiose che verranno così riciclate e reinvestite. Tuttavia esiste laltro lato della medaglia: la mafia oggi è meno autonoma, il suo presente e futuro dipendono sempre più da quel ceto di professionisti, consulenti, imprenditori e uomini politici che costituiscono lelite della cosiddetta borghesia mafiosa. La borghesia mafiosa Quella mafiosa non è una forma criminale, come il brigantaggio, espressione di ceti popolari. Questi ultimi forniscono alla mafia solo gli esecutori, la cosiddetta manovalanza, ma i registi della violenza e degli affari appartengono alla classe media che concorrono al mantenimento dellordine reale fondato sul dominio dei pochi sui molti, delle classe abbienti sulla massa della popolazione. In Sicilia la nascita dello Stato unitario e il conseguente abbattimento del sistema feudale portò la classe baronale ed il clero, che detenevano la quasi totalità della proprietà terriera, a cedere quote sempre più consistenti di potere sociale ad una borghesia di recente formazione con caratteristiche anomale. Si trattava infatti di una borghesia priva di tradizioni, rimasta ai margini dellIlluminismo europeo, cresciuto nella scuola della violenza e della sopraffazione della classe baronale di cui aveva ereditato i paradigmi di accumulazione della ricchezza ed il metodo violento: esempio di questa nuova borghesia erano i gabelli, gli amministratori e i grandi affittuari dei latifondi, che prima avevano esercitato la violenza per conto dei baroni nei confronti delle grandi masse contadine e poi avevano iniziato a esercitarla loro stessi sostituendosi ai padroni. La differenza stava nel fatto che la violenza dei baroni era palese e legittima secondo lantico ordine sociale feudale. Quella della classe media era invece destinata a rimanere occulta poichè vietata dal nuovo ordine giuridico dello Stato liberale che avocava a sè il monopolio della violenza. Di fatto comunque la proprietà passava di mano, ma i metodi di accumulazione e i rapporti di dominio rimanevamo immutati. Lestrazione borghese dei capimafia non è casuale. Lutilizzo politico della violenza nellaccaparramento delle risorse richiede una certa intelligenza sociale che presuppone un minimo di acculturazione: il capomafia decide quando la violenza è funzionale alla perpetuazione dei rapporti sociali ed economici esistenti. Storicamente il declino e poi la scomparsa delleconomia agraria, e le conseguenti grandi trasformazioni legate al processo di urbanizzazione, determinano una ricomposizione interna della struttura sociale della borghesia mafiosa: gli agrari e il ceto dei vecchi notabili cede progressivamente il potere ad una nuova borghesia cittadina formata da esponenti del mondo delle professioni, del ceto politico, di quello impiegatizio e imprenditoriale. Inoltre la borghesia mafiosa non si caratterizza solo per lestrazione borghese, lintelligenza sociale e un certo grado di acculturazione, ma anche per lo stretto rapporto con la classe politica locale, con la quale stringe una sorta di patto: mentre la mafia ottiene la copertura politica e laccesso previlegiato alle risorse pubbliche, la classe politica di riferimeno ha sempre a disposizione uno strumento di violenza e di consenso sociale da contrapporre ai propri avversari, oltre ad un ritorno economico attraverso le tangenti degli appalti truccati. Laddove il potere politico locale non riesce a conseguire i suoi fini con metodi incruenti, viene messa in campo la risorsa della violenza gestita dalla borghesia mafiosa. All stesso tempo, laddove la mafia militare, braccio operativo della borghesia mafiosa, necessita di un intervento per la spartizione della torta della spesa pubblica, o di misure di salvataggio rispetto a esponenti di rango caduti nelle maglie della giustizia, vengono messe in campo le risorse politiche. La borghesia mafiosa inoltre può esercitare ed esercita una considerevole influenza anche sulla politica nazionale, nella misura in cui questa si poggia sulla politica locale. Si pensi allinfluenza di Salvo Lima, prima sindaco di Palermo poi deputato nelle file della DC, braccio destro in Sicilia di Giulio Andreotti, presidente del Consiglio per 7 volte. Il mutamento in queste condizioni può quindi giungere unicamente da una forza assolutamente estranea alla società siciliana, ossia il Governo. Ma appoggiandosi questultimo sulla politica e sulla classe dominante locale si arriva ad una situazione contraddittoria: da un lato il fine più importante e immediato del Governo è sopprimere la violenza e riportare lordine; dalaltro per preservare il proprio potere nel territorio non può eliminare i mezzi che utilizza proprio per la preservazione dello stesso. Quindi di fatto, in Sicilia, il Governo ha in mano dei mezzi che sono in contraddizione con il suo fine. La classe dirigente locale (ad esempio la DC o il PDL siciliano) non è in grado di autoriformarsi epurando la violenza come metodo politico e rescindendo i legami con la borghesia mafiosa, con la quale peraltro spesso si confonde (basti pensare allex sindaco DC di Palermo Vito Ciancimino o agli esattori e Ignazio Salvo o lo stesso Salvo Lima). Tale compito deve quindi essere assolto dalla classe dirigente nazionale contro la volontà di quella locale. Ma poichè il gioco degli equlibri politici nazionali fa sì che la prima non possa reggersi senza il contributo della seconda, il problema diviene insolubile com il cane che si morde la coda. Per quanto riguarda la funzione ed i legami di potere fra politica e borghesia mafiosa, si è strutturato nel tempo un rapporto paritario di reciproco interesse, interrotto solo negli anni 80 dalla parentesi corleonese dove la borghesia mafiosa entra in crisi e la mafia militare dei Corleonesi assume potere decisionale e rifiuta il suo ruolo subalterno alla politica. Dopo tale parentesi viene infatti ripristinata la suddivisione dei ruoli allinterno delluniverso mafioso di Cosa nostra: potere decisionale, indirizzo politico e relazioni con le classi dirigenti in mano alla borghesia mafiosa; esercizio effettivo della violenza in mano ad un ala militare. Esisteva quindi in questo senso una sorta di ordine interno a Cosa nostra percui lala militare non poteva far la guerra o imporre ordini alle classi dirigenti politiche locali, in contatto e colluse con la borghesia mafiosa. Uno degli indici è la decisione assunta già a partire dagli anni 70 dalla Commissione regionale che vietava i sequestri di persona in Sicilia perchè innescavano gravi tensioni con la classe dirigente locale. Capo della Commissione al tempo era Michele Greco, la cui sponda politica locale era rappresentata dallon. Salvo Lima, capo della corrente adreottiana in Sicilia, Vito Ciancimino, ex sindaco di Palermo e una centinaia di personaggi che fungevano appunto da cerniera tra i due mondi. In questo modo molti vivevano e vivono tuttora degli indotti di tale sistema: - imprenditori che grazie ad amici fanno man bassa degli appalti pubblici - commercianti che usufruiscono di crediti a tassi irrisori senza garanzie o di finanziamenti a fondo perduto - professionisti dalle parcelle doro - bancari proiettati ai vertici dei loro istituti - magistrasti e poliziotti dalle sfolgoranti carriere. In cambio la borghesia mafiosa, attraverso il proprio braccio militare, poteva e può tuttora proseguire indisturbata con le estorsioni, il traffico di stupefacienti, la spartizione della torta degli appalti e dei finanziamenti pubblici. Politica e mafia Cosa nostra non è una semplice organizzazione criminale. Per un lunghissimo periodo sì è colpevolmente ignorato tale fenomeno tanto che una frase di uso comune era: la mafia non esiste. Anni di stragi e mobilitazione civile hanno però oramai reso impresentabile questa affermazione e assai più fruibile lespressione: con la mafia è necessario convivere, come poco felicemente affermato da uno stesso ministro della Repubblica italiana in tempi recenti. Il sostrato culturale che sta alla base di questa affermazione e del relativo modo di pensare è che la mafia sia un fenomeno arca ico che nasce dallesclusione e dallemarginazione sociale di zone economicamente arretrate, come potevano essere le regioni del sud allindomani della nascita del Regno dItalia. In questo modo la mafia si presenta come un fenomeno arcaico, non necessariamente violento, che non ha a che fare con la politica, leconomia ed i rapporti di potere, ma con una sua natura intrinsecamente criminale. Certamente la cosiddetta manovalanza mafiosa viene per così dire reclutata molto più facilmente in contesti di disagio e povertà: la carenza o addirittura lassenza dello Stato nel sud Italia ha causato, e causa certamente tuttora, uneffettiva mancanza di possibilità di lavoro e di condizioni di sviluppo economiche e sociali. In questo senso la mafia sostituisce lo Stato nel controllo del territorio poichè fornisce condizioni di lavoro e di sviluppo criminale, in alternativa ad un modello di economia legale di fatto inesistente. Questo non significa tuttavia che lorigine della mafia si debba imputare unicamente allarretratezza del territorio. Questo semmai rappresenta il contesto economico e culturale dove la mafia si alimenta e si consolida. Per questi motivi, la forza e la specificità della mafia stanno non tanto nelluso della violenza e dellintimidazione quanto: ⁃ consenso sociale uno dei lati peculiari del fenomeno mafioso, per tutti i motivi sopraindicati, è infatti la presenza a fianco delle famiglie, o dei clan, di una vera e propria comunità mafiosa di sostegno, radicata fortemente nel territorio e configurata come una rete. In questo la mafia è sempre stata omogenea nel proporre il miraggio di una società giusta e solidale, resa possibile dalla propria capacità di realizzare quello che le Istituzioni non sanno o non vogliono dare. ⁃ omertà diretta conseguenza di questa rete di protezione - oltre che ovviamente della paura derivata dal monopolio esclusivo della violenza sul territorio per chi non si conformasse alle regole della mafia - è lomertà, vale a dire la copertura, attraverso il silenzio, dei reati compiuti dalla mafia stessa sul territorio. Solo a partire dagli anni 80, questo punto di forza della mafia è stato intaccato dal cosiddetto fenomeno del pentitismo. ⁃ rapporto con la politica è propria della mafia la ricerca di un collegamento stretto con la politica e con tutte le forme di potere, in particolare quello pubblico, per strumentalizzarlo e compenetrarsi nelle sue struture. Non appartiene alla mafia il protagonismo nella sfera politico- rappresentativa (salvo la breve e fallimentare esperienza del Movimento per lindipendenza siciliana) né il condizionamento palese dellattività parlamentare: Buscetta, di fronte alla Commissione antimafia dichiarò che anche il deputato colluso deve poter votare una legge contro la mafia perchè è naturale che egli debba conservare quellimmagine pubblica anche a scapito di Cosa nostra; i politici devono rispettare le regole della politica così come i mafiosi quelle della mafia. Importante dire che i riferimenti partitici di Cosa nostra sono mutevoli: a guidare alleanze e strappi sono il pragmatismo, linteresse economico e la possibilità di uneffettiva protezione. Infine il rapporto fra mafia e potere politico (salvo il folle sogno di autosufficienza di Riina) è sempre stato di carattere paritario: la regola era cioè quella di avere rispetto e di trattare da pari a pari. Si può dire in definitiva che la mafia è contemporaneamente fuori e dentro lo Stato: da una parte ha un suo codice penale e una suo forma della giustizia e quindi non riconosce la funzione repressiva dello Stato; dallaltra essa cerca ed ottiene la compenetrazione nelle Istituzioni e nel tessuto economico. La strage di Portella della Ginestra Nellaprile del 1947 si sono svolte in Sicilia le prime elezioni per la costituzione dellassemblea regionale. Il Blocco del Popolo (cumunisti e socialsti insieme) avevano ottenuto un enorme successo con il 29,13 % dei voti contro il 20,52 % del partito democristiano. Si creò così lallarme rosso di una possibile replica nelle imminenti elezioni politiche nazionali dellaprile del 1948. In questo clima viene consumata la strage dissuasiva: a Portella della Ginestra, su una folla pacifica di contadini che con le propri e famiglie celebravano la festa dei lavoratori, furono esplose raffiche di mitra che lasciarono a terra 12 morti e 27 feriti. Dalle indagini risulterà che la strage fu eseguita dalla banda di Salvatore Giuliano su mandato politico con lintermediazione di alcuni capimafia, agenti governativi ed esponenti dei servizi segreti italiani e statunitensi. Giuliano, rendendosi conto che i sui referenti intendevano bruciarlo riguardo alle promesse di impunità fattegli, inizia una strategia di ricatto attraverso lettere e documenti mandati ai giornali, in cui ricattava i parlamentari DC siciliani: Nelle nostre zone non si è votato che per voi e così noi abbiamo mantenuto le nostre promesse, adesso mantenete le vostre. Egli arriva a ricattare lo stesso Scelba di poter fargli gravare gravi responsabillità che possono distruggere tutta la sua carriera politica financo la vita. Le indagini accerteranno che in quel periodo vi furono trattative segrete nel corso delle quali Giuliano chiese limpunità per sè, la liberazione dei congiunti arrestati, la possibilità di espatrio e di denaro. Nonostante questo viene dichiarato come unico responsabile della strage. Poco tempo dopo Giuliano venne assassinato da un suo luogotenente, Gasparre Pisciotta, che aveva contrattato quel lomicio con la propria impunità. I carabinieri simuleranno a questo proposito di aver ucciso loro Giuliano nel corso di un conflitto a fuoco, redigendo un falso rapporto. La falsità verrà portata alla luce da giornalisti informati da fonti dei servizi seg reti. Lo stesso Pisciotta verrà arrestato e, sentendosi tradito, farà i nomi di tutti i mandanti politici della strage. Pisciotta, insieme a tutti coloro che erano al corrente dei segreti della strage, vennero uccisi per eliminare testimoni scomodi. Si tratterà di un copione che, nel corso della storia, verrà replicato più volte: E da allora che lItalia è un Paese senza verità. Ne è venuta fuori anzi una regola: nessuna verità si saprà mai riguardo ai fatti delittuosi che abbiano, anche minimamente, attinenza con la gstione del potere (Sciascia 1979). In seguito alla strage di Portella della Ginestra, fino al 1966, vi furono decine e decine di omicidi di sindacalisti del mondo contadino, finalizzati a destabilizzare lordine sociale a favore delle classi dominanti al potere legate alla DC e alla borghesia mafiosa ad essa collegata. Tanti sono i casi di omicidi eccellenti di persone, nelle Istituzioni come nella società civile, che hanno tentato di contrastare questo sistema. Fra gli esempi più eclatanti: •Cesare Teranova (1979) magistrato e giudice che, per due legislature, era stato deputato nelle fila del partito comunista come indipendente e aveva fatto parte della Commissione parlamentare dinchiesta sulla mafia. Egli istruì i primi grandi processi per mafia. Fu lui a rinviare a giudizio nel 1965 i corleonesi di Luciano Liggio, Salvatore Riina, Calogero Bagarella e Bernardo Provenzano. Dopo lincarico in parlamento Terranova rinunciò a un prestigioso incarico da parlamentare europeo per tornare a rivestire la toga a Palermo. E a morire. •Gaetano Costa (1980) procuratore capo di Palermo fu lunico magistrato a convalidare larresto dei principali trafficanti di droga della città, in particolare della famiglia degli Inzerillo. Colpendo gli Inzerillo, Costa colpiva gli interessi vitali della mafia siculo- americana che aveva fatto dellasse Sicilia - Stati Uniti il centro del commercio internazionale di droga. Firmando da solo tali arresti si presentava agli occhi della principale organizzazione criminale del mondo come isolato allinterno del suo stesso ufficio. Significativa la dichiarazione della moglie: Gaetano non era un eroe ma lo è diventato quando gli altri non hanno fatto in pieno il loro dovere. •Piersanti Mattarella (1980) presidente della Regione Sicilia che aveva intrapreso unopera di moralizzazione dellamministrazione regionale. Agli incontri che decisero la sua sorte parteciparono i vertici della mafia militare come Stefan o Bontade, Salvatore Inzerillo e altri; i vertici della borghesia mafiosa e della politica collusa come lon. Salvo Lima e i cugini Nino e Ignazio Salvo; nonchè il massimo vertice della politica nazionale come on. Giulio Andreotti, per sette volte presidente del Consiglio. •Pio La Torre (1982) deputato fra le fila del partito comunista che contrastò la mafia con una serie di iniziative legislative volte ad introdurre il reato di associazione mafiosa (legge Rognoni - La Torre), poi approvato in seguito al suo assassinio. •Carlo Alberto Dalla Chiesa (1982) il generale che contrastò efficacemente il fenomeno del terrosrismo in Italia, divenuto in seguito allomicidio dellon. Pio La Torre prefetto di Palermo per contrastare la deriva mafiosa. Tuttavia si trattò di una misura di facciata: isolato nel suo stesso ufficio il generale Dalla Chiesa fu assassinato dopo solo 100 giorni dal suo arrivo a Palermo insieme alla moglie e ad un collaboratore. •Rocco Chinnici (1983) consigliere istruttore subentrato in seguito allomicidio dellamico Terranova, Chinnici credeva nelle giovani generazioni per contrastare il potere della mafia. Egli fu lideatore del famoso pool antimafia che rivoluzionava il metodo delle indagini e concentrava lattenzione sulle banche, sul riciclaggio internazionale del denaro sporco, sul traffico di droga. Al tempo stesso non risparmiava indagini alla classe politica di cui ne denunciava, con la sua diffusa amoralità, la diretta responsabilità nella crescita esponenziale dellorganizzazione mafiosa. Per la prima volta venne usata unautobomba contro un uomo delle Istituzioni. •Giovanni Falcone e Paolo Borsellino (1992) magistrati presso la Procura di Palermo, fecero parte insieme Giovanni Barrile, Giuseppe Di Lello e Leonado Guarnotta al primo pool antimafia diretto da Antonino Caponnetto. Insieme a questi ultimi furono gli artefici del primo maxiprocesso a Cosa nostra del 1986 che permise larresto di centinaia e centinaia di boss mafiosi che, per la prima volta, si videro condannati allergastolo e a pene severissime. La loro morte, a brevissima distanza luna dallaltra, oltre a confermare lassoluta efficacia del nuovo metodo investigativo-giudiziario che mise per la prima volta in ginocchio il gotha di Cosa nostra, solleva inquietanti interrogativi su una possibile partecipazione di servizi segreti deviati e pezzi di stato alla loro eliminazione, nellambito di una presunta trattativa fra mafia e stato volta alla riaquisizione dei rispettivi spazi messi in discussione dalla rivoluzione corleonese. Emblematica è la sparizione della famosa agenda rossa di Borsellino - sulla cui sorte pare abbiano giocato un ruolo gli stessi servizi segreti - che secondo molti, fra cui lo stesso fratello di Borsellino, Salvatore, conteneva i dettagli di tale trattativa e quindi i referenti poltici della stessa. Al contrario, lomicidio dellon. Salvo Lima (1992) risulta collegato alla frattura che Cosa nostra compie nei confronti della DC, considerata dopo la sentenza definitiva del maxiprocesso di Palermo del 92 (che confermava i 19 ergastoli e i 2.665 anni di carcere inflitti ai boss mafiosi) inadempiente rispetto agli obblighi assunti con Cosa nostra e quindi, da quel momento, inaffidabile come referente politico. A questo proposito leliminzazione di Lima e Ignazio Salvo (potentissimo esattore di Palermo che assicurava rapporti fra Cosa nostra e mondo dellimprenditoria), incapaci di influire sullandamento del maxiprocesso e quindi non più in grado di garantire una copertura politica, è giustificata non solo come ritorsione rispetto agli obblighi assunti, ma anche come necessità di rimuovere i rami secchi e le mine vaganti. Già in occasione delle elezioni politiche nazionali del 1987, i corleonesi decidono di dare una lezione alla DC per dimostrare linsofferenza per le promesse mancate. In particolare in riferimento alla sentenza di primo grado del maxiprocesso di Palermo a Cosa nostra che, nel 1986, infligge condanne severi ssime a centinaia di boss mafiosi. Per questo motivo viene diramato lordine di dirottare in Sicilia i voti su socialisti e radicali che si erano fatti oltretutto portavoce di riforme della giustizia in senso garantista. Nella stessa sentenza della Corte di appello di Palermo del 2003 sul processo a carico di Giulio Andreotti viene confermata la tesi, che diviene in questo modo realtà giudiziaria, secondo la quale i rapporti con la mafia esistevano ed erano consolidati fino alle più alte cariche dello Stato. Nelle motivazioni della sentenza si legge: ...il sen. Andreotti ha avuto piena consapevolezza che suoi sodali siciliani intrattenevano amichevoli rapporti con alcuni boss mafiosi; ha quindi a sua volta coltivato amichevole relazioni con gli stessi boss; ha palesato agli stessi una disponibilità non meramente fittizia, ancorchè non necessariamente seguita da concreti, consistenti interventi agevolativi; ha loro chiesto favori; li ha incontrati; ha interagito con essi; ha loro indicato il comportamento da tenere in relazione alla delicatissima questione Mattarella, sia pure senza riuscire, in definitiva, ad ottenre che le stesse indicazioni venissero seguite; ha indotto i medesimi a fidarsi di lui ed a parlargli di fatti gravissimi (come lassassinio di Mattarella) nella sicura consapevolezza di non correre il rischio di essere denunciati; ha omesso di denunciare le loro responsabilità, in particolare in relazione allomicidio del Presidente Mattarella, malgrado potesse, al riguardo, offrire utilissimi elementi di conoscenza. Dovendo esprimere una valutazione giuridica sui fatti, la Corte ritiene che essi non possano interpretarsi ..e semplice manifestazione di un comportamento solo moralmente scoretto e di una vicinanza penalmente irrilevante, ma indichino una vera e propria partecipazione alla associazione mafiosa, apprezzabilmente protrattasi nel tempo. La rimozione culturale e loccultamento mediatico di tale vicenda dimostra ancora una volta come lintreccio fra mafia e Stato sia profondo e come il sapere venga manipolato in modo da oscurare lattenzione sugli intrecci e la collusione della politica con la borghesia mafiosa e, quindi, come la mafia sia identificata con personaggi quali Riina e Provenzano, elevati nellimmaginario collettivo quali icone totalizzanti delluniverso mafioso. Tra il 1983 e il 1985, limpressionante sequenza di omicidi e di stragi mafiose porta alla nascita di un forte movimento politico di opinione in Sicilia e in Italia che reclama iniziative istituzionali più drastiche. Nello stesso periodo, a causa dellenorme traffico di stupefacenti che dalla Sicilia approdava nel mercato statunitense, lItalia era sottoposta dallo stesso governo USA a un maggiore impegno nellattività di contrasto dei soggetti che lo promuovevano e lo realizzavano. Inoltre le rivelazioni dei primi collaboratori di giustizia avevano iniziato a far luce sulluniverso mafioso, permettendo a giudici come Giovanni Falcone e a tutti quelli del pool antimafia di indagare per la prima volta lorganizzazione nella sua totalità. Si apre così la stagione dei grandi processi per mafia, secondo alcuni veri e propri mostri giuridici la cui monumentalità impediva una reale difesa degli imputati. Ad ogni modo nel 1986 viene celebrato il maxiprocesso a Bologna, a Gazzi (Messina), ad Agrigento, a Napoli, a Torino. Quello che sarebbe passato alla storia fu però il maxiprocesso di Palermo nel quale i magistrati del pool antimafia, grazie alle rivelazioni dellex capomafia Tommaso Buscetta, inquadravano per la prima volta tutti gli eventi oggetto del processo in ununica strategia criminale, condotta da unorganizzazione unitaria e verticistica, guidata da un organo di governo, la Commissione, dotata di un rigido sistema di regole e competenze. Da ricordare che in passato vi era la diffusa convinzione che la mafia siciliana si componesse di gruppi indipendenti, il che aveva portato ad una polverizzazione delle indagini e ad una moltitudine di procedimenti. Con il maxiprocesso di Palermo i capimafia si trovarono per la prima volta davanti ad un collegio giudicante impermeabile alle intimidazioni e alle pressioni politiche esterne, supportato in più da una mobilitazione politica e civile senza precedenti. Tuttavia Cosa nostra non si era rassegnata ad accettare il giudizio e puntò fin da subito a far decorrere i termini di custodia cautelare attraverso tattiche dilatorie che avrebbero potuto finire per far celebrare il processo a gabbie vuote. Inoltre, poiché gli avvocati dei mafiosi erano stati considerati troppo remissivi dalla Commissione di Cosa nostra, era partita una proposta dai vertici affinché venisse ucciso uno o due degli avvocati come forte ed inequivocabile monito al Foro palermitano. Il progetto fu tuttavia abbandonato perché non si raggiunse il nome dellavvocato da uccidere dal momento che ogni imputato si opponeva alla soppressione del proprio per paura di compromettere la propria personale posizione processuale. In seguito tutti i legali degli imputati si erano pronunciati con una unanime richiesta di ricusazione del presidente della Corte. La decisione era stata imposta ai penalisti perché uneventuale accoglimento della richiesta avrebbe provocato un prolungamento dei tempi e quindi la possibilità di giungere più celermente alla scadenza dei termini di carcerazione preventiva. Un altro tentativo dei mafiosi fu quello di chiedere la lettura integrale degli atti processuali contrariamente ad una prassi ormai consolidata. La richiesta, vista la mole degli atti, giunse così effettivamente ad un rallentamento critico, al quale solo il Parlamento avrebbe più tardi posto rimedio con la legge Mancino-Violante che legittimava la prassi applicativa fino ad allora seguita. In definitiva tutti i tentativi di Cosa nostra di bloccare o rallentare il processo rimasero infruttuosi. In primo grado il collegio giudicante valorizzò limpianto accusatorio riconoscendo lesistenza dellorganizzazione criminale denominata Cosa nostra e infliggendo 19 ergastoli e 2.665 anni e 6 mesi di reclusione. Nel 1990, veniva definita anche la fase di appello del maxiprocesso con esiti nettamente più favorevoli agli imputati: molti vennero assolti e rilasciati ed in generale le deposizioni dei collaboratori di giustizia vennero molto ridimensionate. Nel 1992, tuttavia, si pronunciò in fine la Cassazione che ribaltò lesito della sentenza di appello confermando le condanne in primo grado e quindi la validità del cosiddetto teorema Buscetta, che divenne in questo modo verità giudiziaria. La sentenza definitiva del maxiprocesso di Palermo fu una “rivoluzione” nellambito della lotta alla mafia perché mise in crisi due capisaldi del potere mafioso: ⁃ l impunità per la prima volta i vertici mafiosi venivano messi alla sbarra per sempre. I precedenti processi per mafia degli anni 60 e 70 avevano infatti avuto come risultato leggere condanne per i boss o, il più delle volte, assoluzioni per insufficienza di prove. Con il maxiprocesso non furono i singoli mafiosi ad essere processati e condannati ma la mafia nel suo complesso e nella sua articolata e verticistica organizzazione. Da quel momento lo storico e privilegiato rapporto fra mafia e stato viveva una rivoluzione: la mafia non poteva più godere dellimpunità garantita dalle più alte sfere politiche, locali e nazionali. ⁃ lomertà anche questo caposaldo entrò in una profonda crisi. Anche in questo caso, per la prima volta mafiosi di un certo calibro, come Tommaso Buscetta o Giuseppe Madonia, scoperchiarono il vaso di pandora descrivendo minuziosamente la struttura, il funzionamento e le logiche che muovevano Cosa nostra. Fino a quel momento fu infatti lomertà delle persone e degli stessi membri di Cosa nostra a garantire la sicurezza e la sopravvivenza dellorganizzazione. Da ricordare che la rivoluzione del maxiprocesso fu possibile grazie al lavoro del pool antimafia di Antonino Caponnetto, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. In particolare questultimo - che ai tempi della sentenza in Cassazione non era più alla Procura di Palermo ma a Roma alla Direzione Affari Penali del Ministero di Giustizia - influì in maniera determinante sullesito finale del processo: prima come magistrato a Palermo, poi come consulente a Roma. Falcone infatti, grazie ad un monitoraggio dei precedenti processi di mafia, si accorse che essi, nellultimo grado di giudizio, finivano sempre in una specifica sezione della Cassazione, ovvero quella presieduta dal giudice Corrado Carnevale, definito “lammazzasentenze”. Questultimo infatti era solito annullare le condanne in appello degli imputati per mafia attraverso vizi procedurali e di forma. Per questo motivo Falcone propose ed ottenne il principio della “turnazione”, vale a dire lestrazione a sorte della sezione della Cassazione dove si sarebbero dovuti tenere i processi giunti al terzo ed ultimo grado di giudizio. Inoltre Falcone rilevò nel lavoro del giudice Carnevale gravi violazioni di natura etica che portarono alla rimozione dello stesso. Per tutti questi motivi, nel momento in cui si celebrò il maxiprocesso in Cassazione, lammazzasentenze non cera più e la giustizia fece così il suo corso. LANTIMAFIA Le diverse nature dellantimafia Il termine antimafia contiene al suo interno più accezioni che, di volta in volta, possono designare una certa politica, una legislazio ne di settore, unattività giudiziaria, un movimento extra istituzionale. Per questo motivo è necessario operare qualche distinzione: ◆ Antimafia istituzionale limpegno istituzionale, purtroppo, è stato perlopiù sostenuto soltanto come risposta ai momenti di emergenza, per placare le ondate emozionali dellopinione pubblica a fronte di episodi di violenza eclatanti. Tali reazioni si sono concretizzate a volte con la creazione di organismi speciali - come lAlto Commisariato Antimafia creato nel 1982 in seguito allomicidio del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa - o Commisioni parlamentari dinchiesta - come quella creata nel 1963 in seguito alla strage di Ciaculli dove morirono sette carabinieri - o con lemanazione di provvedimenti straordinari per fronteggiare situazioni di grave pericolo. A questo si aggiunge il fatto che spesso allazione antimafia è mancato il necessario sostegno, sia a livello politico -istituzionale sia a livello sociale. Anzi in certi momenti si è registrata una diffusa ostilità nei confronti dellazione antimafia (come quella che ebbe origine dal celebre articolo di Sciascia sui cosiddetti professionisti del lantimafia) talvolta sfociate in vere e proprie campagne di disinformazione e denigrazione della magistratura, come nel caso del pool di Falcone e Borsellino o di quello guidato da Giancarlo Caselli. ◆ Antimafia giurisdizionale innanzitutto lo storico pool antimafia di Chinnici, Caponnetto, Falcone e Borsellino: esso fu una creazione artigianale dei magistrati palermitani che rivoluzionò il modo di fare le indagini così come la comprensione e la repressione del fenomeno mafioso. Linvenzione del pool rispondeva alla duplice esigenza di distribuire il rischio di sovraesposizione al pericolo fra tutti i componenti dello stesso così da scoraggiare i progetti omicidiari indirizzati, in precedenza, a singoli magistrati incaricati delle inchieste per mafia e, nel contempo, di assicurare una proficua circolazione delle informazioni investigative fra i vari magistrati che si occupavano di procedimenti intimamente connessi fra loro. Le parole chiave di questa rivoluzione che mise Cosa nostra in ginocchio sono: specializzazione e centralizzazione. Con la prima si indicava che ciascun magistrato del pool doveva occuparsi e specializzarsi unicamente sulle indagini antimafia, Con la seconda si intendeva che tutte le inchieste di mafia dovevano essere affidate unicamente al pool, così che i suoi componenti fossero messi in condizione di mettere in comune tutto ciò che poteva servire. In questo modo, invece di parcellizzare le inchieste relative a fatti di mafia, il pool di Falcone e Borsellino si propose in primis di contrastare lorganizzazione mafiosa nel suo complesso, decifrandola e ricostruendola. Tuttavia dopo la prima sentenza di condanna al maxi-processo di Palermo, invece di venire aiutati e sostenuti, i magistrati del pool vennero, professionalmente parlando, spazzati via. Fu loro impedito di lavorare col metodo che avevano collaudato positivamente ed il pool venne infine smantellato, così che le indagini antimafia ripiombarono nella segmentazione. Uno dei motivi di tutto ciò, a detta di molti intellettuali ed esperti del settore, fu linteresse (fondato) mostrato dal pool verso le alte sfere della politica e dellimprenditoria. Tuttavia, nel 1991, quello storico pool si trasformò, grazie allimpegno e al lavoro di Giovanni Falcone trasferitosi nel frattempo a Roma nella Direzione Affari Penali del Ministero di Grazie e Giustizia, nel modello della Direzione Nazionale Antimafia (DNA). Da quel momento in avanti il modello della Direzione Distrettuale Antimafia (DDA) si è diffuso allinterno di tutte le procure dItalia presso ogni sede di Corte dappello, garantendo così la presenza di una magistratura specializzata su tutto il territorio nazionale. Parallelamente lo stesso anno è stata creata la Direzione Investigativa Antimafia (DIA) con lo specifico compito di svolgere indagini esclusivamente sulla criminalità organizzata di tipo mafioso. DNA, DDA e DIA si ispirarono ai principi di specializzazione e centralizzazione del vecchio pool antimafia di Palermo, cosicchè, seppur con molte difficoltà, quello di Falcone e Borsellino divenne un modello per tutto il territorio nazionale. ◆ Antimafia sociale Questa ha avuto diversi volti e fasi. Per esempio nel secondo dopoguerra esisteva in Sicilia unantimafia sindacale che lottava per i diritti dei contadini contro i mafiosi latifondisti: questa fase sfociò nella strage di Portella della Ginestra e nellassassinio in quel periodo di numerosi attivisti, sindacalisti e contadini che si opponevano a quel sistema Un altro esempio è quello di Peppino Impastato, protagonosta negli anni 60 e 70 con l’esperienza di Radio aut di unantimafia integrata, ricca di implicazioni sociali, politiche e culturali. Successivamente furono soprattutto i momenti di grande emozione collettiva a creare le premesse per la nascita di un movimento antimafia di massa, come per lassassino di Pio La Torre al cui funerale civile parteciparono circa 100.000 persone confluite anche dal movimento pacifista impegnato contro linstallazione dei missili Cruise a Comiso. Il fenomeno assunse dimensioni nazionali dopo il delitto Dalla Chiesa dello stesso anno: sono gli anni del fiorire dellassociazionismo antimafia: dalle associazioni intitolate alla memoria delle vittime di mafia (Centro Impasato, Terranova, Costa) allAssociazione donne siciliane per la lotta contro la mafia, alla Lega contro la droga, fino ai vari comitati antimafia. Intanto muove i primi passi anche il movimento antiracket dopo lassassinio nel 1991 dellimprenditore Libero Grassi che aveva denunciato pubblicamente alla Tv i propri estorsori e da cui trarrà ispirazione il movimento dei ragazzi di Addio pizzo. Con la strage di Capaci del 1992 si realizzarono le condizioni per una nuova mobilitazione di massa che ebbe il suo culmine con la convenzione nazionaledelle associazioni antimafia e lo sciopero generale indetto dai sindacati con una manifestazione nazionale a Palermo. Nascono intanto nuove associazioni, fra le quali spicca il Comitato dei lenzuoli. Tutto questo sembrò indicare una nuova primavera palermitana, nata sullonda delle stragi di Capaci e via DAmelio e non solo stanca delluso della violenza ma anche intrisa di una nuova mentalità siciliana lontana dalle logiche mafiose. Purtroppo la straordinaria mobilitazione è scemata con il tempo e, insieme alla consapevolezza dei limiti imposti dalle ondate di emotività momentania, si è fatta largo lesigenza di strutturare un lavoro continuativo e sistematico su tutto il territorio nazionale. Questa fu la base per la nascita di Libera - associazioni, nomi e numeri contro le mafie, unassociazione di associazioni che in pochi anni ha raggruppato circa un migliaio di realtà, tra locali e nazionali, operando su varie campagne e settori antimafia: dalleducazione alla legalità alla confisca dei beni, dagli appalti alle droghe, dal sostegno alla magistratura alle azioni di denuncia. Fondamentale fu il ruolo di Libera nella presentazione e nella conseguente approvazione parlamentare del testo di legge di iniziativa popolare sul riutilizzo a fini socialmente utili dei beni confiscati ai mafiosi, la cui raccolta di firme (circa un milione) è stata promossa appunto da Libera. Ne è seguito il fiorire di iniziative come la formazione di cooperative giovanili per luso produttivo dei beni confiscati, come ad esempio la cooperativa Placido Rizzotto – Libera Terra. La natura emergenziale della legislazione antimafia Col termine legislazione antimafia si fa riferimento allinsieme, piuttosto disorganico, di tutte le disposizioni legislative in materia di lotta alla mafia. Si tratta quindi di una politica legislativa emergenziale, perlopiù dovuta a gravi fatti di sangue, non frutto di uno studio organico e strutturato. Ad esempio la legge istitutiva della Commissione parlamentare antimafia del 1963 fu la risposta dello Stato allemozione colletiva provocata dalla strage di Ciaculli in cui unautobomba uccise sette carabinieri. La stessa legge Rognoni-La Torre, che inserisce lart. 416 bis nel codice penale, vale a dire unincriminazione ad hoc per il solo fatto di appartenere ad una associazione mafiosa, viene approvata soltanto nel 1982 in seguito allemozione provocata dallomicidio del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa. Larticolo in questione è funzionale a sopperire allineguatezza dellarticolo 416 che puniva la semplice associazione per delinquere. Secondo un orientamento ormai consolidato, si considera oramai partecipe dellassociazione mafiosa chi pone in essere comportamenti idonei a rafforzare lassociazione, anche solo attraverso il semplice inserimento organico nel tessuto di relazioni del sodalizio. Oltre al reato di associazione mafiosa è ormai consolidata la figura contigua di concorso esterno in associazione mafiosa che ricorre nel momento che un soggetto, sebbene estraneo alla strutura associativa dellassociazione, contribuisca in modo significativo al rafforzamento del sodalizio. Il concorrente esterno, a differenza dell’affiliato, che una volta dentro a Cosa nostra è spogliato della propria identità e vi rimane fino alla morte, non è sottoposto ad alcuna soggezione gerarchica né aderisce allo statuto formale dellassociazione. In questo modo mentre il cosiddetto uomo donore mette a disposizione dellorganizzazione la propria vita e la propria persona, il concorrente esterno mette invece a disposizione il proprio personaggio pubblico, la propria influenza, il proprio ruolo sociale. Si comprende quindi come la figura delineata sia particolarmente idonea a sanzionare le varie forme di condotte collusive che si manifestano nei rapporti mafia -politica e mafia-economia. Altra figura è quella del favoreggiamento, per la quale il soggetto in questione non solo rimane estraneo allassociazione, ma realizza la propria condotta in favore del singolo associato e non dellorganizzazione nella sua interezza. Le uniche innovazioni allimpianto del 416 bis si registrano nellemergenza del periodo post-stragi quando viene approvata la legge 356 del 1992 che introduce nel codice penale lart. 11 ter che modifica appunto il 416 bis punendo i patti elettorali fra politici e mafiosi fondati sullo scambio denaro-voti. Tuttavia nella prassi questarticolo incontra difficoltà in quanto quasi mai la contropartita offerta dai politici consiste nellerogazione diretta di denaro, quantpo piuttosto nella promessa di favoritismi. La natura emergenziale della legislazione antimafia si evince dalle stesse norme approvate dopo lomicidio nel 1990 del giudice ragazzino Rosario Livatino. Vengono infatti approvate una serie di norme ispirate dallesperienza e dal lavoro di Giovanni Falcone nominato allepoca Direttore generale degli Affari Penali al Ministero della Giustizia: dalla normativa antiriciclaggio, a unaggravante per i reati finalizzati ad agevolare le associazioni mafiose, a condizioni premiali per i collaboratori di giustizia, nonchè altre misure per rendere più trasparente lattività degli organi politico-amministrativi. Nel 1991 viene ucciso a Palermo limprenditore Libero Grassi che aveva denunciato pubblicamente in televisione i propri estorsori. In seguito alla sua morte vennero approvati importanti provvedimenti: il decreto che istituisce la irezione Investigatica Antimafia; la legge che interviene nello specifico per colpire il racket del pizzo istituendo un fondo per le vittime dello stesso. Nel 1992, in seguito alla strage di Capaci dove morirono Falcone, la moglie e gli uomini della scorta venne approvato un decreto - poi convertito in legge contenente norme ancora più rigorose in seguito alla strage di via DAmelio dove morì Borsellino e gli uomini della scorta - che inserisce norme innovative come lart. 41 bis che introduce il cosiddetto carcere duro per i mafiosi, ossia un regime penitenziario differenziato rispetto a quello dei detenuti comuni, o come altre disposizioni che prevedono benefici.
Posted on: Sat, 19 Oct 2013 19:53:59 +0000

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