Ho idee un po’ particolari sulla sicurezza stradale e, sperando - TopicsExpress



          

Ho idee un po’ particolari sulla sicurezza stradale e, sperando di contribuire positivamente al dibattito generale, le espongo. Prima però vorrei lanciare due sollecitazioni: la prima nei confronti della Chiesa perchè difenda la vita che va persa sulle strade per effetto degli incidenti stradali con la stessa forza con cui difende la vita in altri ambiti. La seconda per la raccolta di firme perchè sia approvata una legge che vieti la circolazione agli automezzi in grado di superare la velocità massima consentita (130 km/h). Per andare alle idee un po’ particolari cui facevo cenno mi pongo una domanda e la pongo alla classe dirigente del nostro paese: come si può accettare che in Italia ci siano 7/8.000 vittime ogni anno per incidenti stradali? E’ una strage indicibile al cui confronto guerre e catastrofi diventano “cosette”! Secondo me, la questione viene affrontata al rovescio, se vista nell’ottica di una società che si definisce evoluta e civile. Infatti, evidentemente tutti quei morti sono considerati, nell’immaginario collettivo, una specie di tributo, di sacrificio, che la comunità deve all’attuale modello di sviluppo e, quindi, si accettano come inevitabili e si interviene a valle del problema nel tentativo di limitare i danni. E’ inspiegabile per me, senza tale concetto di sacrificio, il fatto che per vittime causate in altri contesti si mobilitino opinione pubblica, mass media e fior fiori di intellettuali e per quelle della strada si può dire che tutto tace, pur in presenza di proporzioni numeriche da brivido. Se fosse vero che la vita, per la nostra civiltà, è un valore assoluto da tutelare senza cedimenti, il discorso dovrebbe completamente ribaltarsi e diventare: I MORTI SULLE STRADE NON CI DEVONO ESSERE. Da questo semplice principio consegue che mezzi e strade devono essere costruiti in modo che anche nella situazione più sfavorevole di incidente la vita sia sempre salvaguardata. Oggi non è così, evidentemente. In più, passando dal punto di vista collettivo a quello individuale, ognuno di noi accetta di fatto che, utilizzando normalmente automezzi e strade, mette la sua vita nelle mani di “altri” e ne minimizza il rischio quasi come se non lo riguardasse: è incredibile. Io penso che in nessun’altra situazione persone di intelligenza media, non costrette da motivi eccezionali, farebbero lo stesso, eppure per gli spostamenti su strada è cosa accettata da tutti, non ci turba ed è oltretutto difficile da mettere in discussione. Il grave problema, su cui sorvoliamo tranquillamente, è che, purtroppo, gli “altri” si trovano nelle condizioni psicologiche, emotive, di salute, ecc., più diverse e continuamente variabili e, per questo, del tutto INCONTROLLABILI: questo è quello che non va. E’ per questa incontrollabilità a cui si aggiunge l’incontrollabilità puntuale dell’efficenza dei mezzi, che il sistema così com’è non funziona e gli interventi a favore della sicurezza incidono così poco sul numero delle vittime. Non è ragionevole pensare che la vita è salvaguardata solo quando, tra i tanti, milioni, non ce n’è nemmeno uno che “sgarra”. Nella sostanza, tuttavia, pretendiamo di fondare e realizzare la sicurezza sulle strade sul presupposto che tutti gli utenti, indistintamente tutti e sempre, si comportino in maniera ligia alle regole, attenta, rispettosa verso gli altri e ben presente a se stessi: E’ UNA VANA PRETESA. Vi prego di riflettere con attenzione su quanto ho appena espresso, è il punto focale del ragionamento. Ribaltiamo allora il discorso! Che la sicurezza invece di dipendere, com’è attualmente, dalla condizione utopica di “TUTTI GLI UTENTI SEMPRE PERFETTI”, sia demandata ai costruttori di automezzi e ai costruttori di strade e sia piuttosto “A PROVA DI IMBECILLE”. Così il sistema funzionerebbe perchè l’operato dei soggetti responsabili può essere tenuto COSTANTEMENTE SOTTO CONTROLLO e perchè le variabili introdotte dagli utenti non inciderebbero sulle conseguenze degli incidenti. Naturalmente questo significa pensare ad un altro modo di muoversi, a cambiamenti profondi nel modo di produrre e quasi quasi ad un altro modo di vivere e forse di concepire la vita stessa col tutt’altro che trascurabile risultato che 7/8.000 persone ogni anno continuerebbero a stare con noi. Certo ci vuole coraggio a immaginare cambiamenti di tale portata, ma pensandoci bene gli investimenti necessari per adeguare strade e mezzi a nuove regole di sicurezza totale, riguardando le due industrie trainanti dell’economia italiana, l’auto e l’edilizia, potrebbero dare l’avvio ad una nuova rinascita economica del nostro paese, forse addirittura estendibile a tutto l’occidente. CONCLUSIONI E’ evidente, mi pare, che il genere di misure fin qui adottato a favore della sicurezza stradale, mi riferisco anche alle norme entrate in vigore di recente, influisce molto relativamente sul numero delle vittime. A proposito di questo vorrei fare un inciso. Pare che dette misure dipendano in modo direttamente proporzionale dalla domanda di sicurezza e questa, secondo gli analisti, nel nostro paese è assente e con la sua assenza giustifica lo scarso interesse dei Governi di ogni colore verso la sicurezza stradale stessa. Allora stavo pensando che forse si dovrebbe fare un’opera di sensibilizzazione per sollecitare questa benedetta domanda di sicurezza dalla quale sembra che tutto dipenda. In altre parole c’è una funzione educativa che, specialmente in questioni come questa, chi governa dovrebbe espletare o mi sbaglio? Se ci si riflette bene però, gli spot ed i messaggi shock con cui ci hanno bombardato da un po’ di tempo a questa parte, mirano al risultato opposto, mirano cioè a farci sentire colpevoli o potenzialmente tali. Per domandare sicurezza, al contrario bisogna che l’utente si convinca che essa dipende anche e soprattutto da fattori esterni al suo agire, diversamente come fa a chiederla? Se è convinto che dipende da lui, solo a se stesso potrà domandarla, o no!? Tornando alle conclusioni temo che due sole siano le possibilità che ci si prospettano: cambiare subito rotta in modo deciso o rassegnarci ad avere ancora, per un periodo indefinito, 7/8.000 morti all’anno. A mio avviso la nostra società, rassegnata alla seconda opzione, commette un vero e proprio crimine e il fatto che il criminale sia una comunità intera non ne cambia minimamente la sostanza. Per di più a giustificazione del fenomeno non si può nemmeno chiamare in causa l’esercizio della libertà individuale dato che la propria incolumità dipende anche e soprattutto dal comportamento degli altri e dato anche che nessuno può vivere una vita normale se decide di rinunciare all’utilizzo delle strade. Credo che affrontare il problema in modo da giungere, in un tempo ragionevole e predeterminato, ad una riduzione veramente drastica delle vittime della strada, sarebbe un risultato per il quale gli uomini di inizio millennio sarebbero ricordati per sempre al pari di quelli che hanno determinato svolte epocali. Mi viene in mente, per esempio, quando si è messa in discussione e poi abolita la schiavitù. Anche allora, immagino, ci saranno stati gli scettici, quelli che dicevano che una società senza schiavi non poteva funzionare, che era un’utopia solo immaginarla e gli altri che dicevano: “ma la schiavitù è un delitto contro l’umanità, è inaccettabile, bisogna trovare altre soluzioni”. Ecco, stiamo commettendo, come per la schiavitù, un inaccettabile delitto contro l’umanità, è nostro dovere trovare altre soluzioni ed oltretutto i ritardi sono imperdonabili. Sarebbe veramente necessario, non solo in occasione della settimana europea sulla sicurezza stradale, che nell’agenda della politica fosse inserita questa questione perchè sembra assurdo che 7/8.000 morti ogni anno sulle strade italiane e 35 miliardi di costi sociali, non costituiscano una priorità assoluta da risolvere, eppure non si sentono proposte di modifiche allo stato di fatto, in grado di diminuire drasticamente quella atroce strage. In realtà avrei anche capito perché, in effetti i morti non votano e il cittadino che sarà vittima, quando va a votare ancora non sa che lo diventerà, evidentemente, quindi non si tratta di soggetti elettoralmente interessanti, né rappresentano una categoria che può fare pressioni. Allora perché il politico dovrebbe proporre cambiamenti? Io oserei dire per civiltà. Spero davvero che le cose cambino ma ho paura che nessuno voglia cimentarsi fino in fondo con questo problema per le implicazioni economiche prima di tutto e perchè l’efficacia delle misure è facilmente misurabile e con essa la correttezza dell’impiego dei soldi pubblici: basta contare a fine anno le vite salvate.
Posted on: Sat, 20 Jul 2013 18:09:05 +0000

Trending Topics



Recently Viewed Topics




© 2015