Germania Processo Conviene sempre guardarsi indietro e riscoprire - TopicsExpress



          

Germania Processo Conviene sempre guardarsi indietro e riscoprire da dove veniamo, quando una crisi economica, politica, anche mentale, tende ad avvitarsi e incancrenire. Conviene sapere come e perché ebbe inizio lunificazione europea, dopo una guerra che devastò il continente. Come la Germania fu riaccolta dalle democrazie, rilegittimata, e potendo rialzarsi conobbe una formidabile ascesa economica. Come infine questascesa ha toccato lacme, nella grande crisi degli ultimi anni. Una crisi che minaccia lUnione, la sua moneta unica, e perfino la sua pace interna. Cominciò dopo il 45 con la saggezza del vinto, e anche dei paesi vincitori. Il vinto fu saggio perché seppellì il morbo nazionalista, la dismisura del suo desiderio di dominio sullEuropa: ne scaturì quella che in Germania viene chiamata Gedächtnispolitik, politica della memoria. Le più svariate decisioni interne,e la grande apertura allunificarsi dellEuropa, discendevano tutte dalla scelta, indefessa, di ricordare il passato, di farsi una nuova pelle, di abbandonare la sovranità nazionale assoluta che aveva distrutto gli Europei mettendo fine alla loro centralità mondiale. Ma ci fu anche la saggezza dei vincitori. Le insanie del primo dopoguerra non si ripeterono. Se lobiettivo era la pace duratura fra i popoli, e la lotta alla povertà che di tale pace era essenziale presupposto, le vecchie politiche punitive inflitte al vinto andavano bandite. Messo a tacere, emarginato, John Maynard Keynes aveva inveito contro la strategia del castigo fin dalle trattative di pace a Versailles, nel 1919. Fu ascoltato solo nel secondo dopoguerra: a partire dal 44-45 videro successivamente la luce gli accordi monetari di Bretton Woods, il Piano Marshall di aiuti allEuropa, la remissione dei debiti tedeschi nella Conferenza di Londra nel 53 e, in concomitanza, il formarsi della Comunità europea. Di lì bisogna ripartire, davantia quel bivio siamo di nuovo: ma smarriti, senza più la bussola di storiche lezioni. In Germania soprattutto la memoria sembra come impazzita. Resta più viva che altrove (incomparabilmente più che in Italia) ma fortemente manomessa, quasi fosse mutilata. I dodici anni del nazismo sono costantemente ricordati, ma non come si scivolò nellorrore, non come al disastro dellinflazione saggiunse quello della deflazione, non la sapienza con cui se ne uscì, dopo il 45. Si scivolò nellorrore per vari motivi (culturali, politici, psicologici) ma anche per condotte economiche folli. Alla crisi del 29, gli ultimi governi di Weimar sfiniti dal trauma inflazionistico e dalle riparazioni risposero - specie sotto il cancelliere Brüning, nel 30-32 - con una pesante deflazione che impoverì ancor più la popolazione. Esattamente come accade oggi, i dottrinari dellausterità puntarono tutto sullesportazione, trascurando i consumi interni. Stremato, il paese che aveva datoa Hitler il 18,3 per cento nel 1930 gliene diede il 33 nel 32 e il 43,9 nel 33, cadendo nelle mani del demagogo che prometteva lavoro, benessere e sangue. Deutschland über alles divenne il motto: la Germania sopra ogni cosa. Tutto questo ebbe fine. Il primo Cancelliere del dopoguerra, Adenauer, scelse lEuropae la pace con Francia di De Gaulle. Seguì, abbiamo visto, la lungimiranza dei vincitori: nel 53, ben 65 Stati consentirono al taglio dei debiti di guerra tedeschi (fra essi Italia e Grecia, paese-cavia delle odierne politiche di compressione dei redditi), permettendo ai tedeschi lo straordinario miracolo dei decenni successivi. Sulla genesi di quel miracoloè caduto loblio, e lo stesso oblio spiega il perché di una leadership tedesca che di fatto esiste, ma non viene assunta con lungimirante solidarietà, oltre che con esigente senso di responsabilità. In realtà alcune dottrine economiche dei vecchi tempi persistevano, e persistono. In particolare la dottrina cui vien dato il nome di casa in ordine: prima che scatti la cooperazione internazionale o sovranazionale, occorre che ogni paese mettaa posto da solo i propri conti. Il cosiddetto ordoliberalismo aveva messo le radici fra le due guerre nella scuola di Friburgo, fu sposato dopo il 45 dal futuro cancelliere Erhard, e negli ultimi sei anni di crisi ha assunto le fattezze di un dogma. Sappiamo come i dogmi chiudano la mente alle alternative, nonché alle soluzioni. Loffensiva di gran parte delle élite tedesche contro la Banca centrale europea è leffetto di questa dottrina, ancora sotterraneamente intrisa di nazionalismo. Sono anni che a proposito dellEuropa ascoltiamo una leggenda che non ha più senso. LUnione non sarebbe più quella degli esordi, quando la questione centrale, dopo il conflitto di trentanni del 1914-1945, era per ogni cittadino la pace e la guerra, la dittatura e la democrazia. Ora non più così, guerree dittature non sarebbero più concepibili. Inane leggenda: anche la crisiè una sorta di guerra, e bellicoso è oggi il rapporto tra le nazioni europee, fondato comè su reciproci sospetti, su risentimenti, sulla dialettica letale fra delitto e castigo, fra colpevolizzazione e espiazione. In tedesco Schuld significa colpa, e anche debito. Della colpa del debito gli Stati europei devono lavarsi - sostiene Berlino- prima che intervenga lEuropa con solidali piani comuni di salvataggi,e innanzitutto investimenti. Anche se il boom delle esportazioni, provenienti negli ultimi sei anni dalla Germania, ha contribuito grandemente al formarsi di bolle finanziarie nella periferia Sud, in ragione di ingenti flussi di capitali non compensati da adeguate importazioni. Lo spiega bene leconomista Ulrich Schäfer, sulla Sueddeutsche Zeitung del 13 novembre: le critiche di questi giorni allirresistibile export tedesco - della Commissione europea, del Fondo monetario, del Sud Europa - «sono giustificate», e grave è la sordità tedesca.È un boom che in Germania saccompagna a bassi consumi, al precariato che cresce, a gracili importazioni: dunque a unincuria verso lUnione. Gli errori commessi negli anni 30 tendono a riprodursi. Fare lEuropa resta un caposaldo della politica tedesca, ma spesso è più flatus vocis che realtà. Gli stessi accenni ripetuti a uno sviluppo federale dellUnione sono spesso inconsistenti, anche se è vera la principale obiezione di Berlino: il cruciale ostacolo alla Federazione viene dalla Francia (destra e sinistra comprese), attaccata al dogma della sovranità politicomilitare come la Germania è attaccata ai dogmi economici. Uscire dallimpasse è possibile se la memoria si rimette in moto. Se ancora una volta i paesi vinti - schiacciati dal debito - vengono sorretti da una cooperazione internazionale che si attivi durante, non dopo i compiti a casa. Se si opera perché i compiti mutino natura, e non si arrivi a guarire quando gran parte dei pazienti è già morta da tempo. È quel che Keynes temeva nel 1919. Lo stesso dovrebbe temere Berlino, oggi, per lUnione che guida e non guida. Come allora, lEuropa ha bisogno di un piano Marshall (lo propongono i sindacati in Germania) e di una conferenza sul debito delle periferie Sud, simile a quella che nel 53 cancellò generosamente i debiti tedeschi. Ha bisogno che finisca letà dei dogmi e dei finti sovrani nazionali, a Berlino come a Parigi. Perché in quei dogmi è il suo male; è lorigine della sua presente prigionia nella smemoratezza e nel peccato di perfecta nolitio, di completa non-volontà. E ha bisogno di ripensare la pace e la guerra, sia dentro che fuori casa. Dentro casa ponendo termine alla semiguerra tra paesi santi e peccatori. Fuori casa smettendo di affidarsi a una pax americana che sta creando caos più che ordine, in una mondializzazione dove nessuno da solo si salverà. Ridivenire veramente Stati sovrani, nel nostro continente, è possibile solo se lEuropa la si fa sul serio. BARBARA SPINELLI 15 novembre 2013 37 sez. R2
Posted on: Fri, 15 Nov 2013 23:25:49 +0000

Trending Topics



Recently Viewed Topics




© 2015