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Giacomo Puccini Da Wikipedia, lenciclopedia libera. bussola Disambiguazione – Puccini rimanda qui. Se stai cercando altri significati, vedi Puccini (disambigua). « La morte di Puccini mi ha recato grande dolore. Non avrei mai creduto di non dover più rivedere questo così grande uomo. E sono rimasto orgoglioso di aver suscitato il suo interesse, e Le sono riconoscente che Ella lo abbia fatto sapere ai miei nemici in un recente suo articolo. » (Arnold Schönberg, lettera ad Alfredo Casella, gennaio 1925[1]) Giacomo Puccini Giacomo Antonio Domenico Michele Secondo Maria Puccini (Lucca, 22 dicembre 1858 – Bruxelles, 29 novembre 1924) è stato un compositore italiano, considerato uno dei massimi operisti della storia. Giacomo Puccini signature.svg Indice [nascondi] 1 Biografia 1.1 La prima formazione 1.2 Gli esordi operistici 1.3 Chiatri e Torre del Lago 1.4 Il successo: le collaborazioni con Illica e Giacosa 1.5 La crisi 1.6 Il Trittico 1.7 Turandot, lincompiuta 2 Personalità artistica 2.1 Linflusso di Richard Wagner 2.2 Rapporti con la Francia 2.3 Leredità italiana 3 Composizioni 3.1 Opere liriche 3.2 Altre composizioni 3.3 Progetti operistici non portati a termine 4 Curiosità 4.1 Di Puccini in Puccini 4.2 Puccini e i motori 4.3 Puccini e le donne 4.4 I discendenti 4.5 Puccini nel cinema e in televisione 5 Bibliografia 5.1 Studi generali 5.2 Cataloghi critici 5.3 Atti di convegno e miscellanee di studi 5.4 Carteggi 6 Note 7 Altri progetti 8 Collegamenti esterni Biografia[modifica | modifica sorgente] La prima formazione[modifica | modifica sorgente] Nacque a Lucca il 22 dicembre del 1858 sestogenito dei nove figli[2] di Michele Puccini (Lucca, 27 novembre 1813 - ivi, 23 gennaio 1864) e di Albina Magi (Lucca, 2 novembre 1830 - ivi, 17 luglio 1884). Autografo di Puccini appartenente alla collezione di Francesco Paolo Frontini Da quattro generazioni i Puccini erano maestri di cappella del Duomo di Lucca[3] e fino al 1799 gli antenati di Giacomo avevano lavorato per la prestigiosa Cappella Palatina della Repubblica di Lucca. Il padre di Giacomo era, già dai tempi del Duca di Lucca Carlo Lodovico, uno stimato professore di composizione presso lIstituto Musicale Pacini. Proprio la morte del padre, avvenuta quando Giacomo aveva cinque anni, mise in condizioni di ristrettezza la famiglia. Il giovane Puccini fu mandato a studiare presso lo zio materno, Fortunato Magi, che lo considerava un allievo non particolarmente dotato e soprattutto poco disciplinato (un «talento», come giunse a definirlo, ossia un fannullone senza talento). Giacomo si iscrisse poi allIstituto Musicale di Lucca ove il padre era stato, come detto, docente. Buonissimi risultati ottenne con il professor Carlo Angeloni, già allievo di Michele Puccini, mostrando un talento non comune. A quattordici anni Giacomo poté iniziare a contribuire alleconomia familiare suonando lorgano in varie chiese di Lucca. Laneddotica ce lo descrive tuttavia come uno scavezzacollo, anche se è totalmente priva di fondamento la storia secondo cui, per intascare qualche spicciolo, avrebbe rubato alcune canne dellorgano del duomo. La tradizione vuole che egli decise di dedicarsi al teatro musicale nel 1876 dopo aver assistito a una rappresentazione di Aida di Verdi a Pisa, dove si sarebbe recato a piedi con due amici[4]. A questo periodo risalgono le prime composizioni note, tra cui spiccano una cantata (I figli dItalia bella, 1877), un mottetto (Mottetto per San Paolino, 1877). Nel 1880, allottenimento del diploma presso lIstituto Pacini, compose, quale saggio finale, una bellissima Messa (Messa a quattro voci con orchestra 1880), che eseguita nella Basilica di San Paolino suscitò lentusiasmo della critica lucchese. Giacomo Puccini col suo primo librettista, Ferdinando Fontana, intorno al 1885 Gli esordi operistici[modifica | modifica sorgente] A quel punto, grazie allimpegno di amici e familiari, Puccini ottenne dalla regina Margherita una borsa di studio di cento lire al mese, per un anno che gli consentì di perfezionarsi presso il Conservatorio di Milano dal 1880 al 1883. Allepoca Milano era il centro principale del teatro operistico e non si poteva aver successo nellopera se non passando per Milano. Durante questi anni divise una camera con lamico Mascagni. Tra i suoi insegnanti spiccano i nomi di Amilcare Ponchielli e Antonio Bazzini. Nel 1883 partecipò al concorso per opere in un atto indetto dalleditore Sonzogno. Le Villi, su libretto di Ferdinando Fontana, non vinse il concorso, ma nel 1884 fu rappresentata al Teatro dal Verme di Milano sotto il patrocinio delleditore Giulio Ricordi, concorrente di Sonzogno. Rincuorato dal vivo successo delle Villi, Ricordi commissionò una nuova opera al duo Puccini-Fontana, destinata questa volta al Teatro alla Scala, ma Edgar (1889), che costò al compositore circa quattro anni di lavoro, non raccolse che un successo di stima, e nei decenni successivi subì radicali rimaneggiamenti senza tuttavia mai entrare in repertorio. Nel frattempo, nel 1884, Puccini aveva iniziato una convivenza (destinata a durare, tra varie vicissitudini, tutta la vita) con Elvira Bonturi, moglie del droghiere lucchese Narciso Gemignani. Elvira portò con sé la figlia Fosca, e tra il 1886 e il 1887 la famiglia visse a Monza, in corso Milano 18, dove nacque lunico figlio del compositore, Antonio detto Tonio, e dove Puccini lavorò alla composizione dellEdgar, che lo impegnò per oltre quattro anni. Una lapide, posta sullabitazione (ancora oggi esistente), ricorda lillustre inquilino. Chiatri e Torre del Lago[modifica | modifica sorgente] Puccini però non amava la vita in città, appassionato comera di caccia ed avendo indole essenzialmente solitaria. Quando, con Manon Lescaut ebbe il primo grande successo e vide aumentare le sue disponibilità economiche, pensò quindi di tornare verso la terra natale e acquistato un immobile sulle colline tra la città di Lucca e la Versilia, ne fece un elegante villino che considerò per qualche tempo luogo ideale per vivere e lavorare. Purtroppo la compagna Elvira mal sopportava il fatto che per raggiungere la città si doveva andare a piedi o a dorso dasino, fu quindi giocoforza per Puccini spostarsi da Chiatri verso il sottostante Lago di Massaciuccoli (del quale da Chiatri si gode una ineguagliabile vista). Nel 1891 Puccini si trasferì dunque a Torre del Lago (ora Torre del Lago Puccini, frazione di Viareggio): ne amava il mondo rustico, la solitudine e lo considerava il posto ideale per coltivare la sua passione per la caccia e per gli incontri, anche goliardici, tra artisti. Di Torre del Lago il maestro fece il suo rifugio, prima in una vecchia casa affittata, poi facendosi costruire la villa che andò ad abitare nel 1900. Puccini la descrive così:[5] « Gaudio supremo, paradiso, eden, empireo, «turris eburnea», «vas spirituale», reggia... abitanti 120, 12 case. Paese tranquillo, con macchie splendide fino al mare, popolate di daini, cignali, lepri, conigli, fagiani, beccacce, merli, fringuelli e passere. Padule immenso. Tramonti lussuriosi e straordinari. Aria maccherona destate, splendida di primavera e di autunno. Vento dominante, di estate il maestrale, dinverno il grecale o il libeccio. Oltre i 120 abitanti sopradetti, i canali navigabili e le troglodite capanne di falasco, ci sono diverse folaghe, fischioni, tuffetti e mestoloni, certo più intelligenti degli abitanti, perché difficili ad accostarsi. Dicono che nella Pineta bagoli anche un animale raro, chiamato «Antilisca»[6], per informazioni rivolgersi a... » Il maestro la amava a tal punto, tanto da non riuscire a distaccarvisi per troppo tempo, ed affermare di essere «affetto da torrelaghìte acuta». Un amore che i suoi familiari rispetteranno anche dopo la sua morte, seppellendolo nella cappella della villa. Qui furono composte, almeno in parte, tutte le sue opere di maggior successo, tranne Turandot. Il successo: le collaborazioni con Illica e Giacosa[modifica | modifica sorgente] Dopo il mezzo passo falso di Edgar, la terza opera – Manon Lescaut – fu un successo straordinario, forse il più autentico della carriera di Puccini. Essa segnò inoltre linizio di una fruttuosa collaborazione con i librettisti Luigi Illica e Giuseppe Giacosa, il primo subentrato a Marco Praga e Domenico Oliva nella fase finale della genesi, il secondo in un ruolo più defilato. Illica e Giacosa avrebbero scritto poi i libretti delle successive tre opere, le più famose e rappresentate di tutto il teatro pucciniano. La prima, La bohème (basata sul romanzo a puntate di Henri Murger Scènes de la vie de Bohème), è forse la sua opera più celebre. Lo spartito per pezzi per piano della Madama Butterfly Tra i capolavori del panorama operistico tardoromantico, La bohème è un esempio di sintesi drammaturgica, strutturata in 4 quadri (è indicativo luso di questo termine in luogo del tradizionale atti) di fulminea rapidità. La successiva, Tosca, rappresenta lincursione di Puccini nel melodramma storico a tinte forti. Il soggetto, tratto da Victorien Sardou, può richiamare alcuni stereotipi dellopera verista, ma le soluzioni musicali anticipano piuttosto, specie nel secondo atto, il nascente espressionismo musicale. Il primo atto di Tosca fu composto, nel 1898, nella seicentesca Villa Mansi di Monsagrati, ove Puccini, ospite dellantica famiglia patrizia, lavorava essenzialmente durante le fresche notti estive che caratterizzano quella località della Val Freddana posta a una decina di Km da Lucca. Madama Butterfly (basata su un dramma di David Belasco) è la prima opera esotica di Puccini. Il suo debutto alla Scala nel 1904 fu un solenne fiasco, probabilmente almeno in parte orchestrato dalla concorrenza. Dopo alcuni rimaneggiamenti, lopera fu presentata al Teatro Grande di Brescia, dove raccolse un successo pieno, destinato a durare fino ad oggi. La collaborazione con Illica e Giacosa fu certamente la più produttiva della carriera artistica di Puccini. A Luigi Illica, drammaturgo e giornalista, spettava prevalentemente il compito di abbozzare una «tela» (sorta di sceneggiatura) e definirla poco per volta, discutendola con Puccini, fino ad approdare alla stesura di un testo completo. A Giuseppe Giacosa, autore di commedie di successo e professore di letteratura, era riservato il delicatissimo lavoro di mettere in versi il testo, salvaguardando sia le ragioni letterarie che quelle musicali, compito che svolgeva con grande pazienza e notevole sensibilità poetica. Lultima parola spettava comunque a Puccini, al quale Giulio Ricordi aveva affibbiato il soprannome di «Doge», a indicare il predominio che esercitava allinterno di questo gruppo di lavoro. Lo stesso editore contribuiva personalmente alla creazione dei libretti, suggerendo soluzioni, talvolta persino scrivendo versi e soprattutto mediando tra i letterati e il musicista in occasione delle frequenti controversie dovute allabitudine pucciniana di rivoluzionare a più riprese il piano drammaturgico durante la genesi delle opere. La crisi[modifica | modifica sorgente] Puccini nel 1908 Puccini nel 1908 Frattanto erano cominciati gli anni più difficili della vita di Puccini. Nel 1903 il musicista, appassionato di automobili, rimase gravemente ferito in seguito ad un incidente e dovette sopportare una lunga e penosa convalescenza. Nel 1906 la morte di Giacosa mise fine alla collaborazione a tre che aveva dato vita ai precedenti capolavori. I tentativi di collaborazione con il solo Illica, in particolare a una Maria Antonietta, naufragarono tutti. Nel 1909 fu la volta di una tragedia e uno scandalo che colpirono profondamente il musicista: a ventitré anni la domestica Doria Manfredi, perseguitata dalla gelosia ossessiva di Elvira, si suicidò avvelenandosi. Il dramma aggravò ulteriormente i rapporti con la moglie ed ebbe pesanti strascichi giudiziari. Nel 1912 morì anche Giulio Ricordi, leditore al quale Puccini era profondamente legato e che considerava un secondo padre. Sul fronte artistico, la passione per lesotismo (da cui era nata Butterfly) spingeva sempre più il musicista a confrontarsi con il linguaggio e gli stili musicali legati ad altre tradizioni musicali: nacquero così, nel 1910 La fanciulla del West, un western ante-litteram, e nel 1917 La rondine, concepita come operetta e diventata in seguito un singolare ibrido tra questo genere e quello dellopera lirica. Ma la crisi si manifestò nellenorme quantità di progetti abortiti, talvolta abbandonati ad uno stadio di lavoro avanzato (vedi elenco in fondo). Sin dagli ultimi anni dellOttocento Puccini tentò anche, a più riprese, di collaborare con Gabriele dAnnunzio, ma la distanza spirituale tra i due artisti si rivelò incolmabile. Il Trittico[modifica | modifica sorgente] Leclettismo pucciniano, e insieme la sua incessante ricerca di soluzioni originali, trovarono piena attuazione nel cosiddetto Trittico, ossia in tre opere in un atto rappresentate in prima assoluta a New York nel 1918. I tre pannelli presentano caratteri contrastanti: tragico e verista Il tabarro, elegiaca e lirica Suor Angelica, comico Gianni Schicchi. Delle tre, lultima divenne subito popolare, mentre Il tabarro, inizialmente giudicata inferiore, guadagnò col tempo il pieno favore della critica. Suor Angelica fu invece la preferita dellautore. Concepite per essere rappresentate in ununica serata, oggi le singole opere che compongono il Trittico sono per lo più messe in scena appaiate a opere di altri compositori. Turandot, lincompiuta[modifica | modifica sorgente] Nel 1919 Puccini fu costretto a lasciare Torre del Lago perché disturbato dallapertura di un impianto per lestrazione della torba. Per un periodo egli visse nel comune di Orbetello, nella Bassa Maremma, dove acquistò sulla spiaggia della Tagliata una vecchia torre di avvistamento del tempo della dominazione spagnola, oggi detta Torre Puccini. In seguito andò ad abitare in un elegante villino a Viareggio. Qui il compositore si dedicò alla sua ultima opera: Turandot, che lasciò incompiuta. Tratta da una fiaba teatrale di Carlo Gozzi rappresentata la prima volta nel 1762, Turandot è la prima opera pucciniana di ambientazione fantastica, la cui azione – come si legge in partitura – si svolge «al tempo delle favole». In questopera lesotismo perde ogni carattere ornamentale o realistico per diventare forma stessa del dramma: la Cina diviene così una sorta di regno del sogno e delleros e lopera abbonda di rimandi alla dimensione del sonno, nonché di apparizioni, fantasmi, voci e suoni provenienti dalla dimensione altra del fuori scena. Puccini si entusiasmò subito al nuovo soggetto e al personaggio della principessa Turandot, algida e sanguinaria, ma fu assalito dai dubbi al momento di mettere in musica il finale, coronato da un insolito lieto fine, sul quale lavorò un anno intero senza venirne a capo. Lopera rimase incompiuta poiché Puccini morì a Bruxelles nel 1924, per un infarto miocardico acuto, sopraggiunto subito dopo un disperato intervento chirurgico eseguito per estirpare un diffuso cancro alla gola che lo tormentava da qualche tempo. Le ultime due scene, di cui non rimaneva che un abbozzo musicale discontinuo, furono completate da Franco Alfano sotto la supervisione di Arturo Toscanini; ma la sera della prima rappresentazione lo stesso Toscanini interruppe lesecuzione sullultima nota della partitura pucciniana, ossia dopo il corteo funebre che segue la morte di Liù. Nel 2001 vide la luce un nuovo finale composto da Luciano Berio, basato sul medesimo libretto e sui medesimi abbozzi. La tomba del maestro si trova nella cappella della villa di Torre del Lago. Personalità artistica[modifica | modifica sorgente] Figura di punta del mondo operistico italiano a cavallo tra Ottocento e Novecento, Giacomo Puccini prese le distanze proprio dalle due tendenze dominanti: quella verista prima (nel 1895 aveva iniziato a lavorare a una riduzione operistica de La lupa di Verga, abbandonandola dopo pochi mesi), quella dannunziana poi: « O meraviglia delle meraviglie! DAnnunzio mio librettista! Ma neanche per tutto loro del mondo. Troppa distillazione briaca e io voglio restare in gamba.[7] » Altrettanto arduo è collocare la sua personalità artistica nel panorama internazionale, in quanto la sua musica, pur nellincessante evoluzione stilistica, non presenta lesplicita tensione innovativa di molti dei maggiori compositori europei del tempo. Puccini daltronde si dedicò in modo pressoché esclusivo alla musica teatrale e, al contrario dei maestri dellavanguardia novecentesca, scrisse sempre pensando al pubblico, curando personalmente gli allestimenti e seguendo le sue opere in giro per il mondo. Se diede alla luce soltanto dodici opere (comprese le tre in un atto che compongono il Trittico) fu per mettere a punto organismi teatrali assolutamente impeccabili, tali da consentire ai suoi lavori di affermarsi stabilmente nei repertori dei teatri lirici di tutto il mondo. Interesse, varietà, rapidità, sintesi e profondità psicologica, abbondanza di trovate sceniche sono i fondamentali ingredienti del suo teatro. Il pubblico, benché talvolta disorientato dalle novità contenute in ciascuna opera, alla fine si schierò sempre dalla sua parte; al contrario, la critica musicale, in particolare quella italiana, guardò molto a lungo a Puccini con sospetto o addirittura con ostilità. Specie a partire dal secondo decennio del Novecento, la sua figura fu il bersaglio favorito degli attacchi dei giovani compositori della Generazione dellOttanta, capitanati da uno studioso di musica antica, Fausto Torrefranca, che nel 1912 pubblicò un libello polemico di straordinaria violenza, intitolato Giacomo Puccini e lopera internazionale. In questo libriccino lopera di Puccini è descritta come lestrema, spregevole, cinica e «commerciale» espressione di quello stato di corruzione nel quale la cultura musicale italiana, abbandonata la strada maestra della musica strumentale a favore del melodramma, verserebbe ormai da secoli. Il presupposto ideologico che alimenta la tesi è dimpronta nazionalistica: « Nel Puccini la ricerca veramente personale del nuovo è assente: egli applica, non ritrova, lavora cautamente sul già fatto, assimila da francesi e da russi, da tedeschi e da italiani suoi contemporanei. E applicando, non riesce mai ad ampliare ciò che ha imparato dagli altri, ma se ne serve come di un luogo comune della musica moderna, consacrato dal successo e avvalorato dalla moda. [...] Il Puccini è dunque il manipolatore per eccellenza del melodramma internazionale. La condizione ideale del melodramma internazionale è certo quella di avere una musica che si adatti a qualunque traduzione, in qualunque lingua del mondo; una musica che non sia né italiana, né russa, né tedesca, né francese.[8] » È curioso rileggere le parole di Torrefranca alla luce della rivalutazione critica cui la figura di Puccini è andata incontro negli ultimi decenni del Novecento, nonché dellammirazione disinteressata che manifestarono per essa i maggiori compositori europei del suo tempo: da Stravinskij a Schoenberg, da Ravel a Webern. Nel suo attacco astioso, gravato da pregiudiziali ideologiche, Torrefranca riuscì tuttavia a cogliere alcuni aspetti-chiave della personalità artistica di Puccini; a partire dalla tesi centrale della dimensione «internazionale» del suo teatro musicale. La rivalutazione critica di Puccini, a sua volta internazionale in quanto avviata da studiosi quali il francese René Leibowitz e laustriaco Mosco Carner, ha fondato i suoi argomenti più persuasivi proprio sullampiezza dellorizzonte culturale ed estetico del compositore lucchese, indagato in seguito con particolare sottigliezza, in Italia, da Fedele DAmico nella sua attività di musicologo-giornalista e, più di recente, da Michele Girardi, che non a caso ha voluto sottotitolare il suo ultimo volume dedicato a Puccini Larte internazionale di un musicista italiano. Il grande merito di Puccini fu infatti proprio quello di non essersi lasciato sedurre dai rigurgiti di nazionalismo, assimilando e sintetizzando con abilità e rapidità linguaggi e culture musicali diverse. Uninclinazione eclettica che egli stesso riconobbe in tono scherzoso (comera nel suo carattere) già sui banchi di Conservatorio, tracciando sul quaderno di appunti la seguente autobiografia: « Giacomo Puccini = Questo grande musicista nacque a Lucca lanno......... e puossi ben dire il vero successore del celebre Boccherini. – Di bella persona e di intelletto vastissimo portò nel campo dellarte italiana il soffio di una potenza quasi eco delloltralpica wagneriana...[9] » Giacché alcuni lavori giovanili presentano effettivamente uninusitata combinazione tra stile galante alla Boccherini (destinato a ripresentarsi, anni dopo, nella cornice settecentesca di Manon Lescaut) e soluzioni timbrico-armoniche di matrice wagneriana, questa goliardica autobiografia (realmente bohèmien!) contiene almeno una punta di verità. Per accostarsi alla personalità artistica di Puccini è dunque necessario indagare i rapporti che egli istituì con le diverse culture musicali e teatrali del suo tempo. Linflusso di Richard Wagner[modifica | modifica sorgente] Wagner Sin dal suo arrivo a Milano, Puccini si schierò apertamente tra gli ammiratori di Wagner: le due composizioni sinfoniche presentate come saggi di Conservatorio – il Preludio Sinfonico in La maggiore (1882) e il Capriccio Sinfonico (1883) – contengono espliciti rimandi tematici e stilistici a Lohengrin e Tannhäuser, opere della prima maturità wagneriana. Allinizio del 1883 inoltre egli acquistò insieme a Pietro Mascagni, suo compagno di stanza, lo spartito di Parsifal, il cui Abendmahl-Motiv è citato alla lettera nel preludio delle Villi. Puccini è stato forse il primo musicista italiano a comprendere che la lezione di Wagner andava ben al di là delle sue teorie sul «dramma musicale» e sull«opera darte totale»—che in Italia furono al centro del dibattito—, e riguardava specificamente il linguaggio musicale e le strutture narrative. Se nei suoi lavori degli anni ottanta linflusso wagneriano si manifesta soprattutto in alcune scelte armoniche e orchestrali che talvolta rasentano il calco, a partire da Manon Lescaut Puccini comincia a scandagliarne la tecnica compositiva, giungendo non solo a utilizzare in modo sistematico i Leitmotiv ma anche a legarli tra loro attraverso relazioni motiviche trasversali, secondo il sistema che Wagner impiegò in particolar modo in Tristano e Isotta. Tutte le opere di Puccini, da Manon Lescaut in avanti, si prestano ad essere lette e ascoltate anche come partiture sinfoniche. Réné Leibowitz arrivò addirittura a individuare nel primo atto di Manon Lescaut unarticolazione in quattro tempi di sinfonia, dove il tempo lento coincide con lincontro tra Manon e Des Grieux e lo scherzo (il termine figura nellautografo) con la scena della partita a carte.[10] Soprattutto a partire da Tosca, Puccini ricorre inoltre ad una tecnica tipicamente wagneriana, il cui modello canonico può essere identificato nel celebre inno alla notte del secondo atto di Tristano e Isotta. Si tratta di quello che potremmo definire una sorta di crescendo tematico, ovvero di una forma di proliferazione di un nucleo motivico (soggetto eventualmente a generare idee secondarie), la cui progressione si sviluppa e compie in un climax sonoro, collocato poco prima della conclusione dellepisodio (tecnica che Puccini impiega in modo particolarmente sistematico ed efficace nel Tabarro). Rapporti con la Francia[modifica | modifica sorgente] Dallopera francese, e in particolare da Bizet e Massenet, Puccini ricavò lestrema attenzione per il colore locale e storico, elemento sostanzialmente estraneo alla tradizione operistica italiana. La ricostruzione musicale dellambiente costituisce un aspetto di assoluto rilievo in tutte le partiture pucciniane: si tratti della Cina di Turandot, del Giappone di Madama Butterfly, del Far West de La fanciulla del West, della Parigi di Manon Lescaut, Bohème, Rondine e Tabarro, della Roma papalina di Tosca, della Firenze duecentesca di Gianni Schicchi o del convento secentesco di Suor Angelica. Anche larmonia pucciniana, così duttile e incline ai procedimenti modali, sembra echeggiare stilemi propri della musica francese del tempo, soprattutto quella non operistica. È tuttavia difficile dimostrare la presenza di un influsso concreto e diretto, giacché passaggi di questo genere si incontrano già nel primo Puccini, a partire dalle Villi, quando la musica di Fauré e Debussy era ancora sconosciuta in Italia. Sembra più verosimile immaginare che ad indirizzare Puccini verso un gusto armonico che, a posteriori, si può definire francese sia stata invece lultima partitura wagneriana, Parsifal, certamente la più francesizzante, nella quale si trova un largo impiego di combinazioni modali. Allinizio del Novecento Puccini sembra passare, come altri musicisti italiani della sua generazione, una fase di fascinazione per la musica di Debussy: la scala per toni interi è impiegata in modo massiccio soprattutto nella Fanciulla del West. Sennonché il compositore toscano rifiuta la prospettiva estetizzante del collega francese e usa tale risorsa armonica in modo funzionale a quel senso di attesa di una rinascita – artistica ed esistenziale – che costituisce il nòcciolo poetico di questopera ambientata nel Nuovo mondo. Leredità italiana[modifica | modifica sorgente] La fama di compositore internazionale ha spesso messo in ombra il legame di Puccini con la tradizione italiana e, in particolare, col teatro di Verdi. I due operisti italiani più popolari sono accomunati dalla ricerca della massima sintesi drammatica e dellesatto dosaggio dei tempi teatrali sul metro del percorso emotivo dello spettatore. Al di là della venatura scherzosa – volta daltronde più ad alleggerire che a negare gli argomenti – le parole con cui Puccini dichiarò in unoccasione la propria totale dedizione al teatro sarebbero potute uscire anche dalla penna di Verdi: « La musica? cosa inutile. Non avendo libretto come faccio della musica? Ho quel gran difetto di scriverla solamente quando i miei carnefici burattini si muovono sulla scena. Potessi essere un sinfonico puro (?). Ingannerei il mio tempo e il mio pubblico. Ma io? Nacqui tanti anni fa, tanti, troppi, quasi un secolo… e il Dio santo mi toccò col dito mignolo e mi disse: Scrivi per il teatro: bada bene – solo per il teatro e ho seguito il supremo consiglio.[11] » Puccini insieme ad Arturo Toscanini nel 1900 Italiana è anche la presenza di quella dialettica tra tempo reale e tempo psicologico che anticamente si manifestava nella contrapposizione tra recitativo (momento in cui si sviluppa lazione) e aria (espressione di uno stato danimo dilatata nel tempo) e che assume ora forme più varie e sfumate. Le opere di Puccini contengono numerosi episodi chiusi nei quali il tempo dellazione appare rallentato se non addirittura sospeso: come nella scena dellingresso di Butterfly, con il canto irreale da fuori scena della geisha intenta a salire la collina di Nagasaki per raggiungere il nido nuziale. Più in generale la funzione-tempo è trattata da Puccini con unelasticità degna di un grande romanziere. Criticamente più controverso è il ruolo assegnato alla melodia, da sempre asse portante dellopera italiana. A lungo Puccini è stato considerato un melodista generoso e persino facile. Oggi molti studiosi tendono piuttosto a porre laccento sugli aspetti armonici e timbrici della sua musica. Occorre daltronde – specie a partire da Tosca – intendere la melodia pucciniana in funzione della struttura leitmotivica, che riduce inevitabilmente lo spazio della cantabilità (il motivo conduttore devessere innanzitutto duttile, e dunque la sua gittata devessere breve). Non è dunque un caso se le melodie di più ampio respiro si concentrano nelle prime tre opere. Su questo argomento può essere utile rileggere ciò che scrisse nel 1925 uno dei massimi compositori del Novecento – Edgard Varèse – contestualizzando storicamente il problema della melodia: « Sono passati più o meno dieci mesi da quando Giacomo Puccini ci ha lasciato, combattendo contro il destino per portare a compimento la sua Turandot. Così come allora non appariva allorizzonte nessuna figura che desse segni di essere altrettanto dotata come melodista, non è una sorpresa che oggi nessun altro sia emerso in grado di prendere il pubblico mondiale per le orecchie.[12] » Ed è ancora lo stesso Puccini – con il suo consueto linguaggio aforistico – ad annotare su un abbozzo di Tosca: « Contro tutto e contro tutti fare opera di melodia. » Composizioni[modifica | modifica sorgente] Opere liriche[modifica | modifica sorgente] Puccini aveva labitudine di modificare a più riprese le sue partiture operistiche. In questo elenco si segnalano come versioni solo le revisioni che hanno comportato almeno laggiunta o il taglio di un intero brano. Le Villi, libretto di Ferdinando Fontana (in 1 atto – prima rappresentazione al Teatro dal Verme di Milano, 31 maggio 1884) seconda versione (in 2 atti – prima rappresentazione al Teatro Regio di Torino, 26 dicembre 1884) terza versione (in 2 atti – prima rappresentazione al Teatro alla Scala di Milano, 24 gennaio 1885) quarta versione (in 2 atti – prima rappresentazione al Teatro dal Verme di Milano, 7 novembre 1889) Edgar, libretto di Ferdinando Fontana (in 4 atti – prima rappresentazione al Teatro alla Scala di Milano, 21 aprile 1889) seconda versione (in 4 atti – prima rappresentazione al Teatro del Giglio di Lucca, 5 settembre 1891) terza versione (in 3 atti – prima rappresentazione al Teatro Comunale di Ferrara, 28 gennaio 1892) quarta versione (in 3 atti – prima rappresentazione al Teatro Colón di Buenos Aires, 8 luglio 1905) Manon Lescaut, libretto di Luigi Illica, Marco Praga, Domenico Oliva (prima rappresentazione al Teatro Regio di Torino, 1º febbraio 1893) seconda versione (prima rappresentazione al Teatro Coccia di Novara, 21 dicembre 1893) La bohème, libretto di Luigi Illica e Giuseppe Giacosa (prima rappresentazione al Teatro Regio di Torino, 1º febbraio 1896) Tosca, libretto di Luigi Illica e Giuseppe Giacosa (prima rappresentazione al Teatro Costanzi di Roma, 14 gennaio 1900) Madama Butterfly, libretto di Luigi Illica e Giuseppe Giacosa (in 2 atti e 2 quadri – prima rappresentazione al Teatro alla Scala di Milano, 17 febbraio 1904) seconda versione (in 2 atti e 3 quadri – prima rappresentazione al Teatro Grande di Brescia, 28 maggio 1904) terza versione (prima rappresentazione a Covent Garden, Londra il 10 luglio 1905) quarta versione (prima rappresentazione allOpéra-Comique di Parigi, 28 dicembre 1906) quinta versione (prima rappresentazione al Teatro Carcano di Milano, 9 dicembre 1920) La fanciulla del West, libretto di Guelfo Civinini e Carlo Zangarini (prima rappresentazione al Metropolitan Opera di New York, 10 dicembre 1910) seconda versione (prima rappresentazione al Teatro alla Scala di Milano, 29 dicembre 1912) La rondine, libretto di Giuseppe Adami (prima rappresentazione allOpéra di Monte Carlo, 27 marzo 1917) seconda versione (prima rappresentazione allOpéra di Monte Carlo, 10 aprile 1920) terza versione (possibile prima rappresentazione al Teatro Verdi di Fiume, 11 aprile 1924) Il trittico: Il tabarro, libretto di Giuseppe Adami, Suor Angelica, Gianni Schicchi, libretto di Giovacchino Forzano (prima rappresentazione al Metropolitan di New York, 14 dicembre 1918) Turandot, libretto di Renato Simoni e Giuseppe Adami (incompiuta alla morte di Puccini, completata da Franco Alfano: prima rappresentazione al Teatro alla Scala di Milano, 25 aprile 1926) Altre composizioni[modifica | modifica sorgente] Pezzi per organo e per pianoforte, 1874-1878 (?) A Te, romanza per voce e pianoforte, s.d. ma probabilmente composta negli anni Settanta Preludio a orchestra in Mi minore, 1876 Mottetto per San Paolino per voce solista, coro e orchestra, 1877 I figli dItalia bella, cantata per voce solista, coro e orchestra, 1877 Credo per soli, coro ed orchestra, 1878 (riutilizzato nella Messa a quattro voci) Prime fantasie, valzer per banda, 1879 (perduto) Vexilla regis per coro maschile ed organo, s.d. ma composta tra il 1874 e il 1880 Messa a quattro voci con orchestra, 1880 Tre minuetti per quartetto darchi, entro il 1881 Adagio in La maggiore, per quartetto darchi, 1881-1882 Fuga in Re minore, 1881-1882 (?) Fuga in Do minore a quattro voci, composta tra il 1881 e il 1883 Fuga in Sol maggiore a quattro voci, composta tra il 1881 e il 1883 Fuga in Do maggiore a quattro voci, composta tra il 1881 e il 1883 Fuga in Mi minore a quattro voci, composta tra il 1881 e il 1883 Fuga in Sol maggiore a quattro voci, composta tra il 1881 e il 1883 Fuga in Sol maggiore a quattro voci, composta tra il 1881 e il 1883 Quartetto per archi in Re maggiore, composto tra il 1881 e il 1883 Preludio sinfonico in La maggiore, per orchestra, 1882 Ah! se potesse, romanza per tenore e pianoforte, 1882 (?) (perduta) Scherzo in La minore per archi, 1882 Seguitiam del reo le impronte, frammento di unopera sconosciuta (forse Lucida Mansi), post 1882 Fuga Reale per quartetto darchi, 1883 Melanconia, romanza per voce e pianoforte, 1883 (?) Salve Regina, per soprano e harmonium o pianoforte, 1883 (?) Storiella damore, melodia per voce e pianoforte, 1883 (?) Ad una morta, romanza per mezzosoprano o baritono e pianoforte o orchestra 1883 (?) Adagetto per orchestra, composto tra il 1881 e il 1883 Trio in Fa maggiore per orchestra, composto tra il 1881 e il 1883 Fuga in Sol minore, 1883 Mentìa lavviso, scena e romanza per tenore e pianoforte, 1883 Capriccio Sinfonico, 1883 Scherzo per quartetto darchi, 1883 (?) Sole e amore, romanza per voce e pianoforte 1888 Crisantemi, per quartetto darchi, 1890 Piccolo Valzer per pianoforte, 1894 Avanti Urania!, romanza per voce e pianoforte, 1896 Inno a Diana, romanza per voce e pianoforte, 1897 E luccellino, ninna-nanna per voce e pianoforte, 1899 Scossa elettrica, marcetta brillante per pianoforte, 1899 (?) Terra e mare, romanza per voce e pianoforte, 1902 Canto danime, pagina dalbum per voce e pianoforte, 1904 Requiem per coro, viola, armonium o organo 1905 Ecce sacerdos magnus, per coro a quattro voci, 1905 Dios y Patria, inno scolastico per voce e pianoforte, 1905 Casa mia, per voce e pianoforte, 1908 Piccolo tango per pianoforte, 1907 o 1910 (autenticità molto dubbia) Foglio dalbum per pianoforte, 1907 o 1910 (autenticità molto dubbia) Sogno dor, romanza per voce e pianoforte, 1912 Morire?, romanza per voce e pianoforte, 1917 (?) Inno a Roma, per voce e pianoforte, testo di Fausto Salvatori, 1919 Andantino, per voce e pianoforte, s.d.[13] Progetti operistici non portati a termine[modifica | modifica sorgente] La lupa, dalla novella di Giovanni Verga (1894). Parte della musica fu riutilizzata nella Bohème e in Tosca. Aphrodite, dal romanzo di Pierre Louÿs (1899 – riduzione proposta a Luigi Illica). Tartarin de Tarascon, dal romanzo di Alphonse Daudet (1899-1900, 1905 – riduzione proposta a Luigi Illica, nel 1905 in collaborazione con Maurice Vaucaire). Daphnis, da Charles Paul de Kock (1900 – riduzione proposta a Luigi Illica). Adolphe, dal romanzo di Benjamin Constant (1900 – riduzione discussa con Luigi Illica, opera in seguito composta da Camille Erlanger, 1906). Maria Antonietta, poi LAustriaca, soggetto tratto dalla biografia di Maria Antonietta (1900, 1905-1906, 1907, su libretto di Luigi Illica). Conchita, dal romanzo di Pierre Louÿs La femme et le pantin (1903-1907 – riduzione proposta a Luigi Illica; il soggetto sarà poi musicato da Riccardo Zandonai con il titolo Conchita, su libretto di Maurizio Vaucaire e Carlo Zangarini, 1911). La Zattera, Kan e il suo figlio, I 26 per uno, tre racconti di Maksim Gorkij con cui creare un trittico di opere (1904-1905 – riduzione discussa con Valentino Soldani e Luigi Illica). Margherita da Cortona, su libretto originale di Valentino Soldani (1904-1906). A Florentine Tragedy, dal dramma di Oscar Wilde (1906-1907 e 1912 – riduzione affidata prima a Luigi Illica, poi ad Arturo Colautti, infine di nuovo, nel 1912, a Luigi Illica; il soggetto sarà musicato da Alexander Zemlinsky: Eine florentinische Tragödie, 1917). Cecco dAscoli, poi noto come LAlchimista, su libretto di Gabriele DAnnunzio. Parisina, su libretto di Gabriele DAnnunzio, sulla vita di Parisina dEste (1906 – il soggetto, sempre su libretto di DAnnunzio, fu poi musicato da Pietro Mascagni, 1913). La Rosa di Cipro, su libretto di Gabriele DAnnunzio (1906). Hanneles Himmelfahrt, dal dramma fantastico di Gerhart Hauptmann (1911). Due Zoccoletti, dal romanzo di Ouida (1911-1915? – riduzione proposta dapprima a Roberto Bracco, poi a Luigi Illica e infine, dal 1914, realizzata da Giuseppe Adami; il soggetto sarà poi musicato da Pietro Mascagni con il titolo Lodoletta, su libretto di Giovacchino Forzano, 1917). Parte della musica fu riulizzata in Suor Angelica. Anima allegra, dal dramma dei fratelli Quintero, Serafín Álvarez Quintero e Joaquín Álvarez Quintero (1912-1913 – riduzione affidata a Giuseppe Adami, libretto successivamente musicato da Franco Vittadini, 1921). La Crociata degli Innocenti, su libretto di Gabriele DAnnunzio (1912-1914). Comédie de celui qui épouse une femme muerte, dalla commedia di Anatole France (1913 – riduzione discussa con Luigi Illica). Mollie, dalla commedia At the Barn di Anthony Wharton (1913 – riduzione affidata a Giuseppe Adami). Cristoforo Sly o Sly, liberamente tratto dal prologo de La bisbetica domata di William Shakespeare (1916-1920 – libretto di Giovacchino Forzano, poi messo in musica da Ermanno Wolf-Ferrari con il titolo Sly – La leggenda del dormiente risvegliato, 1927). Oliver Twist, dal romanzo di Charles Dickens (1919-1920, libretto di Giuseppe Adami e Renato Simoni, intitolato Fanny). Curiosità[modifica | modifica sorgente] Di Puccini in Puccini[modifica | modifica sorgente] I primi quattro nomi con cui fu registrato allanagrafe (Giacomo, Antonio, Domenico, Michele) sono i nomi dei suoi antenati, in ordine cronologico dal trisnonno al padre. Puccini e i motori[modifica | modifica sorgente] Puccini al volante della De Dion Bouton 5 CV nel 1902 Pochi sanno che a Giacomo Puccini si deve la costruzione del primo fuoristrada italiano. Appassionato di motori, il maestro iniziò la sua carriera automobilistica acquistando, nel 1901, una De Dion-Bouton 5 CV, vista allEsposizione di Milano di quellanno e presto sostituita (1903) con una Clément-Bayard. Con quelle vetture, percorrendo lAurelia, dal suo rifugio di Torre del Lago raggiungeva velocemente Viareggio o Forte dei Marmi e Lucca. Forse, troppo velocemente, secondo la pretura di Livorno, che multò Puccini per eccesso di velocità, nel dicembre del 1902. Una sera di due mesi più tardi, nei pressi di Vignola, alla periferia di Lucca, sulla Statale Sarzanese-Valdera, la Clement usciva di strada, rovesciandosi nel fossato la Contesora, con a bordo anche la moglie, il figlio ed il meccanico; tutti incolumi, tranne il musicista che si fratturò una gamba. Nel 1905, acquistò una Sizaire-Naudin, cui seguì una Isotta Fraschini del tipo AN 20/30 HP e alcune FIAT, tra cui una 40/60 HP nel 1909 ed una 501 nel 1919. Tutte automobili che ben si prestavano alle gite con famiglia e amici, ma inadatte da utilizzare nelle sue amate battute di caccia. Per questo motivo, Puccini chiese a Vincenzo Lancia la realizzazione di vettura capace di muoversi anche su terreni difficili. Dopo pochi mesi, gli venne consegnata quella che possiamo considerare la prima fuoristrada costruita in Italia, con tanto di telaio rinforzato e ruote artigliate. Il prezzo della vettura era, per il tempo, astronomico: 35 000 lire. Ma Puccini ne fu talmente soddisfatto da acquistare, successivamente, anche una Trikappa e una Lambda. Con la prima, nellagosto del 1922, il maestro organizzò un lunghissimo viaggio in automobile attraverso lEuropa. La comitiva di amici prese posto su due vetture, la Lancia Trikappa di Puccini e la FIAT 501 di un suo amico, tale Angelo Magrini. Questo litinerario: Cutigliano, Verona, Trento, Bolzano, Innsbruck, Monaco di Baviera, Ingolstadt, Norimberga, Francoforte, Bonn, Colonia, Amsterdam, LAia, Costanza (e poi il ritorno in Italia). Nel 1923, assieme agli ingegneri Carlo Giannini e Pietro Remor progettò una motocicletta cui diede il nome di una sua opera, Rondine.
Posted on: Fri, 01 Nov 2013 18:00:55 +0000

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