DITO NELL’OCCHIO PELUSOTELECOM-Ministro Cancellieri conflitto - TopicsExpress



          

DITO NELL’OCCHIO PELUSOTELECOM-Ministro Cancellieri conflitto interessi con Telecom „Anno 2003. Il ministero degli Interni firma un accordo con Telecom: 81 milioni di euro per lutilizzo, fino al 31 dicembre 2012, di braccialetti elettronici per sorvegliare i detenuti ai domiciliari.Una cifra enorme. Troppo enorme stando a quanto stabilito dalla Corte dei Conti che ha valutato questa intesa come un enorme spreco di soldi pubblici: Antieconomica e inefficace. 26 Settembre 2012. In Telecom viene assunto come alto dirigente, precisamente a capo del settore Administration, Finance and Control, Piergiorgio Peluso. Curriculum di tutto rispetto, stipendio loro da 600mila euro lanno e il compito, tra le varie cose, di inserire in bilancio anche la voce braccialetti. 16 Novembre 2012. Il nuovo premier, Mario Monti, nomina come ministro degli Interni Annamaria Cancellieri. Tra i vari compiti, il ministro dovrà decidere se rinnovare o meno il costoso accordo. E laccordo con Telecom, dopo poche settimane, viene rinnovato nonostante, come detto, il parere della Corte dei Conti. Una scelta quantomeno strana da parte di un Governo chiamato per far quadrare i conti: 100 milioni di euro in dieci anni, 10 milioni di euro lanno, per uno strumento che consentirà di vigilare qualche decina di detenuto. Una scelta che nasconde, però, lennesimo caso di conflitto di interessi del nostro paese. Perché, come ricostruisce oggi Micromega sul suo sito internet, Annamaria Cancellieri è la madre di Piergiorgio Peluso. Ennesimo intreccio tra spreco di denaro pubblico e parentela commenta Micromega: Meeting ufficiali Telecom-Viminale, in cui si discuterebbe anche di denaro pubblico, che potrebbero assomigliare a cene di famiglia tra madre e figlio. E’ opportuno? la domanda che pone il giornalista indirettamente al Viminale. Non costituisce un conflitto di interessi?“ Potrebbe interessarti:today.it/politica/ministro-cancellieri-conflitto-interessi-telecom.html Seguici su Facebook:facebook/pages/Todayit/335145169857930 Il Movimento 5 Stelle non molla. E chiede di votare la mozione di sfiducia nei confronti del ministro della giustizia anche al Senato. Il capogruppo grillini al Senato, Paola Taverna, ha annunciato: Il 27 si voterà per la decadenza di Berlusconi, il 28 andrebbe già bene per votare la mozione di sfiducia alla Cancellieri. Dobbiamo liberarci di queste persone perché abbiamo questioni ben più importanti da affrontare in Parlamento. La mozione verrà chiesta domani in conferenza dei capigruppo. In realtà, la mozione di sfiducia individuale per il Guardasigilli era stata presentata dai grillini al Senato il 5 novembre scorso, ma la capogruppo non laveva messa all’ordine dei lavori dell’Aula. Cancellieri resta in mezzo al guado tra il Movimento 5 Stelle e l’insofferenza delPartito Democratico. Dopo che la Camera ha respinto la mozione di sfiducia presentata nei confronti del ministro della Giustizia, il M5S ci riprova e in occasione della conferenza dei capigruppo del Senato chiederà la calendarizzazione della sfiducia anche a Palazzo Madama. Il movimento non è l’unica forza politica a scagliarsi contro il Guardasigilli. Matteo Renzi, candidato alla segreteria del Pd, non ha mandato giù la decisione del partito di sostenere il ministro e dopo la blindatura da parte del premier Letta torna all’attacco. “Il nuovo Pd” – quello che, nelle sue speranze, sarà guidato lui – “non difenderà più casi di questo genere”. E su una sua presunta vittoria scontata alle primarie, ha aggiunto: “Tanti dicono che il risultato è già scritto. Ma non è scritto. Dipenderà dai cittadini che voteranno alle primarie per il segretario del Pd; se voteranno il cambiamento, si cambierà davvero, se no si perderà solo tempo”. Alle posizioni del sindaco di Firenze c’è chi guarda con favore anche all’interno del governo. “Matteo Renzi ha interpretato un malessere diffuso, l’imbarazzo di molti, tuttavia il caso Cancellieri è chiuso”, ha detto Graziano Delrio, ministro per gli Affari Regionali. “Bisogna respingere l’attacco politico al governo. Perciò il Pd non ha voluto forzare”. Dopo avere votato contro la mozione di sfiducia, in casa Pd è l’ora del “mea culpa”. Anche Pippo Civati era tra coloro che intendevano fare cadere il ministro, ma hanno dovuto desistere dopo l’aut aut di Letta - “La sfiducia alla Cancellieri è una sfiducia al governo”. “Siamo arrivati non a una tregua ma a un momento di tensione tra di noi – ha ammesso Civati – il Pd è finito in un testa coda che gli elettori non hanno capito. Se la Cancellieri avesse fatto un passo indietro al governo non sarebbe successo nulla. La sfiducia è una mozione individuale e il partito dovrebbe avere una sua autonomia”. Cancellieri inizia la carriera direttiva presso il ministero dell’Interno nei primi anni Settanta. Diventando prefetto nel 1993. Anche per questo nei nove mesi al governo i paragoni con Margaret Thatcher si sprecano. Più per convenzione giornalistica che altro. Il primo ministro inglese è la “Lady di ferro”. Mentre da noi i prefetti, chissà perché, da Cesare Mori in poi sono tutti “prefetti di ferro”. Molto più calzante, semmai, il parallelo con la cancelliera tedesca Angela Merkel. A cui la unisce una curiosa somiglianza. Immancabile collana di perle. Voce impostata, nasale. Particolarissima. In una bella descrizione sul Giornale, qualche mese fa Giancarlo Perna l’ha definita «profonda come il quieto ronfare di un orso». Ironizzando maliziosamente sul ministro: «Bisogna aiutarsi col movimento delle labbra per capire ciò che dice». Il miglior biglietto da visita sono i commenti di chi ha collaborato con lei. Su e giù per l’Italia. Dai primi passi a Milano alle prefetture di Vicenza, Bergamo, Brescia, Catania e Genova. Per finire a Bologna e Parma, le due città emiliane che ha guidato, da commissario straordinario, prima di essere chiamata al governo da Mario Monti. Tra i primi a lavorare al suo fianco c’è Achille Serra. Oggi senatore dell’Udc, in passato prefetto di Roma. «Siamo amici da quarant’anni - racconta - Dai tempi di Milano. E parlando di lei non posso che descrivere un funzionario straordinario. Da ministro dell’Interno è sempre presente. Ma a differenza di altri non appare quasi mai. Non ama farsi pubblicità». Un salto di quasi quarant’anni e si arriva a Parma. L’ultimo incarico prima di arrivare al governo: una città amministrata per poco più di un mese nell’autunno dello scorso anno, in seguito al crack della giunta Vignali. I commenti sono simili. «Vuole sapere la nostra impressione? - racconta un funzionario del Comune - Il ministro è una persona capace ed esperta. Autorevole, certo. Ma molto affabile». Raccontano che nella città ducale ogni mattina il commissario dedicasse un’attenzione quasi maniacale alla rassegna stampa. «Da un’attenta lettura dei giornali - spiega un dirigente - riusciva a fare una radiografia completa alla città». Le conseguenze sono quasi paradossali. «Qui a Parma tanta gente ci dice che non la riconosce più. Dopo averla vista all’opera si aspettavano un ministro molto più attivo. Chissà, forse al Viminale è stata frenata dalla politica». Un ministro che ha girato l’Italia. Ma, almeno idealmente, è rimasta sempre vicino alla sua città. Roma. La parlata di Anna Maria Cancellieri tradisce leggermente i suoi natali. Abbastanza, comunque, da giustificare un’irriverente macchietta realizzata dalla trasmissione satirica “The show must go off”, condotta lo scorso inverno da Serena Dandini su la7. Un esilarante personaggio al confine tra rugantino e la sora Lella. Da parte sua Anna Maria Cancellieri non fa mistero della sua romanità. Nella conferenza stampa di presentazione al Viminale chiarì subito la sua fede calcistica. «Tifo per la Roma e per Francesco Totti». Un’affermazione inattesa, che le ha fatto guadagnare, qualche giorno più tardi, un altrettanto inatteso regalo. La maglia numero dieci del capitano giallorosso. Ma anche qualche commento poco simpatico da parte del predecessore Roberto Maroni. Quando il Viminale decise di rivedere il progetto della tessera del tifoso, introdotto proprio da Maroni, il segretario del Carroccio si sfogò sulla sua pagina facebook: «Hanno vinto le tifoserie violente e le società come la Roma, di cui è tifosissima la ministra Anna Maria Cancellieri, che mai avevano accettato le regole». Neanche fosse una colpa tifare per i giallorossi. Ma nel cuore del ministro non c’è solo la Capitale. Le sue radici sono in Libia. Il padre, ingegnere, viene da Tripoli. Dove prima di lui aveva vissuto anche il nonno. La svolta per la famiglia Cancellieri arriva con Gheddafi. Nel 1969 il colonnello conquista il potere, l’anno successivo gli italiani sono costretti a lasciare il Paese. Qualche tempo fa, in una conversazione con l’Associazione italiani rimpatriati dalla Libia, Anna Maria Cancellieri raccontava così l’incontro con il padre all’aeroporto di Fiumicino: «Un uomo distrutto, improvvisamente invecchiato, quasi malato di dolore e incredulità per aver perso ogni suo avere». Della Libia rimane il ricordo delle vacanze estive. «Le estenuanti nuotate in quel mare bellissimo, le gite a Leptis Magna e Sabratha», come riporta un recente articolo pubblicato da Italiani d’Africa. Poi c’è Milano, dove Anna Maria Cancellieri ha iniziato il suo lavoro. La città d’adozione. E Bologna, dove Roberto Maroni la invia come commissario straordinario per guidare il capoluogo dopo le dimissioni di Flavio Delbono. Con la città emiliana si crea un legame forte. Un amore corrisposto. L’esperienza del ministro viene apprezzata quasi da tutti. Da Gianfranco Fini e da Romano Prodi. Tanto che alla fine del mandato l’Udc le chiede di candidarsi a sindaco. Lei rifiuta, con educazione. Ma quando nel novembre 2011 sale al Viminale, qualcuno propone di riconoscerle la cittadinanza onoraria. In Consiglio comunale esplode la polemica. I partiti più critici verso il governo Monti si oppongono, ne fanno una battaglia personale. Alla fine, per evitare problemi, è la stessa Cancellieri a rifiutare il riconoscimento. A Giuliano Cazzola, che ne aveva preso pubblicamente le difese, la titolare degli Interni manda una lettera di ringraziamenti. «Una bella lettera - ricorda oggi il deputato - Recentemente avevo anche deciso di incorniciarla, ma non riesco più a trovarla». E poi la Sicilia. Il marito di Anna Maria Cancellieri è originario di Catania. Il farmacista Nuccio Peluso, conosciuto in Libia durante le vacanze estive. Anche lui figlio di una coppia di italiani rimpatriati. Nel 2007 è lei il prefetto della città etnea quando durante gli scontri che seguono il derby Catania-Palermo muore l’agente di polizia Filippo Raciti. Uno dei momenti più difficili della sua carriera. Dolori, ma anche gioie. A Catania il ministro può dedicarsi attivamente a una delle sue più grandi passioni. La musica lirica. Nel 2009 viene nominata commissario al Teatro Massimo Bellini. Una vicenda macchiata da un’indagine della procura per abuso d’ufficio. Si ipotizzano spese troppo alte per alcune consulenze. Alla fine le accuse si risolvono in un nulla di fatto. L’amore per l’Opera accompagna ancora il ministro. A Bologna la Cancellieri si adopera per il Teatro Comunale, a Parma per il Teatro Regio. Ecco perché tra i cinque ministri presenti a Verona lo scorso giugno - accorsi alla prima dell’Arena per il Don Giovanni di Mozart - l’unica presenza che non stupisce è proprio quella della titolare del Viminale. Da lsblog Federico Punzi Mai e poi mai associarsi alle campagne giustizialiste di Repubblica e il Fatto quotidiano. Dunque non chiedo, né auspico le dimissioni del ministro Cancellieri per le sue inopportune telefonate con la famiglia Ligresti e per il suo intervento umanitario a favore di Giulia. Tra laltro, il caso sembra confezionato appositamente per offrire a tutti i candidati alla segreteria del Pd, Renzi in primis, loccasione di conseguire il diploma di moralità pubblica rilasciato dalle varie gazzette delle procure e indispensabile, pare, per essere legittimati a guidare la sinistra italiana. E non se la sono lasciata sfuggire: è una gara a chi si mostra più intransigente nel chiedere le dimissioni del ministro, a prescindere dal danno che si rischia di provocare ad un governo pur sempre a guida Pd, e dallo sgarbo al presidente Napolitano. Pare che se non offrano sacrifici umani al dio del giustizialismo ogni volta se ne presenti loccasione, sotto lo sguardo accigliato dei sacerdoti e della sacerdotesse di Repubblica e Fatto quotidiano, i vecchi e nuovi leader del Pd si sentano come smarriti, senzanima. Così si sono ridotti: non hanno un giornale di riferimento, è il Pd ad essere il partito di riferimento di Repubblica. Detto questo, avendo ben presenti le ragioni che ci tengono a distanza di sicurezza da qualsiasi richiesta di dimissioni, dovremmo però avere ben presenti anche le ragioni per le quali reputare la Cancellieri un cattivo ministro. Né più né meno dei suoi colleghi politici di professione. Lennesima prova, cioè, che il caso Italia, quellintricato insieme di tutte le anomalie italiane, chiama in causa non solo la classe politica ma anche quella dei cosiddetti servitori dello Stato. Il comportamento del ministro Cancellieri nel preoccuparsi della detenuta Giulia Ligresti, ma anche di un centinaio di casi di comuni cittadini che avrebbe personalmente segnalato al Dap, è emblematico di una realtà non da Stato di diritto. Avrà anche dimostrato grande umanità con i suoi interventi, non lo mettiamo in dubbio, ma ha soprattutto mostrato come in Italia lunico rapporto possibile con il potere, con lAutorità, sia da sudditi e non da cittadini, attraverso canali informali più che formali. E un caso di scuola di come in Italia si possa sperare di veder riconosciuti i propri diritti costituzionali solo come privilegi, per grazia ricevuta dal potente di turno. In ogni ambito, dalla giustizia al fisco, passando per tutti gli uffici della pubblica amministrazione, niente ci è dovuto, ma tutto può esserci concesso in ragione della grazia o dellamicizia del sovrano. Per quanto a fin di bene non dovremmo accontentarci di una segnalazione privata, o di una nota a margine quasi casuale, confidando nella sua generosità e nella buona sorte. Da un ministro dovremmo pretendere interventi pubblici, alla luce del sole, e soprattutto erga omnes, cioè che valgano per tutti. Se i diritti dei detenuti sono calpestati, se molti di loro non dovrebbero nemmeno starci in carcere in ragione delle loro precarie condizioni di salute, o per linsussistenza dei presupposti di legge per la carcerazione preventiva, allora, oltre a telefonare e segnalare, il ministro Cancellieri avrebbe dovuto mandare i suoi ispettori a verificare il corretto operato di procure e magistrati di sorveglianza, interpellare il Csm e le altre istituzioni di garanzia della Repubbblica, coinvolgere il Parlamento. Ha mai posto politicamente e pubblicamente tali questioni, o ha piuttosto cercato di limitare i danni muovendosi allitaliana? Non una parola ci risulta pervenuta dal ministro e dai suoi autorevoli difensori dufficio, non un atto politico degno di nota, nemmeno di denuncia dellabuso della custodia cautelare e delle intercettazioni, e contro certe campagne giustizialiste, quando ad esserne colpiti sono stati ministri e leader di diversa estrazione politica e culturale. Ecco perché ci appare davvero poco difendibile il comportamento del ministro, e insopportabile il doppio standard in cui si esercitano molti di coloro che la difendono. Su un punto la difesa del ministro Cancellieri, oggi (ieri, ndr) in aula alla Camera, non regge. Se nel caso di Giulia Ligresti, e negli altri 100 casi che dichiara di aver segnalato per motivi umanitari, non cè stato alcun favoritismo, se quindi Giulia e altre 100 persone erano detenute ingiustamente rispetto alle loro condizioni, allora avrebbe dovuto chiamare in causa i magistrati responsabili e porre la questione pubblicamente. Invece oggi si difende rivendicando come un merito proprio il non avere mai delegittimato loperato dei magistrati. Già, il punto è che avrebbe dovuto farlo. Se Giulia era detenuta ingiustamente, allora qualche magistrato ha sbagliato. Un favoritismo dunque cè stato: o nei confronti di Giulia o nei confronti di quel magistrato. ECONOMIA Di Francesco De Dominicis per Libero Niente incentivi auto. Il governo gela le aspettative di costruttori e automobilisti: non ci sono fondi a disposizione e addio, perciò, ai bonus per acquistare nuovi autoveicoli. Una decisione forse sofferta, quella annunciata ieri dal ministero dello Sviluppo economico, che peraltro corre il rischio di avere un effetto boomerang per le finanze pubbliche. Tra calo del fatturato dellintero settore (che si traduce in particolare in meno ires e irap al fisco) e immatricolazioni sempre più a picco (per ogni auto venduta lErario si becca in media 5mila euro), le casse dello Stato potrebbero subire, complessivamente, un colpo da circa 3,5 miliardi di euro lanno. Il che vuol dire che i quattrini destinati a spingere lo shopping delle «quattro ruote» potrebbero rivelarsi, come in passato, un ottimo investimento per il Tesoro. La rotta del governo è unaltra. Il sottosegretario allo Sviluppo economico, Claudio De Vincenti, ieri è ha detto «no». Forse definitivo. Nonostante la crisi del mercato auto in Italia, unico Paese in Europa dove continua il pesante crollo delle immatricolazioni (-5,6% a ottobre), De Vincenti ha osservato che «non stiamo pensando al momento a incentivi». Dunque, lEsecutivo di Enrico Letta non seguirà, salvo ripensamenti, lesempio della Spagna che proprio grazie alle agevolazioni sullacquisto di autoveicoli, ha visto le vendite aumentare del 34%. Madrid ha il rapporto tra deficit e pil al 6,8%: come dire che chi sfora i parametri Ue può crescere. Il che vale anche per Slovenia e Portogallo. Il sottosegretario ha lasciato qualche spiraglio sugli incentivi. Ma lincertezza alimenta le preoccupazioni degli addetti ai lavori. I concessionari, a esempio, auspicano chiarezza su questo versante. «È giusto che i clienti sappiano che gli incentivi non ci saranno: il rischio - dice a Libero il presidente di Federauto, Filippo Pavan Bernacchi - è che restino a lungo in attesa dello sconto che non arriva». Con la conseguenza che rimandano gli acquisti sine die. Scenario da evitare. «Il mercato italiano è al ribasso - aggiunge il leader dei venditori di auto - gli incentivi servirebbero, ma a precise condizioni: dovrebbero essere triennali e a scalare». In alternativa, Federauto propone altri interventi sul fronte tributario. Anzitutto per lacquisto, rendendo il «bollo» più favorevole per le vetture che inquinano poco e viceversa; lassociazione auspica pure lazzeramento del superbollo per le auto di lusso, che ha massacrato il comparto (-35% il mercato). E poi per la manutenzione, con le spese per tagliandi e riparazioni deducibili, sulla falsa riga delle misure per le ristrutturazioni edilizie (che, poi, hanno a fatto emergere evasione). Quando si pensa agli incentivi auto, si guarda soprattutto a Fiat. Che finisce inevitabilmente col diventare tra i principali beneficiari degli aiuti statali per la rottamazione o di altre misure volte a spingere il mercato delle auto. Il Lingotto ha da tempo respinto al mittente laccusa di aver ottenuto regali dallo Stato. Ma la crisi e la recessione, adesso, stanno cambiando le carte in tavola. Per quanto riguarda i contributi relativi alla cassa integrazione - lo ha spiegato ieri Repubblica - Fiat, a esempio, ora incassa, come sussidi ai lavoratori, più di quanto versa nelle casse Inps. Lad del gruppo, Sergio Marchionne, si è sempre detto contrario agli incentivi per la rottamazione. Li definisce una «droga» che, alla fine della giostra, altera il mercato. E su questo De Vincenti è daccordo: «Gli incentivi e gli sgravi hanno un effetto fiammata nei primi mesi, ma poi hanno effetti contrari nei mesi successivi, non è questo lo strumento da usare». Dal canto suo, Fiat auspica che lintero Paese diventi più competitivo, in modo da favorire anche gli investimenti in impianti, ormai più lontani dai nostri confini. Di là dalle proposte di rilancio e dalle singole case automobilistiche in ballo, il Governo ora si trova, in pratica, di fronte a un bivio: inventare qualcosa o abbandonare un settore che vale una settantina di miliardi di euro lanno di pil, considerando i costruttori e tutto lindotto (concessionari, carrozzerie, officine, ricambi). Il trend negativo, del resto, corre il rischio di avere pesanti ripercussioni anche sui conti pubblici. Anzi. In parte, i contraccolpi già sono stati registrati. Nel 2012, a esempio, il giro daffari si è ridotto di circa 5 miliardi da 75 miliardi a 70 miliardi. Calcolatrice alla mano, vuol dire che lerario ha «rinunciato» a imposte per 2,5-3 miliardi. Questanno si chiuderà con un risultato peggiore e per il 2014 i segnali non sono affatto confortanti. Ecco perché una nuova campagna di incentivi, magari ben strutturata e distribuita su almeno tre anni, come vuole Federauto, potrebbe essere positiva un po per tutti. I concessionari stimano i vantaggi in 200mila immatricolazioni aggiuntive lanno. E quanto arriverebbe allo Stato? Non poco. In media un po più di 5mila euro per ciascuna auto acquistata. Facciamo due conti: il costo medio di una vettura nuova, al cliente, è di 18mila euro. Prezzo sul quale il fisco incassa subito 3.960 euro di iva (aliquota al 22%), circa 500 euro di bollo e altri 700 euro di ipt (imposta provinciale di trascrizione). Totale dei balzelli: 5.160 euro. Cifra che, moltiplicata per 200mila «quattro ruote» immatricolate, porta il gettito aggiuntivo per lo Stato a oltre un miliardo di euro lanno. A questa stima, realizzata grazie al supporto di esperti e ritenuta prudenziale, vanno tolti ovviamente i fondi destinati agli incentivi, sia sulle immatricolazioni «in più» sia quelli destinati a coprire comunque il resto delle vendite. In ogni caso, gli effetti positivi sono sotto gli occhi di tutti: in tutto, il fisco potrebbe incassare almeno 3,5 miliardi lanno. Il bacino da aggredire, in effetti, è assai ampio: in circolazione ci sono ben 14 milioni di autovetture con oltre 10 anni di vita. Fatto sta che lEsecutivo va in unaltra direzione e con una certa calma. Nessun provvedimento urgente, ma lennesima commissione. Lultima trovata è un tavolo comune sullautomotive con istituzioni, sindacati e imprese. E la sensazione è che si perda tempo prezioso. CULTURA LIBRI-STAMPA di oggi, 21/11/2013, a pag. 38, larticolo di Domenico Quirico dal titolo Così mi ha tradito la rivoluzione siriana . Complimenti a Domenico Quirico per il titolo, ci vuole coraggio, in Italia, dove labitudine è quella di non infilare mai le dita negli occhi delle dittature, nemmeno di quelle più spietate. Domenico Quirico, Il Paese del Male. 152 giorni in ostaggio in Siria (ed. Neri Pozza) «Andiamo alla collina di Qadesh…» annuncia il nostro accompagnatore, Trad Zawri, a cui siamo stati affidati dal centro stampa dell’Armata libera. «Centro stampa»: in realtà dietro il nome pomposo ci sono soltanto lui e il suo capo, Abu Shams. Qadesh: gli ittiti, Ramses il grande… Qui imperi sono nati e si sono spenti. Quanta Storia. Prima che gli assalti dei ribelli la prendessero di mira, la collina era una base dell’esercito. Sulla cima c’è una moschea sbocconcellata dalle cannonate, dove il vento gioca tra le rovine e le macerie, con uno strano suono simile a un disperato respiro umano. Le trincee che ancora si distinguono sono ingombre di cassette sventrate, fucili distrutti, elmetti, baionette sparsi per il terreno. Pierre raspa un po’ la terra vicino alla buca di un cecchino: spuntano frammenti di antica argilla… La Storia, eccola, dove ora soffrono, lottano e muoiono creature viventi. Zawri racconta: qui c’erano i tiratori, là sono salite le nostre squadre d’assalto… Pare di assistere alla spiegazione di un gioco, alla tranquilla constatazione di una scoperta sulla quale non è nemmeno necessario spendere troppe parole. La quiete, il silenzio tolgono ogni voglia di ragionare: pare di vivere un sogno col timore di non goderlo abbastanza. Torniamo ad al-Qusser. I piccoli calibri del nemico aprono il fuoco nel momento in cui imbocchiamo la strada che si perde nella pianura. Sotto un cavalcavia, che un bombardamento ormai antico ha lentamente demolito e sconvolto, un gruppo di ribelli sfiniti dalla fatica, con grandi occhi pieni d’ombra, ci guarda passare senza un gesto, masticando gli avanzi di una pagnotta. Nel luogo della strage dell’alba non sono rimasti che crateri di un colore grigio che sfuma al nero sui bordi. L’aria è limpida, di una trasparenza che dà il capogiro. Al cimitero si raduna una folla silenziosa: il funerale di uno dei morti del bombardamento al mulino. I cimiteri musulmani: così diversi dai nostri, senza marmi, gessi, angeli dalle ali ammuffite. C’è un senso di appartenenza, si può andare ovunque e vedere qualsiasi cosa. Da questo posto la vita si è ritirata, completamente. In Siria ho assistito a molti funerali. Ma mai a uno come questo. In passato avevo visto rabbia, volontà di battersi, di vendicare il «martire»; qui c’è soltanto puro dolore, vuoto, silenzio. Ciò che il mondo conosce meglio di qualunque altra cosa – la speranza – qui ci si è abituati a perderla, a vederla svanire. La folla passa, in una lenta processione, accanto ai parenti del ragazzo ucciso e stringe loro la mano. Un vecchio cade in ginocchio, protendendo le braccia. Sono tutti uomini: alle donne l’Islam assegna il dolore del giorno dopo, senza testimoni, senza voce. Lì vicino, una madre accarezza il semplice tumulo di terra dove è sepolto un figlio; piange, senza lacrime, con un suono come di qualcosa chiuso in trappola che cerca di liberarsi. Nello spiazzo hanno già scavato altre buche, grattando a fatica nella terra dura e asciutta: sanno che non resteranno vuote per molto tempo. Teneri mucchietti ondulati con una cura che fa sentire il palmo della mano. Certo, il giorno in cui nessuno se ne occuperà più, verranno disfatti dal vento. Sembra assurdo che quella terra tutta dissociata atomo per atomo, senza germi di vita o goccia di umore o ombra di foglia, possa accogliere la morte. Assurdo quanto un cadavere seppellito nell’aria. Questo è un carnaio, un carnaio di principî veri e falsi, di buone e cattive intenzioni. Ricordo un’altra guerra, il momento in cui ho creduto di aver imparato la mia prima lezione: quando non c’è più nulla da fare dimentica, voltati, tieni duro. La pietà è una cosa da tempi di pace, non quando in gioco c’è l’esistenza. Seppellisci i morti e divora la vita! Ne avrai bisogno, il dolore è una cosa, la realtà un’altra. Solo a questa condizione si sopravvive. Ma ora so che non bisogna rassegnarsi a questa filosofia. Riprendiamo la strada verso il comando dell’Armata siriana libera, dove abbiamo lasciato i nostri zaini, e ci sentiamo come due che ancora una volta se la sono cavata. D’un tratto il giorno mi sembra di nuovo caldo e sfavillante. Ancora una volta, dunque, la grigia posta della vita è pietosamente velata dal dono di alcune ore. Ma forse è solo una menzogna: nulla è donato, questo è solo un rinvio. Ma che cosa nella vita, nelle vicende, guerre, rivoluzioni, che racconto da vent’anni, non lo è? Non è un continuo rinvio, una pietosa dilazione? Abbiamo chiesto di essere riportati a Qara. Ci presentano un miliziano che ci accompagnerà. È grosso, ha una lunga barba rossa e le mani callose da contadino, sorride in modo strano, sfuggente, non parla ma con gli occhi sembra ferire tutto ciò che vede. Insieme a lui e ad alcuni ribelli mangiamo un piatto di fagioli, per terra. Quando usciamo dalla casa, dei ragazzi armati ci guardano e ci lanciano strani saluti ironici: «Bye bye». Tacciono le armi nella quiete della notte, la città sembra riposare. Scalpiccio di scarpe nella via, passano due miliziani con i mitra tenuti tra le mani come fossero arnesi da lavoro. La notte si richiude su di loro. Prendiamo posto a fianco dell’autista. La macchina parte sollevando turbini di polvere bianca. La città ci sfila davanti nel buio che nasconde le sue ferite, arcanamente bella. Nulla vive, nulla sembra vivere. Passano cinque minuti da quando ci siamo lasciati alle spalle le ultime case: un’auto avanza verso di noi con i fari accesi. Strano: qui di notte si viaggia con tutte le luci accuratamente coperte, il nastro adesivo nero perfino sul quadro dei comandi, anche una sola bava di luce può richiamare l’attenzione mortale degli elicotteri e dei cecchini. L’auto misteriosa punta verso di noi, e il miliziano che ci guida abbozza una manovra a dir poco bizzarra: rallenta e si arresta a metà strada, la portiera rivolta verso le luci che si avvicinano sempre più rapidamente. «È un’imboscata» grido, ma invece di ripartire l’uomo sembra impacciato con le marce e lascia spegnere maldestramente il motore. Dalla luce emergono figure scure di incappucciati che sparano raffiche di mitra e gridano: «Police, police». «Pierre! Sono gli uomini di Bashar…!». Non faccio quasi in tempo a dirlo che ci sono già addosso, spalancano la portiera, ci trascinano verso il loro pick up. Mi volto e l’ultima cosa che vedo è il nostro autista che passa gli zaini a uno degli assalitori. Ci hanno venduti, traditi! Ci gettano nel cassone dove, ora che ho gli occhi bendati, sento la presenza di altri uomini. «Pierre, sei lì?». «Sì». E subito piovono pugni e calci per farci tacere. Il pick up riparte, dritto su uno sterrato dove sobbalza e sbanda. Dieci minuti di viaggio a velocità sostenuta, poi si ferma. Ci gettano giù, ci fanno inginocchiare a terra, e sono già certo che arriverà una raffica di mitra. Invece ci spogliano e mani brutali ci fanno indossare una maglia e i pantaloni di una tuta. Ci fanno proseguire a spintoni, a calci, ho i piedi nudi, sento la rugiada, il freddo che sale dall’erba. Inciampando mi arrampico lungo una breve scala ed entro in una stanza. Lo so perché attraverso la benda intravedo una luce forte e sento delle voci, i rumori di molti uomini riuniti. Mi gettano a terra e a pedate mi sistemano con la schiena contro il muro. Una mano grossa, nodosa mi afferra alla gola e stringe. «Lo sai dove sei?». «No». «Sei con la polizia di Bashar Assad. Io sono un colonnello della polizia di Bashar». L’uomo mi colpisce una, due, tre volte alla testa, ma non è questo che mi fa paura: è la sua voce, profonda che raschia la pelle, la voce di un orco. Attraverso la sua mano, una mano che stringe di colpo senza bisogno di tastare, dura, impietosa, e il suo fiato a due passi dal mio viso, avverto il piacere fisico, bestiale che quell’uomo prova a sentire la mia paura, il mio sudore. Ci chiedono come ci chiamiamo, da dove veniamo, Italia, Belgio, il mestiere, giornalisti, giornalisti, sghignazzano: si capisce che già sapevano. Quando vogliono appurare se ho figli, mento, dico che ho due maschi, «Alberto e Giuseppe» mi invento. Non so perché lo faccio, forse non voglio che i nomi delle mie figlie striscino in mezzo ai lazzi di questa gente, a parole che spesso non posso decifrare. Se ne vanno, ordinandoci di stare in silenzio e di non muoverci. La luce si spegne BATTUTE Sono giorni che non vado al bagno, ho una occasione intestinale ,non posso mangiare dolci, ho l’abete alto . Quando ho la pressione bassa cado in calesse.Dovrò fare le cure termiche, devo avere le piastrelle basse, ho lo zagarolo nell’occhio e le vene vorticose, ho la spalla lustrata e la vena giubilare è in spizzotremito. Mia moglie è piena di smanigliature sulle coscie. Da quando fa la dieta è diventata una sifilide. Da vicino vede bene, da lontano è lesbica. OROSCOPO di Rob Brezsny da l’pinternazionale 21/27 novembre 2013 – Compiti per tutti. Dimentica quello che sai sulla gratitudine. Comportati come se la scoprissi per la prima volta e abbandonati al nuovo sentimento. Ariete 21 marzo – 19 aprile Il poeta Charles Baudelaire pregava per chiedere aiuto. Invece che a Dio, preferiva rivolgersi a Edgar Allan Poe. Lo scrittore Malcolm Lowry a volte implorava Dio di ispirarlo, ma pregava anche Franz Kafka. Mi piace questo modo di cercare una guida, e te lo consiglio per i prossimi giorni. Quale straordinario personaggio, vivo o morto, potrebbe offrirti l’ispirazione di cui hai bisogno? Sii temerario e fantasioso. Gli spiriti potrebbero esserti d’aiuto più di quanto immagini. C’è magia nell’aria. Toro 20 aprile – 20 maggio Il generale dell’esercito confederato Richard S. Ewell (1817-1872) a volte credeva di essere un uccello. La principessa Alessandra di Baviera (1826-1875) era convinta di aver mangiato un pianoforte di vetro da giovane. L’ufficiale prussiano Gebhard Leberecht von Blücher (1742-1819) immaginava di essere incinto di un elefante. Triste e folle, vero? Ma tutti abbiamo le nostre fissazioni. Sono meno bizzarre di queste, ma possono essere comunque debilitanti. Quali sono le tue, Toro? Sei convinto che un certo evento del passato ti abbia lasciato una cicatrice indelebile? Sei ingiustamente tormentato dalla paura o dal senso di colpa a causa di qualcosa che non è come tu la ricordi? La buona notizia è che è il momento ideale per liberarti delle tue fissazioni. Gemelli 21 maggio – 20 giugno Secondo il filosofo Eckhart Tolle, “forse esiste un’unica persona che riflette il tuo amore più intensamente delle altre”. Per alcuni di noi, questo portentoso riflesso viene da un animale speciale. Qualunque sia il tuo caso, Gemelli, nelle prossime due settimane ti invito a dedicare più tempo al rapporto con questa creatura. Medita su come potresti arricchirlo. Pensa alle possibilità di approfondire questo legame. Cosa potresti fare in pratica per migliorare il destino del tuo amato? Cancro 21 giugno – 22 luglio La soprano Kirsten Flagstad, nata sotto il segno del Cancro, era considerata una delle più grandi cantanti liriche del novecento. Il critico Desmond Shawe-Taylor scrisse che “a memoria d’uomo, nessuna superava la pura bellezza della sua voce e la sua gamma di tonalità”. Era specializzata nel cantare le opere del compositore tedesco Richard Wagner: il suo capolavoro, L’anello del Nibelungo, dura quindici ore. Un giorno qualcuno le chiese quale fosse la cosa più utile per interpretare al meglio le opere di Wagner e lei rispose: un paio di scarpe comode. Consideralo un buon consiglio anche per la tua vita e il tuo lavoro, Cancerino, in senso sia letterale sia metaforico. È ora di tenere i piedi ben piantati a terra. Leone 23 luglio – 22 agosto Ti sei mai trovato in una situazione in cui non ti importava nulla di quello che gli altri pensavano di te e quindi ti sentivi libero di comportarti seguendo il tuo istinto? Quando è stata l’ultima volta che hai lasciato cadere tutte le inibizioni mentre facevi l’amore? Negli ultimi tempi ti sei mai abbandonato completamente ai tuoi impulsi gioiosi? Se hai avuto qualche difficoltà a esprimere questo tipo di energia, è il momento ideale per risolvere il problema. È ora che tu manifesti liberamente e con forza la tua personalità. Vergine 23 agosto – 22 settembre La tv pubblica norvegese sta sperimentando la cosiddetta slow tv. Durante un reality show una persona ha preparato un fuoco e l’ha mantenuto acceso per dodici ore. In un programma, i telespettatori hanno guardato per cinque giorni una nave da crociera che navigava lungo le coste norvegesi. Un altro programma ha mostrato una donna che lavorava un maglione ai ferri dall’inizio alla fine. Mi piacerebbe che ti dedicassi ad attività al rallentatore come queste, Vergine. Ti aiuterebbe ad abbassare il tuo tasso di pensieri al minuto e ti spingerebbe a fare lunghi respiri ricordandoti che l’arte del rilassamento si può coltivare. Senza contare che saresti in allineamento con i ritmi cosmici. Bilancia 23 settembre – 22 ottobre Sei più intelligente di quello che pensi e presto lo sarai ancora di più. Una saggezza a cui non avevi potuto accedere sta emergendo dalle profondità del subconscio e si sta facendo strada nella tua coscienza. I tuoi occhi notano più cose del solito. La tua memoria sta funzionando al massimo livello. E la maggiore capacità di concepire idee paradossali ti consente di avere speciali intuizioni sulla natura della realtà. Cosa ne farai di tutta questa nuova intelligenza? Ti consiglio di concentrare tutta la sua forza per risolvere uno dei tuoi problemi più intricati. Scorpione 23 ottobre – 21 novembre Un giornalista della Paris Review intervistò il poeta messicano Octavio Paz. “Quanto rivede i suoi testi?”, gli chiese. “Li rivedo in continuazione”, rispose Paz. “Secondo alcuni critici, anche troppo, e forse hanno ragione. Ma se rivedere è pericoloso, non farlo lo è molto di più. Credo nell’ispirazione, ma penso di doverla aiutare, imbrigliare e perfino contraddire”. Ti sto dicendo questo, Scorpione, perché penso che tu sia pronto per una fase d’intensa revisione. Ultimamente l’ispirazione è venuta a trovarti spesso, ma ora si farà un po’ da parte per permetterti di dare al tuo materiale grezzo una forma più aggraziata e durevole. Sagittario 22 novembre – 21 dicembre Nel 2014 la Costa Rica chiuderà i suoi zoo. Cosa ne sarà dei circa quattrocento animali che ospitano? Saranno mandati in centri specializzati e poi liberati nel loro habitat naturale. Ho il sospetto che nei prossimi mesi succederà qualcosa di metaforicamente simile anche a te, Sagittario. Una parte della tua natura istintiva sarà liberata dalla cattività. Dovrai trovare un modo per riaddestrare la tua intelligenza animale a funzionare fuori del contesto addomesticato a cui si era abituata. Capricorno 22 dicembre – 19 gennaio È possibile che il fato stia per prenderti dolcemente a calci nel sedere. Forse dovrai affrontare le conseguenze dei tuoi comportamenti insensibili o delle tue decisioni inconsce. Ho il piacere di comunicarti, però, che probabilmente riuscirai a ridurre al minimo, se non a evitare, quei calci nel sedere. Come? Ripensa a quello che è successo negli ultimi undici mesi e individua i momenti in cui non hai dato il meglio di te o non sei stato all’altezza dei tuoi ideali. E poi celebra un rito di espiazione. Esprimi il desiderio di correggere i tuoi errori. Acquario 20 gennaio – 18 febbraio Il cantautore Bill Withers diventò famoso negli anni settanta con canzoni come Ain’t no sunshine eLean on me. Ma dopo il 1985 non ha più pubblicato album né fatto concerti. Nel documentario sulla sua vita intitolato Still Bill, Withers dice: “Guardo gli altri che si esibiscono e penso che un tempo piaceva anche a me. Avrei bisogno di una piccola iniezione alla mia ghiandola dell’esibizionismo”. Anche a te farebbe bene un’iniezione del genere, Acquario. Mi piacerebbe vederti esibire di più. Non in modo esagerato come Lady Gaga. Dovresti solo essere più deciso nel mostrare agli altri chi sei e cosa puoi fare. Pesci 19 febbraio – 20 marzo Ho la sensazione che nelle prossime settimane acquisterai valore. Una persona attraente che ritenevi fuori della tua portata si dimostrerà curiosa di te. Potresti ricevere una proposta di lavoro che non ti aspettavi. Sono sicuro che la tua reputazione ci guadagnerà. Forse se metterai in vendita su eBay una fetta di pane tostato smangiucchiata da te la compreranno come se fosse quella di Justin Timberlake. Devi avere fiducia nella tua capacità di ottenere più riconoscimenti ed essere più apprezzato.
Posted on: Fri, 22 Nov 2013 08:37:40 +0000

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