Facebook info - Da: Niente da nascondere: Cap III IN TRASFERTA - TopicsExpress



          

Facebook info - Da: Niente da nascondere: Cap III IN TRASFERTA [...] E allora, guardandoli uno per uno, ripensai al cammino che avevamo fatto insieme, a quello che ci legava e che eravamo riusciti a costruire nel tempo. Lupo, 25 anni, schizofrenico, tanti anni passati in comunità psichiatrica e una passione sfegatata per i coleotteri. Quando iniziò a giocare aveva paura di tutto, soprattutto dei contrasti, dello scontro fisico, della “violenza” in generale. Da piccolo era stato picchiato un’infinità di volte da un padre alcolista e da allora aveva sempre temuto l’aggressività. Ricordo che all’inizio mi telefonava spessissimo e si inventava dolori immaginari per saltare l’allenamento. Un giorno mi disse addirittura che gli faceva male la prostata. Col passare del tempo, però, prese fiducia e riuscì a sostituire, sia verbalmente che nella sua testa, il termine violenza con “agonismo”, e allora lo scontro di gioco divenne legittimo purché fatto sempre con correttezza. Una volta, nell’anticipare un attaccante, sfiorò il piede d’appoggio di quest’ultimo che finì per terra. Lupo si fiondò su di lui scusandosi in tutti i modi, “non volevo, scusa, ti sei fatto male? Chiamo un medico?”. La scena fu esilarante perché l’altro giocatore si rialzò immediatamente, lo abbracciò e tutti ridemmo come “matti”. Però Lupo, in campo, con i piedi proprio non se la cavava, e così tentai la carta sorpresa: sarebbe diventato il nostro portiere. All’inizio non accennava neanche a parare, se poi la palla andava troppo forte addirittura si proteggeva il viso voltandosi di spalle. Fu solo dopo molti allenamenti che Lupo iniziò a prendere confidenza con quel nuovo ruolo, qualche buona parata gli diede fiducia e una pallonata in faccia senza esiti traumatici gli fece superare quella maledetta paura della “palla nemica”. Gli comprai tutto l’occorrente che un portiere che si rispetti deve necessariamente avere e, col tempo, migliorò notevolmente la sua abilità tra i pali. Certo, il primo torneo che facemmo, non lo affrontò benissimo: a metà del primo tempo mi chiese: “Mister, ma noi da che parte attacchiamo?”, mentre in un’altra partita lasciò improvvisamente la porta sguarnita durante un’azione di gioco: era entrato uno scarafaggio in campo e lui lo stava accompagnando delicatamente fuori. Ma col tempo riuscì a farsi ben volere da tutti e, due anni fa, nel giorno del suo compleanno, tutti i giocatori fecero una colletta e gli regalarono una maglietta da portiere personalizzata: dietro c’era scritto Lupo con il numero 1 gigante. Lui si commosse, pianse, ringraziò tutti e da quel giorno non saltò più un allenamento. Oggi è il capitano della squadra, in qualità di giocatore più anziano si è guadagnato il prestigioso ruolo. Accanto a lui c’è Lisa, 21 anni, un grave disturbo di personalità borderline e una bellezza fuori dal normale. Il suo film preferito è “Ragazze interrotte”, da cui deriva il suo soprannome in omaggio alla protagonista interpretata da Angelina Jolie. La sua grave patologia da anni l’ha portata dentro il mondo della salute mentale e la sua esplosiva bellezza, da questo punto di vista, non è un’arma a suo vantaggio. Lisa è una di quelle donne di cui non ci si dovrebbe mai innamorare, tanto seduttiva quanto pericolosa. Come ogni paziente borderline ha paura dell’abbandono, ha una personalità fragile e tende all’autolesionismo. Potrebbe essere una donna affascinante vista anche la sua intelligenza, ma la sua patologia la porta ad usare la seduzione e il sesso per coprire la sua fragilità e poi, quando sente che non riesce più a gestire il peso della relazione, abbandona, fugge, distrugge e si distrugge: alcool, droga, tagli sulle braccia. Solitamente viene scambiata per una mia collega e di questa parvenza di normalità lei ne è perfettamente conscia: purtroppo c’è tutta l’altra parte di sofferenza che, almeno per me che la conosco da anni, risulta assai evidente. Lisa ha scelto di giocare a calcio inizialmente per sedurre i giocatori e fare “il maschio” della squadra, per comandare. Col tempo però, il suo comportamento spigoloso si è decisamente smussato, ha smesso di parlare degli altri come “dei pazienti da curare”, sostituendo quel termine con “i miei compagni di sventura” e ha imparato a gestire meglio anche l’aggressività, sia verbale che fisica. Certo, quando incontra una donna in campo scatta sempre una sorta di rivalità femminile, ma credo che ciò appartenga non solo alle persone borderline. Lisa rimane ad oggi la paziente più bella, misteriosa e fascinosamente problematica che abbia mai incontrato. Nella fila dietro, con la testa appoggiata al finestrino, c’è Sapore di mare, un ragazzo albanese di neanche trent’anni, venuto in Italia per cercare fortuna. Ha vissuto per anni in strada finché non è approdato in una struttura d’accoglienza per stranieri dove ha potuto fare tutti i documenti necessari ed iscriversi ad una scuola serale. Non ha amici, gli unici siamo noi. Il nomignolo Sapore di mare glielo diede Lisa un giorno in cui Alban, questo il suo vero nome, ci confidò che aveva impiegato più di sei mesi per imparare una poesia di otto righe dal titolo, appunto, “Sapore di mare”. Da allora, prima di ogni partita, Alban recita la poesia che ormai abbiamo imparato a memoria ed inevitabilmente scatta l’applauso di tutti. E’ il nostro “grido di battaglia”. Lui non è prettamente un paziente psichiatrico, è semplicemente un ragazzo solo, senza soldi, che ha trovato nello sport e nel nostro gruppo un valido momento di socializzazione. Accanto a Sapore di mare, c’è Ciccio, l’ultimo arrivato. 20 anni, uno sguardo perso nel vuoto e un gravissimo disturbo psicotico delirante10. Ciccio, dopo che a quindici anni subì un intervento di safenectomia, iniziò a soffrire di allucinazioni e a bere alcolici per tenere a bada i suoi deliri. Attualmente è convinto che la pelle possa staccarsi da un momento all’altro dal suo corpo, non sopporta il contatto fisico e tende ad astrarsi completamente in un suo mondo mentale privato. A seconda dei giorni, e della sua serenità, riesce a giocare tranquillamente una partita intera, altre volte invece, anche stare in panchina, diventa per lui uno sforzo enorme. Di fianco a Ciccio c’è Shakira, altrimenti detto “Anaconda” per via delle sue “notevoli dimensioni genitali”. 24 anni, orfano di entrambi i genitori, anche lui non rientra prettamente nel ruolo di “malato mentale”, ha semplicemente una gran confusione in testa circa la sua sessualità. Attualmente non ha ancora capito se è omosessuale o eterosessuale. Il suo cellulare squilla in continuazione, quando non è a scuola, passa le giornate al telefono con apparenti fidanzate/i con cui si intrattiene poi la sera. La sua promiscuità sessuale è al limite ed il rischio di prostituirsi per guadagnare soldi ed essere indipendente è purtroppo molto alto. Parla fin troppo apertamente della propria sessualità, come se cercasse dei consigli da tutti noi, ma non è facile affrontare con lui questo argomento. Qualcuno sostiene sia dipendente dal sesso, una diversa forma di dipendenza dalle solite, se vogliamo: ogni giorno, infatti, si vanta di avere numerosi rapporti sessuali con conoscenti, compagni di scuola, amici. Non si sa quanto sia vero o frutto invece della sua fantasia per far colpo su chi lo ascolta, fatto sta che il problema è emerso proprio grazie allo sport. Una sera infatti, mentre faceva la doccia negli spogliatoi, facendo di tutto per mostrare le sue nudità, mi confidò del suo dubbio inerente la sua ambiguità sessuale. Da allora iniziò un percorso psicoterapeutico che lo sta portando, pian piano, ad affrontare tematiche spinose come la morte dei genitori, una violenza che subì dallo zio quando era ancora molto piccolo e la morte della sorella per aids. Nella fila in fondo c’è lo Zio, uno splendido cinquantenne sovrappeso che, dopo la morte di entrambi i figli in un incidente stradale, entrò in una grave forma di depressione che lo spinge a trascorrere le sue giornate a letto a non fare niente. Lui è proprio uno di quelli che si definiscono “matti”. Racconta di aver giocato da ragazzo nelle giovanili dell’Atalanta, il piede in effetti ce l’ha. Poi però, si è seduto nella malattia mentale e per trent’anni non ha più mosso il suo corpo. Il calcio è da sempre la sua passione, sicuramente il fisico non lo aiuta più, ma nell’ultimo anno ha sempre fatto parte del gruppo, giocando anche solo pochi minuti. In realtà lo Zio si è ritagliato un ruolo in maniera autonoma: è il vice allenatore, lui si occupa di tattica, è lui lo stratega della squadra. E’ anche magazziniere, gonfia i palloni e prepara il materiale per gli allenamenti, pulisce una volta alla settimana gli spogliatoi e lava le divise da gioco. Insomma, il nostro “factotum”. Porta con sé sempre una lavagnetta con delle pedine magnetiche e le sue lezioni di tattica sono diventate ormai un qualcosa di imprescindibile per tutti noi. Ma lo Zio è anche quello che si vanta di aver rivoluzionato i giochi da tavolo: la sua passione è il monopoli le cui regole ha ovviamente modificato perché “inadatte alla società attuale”. E allora al posto della prigione ha introdotto il “bosco in città”, “non mi sono mai piaciute le carceri”, la tassa patrimoniale è stata sostituita dal rimborso della banca: se capiti su quella casella lo Stato ti ridà indietro l’equivalente del tuo 730. “Vicolo corto non mi piace perché lì fanno i pompini e vicolo lungo è pericoloso per la presenza dei trans”: sono caselle su cui è meglio non finire mai [...]
Posted on: Tue, 04 Jun 2013 17:00:21 +0000

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