Decreto “salva Roma” a spese dei romani di Giovanni - TopicsExpress



          

Decreto “salva Roma” a spese dei romani di Giovanni Bellofiore La richiesta di aiuto fatta dal sindaco di Roma, Ignazio Marino, al Governo per coprire il “buco” di oltre 800 milioni di euro nei conti capitolini ha dato i sui frutti. Allo spettro del “fallimento” di Roma il Governo ha risposto con il decreto legge del 31 ottobre 2013 (n. 126). Il provvedimento si caratterizza per le misure in favore di Roma Capitale al punto da guadagnarsi il nomignolo di “Decreto salva Roma” a dispetto della più imparziale rubrica ufficiale: “Misure urgenti in favore di regioni ed enti locali ed interventi localizzati nel territorio”. Il decreto ha consentito a Marino di approvare il bilancio previsionale 2013 e scongiurare il fallimento. Ad accompagnare l’impresa il proclama trionfale del sindaco: “È stato un ottimo risultato, siamo riusciti utilizzando rigore, severità, revisioni di tutti i conti a chiudere in giunta un bilancio 2013 come avevo promesso da mesi senza innalzare le tasse in nessun settore; né Imu, né Irpef, né tassa di soggiorno, né l’occupazione suolo pubblico”. Apprendiamo così che anche Marino ha salvato Roma. Prima di lui Alemanno, stando ai proclami capitolini del 2008. Allora il buco era quantificato in oltre 8 miliardi e attribuito a Veltroni, Rutelli e via risalendo nella dinastia dei sindaci. Anche Alemanno, nel 2008, andò in missione dal governo – il fu Berlusconi – e ottenne in dote il mostro giuridico-contabile noto come gestione commissariale di Roma. Ottenne, in sostanza, di rinchiudere tutti i debiti del Comune di Roma anteriori all’aprile del 2008 in una gestione separata retta, appunto, da un commissario. Tutti i titolari di crediti verso il Comune di Roma furono messi nell’impossibilità di esigerli. A tale prezzo l’Amministrazione Alemanno partì con i bilanci “in ordine”, seppur con l’obbligo di contribuire al finanziamento del piano di rientro. Inutile dire che tale obbligo è stato perseguito con l’introduzione di due nuovi prelievi dalle tasche dei cittadini romani e, segnatamente: 1) di un’addizionale commissariale sui diritti di imbarco dei passeggeri degli aeromobili in partenza dagli aeroporti della città di Roma; 2) di un incremento dell’addizionale comunale sul reddito delle persone fisiche. A distanza di cinque anni Marino, dopo aver gridato al fallimento della gestione Alemanno, ha ottenuto dal governo delle larghe intese il “salva Roma” e, per la precisione, i commi 5 e 6 dell’articolo 1 del decreto. Il provvedimento, incredibile ma vero, rispolvera lo strumento della gestione commissariale ritoccando l’articolo 2, comma 196-bis della finanziaria 2010 con l’inserimento di tre previsioni abominevoli: 1) Il Commissario straordinario è autorizzato a inserire, per un importo complessivo massimo di 115 milioni di euro, nella massa passiva della gestione commissariale “le eventuali ulteriori partite debitorie rinvenienti da obbligazioni od oneri del comune anteriori al 28 aprile 2008”. Posto che, per legge, la ricognizione del passivo avrebbe dovuto essere definitiva, non si comprende per quale motivo dovrebbero rinvenirsi nel 2013 ulteriori partite debitorie riferibili al 2008. Cosa significa, poi, “eventuali”? Questi nuovi/vecchi debiti ci sono o no? Qualcosa mi dice che il commissario li troverà spostandoli dal bilancio di Roma Capitale a quello della solita gestione commissariale. 2) Roma Capitale è autorizzata a “riacquisire l’esclusiva titolarità dei crediti” inseriti nella massa attiva della gestione commissariale “verso le società dalla medesima partecipate anche compensando parzialmente o totalmente gli stessi con partite a debito inserite nella massa passiva”. La norma, che questa volta vale diverse centinaia di migliaia di euro, sostanzialmente fa di Roma Capitale un creditore privilegiato in danno alla procedura. A nessun altro creditore è dato di compensare crediti e i debiti verso la gestione commissariale. 3) Il commissario straordinario è autorizzato ad inserire, nella gestione commissariale, anche la somma prestata dal Governo nel 2009 per far fronte al disavanzo di spesa corrente. In pratica i soldi prestati dal Governo – che per la cronaca li ha presi da un fondo istituito per le aree depresse – saranno restituiti, forse, dalla gestione commissariale e non più da Roma Capitale. Tre benefici colpi di spugna per il bilancio capitolino in danno alla gestione commissariale e, quindi, ai cittadini e alle imprese romane. Loro ne pagheranno le conseguenze in termini di minor solvibilità della procedura. E si aggiunga, a questa non rosea prospettiva, quella ulteriore del verosimile ulteriore innalzamento delle tasse. Il comma 6 dell’art. 1 del decreto consente a Roma Capitale di sforare, nella percentuale dello 0,4%, il limite massimo dell’addizionale comunale Irpef applicabile per tutti gli altri comuni. In sostanza, Roma Capitale potrà alzare ulteriormente l’addizionale comunale. Difficilmente il sindaco non sfrutterà questa possibilità.
Posted on: Thu, 28 Nov 2013 11:05:01 +0000

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