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DA FISCAL FOCUS a cura di Antonio Gigliotti Cari amici e colleghi, ci siamo! Quanto avevamo tristemente presagito nei giorni scorsi, si sta concretizzando. Ad oggi, con la conversione in legge del decreto varato durante il Cdm del 28 agosto, l’unica cosa certa è la soppressione della prima rata Imu. Tutto il resto è ancora incerto, poiché a mancare non è tanto la volontà, quanto la possibilità di reperire le risorse di copertura. Il decreto, redatto come ‘contentino’ a una parte della maggioranza, appare ora in tutte le sue debolezze. Innanzitutto, c’è da dire che il testo convertito in legge non è lo stesso che era stato approvato dal Consiglio dei ministri. A sparire sono stati almeno due fondamentali elementi. Il primo riguarda le imprese; in sostanza il decreto ha perso per strada la possibilità che veniva riconosciuta alle aziende di abbattere l’imponibile con il 50% del gettito Imu versato allo Stato. Il secondo punto, vittima di un ben orchestrato gioco di prestigio, riguarda l’imposizione sugli immobili sfitti; potrebbe essere un fatto positivo, ma senza la reintroduzione del 50% sulle rendite degli immobili non locati viene meno un’ingente entrata erariale. E detto quel che non c’è, passiamo a quello che invece c’è, in questo decreto dell’ultima ora. Sto parlando della ‘clausola di salvaguardia’. In cosa consiste? Dunque, consideriamo che l’obiettivo postosi dal governo con questo decreto è quello di raggiungere un maggior gettito pari a un miliardo e mezzo di euro. Ora, nel caso in cui per il raggiungimento di un simile traguardo non dovessero essere sufficienti né l’extragettito Iva né la sanatoria del contenzioso sulle slot machine, allora saranno le aziende a pagare. Come? Ebbene, la proposta è quella di aumentare gli acconti ai fini Ires e Irap, oltreché la maggiorazione delle accise. E non è finita qui! Infatti, oltre a questi possibili rincari (perché è più che certo che le coperture non ci sono), le imprese dovranno fare i conti, a dicembre, con la Tares che si presenterà accompagnata da aumenti di spessore. Basterebbe quanto fin qui illustrato per giustificare la mia palese perplessità nei confronti di un decreto che, in tutta sincerità, non porta alcuna soluzione utile ad arginare le ferite del Paese. Non leggo, nel testo, quelle spinte alla crescita, quegli incentivi all’imprenditorialità e quelle buone speranze di sgravio fiscale che auspicavamo. Ciò che vedo sono solo soldi che, ancora una volta, saremo costretti a devolvere all’erario. Ad esempio, solo per l’anno in corso gli oneri raggiungono l’esorbitante cifra di 2,93 miliardi di euro. Stiamo parlando di soldi che arriveranno dai tagli lineari (300 milioni), da contrazioni di altre voci di spesa (675,8 milioni), dal Fondo per l’occupazione (250 milioni) e da un trasferimento al MEF da parte della Cassa conguaglio del settore elettrico (300 milioni). Tutto ciò si traduce in ulteriori esborsi, soprattutto a carico delle imprese, che in una manciata di settimane dovranno fare i conti anche con gli anticipi tributari. Senza dimenticare poi gli oneri che attendono i comuni contribuenti, mascherati da aumenti alla benzina, alle sigarette e all’alcol. Come dire che non potremo permetterci neppure cinque minuti di svago! Tuttavia neanche l’unica decisione alla quale si è addivenuti, ossia la cancellazione della prima rata Imu sulla prima casa, può farci fare di salti di gioia. E già, perché a coprire le risorse necessarie saranno le polizze vita. È il testo convertito in legge a dirlo! Nello specifico, il tetto massimo di detraibilità IRPEF delle polizze vita e infortuni stipulate o rinnovate dopo il 2000 scenderà a 630 euro dagli attuali 1.291,14 euro per il periodo d’imposta in corso alla data del 31 dicembre 2013; mentre a decorrere dal periodo d’imposta 2014 verrà ulteriormente ridotto a 230 euro. L’intervento dovrebbe far confluire nelle casse statali ben 458 milioni nel 2014, 661 nel 2015 e 490 a decorrere dal 2016, considerando che hanno sottoscritto una polizza vita all’incirca sei milioni di italiani! Ad intervenire, per ora, sono state solo le associazioni dei consumatori che hanno indicato la decisione governativa alla stregua di un ‘furto fiscale’, soprattutto per quel che concerne la retroattività della norma che dimezza le detrazioni dei premi sulle polizze vita. Secondo Federconsumatori e Adusbef, questa norma sarebbe una chiara violazione del Codice del Contribuente, che sancisce che le norme fiscali abbiano validità solo per il futuro. Ecco, ormai è chiaro quanto sia sbagliato questo decreto. Un testo vuoto, che non decide niente e non agisce in favore della ripresa. Il governo ha agito solo per sopravvivere sulle macerie di un Paese che sta spremendo così tanto finché non ci sarà più niente da prendere. Poi magari qualcuno spiegherà ‘cosa sarebbe stato opportuno fare’. Ma ora che c’è da fare, però, stanno tutti zitti e battono le mani a un decreto che sta affossando ancora di più (se possibile!) il nostro sistema economico e produttivo, penalizzando le imprese e i contribuenti. Si consideri, infatti, che se non riusciranno a evitare l’aumento Iva dal 21% al 22%, a pagarne le spese saranno i consumi. Ancora una volta le associazioni dei consumatori hanno lanciato l’allarme. Proprio ieri Federconsumatori e Adsbef calcolavano le ricadute di questo aumento in 207 euro annui a famiglia (tra costi di trasporto, spese energetiche e beni di prima necessità). A questo punto, non sarebbe stato meglio evitare il clima di emergenza e riflettere col tempo sulle possibili soluzioni? E mentre il quesito attende risposta, l’Italia si ripiega sulle proprie tasse la cui incidenza è l’unica percentuale in aumento nel nostro Paese (a parte la disoccupazione)! Autore: Redazione Fiscal Focus
Posted on: Tue, 03 Sep 2013 08:37:01 +0000

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