#DEGRADO, #CRIMINALITA’ , RUOLO DELLE #ISTITUZIONI E - TopicsExpress



          

#DEGRADO, #CRIMINALITA’ , RUOLO DELLE #ISTITUZIONI E #CITTADINI Su iniziativa di alcuni giovani è nato il COMITATO “S.O.S. MESTRE che tutti possono trovare su Facebook. Con piacere prendo atto che la STAMPA esalta l’iniziativa e ne documenta la positività. Non so se si possa considerare questo nuovo approccio come un “cambio di passo” rispetto al tema del degrado e della lotta alla criminalità, anche spicciola, ma di certo è un segnale MOLTO , MOLTO INCORAGGIANTE E CHE VA SOSTENUTO DA TUTTI, anzi mi permetto di dire che DOVREMMO CLONARLO IN OGNI NOSTRA CITTA’ E PAESE perché degrado è microcriminalità sono oramai generalizzate ovunque a causa di un vergognoso lassismo delle istituzioni. Quindi ben venga l’azione di questi CITTADINI, DI QUESTI GIOVANI che mi auguro sveglino dal torpore coloro che per primi dovrebbero garantire sicurezza, civiltà, decoro ecc e che mi auguro da DOMANI SI METTANO AL LORO FIANCO PER SOSTENERLI E FARE SI CHE QUESTA INIZIATIVA DIVENTI UN NUOVO APPROCCIO INTEGRATO CITTADINI – ISTITUZIONI PER IL GOVERNO E LA GESTIONE DELLE CITTA’ Per molti anni ho denunciato i pericoli derivanti dall’indifferenza, dal buonismo, da un approccio giustificazionista di ogni comportamento illegale, di violazioni non solo delle leggi ma anche di quel rispetto della cosa pubblica che dovrebbe essere impartito e trasmesso dalle famiglie, dalla scuola, dalle istituzioni, in quanto proprie di una società che si definisce CIVILE ma troppo spesso non lo è né dal punto di vista formale né sostanziale. Come amministratore ho toccato con mano le conseguenze della “disattenzione” dei cittadini e la trascuratezza e insensibilità di molti amministratori rispetto ad episodi che sono stati sottovalutati e trascurati mentre dovevano essere colti come campanelli di un “allarme” sociale COME RIFERIMENTO E PORTARE AD APPLICARE POLITICHE DI LOTTA DETERMINATE, SENZA TENTENNAMENTI. Molte volte ho richiamato a tal proposito l’importanza di tenere conto di esperienze precedenti portate avanti con successo, come quella della TEORIA DELLE FINESTRE ROTTE. Una teoria che mi permetto di esporre portando anche un ESEMPIO CONCRETO. Leggete e chiedeteVi se gli episodi riportati non sono identici a quelli che quotidianamente riscontriamo anche nel nostro territorio. La teoria delle “finestre rotte” è ’ una teoria epidemica della criminalità che afferma che la criminalità è un fenomeno contagioso, come è contagiosa una tendenza della moda, che può iniziare con una finestra rotta e diffondersi a un’intera comunità. L’impulso ad assumere un determinato comportamento – positivo o negativo – non parte da un particolare tipo di persona, ma da una caratteristica dell’ambiente circostante. La “teoria delle finestre rotte” è il frutto dell’ingegno dei criminologi James Q. Wilson e George Kelling. I due sostenevano che la criminalità è l’inevitabile risultato del disordine: A metà degli anni Ottanta, l’azienda dei trasporti di New York chiese l’intervento di Kelling in qualità di consulente; egli invitò l’azienda a mettere in pratica la teoria delle finestre rotte ed essa acconsentì, affidando la nuova direzione del servizio di metropolitana a David Gunn. Molti sostenitori del progetto, al tempo, dissero a Gunn di non preoccuparsi dei graffiti e di concentrarsi piuttosto su questioni criminali più gravi, oltre che sull’affidabilità della rete: un consiglio che sembrava ragionevole. Preoccuparsi dei graffiti in un momento in cui l’intero sistema era prossimo al collasso poteva sembrare inutile come spazzare i ponti del Titanic mentre puntava dritto verso l’iceberg. Ma Gunn insistette. “I graffiti simboleggiavano il collasso del sistema” afferma. “Se ti fermavi a osservare il processo di ricostruzione dell’organizzazione e della morale, ti accorgevi che bisognava vincere la battaglia contro i graffiti. Senza quella vittoria, tutte le riforme ai vertici del sistema e i cambiamenti concreti non si sarebbero verificati. Stavamo per mandare in giro nuovi treni il cui valore si aggirava sui dieci milioni di dollari l’uno e se non avessimo fatto qualcosa per salvaguardarli, sapevamo che bisognava DARE IL BUON ESEMPIO, DIFFONDERE CIVILTA’, RISPETTARE LE REGOLE Se una finestra è rotta e non viene riparata, chi vi passa davanti concluderà che nessuno se ne preoccupa e che nessuno ha la responsabilità di provvedere. Ben presto ne verranno rotte molte altre e la sensazione di anarchia si diffonderà da quell’edificio alla via su cui si affaccia, dando il segnale che tutto è possibile. In una città, problemi di minore importanza, come i graffiti, il disordine pubblico, la mendicità aggressiva, l’incuria, la sporcizia, sono l’equivalente delle finestre rotte, ossia inviti a crimini più gravi: “Rapinatori e ladri, sia occasionali sia di professione, sanno che le possibilità di essere catturati, o persino identificati, si riducono se agiscono in strade in cui le vittime potenziali sono già intimidite dalle condizioni dominanti. esattamente ciò che sarebbe accaduto: sarebbero durati un giorno, dopodiché sarebbero caduti vittima del vandalismo.” Gunn fissò una serie precisa di obiettivi e una tempistica allo scopo di ripulire tutta la metropolitana, treno per treno e si buttò a sperimentare le nuove tecniche di ripulitura della vernice. Gunn impose la regola ferrea che non ci sarebbe stato alcun passo indietro e che non si sarebbe mai più permesso che una vettura, una volta “recuperata”, subisse nuovamente atti vandalici. “Fummo intransigenti a quel proposito” dove i treni si fermano prima di riprendere la corsa in senso inverso e ritornare a Manhattan, installò una stazione di ripulitura. Se una vettura tornava con nuovi graffiti, questi dovevano essere rimossi durante il turno di sosta, oppure il convoglio veniva escluso dal servizio. Le vetture “sporche”, che non erano ancora state ripulite dai graffiti, non dovevano mai viaggiare insieme a quelle “pulite”. L’idea era quella di lanciare un messaggio che risultasse privo di qualunque ambiguità anche agli occhi degli stessi vandali. L’operazione di ripulitura di Gunn durò dal 1984 al 1990. a quel punto, l’autorità dei trasporti chiamò William Bratton a dirigere la polizia della metropolitana ed ebbe inizio la seconda fase del recupero. Il suo primo atto in qualità di capo della polizia della metropolitana, a prima vista, era tanto donchisottesco quanto quello di Gunn. Mentre gli atti di criminalità grave sulla metropolitana restavano a un livello elevato, Bratton decise di dare un giro di vite alla questione dei biglietti non pagati. La ragione, credeva che, come i graffiti, il non pagare i biglietti fosse un segnale, una lieve espressione di disordine che invitava a commettere crimini ben più gravi. Si stimava che 170.000 persone al giorno entrassero nella rete della metropolitana, in un modo o nell’altro, senza pagare. Alcuni erano ragazzini che saltavano semplicemente i cancelli automatici; altri li forzavano e, una volta che due o tre persone iniziavano a imbrogliare l’azienda, altre, che diversamente non avrebbero mai considerato l’ipotesi di eludere la legge, si univano a loro, argomentando che, se c’erano individui che non pagavano, nemmeno loro erano tenuti a farlo, e così si arrivava all’effetto valanga. Il problema era reso più grave dal fatto che si trattava di un fenomeno difficile da combattere. Dal momento che si trattava solo di un dollaro e venticinque, la polizia della metropolitana riteneva che non valesse la pena perdere tempo a cercare di fermare chi non pagava, soprattutto considerata la quantità enorme di reati molto più seri che si registrava quotidianamente lungo i binari e sui treni. Bratton per prima cosa scelse le stazioni dove il fenomeno dei passeggeri abusivi era il problema maggiore e piazzò fino a dieci poliziotti in borghese ai cancelli d’entrata. La squadra arrestava le persone che non pagavano una alla volta, le ammanettava e le lasciava lì in piedi, ammucchiate sul binario, fino a che non aveva “riempito la rete”. L’idea era quella di segnalare, quanto più pubblicamente possibile, che la polizia della metropolitana adesso aveva davvero intenzione di usare le maniere forti con quelli che non pagavano il biglietto. Bratton recuperò un autobus e lo trasformò in una stazione mobile di polizia, dotata di fax, telefoni e l’attrezzatura necessaria per rilevare le impronte digitali. In breve, il tempo richiesto per assolvere le formalità dell’arresto venne ridotto a un’ora. Bratton, inoltre, insistette perché venissero effettuati controlli sulle persone arrestate e si scoprì che almeno per un arrestato su sette era stato emesso un mandato di cattura per un reato precedente e che uno su venti aveva con sé un’arma di vario genere. All’improvviso non fu difficile convincere gli agenti che la battaglia contro i viaggiatori abusivi avesse senso. “Per i poliziotti fu una festa” scrive Bratton. “Ogni arresto era come aprire un pacchetto di patatine. Che sorpresa ci troverò? Una pistola? Un coltello? Un mandato di cattura? Un omicida? (...) Dopo qualche tempo, i cattivi misero giudizio, iniziarono a lasciare a case le armi e a pagare il biglietto.” Durante i primi mesi in carica di Bratton, il numero delle espulsioni dalle stazioni della metropolitana (per ubriachezza o per schiamazzi in luogo pubblico) triplicò. Tra il 1990 e il 1994 gli arresti per quel genere di violazioni meno gravi che per lungo tempo erano passate inosservate quintuplicarono. Bratton trasformò la polizia della metropolitana in un’organizzazione focalizzata sulle infrazioni minori, sui dettagli della vita sotterranea. In seguito all’elezione di Rudolph Giuliani a sindaco di New York, nel 1994, Bratton venne nominato capo del Dipartimento di Polizia ed estese l’applicazione delle stesse strategie all’intera città. Diede ordine ai suoi agenti di usare la mano pesante con i reati minori: con i lavavetri che agli incroci si avvicinavano agli automobilisti chiedendo soldi per lavare i parabrezza, per esempio, e con tutti coloro i quali, in superficie, commettevano reati equivalenti a quelli dei graffitisti e di chi non pagava il biglietto. “La precedente amministrazione della polizia aveva avuto le mani legate dalle restrizioni” afferma Bratton. “Noi eliminammo quei limiti. Intensificammo il pugno di ferro della legge contro chi girava ubriaco oppure urinava in luoghi pubblici e arrestammo i trasgressori recidivi, compresi quelli che gettavano le bottiglie vuote sulla strada o erano coinvolti in danni, anche minimi, alle proprietà demaniali (...) Se urinavi per la strada, finivi al fresco.” Quando la criminalità iniziò a diminuire in città, in modo veloce e improvviso come era accaduto per la metropolitana, Bratton e Giuliani indicarono la stessa causa: reati apparentemente insignificanti, sostennero, erano i punti critici della criminalità violenta. Ma che cosa suggeriscono le teorie delle finestre rotte e del potere del contesto? Esattamente l’opposto. Sostengono, infatti, che il criminale, lungi dall’essere qualcuno che agisce secondo ragioni intrinseche profonde e che vive in un mondo tutto suo, sia in realtà una persona particolarmente sensibile all’ambiente in cui si trova, attenta a qualsiasi segnale e indotta a commettere reati basandosi sulla percezione che ha del mondo intorno a sé. Si tratta di un’idea incredibilmente radicale e, per certi versi, inverosimile. Qui, ci spingiamo addirittura oltre, in un’altra dimensione ancora. La teoria del potere del contesto è una tesi ambientale: sostiene che il comportamento sia in funzione del contesto sociale, ma è un genere di ambientalismo davvero strano. Negli anni Sessanta, i liberal sostennero una tesi simile, ma quando parlavano dell’importanza dell’ambiente si riferivano all’importanza dei fattori sociali fondamentali: la criminalità, dicevano, era il risultato dell’ingiustizia sociale, di iniquità economiche strutturali, della disoccupazione, del razzismo, di decenni di negligenza istituzionale e sociale, per cui se si voleva fermare la delinquenza si doveva avere il coraggio di compiere azioni eroiche. La legge del potere del contesto, invece, afferma che ciò che importa veramente sono le piccole cose.... La legge del potere del contesto asserisce che non è necessario risolvere i grandi problemi per sgominare la criminalità. E’ possibile prevenirla semplicemente ripulendo i graffiti e fermando chi non paga il biglietto. La teoria della finestre rotte e quella del potere del contesto sono una cosa sola. Entrambe si fondano sulla premessa che un’epidemia possa essere stroncata intervenendo sui dettagli minori dell’ambiente immediatamente circostante. Anche questa, a pensarci, è un’idea rivoluzionaria.... A New York le istituzioni si sono attivate da sole. Qui da noi nonostante le QUOTIDIANE DENUNCE, non ultima quella che QUANTIFICA in OLTRE 500 i venditori abusivi ( senegalesi e cingalesi ora alleatisi contro il Comune) a Venezia in danno dei nostri commercianti, senza contare i “barbanera” gli accattoni ecc. che oramai hanno stravolto il tessuto e l’immagine di una città tutto VIENE SEMPRE MINIMIZZATO DA PARTE DELLE ISTITUZIONI. NOn cè pericolo, si tratta solo di percezione, e così tutto langue, ogni tanto si avvia qualche azione ma poi tutto torna come prima , se non peggio di prima. Per questo l’esempio dei giovani di “S.O.S. MESTRE” è IMPORTANTE, auguriamoci che le istituzioni, TUTTE, SI METTANO UNA BUONA VOLTA AL LORO FIANCO E CON UN PO DI UMILTA’ VOGLIANO PRENDERE ESEMPIO DA CHI HA GIA’ AFFRONTATO CON SUCCESSO QUESTI PROBLEMI. IO STO CON I GIOVANI DI S.O.S MESTRE mi auguro che TUTTI SOSTENGANO E PROMUOVANO LA LORO AZIONE
Posted on: Sun, 01 Dec 2013 12:19:36 +0000

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