DOMANDA. Come è diventato uno studioso del cantautore Rino - TopicsExpress



          

DOMANDA. Come è diventato uno studioso del cantautore Rino Gaetano? RISPOSTA. Sono avvocato, ma per diletto anche disc jockey. Da sempre ascolto i suoi brani. D. Sessanta canzoni, sei Lp: li ha imparati tutti a memoria? R. Di più. Li ho analizzati parola per parola. Anche i titoli sono allusivi. E le copertine... D. E dunque? R. Nei brani di Rino si riscontrano centinaia di riferimenti aspri alla massoneria deviata e ai misteri italiani. D. Come mai nessuno se ne è mai accorto? R. Perché lui, da autentico genio, ha camuffato alla perfezione invettive e predizioni. Ma è possibile decifrarle. D. Qualche esempio? R. Lo scandalo Lochkeed, la morte di Michele Sindona, la morte di Enrico Mattei, l’omicidio di Wilma Montesi D. L’omicidio Montesi risale al 1953: Rino Gaetano aveva tre anni. R. Eppure, ne accenna in almeno due canzoni. D. Quali? R. Anticipo solo che il cantautore ironizza sui giudici che diedero credito alla tesi della morte della ragazza avvenuta per una sincope da pediluvio. D. Invece? R. Nei testi, il cantautore mostra di aver saputo che si era trattato di un omicidio. D. A chi attribuisce la colpa? R. A Piero Piccioni, il figlio del ministro democristiano Attilio, e a personaggi degli ambienti politici e aristocratici della Capitale che invece furono assolti. D. Tesi suggestiva. Ma tutta da dimostrare. R. Basta ascoltare attentamente Io ci sto, l’ultima canzone di Rino Gaetano. D. E? R. «Mi dicono di stare zitto», scrive, «e di non parlare». «Mi sento solo», aggiunge, «ma io ci sto e continuerò a parlare». D. E allora? R. È stato il suo ultimo brano: sembra o no un testamento politico? D. Avvocato, riesce a essere più convincente? R. Mio fratello è figlio unico, uno dei brani più famosi, è un distacco chiarissimo dalla massoneria che lo aveva deluso. D. Solo perché è citata la parola «fratello»? R. I massoni fra loro si chiamano fratelli. Proclamarsi figlio unico vuol dire annunciare di non far più parte della massoneria. D. E poi? R. Il suo primo disco è intitolato Ingresso libero: cioè, entro in loggia ma rivendico i miei spazi di critica. D. Casualità, forse coincidenze... R. Può darsi. Ma sono troppe e troppo circostanziate. Si prenda E Berta filava, che è un altro brano famosissimo. D. Sì una filastrocca. R. È soprattutto la denuncia sugli imbrogli legati allo scandalo Lochkeed del 1976 (tangenti ai ministri in cambio di acquisto di aerei Usa, ndr) e sull’identità delle vere Antelope Cobbler. D. Addirittura? R. Mario e Gino, i due personaggi con cui Berta filava citati nel brano, sono gli ex ministri Mario Tanassi e Luigi Gui che Rino Gaetano ritiene i capri espiatori dello scandalo, condannati per salvare i grossi calibri della Democrazia cristiana. D. E il «bambino che non era di Mario e non era di Gino»? R. È la Lockheed, il cui presidente si chiamava Robert Gross. D. Berta allora starebbe per Robert? R. Esatto. D. E Antelope Cobbler? R. Da Andreotti a Moro fino a Giovanni Leone: nel brano intitolato Standard, che è quasi sconosciuto, Rino cita sette notabili Dc storpiando i cognomi. E ne individua tre indicandoli come i più sospetti. D. Basta così? R. No. In un altro brano, accusa i «buffoni di corte». Sono i giudici della Corte costituzionale che, secondo lui, non andarono mai a fondo all’affaire Lochkeed. D. Lei scrive che Rino Gaetano avrebbe predetto in un brano anche la propria morte. R. Lui canta: «Vedo già la mia salma portata a spalla da persone che ce l’hanno con me. Ma resteremo insieme, io e Clem». D. Chi è Clem? R. Clemente XII (1652-1740) fu il papa che emanò la bolla contro la massoneria. C’è poi una canzone d’amore in cui il cantautore nomina senza motivo un certo barone Lafayette. D. Chi era? R. Il capo della massoneria che in Usa avrebbe affiliato George Washington e Benjamin Franklin. D. Sarebbe altamente simbolica anche la data della morte di Rino Gaetano, il 2 giugno 1981. Perché? R. Festa della Repubblica. La stella a cinque punte è simbolo della Repubblica italiana ma anche della massoneria. Il disegnatore che ne schizzò il logo era Paolo Paschetto, un massone dichiarato. Ma i dubbi più inquietanti riguardano le modalità dell’incidente automobilistico in cui Rino perse la vita. D. Era solo in auto, finì contro un camion alle tre del mattino, sulla Nomentana a Roma. R. Nessuno ha mai periziato i freni dell’auto, perché? E ancora: quella sera saltò una cena già fissata con un suo musicista. Per quale ragione? D. Dubbi legittimi. Ma poi? R. C’è un medico del Policlinico di Roma, tal Novelli, che ha raccontato di aver telefonato quella notte a cinque ospedali, tra cui il San Camillo e il San Giovanni, affinché ricoverassero in un reparto adeguato Rino Gaetano che aveva subìto un gravissimo trauma cranico. Ma tutti risposero genericamente di non aver posti disponibili. D. Notizia già nota. Negli ospedali può succedere, no? R. Forse. Ma come si spiega che in una canzone composta nel 1972, La ballata di Renzo, Rino Gaetano abbia raccontato una storia assolutamente identica a quella della sua morte? D. Identica in che senso? R. Nella dinamica, ma non solo. Nel testo si citano perfino i due ospedali romani che rifiutano il ricovero al ferito proprio come accadde nove anni più tardi, in quella tragica notte. D. Ma lei teme i massoni deviati? R. So che più pubblicizzo il libro e meno rischi corro. D. Si è mai pentito di averlo scritto? R. No. Ma su Rino Gaetano ho lavorato per due anni ogni notte da mezzanotte all’alba. Ora che ho finito, faccio fatica a prender sonno.
Posted on: Sat, 17 Aug 2013 00:02:48 +0000

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