Come in Le Carré oggi dire la verità porta in prigione La spia - TopicsExpress



          

Come in Le Carré oggi dire la verità porta in prigione La spia che venne dal freddo: un libro politico necessario per il nostro tempo FEDERICO VARESE Tutti gli anni andiamo in vacanza in un piccolo villaggio della Cornovaglia: una Chiesa, qualche negozio di chincaglierie, un gastro-pub e un bar. Dalla strada principale, una scala di cemento permette di raggiungere una spiaggia quasi sempre deserta e battuta dal vento. I pochi coraggiosi che si avventurano in acqua indossano una muta da sub. Noi ci accontentiamo di correre spensierati sulla sabbia immacolata, in attesa che la marea si ritiri e ci premetta di raggiungere la seconda ansa della costa. «Noi» è un gruppo umano disparato, una nonna siberiana, due bambini anglo-americani ed una madre russa, con una valigia piena di libri. Quest’anno mia moglie Galina ha letto, con le lacrime agli occhi, La ragione per cui salto, scritto da un ragazzo giapponese di tredici anni, Naoki Higashida, il quale è riuscito ad uscire dalla gabbia dell’autismo e a raccontare la sua vita interiore. Il libro ci è stato consigliato da una famiglia di amici che vive qui vicino, in una grande casa che sorge alla fine del mondo. Io ho riletto La spia che venne dal freddo, di John Le Carré. È difficile dire perché ho ripreso in mano, per la terza volta, questo classico della letteratura inglese. Forse perché associo la Cornovaglia a Le Carré, che vive qui da trent’anni, forse perché è un libro che crea una dipendenza di lungo periodo, incurabile. La storia è complessa: Alex Leamas finge di essere stato licenziato in malo modo dal Circo spionistico di Sua Maestà, con lo scopo di farsi reclutare dai servizi della Germania Democratica e screditare il loro agente, l’atletico e algido Hans-Dieter Mundt, «un uomo privo di fantasia e di ironia». Per rendere la sua trasformazione credibile, Leamas beve come una spugna, viene alle mani con un bottegaio e finisce in galera. Durante la sua discesa agli inferi, si innamora, ricambiato, di una giovane inconsapevole bibliotecaria comunista, Liz Gold. Dopo essere stato reclutato e portato oltre cortina, Leamas si ritrova insieme a Liz in un tribunale segreto della Ddr. Qui Alex viene smascherato come una spia del governo inglese e Liz accusata di essere sua complice. Il castello di accuse contro Mundt crolla. Il vice di Mundt, Fiedler, che aveva creduto a Leamas, viene screditato e condannato a morte. Il colpo di scena avviene nelle ultime pagine del romanzo: Leamas capisce di essere stato tradito dai suoi superiori per salvare Mundt, il quale lavora per i servizi inglesi. Sia Leamas che Liz e Fiedler vengono sacrificati in questo piano ingegnoso. Chi legge il romanzo per la terza volta conosce alla perfezione Alex Leamas, «un uomo non alto, con i capelli grigio-ferro, e il corpo da nuotatore», ed è libero di concentrarsi sulle vere vittime della storia: Fiedler e Liz. Mentre Mundt passa senza soluzione di continuità da essere un gerarca della Germania nazista ad uno della Ddr, il suo vice, Fiedler, torna dal Canada perché crede nella Causa. Ma Fiedler, che sostiene l’accusa contro Mundt, non è l’equivalente tedesco dei procuratori staliniani nei processi-farsa del periodo 1936-38. Fiedler continua a provare compassione per i propri simili. In quel tribunale segreto, nella veste di inquisitore, si rende conto dell’innocenza di Liz e implora la Presidente di lasciarla andare. «Fiedler sembrò svegliarsi dal letargo in cui era caduto ... I suoi profondi occhi marrone si fermarono per un attimo su di lei, accennò un sorriso appena percettibile, come se avesse riconosciuto la sua razza ... “Non sa nulla, lasciatela andare”, disse la sua voce stanca». Fiedler riconosce in Liz un suo simile, due esseri umani rinchiusi nella gabbia della ragion di stato e di partito che hanno il coraggio di guardare in faccia il potere, e dire la verità. Quando Fiedler suggerisce di liberare Liz, la Presidente del Tribunale replica: «Ma si rende conto di cosa suggerisce?». Liberare un innocente è inconcepibile. Sia Liz che Fiedler sono, oltre che comunisti, ebrei. Ne La spia, le vittime per antonomasia della follia nazista continuano ad essere sacrificate in nome di strategie astratte. Come gli alleati si rifiutarono di bombardare la linea ferroviaria che conduceva ad Auschwitz-Birkenau, così oggi proteggono il nazista Mundt, sembra volerci dire Le Carré. Vi sono mille ragioni per le quali La Spia continua ad essere un libro politico necessario per il nostro tempo. Anche oggi gli ideali della democrazia vengono compromessi da chi dovrebbe difenderli, e gli innocenti vengono incarcerati per aver detto la verità, a Mosca come a Washington. Vi è anche una ragione più personale per la quale, anno dopo anno, torno a leggere John Le Carré. Quella casa che sorge alla fine del mondo, a Land’s End, è la dimora dei coniugi Cornwell, il vero nome dello scrittore inglese, col quale collaboro dal 1996. Tutti gli anni torniamo qui per molte ore ospiti della coppia signorile che accoglie il nostro improbabile gruppo umano con l’affetto che si riserva alla propria famiglia. Mentre guardo nostro figlio che, con lo stesso ritmo di Naoki Higashida, salta di gioia nel giardino di quella dimora alla fine del mondo, mi sembra di vedere lui, Fiedler e Liz uscire dalle loro diversissime gabbie e, solo per un attimo, ritrovare la libertà.
Posted on: Sat, 17 Aug 2013 11:37:38 +0000

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