Capitolo II, parte 1 (pubblicato sulla rivista Liburni, Centro - TopicsExpress



          

Capitolo II, parte 1 (pubblicato sulla rivista Liburni, Centro tipografico Livornese, giugno 2013) “João, fratello nostro carissimo.” Così iniziò il Maestro portoghese Gualdim Pais nell’atto di accusa contro uno dei più forti e coraggiosi cavalieri templari mai esistiti. Sin dalla nascita dell’Ordine, a memoria dei confratelli, erano esistiti pochi abili come João nel maneggiare la spada, nel condurre un combattimento e, allo stesso tempo, così religiosi e colti nella Sacra Scrittura. “Qui vi si accusa di un delitto gravissimo, João, vi si accusa dell’uccisione di un membro dell’Ordine! Vi rendete conto di questo?” “Come disse Nostro Signore dinanzi a Pilato: «Voi lo dite».” João rispose tenendo puntati gli occhi su Gualdim. Da quegli occhi azzurri e limpidi traspariva tutta la sua onestà, tutta la sua forza spirituale. “Ebbene, che avete da dire? Lo sapete che ciò potrebbe costarvi l’abito? Uccidere un cristiano è un atto gravissimo, in particolar modo un confratello dell’Ordine del Tempio!” Il Maestro strabuzzò gli occhi, sembrava esser uscito di senno. Ma poi si ricompose e, sedutosi sul suo enorme scranno di legno, iniziò a lisciarsi la barba brizzolata, lunga fino al pomo d’Adamo. João continuava a fissarlo, imperterrito. Il processo aveva luogo durante il capitolo domenicale, nel primo complesso di quella che sarebbe divenuta la fortezza di Tomar. La struttura, ancora contornata da impalcature sulle quali lavoravano falegnami e maestri della pietra, sorgeva su un terreno a nord del Rio Tejo, donato l’anno prima dal re portoghese, in cui erano compresi altri castelli già esistenti come quello di Ceras. I Templari fornivano un ottimo aiuto all’esercito portoghese nell’opera di «reconquista» del paese dagli infedeli. Le truppe musulmane erano giunte dall’Africa settentrionale cinque secoli prima, invadendo la penisola iberica e distruggendo quel che rimaneva del regno visigoto. Da allora tutto il territorio fu diviso in piccoli regni autonomi. A João era stato imposto, insieme ad altri, di rientrare dalla Terra Santa per portare aiuto nell’opera di difesa contro i musulmani. “So che c’è anche un’arma che vi accusa, il pugnale che è stato trovato infilzato nel petto del confratello Gerolamo. Dov’è? Fatemelo vedere!” “É questo, Maestro!” Jocelyn, un templare sui quarant’anni inviato in visita dal Gran Maestro dell’Ordine templare, saputo dell’omicidio aveva compiuto delle indagini e raccolto l’arma del delitto, e ora la presentava al Maestro portoghese su di un cuscino di porpora, ancora sporco del sangue dell’assassinato. “Uhm… Dunque è questa… João, è vostra quest’arma?” João non rispose, ma rimase immobile, anche se una goccia di sudore gli colava dalla fronte, solcandogli la guancia sinistra. “Vi era forse stata rubata, o sottratta con la forza, o l’avevate perduta in combattimento? Che avete da dire?” “No - rispose secco - non l’ho persa lottando. É sempre stata con me fino a…” “Fino alla sera dell’assassinio! Non è vero?” Jocelyn finì la frase al posto suo. Ma Gualdim lo zittì con un gesto. “Ebbene sì, ricordo di essermi coricato e di aver deposto il pugnale nel fodero. E non so spiegare come…” “João è innocente!” Henrique, un vecchio amico di João, intervenne per difendere João. I due si erano conosciuti nel corso dell’ultima crociata, durante uno scontro con gli infedeli, in cui Henrique era rimasto ferito gravemente ed era stato soccorso da João stesso. “Non avrebbe mai potuto commettere un crimine così spietato!” Henrique era sicuro di quel che diceva, e non ci aveva pensato certo due volte ad indicare tutti i fratelli che assistevano al processo, seduti dietro i due lunghi tavoli che percorrevano la sala, uno a destra e l’altro a sinistra dell’accusato. “Avete sempre ammirato João per la sua fedeltà all’Ordine – continuò l’amico - per la sua audacia in combattimento, per il suo rigore nella preghiera, e adesso? Non dite niente in sua difesa? Mormoravate addirittura che, un giorno, con la Grazia di Dio, sarebbe stato il nuovo Gran Maestro dell’Ordine!” Gualdim ebbe un sussulto, e così Jocelyn. I cavalieri templari iniziarono tutti a mormorare e a confabulare tra loro. Nessuno aveva il coraggio d’intervenire per non irritare il Maestro. Nel frattempo João aveva abbassato lo sguardo, e fissava un punto imprecisato del pavimento. Sapeva che stavano tentando d’incastrarlo. Mentre si decideva del suo destino, pensava al giorno in cui aveva abbandonato tutto per giungere in Terra Santa e combattere contro gli infedeli, per visitare e liberare i luoghi della fede cristiana. Pensava a quando vide, per la prima volta, combattere un cavaliere templare, e di quanto ne fosse rimasto affascinato; fino a quel momento aveva soltanto ascoltato i discorsi di alcuni viandanti che parlavano di valorosi guerrieri con le croci sul petto, ma non ne aveva mai visto uno. Si era sentito come attratto da quella figura imponente, leggendaria, forte, e aveva deciso di diventare uno di loro. Mentre si perdeva nei ricordi, nella stanza risuonavano le grida di Henrique e degli altri suoi sostenitori, uomini valorosi con cui aveva potuto condividere i momenti di preghiera e gli attimi concitati delle battaglie, ma al contempo sentiva anche le voci di coloro che lo invidiavano e che avrebbero fatto di tutto per screditarlo e metterlo in difficoltà. “Cari fratelli! In nome di Dio! Non è assolutamente concepibile un tale comportamento! Noi vogliamo scoprire la verità!” Gualdim mal tollerava che la quiete venisse sconvolta, anche perché tutte le discussioni davano motivo di pensare quanto João avesse importanza all’interno dell’Ordine. “João – disse con tono fermo – perché l’avete fatto? Il pugnale è indubbiamente il vostro, quello dato in dotazione con l’abito al momento della vostra investitura, voi stesso l’avete riconosciuto, e non avete offerto una plausibile spiegazione per discolparvi. Inoltre, qui molti vi difendono, ma molti altri vi accusano! Possibile che non abbiate niente da dire?” João continuava a mantenere il silenzio. Sapeva benissimo che tutte le prove erano contro di lui, e che ogni sua parola avrebbe potuto dare adito ad ulteriori polemiche; e non voleva gettare scompiglio tra i suoi fratelli, che pur amava e stimava, nonostante fossero in molti ad accusarlo dell’omicidio. Henrique, in cuor suo, sperava profondamente che il Maestro prendesse una decisione giusta, che trovasse cioè una soluzione tale da tener conto della condotta ineccepibile di João in tutti quegli anni di servizio. “Fratelli! Voi sapete che João ha combattuto molte battaglie, insieme a molti di noi - urlò Jocelyn – ma è inammissibile che, nonostante lo si accusi e gli si pongano davanti le prove della sua colpa, egli non si difenda!” Nella sala calò il silenzio. Jocelyn continuò. “Quale uomo, anche se colpevole, non tenterebbe una reazione di fronte ad una situazione di questo genere? In realtà sappiamo tutti che entrambi, l’assassino e l’assassinato, avevano continui screzi! Ho compiuto delle indagini, durante la mia visita, e so bene che per più di una volta li avete separati, prima che combattessero tra loro! Non è vero? Chi dice il contrario si ricordi che mente di fronte a Dio!” A quel punto molti annuirono. “É vero - Henrique intervenne nuovamente in difesa dell’amico - ma voi tutti sapete bene com’era Gerolamo, cioè violento, forse più del dovuto, spesso troppo scherzoso, e grezzo nel comportamento, più di quanto si possa perdonare non ad un Cavaliere del Tempio, ma anche ad un uomo qualsiasi! Io stesso in Terra Santa, durante uno dei numerosi combattimenti sostenuti, ho visto João, con fratello Alfonso seduto qui accanto a me, frenare la mano di Gerolamo che, pur di spargere sangue, avrebbe ucciso pure una famiglia di ebrei dichiarandola infedele!” “É vero! É tutto vero!” Urlò, alzandosi in piedi, Alfonso, che fino a quel momento aveva taciuto. Henrique continuò. “E sappiamo tutti cosa spingeva Gerolamo a comportarsi così, la ricchezza! Ma non quella dell’anima, che noi tutti cerchiamo, ma quella data dalle monete d’oro, dagli scrigni ricolmi di gioielli, dalle stoffe preziose! Non è vero, fratelli? E non è vero forse che beveva più di quanto gli fosse consentito?” “Queste sono calunnie – rispose prontamente Jocelyn – gli ebrei potevano essere stati scambiati per infedeli, perché capita che si mescolino a loro! Non si può accusare un fratello morto di certe cose soltanto per salvarne uno, che peraltro è un assassino! E senza contare le altre faccende di cui si mormora contro di lui!” “Che cosa state dicendo? Di quali faccende parlate?” Henrique era furibondo. Jocelyn ammiccò un sorrisetto malizioso, e tra i templari presenti ci fu un gran mormorare. Alcuni dissero addirittura che il fratello ucciso avesse scoperto João a rubare cavalli, altri che avesse coperto l’omicidio di altri cristiani, e c’era chi non tralasciava di accusarlo addirittura di sodomia. Henrique non sapeva più che fare. Guardava João ma la sua mente era rivolta a Dio, perché la giustizia trionfasse. João era rimasto immobile, sempre assorto nei suoi ricordi, nei suoi pensieri profondi. Ma Henrique, pur distante da lui, notò che una lacrima gli stava cadendo lentamente dall’occhio sinistro, e gli attraversava lo zigomo per poi perdersi sul candido abito che indossava. Tuttavia Gualdim, vedendo che lo scompiglio continuava ad aumentare, decise di vagliare attentamente la situazione e, nel frattempo, d’imprigionare João. “E adesso? Che ne sarà di lui?” Sussurrò Alfonso a Henrique in un orecchio. “Non lo so… Ma non ho intenzione di stare a guardare. Lui è stato scelto, e per questo tentano di eliminarlo. Se non interveniamo, stanotte potrebbero ucciderlo!” Rispose con piglio deciso, e se ne andò, mentre altri fratelli portavano via João per rinchiuderlo in una cella in attesa di nuove direttive.
Posted on: Sun, 11 Aug 2013 19:30:23 +0000

Trending Topics



Recently Viewed Topics



285

© 2015