Gomorra in Veneto arrestati casalesi da Aspide taglieggiavano - TopicsExpress



          

Gomorra in Veneto arrestati casalesi da Aspide taglieggiavano Vicenza e Padova By admin Sequestri e intimidazioni, è «Gomorra» in Veneto A Padova la base operativa dei Casalesi Maxi-operazione dei carabinieri con 29 arresti: i clan minacciavano e “acquisivano” le imprese del Nordest in difficoltà per la crisi. Anche con sequestri di persona e intimidazioni. Base logistica era la “Aspide” di Padova gomorra, mafia, casalesipadova PADOVA. Un’organizzazione mafiosa collegata al clan camorristico dei ‘casalesi’ è stata sgominata dai carabinieri di Vicenza e dalla Direzione investigativa antimafia di Padova che stanno eseguendo, dalle prime ore del mattino, 29 provvedimenti restrittivi in Veneto, Lombardia, Sardegna, Campania e Puglia. L’operazione, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Venezia, è l’epilogo delle indagini avviate nei confronti degli indagati accusati di associazione di tipo mafioso, usura, estorsione, esercizio abusivo dell’attività di intermediazione finanziaria, in danno di centinaia di imprenditori operanti in quasi tutto il nord Italia (prevalentemente nel nord-est), in alcune regioni del centro e del Mezzogiorno d’Italia. Nel blitz sono impegnati circa 300 militari dell’Arma dei Comandi Provinciali di Brescia, Cagliari, Caserta, Mantova, Milano, Napoli, Padova, Rovigo, Taranto, Verona, Napoli e Salerno oltre a due velivoli dei Nuclei Elicotteri dei carabinieri di Salerno e di Treviso; due unità cinofile del Nucleo carabinieri cinofili di Torreglia e militari dei Centri Operativi Dia. I carabinieri hanno accertato, nell’ambito dell’inchiesta, che oltre 100 società sono state estorte, hanno ricostruito due episodi di sequestro di persona a scopo di estorsione, verificato 61 episodi di usura aggravata, 17 episodi di estorsione aggravata, il ‘forzato’ trasferimento di intere quote societarie dalle vittime ai loro aguzzini e il diffuso ricorso a illecite operazioni di attività di intermediazione finanziaria. L’attività criminosa del ‘gruppo’, i cui vertici risultano riconducibili a ‘clan’ camorristici del casertano (i casalesi di Casal di Principe, le cui modalità sono state descritte in “Gomorra” da Roberto Saviano), resa particolarmente insidiosa dalla delicata congiuntura economica e dal ricorso a modalità violente tipiche dell’associazione mafiosa, si concentrava su soggetti in difficoltà finanziaria, utilizzando come copertura lo schermo legale della società di recupero crediti “Aspide”, con sede principale in Padova, base logistica-direzionale da cui promanavano le direttive per i sodali sottordinati, venivano pianificate le attività di riscossione e le spedizioni punitive nei confronti dei debitori insolventi. L’organizzazione, armata, gerarchicamente strutturata con distinzione di ruoli operativi, e diretta con spietata determinazione da Mario Crisci, detto “il dottore” erogava crediti a tassi fortemente usurari (fino al 180% annuo) alle vittime, sino a soffocarle, costringendole a cedere le proprie attività economiche (imprese, società e beni valutati nell’ordine di svariati milioni di euro) o, talvolta, a procacciare per la struttura criminale nuovi ”clienti” nel tentativo di arginare il proprio debito cresciuto vorticosamente in breve tempo. Di fronte ai ritardi nel pagamento scattavano brutali pestaggi. Il denaro affluiva nelle ”casse” del gruppo tramite l’ingegnoso sistema della carte poste-pay (ricaricate dalle elargizioni delle vittime) in dotazione ai sodali e serviva, inoltre, a distribuire fra di essi i compensi dell’attività criminale (veri e propri stipendi mensili). Parte dei proventi, infine, era destinata a soddisfare le necessità economiche di detenuti affiliati alla camorra e dei loro familiari. L’attività investigativa, sviluppata attraverso intercettazioni telefoniche, servizi di osservazione e pedinamento, e con l’ausilio di sofisticati accertamenti tecnici del Ris dei Carabinieri di Parma e dell’Ufficio supporti tecnico-investigativi della Dia di Roma, ha consentito il sequestro di una copiosa documentazione di rilevante interesse probatorio detenuta dall’organizzazione (assegni, cambiali e cessioni di credito aziendali degli usurati per un valore complessivo di circa 4 milioni di euro), oltre ad armi e munizionamento da guerra. da ilmattinodipadova.it VICENZA. Un’indagine complessa e articolata partita nell’agosto del 2010, in cui le intercettazioni telefoniche hanno avuto una parte fondamentale, grazie al lavoro svolto dalla Dia, Direzione Investigativa Antimafia di Padova, coordinata dalla Procura distrettuale antimafia di Venezia. I carabinieri di Vicenza, come sottolinea il comandante provinciale, colonnello Michele Vito Sarno, hanno lavorato in perfetta sinergia con tutti questi organismi investigativi fino a chiudere il cerchio attorno a un’efferata organizzazione criminale di stampo camorristico legata al clan campano dei Casalesi. “E’ la prima volta che portiamo allo scoperto un’organizzazione criminale del genere – fa notare il colonnello Sarno – io dico che si tratta di un male di natura oncologica, un vero e proprio cancro che porterà a scoprire nei prossimi giorni ulteriori sviluppi e altre vittime di questi criminali”. La banda faceva la spola tra Campania e Veneto: 29 gli arresti eseguiti in queste ore, decine le perquisizioni, un centinaio, almeno per ora, le imprese coinvolte in brutte storie di usura ed estorsione. L’organizzazione, che si occupava in prima battuta di recupero crediti, diventava poi anche una finanziaria occulta che gestiva i beni e le stesse aziende cedute dai debitori strozzati da prestiti che arrivavano alla fine anche ad interessi del 180%. “Un’organizzazione ben definita, organizzata gerarchicamente – spiega il comandante Sarno – ognuno aveva compiti precisi, compiti operativi, amministrativi, c’erano anche dei prestanome ‘puliti’ a cui venivano intestate le società cadute nella rete degli usurai. Prima venivano sequestrati beni, macchinari, immobili, poi fatalmente la stessa società veniva fagocitata dai creditori che avevano usato metodi illegali, minacce, pestaggi veri e propri per avere i soldi dovuti”. I carabinieri riferiscono persino di due sequestri di persona, un padre e figlio imprenditori presi dai camorristi, immobilizzati nella sede della propria azienda e pestati selvaggiamente dai creditori davanti ai propri operai. “Un esempio lampante – spiega Sarno – per tutti quelli che avevano chiesto soldi ed erano in difficoltà”. da ilmattinodipadova.it
Posted on: Sun, 29 Sep 2013 16:34:10 +0000

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