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Home Politica Nazionale Viviamo in uno “Stato” confusionale Effettivamente di “stati” confusionali ne stiamo vivendo molti, a partire dalla situazione politica fino ad arrivare agli affari di tutti i giorni. Niente e nessuna certezza, solo incognite, confusioni e incoerenze. Vedi l’IMU, per esempio. La tolgono oppure no? È giusto toglierla o sarebbe meglio rimodularla? A sentire Enrico Letta va sospesa e rimodulata ma Silvio Berlusconi la vuole tolta e restituita, altrimenti ritira la fiducia al governo. Anche se Berlusconi sarà condannato, il PDL toglierà la fiducia a Letta, come fosse lui l’artefice dei guai giudiziari del cavaliere. È un bel dilemma, non si sa se l’IMU resta o se verrà cancellata, oppure rimodulata, e neanche sappiamo se Letta sarà sfiduciato o meno, quando e, soprattutto, perché. Che il governo Letta sia a termine è un dato abbastanza sicuro, ma che sia sfiduciato a parole ogni giorno non crea certezze, bensì, solamente confusione. Poi c’è il nuovo Ministro dell’integrazione che vuole il diritto di cittadinanza per chi nasce in Italia, la presidente della Camera Laura Boldrini si dichiara d’accordo con Cécile Kienge mentre il presidente del Senato Pietro Grasso è contrario perché si rischia che molte donne straniere verrebbero a partorire in Italia. Boldrini, Grasso e Kienge sono tutti dello stesso schieramento, o ex coalizione che dir si voglia. Che uno dica una cosa e l’avversario asserisca il contrario è normale ed è un fatto di tutti i giorni, ma quando soggetti dello stesso schieramento dicono cose diverse, allora rischiamo di entrare in “stato” confusionale. A chi dovremmo credere? Qualcuno potrebbe dire: “È dialettica democratica!”. Sì, certo, siamo tutti d’accordo che il dialogo è di vitale importanza, ma la democrazia è fare sintesi. La discussione è uno strumento democratico, importante e irrinunciabile, eppure, se crea confusione e non aiuta a fare sintesi concentrando così il dibattito su un’idea maggioritaria e definitiva, si rischia che il “troppo stroppia” e ognuno va per la sua strada. Anche andare per strade diverse, se non ci si trova d’accordo, è più che legittimo e democratico, ma se a ogni idea contraria c’è chi se ne va da un’altra parte (e succede sovente ormai), qui la famosa sintesi tarderà ad arrivare e, forse, non giungerà mai. Sempre a proposito dello “stato” confusionale, la Kienge avrebbe dichiarato che non si sente “totalmente” italiana, eppure è un Ministro della Repubblica Italiana. Anche simili dichiarazioni contribuiscono a creare più di qualche disordine mentale. Ma le confusioni non finiscono qui, ce ne sono a bizzeffe, a partire dal centro sinistra da quando, con le primarie d’inverno, ha deciso la linea politica e la coalizione che ha affrontato poi la sfida elettorale del febbraio scorso. Le primarie hanno ottenuto un successo insperato: circa tre milioni e mezzo di persone votano il candidato premier. Ogni votante ha versato due euro nelle casse del PD (e di SEL o no?), il che fa una cifra pari a circa sette milioni di euro. Nessuno supera il 50% più uno, per cui serve il ballottaggio fra Bersani e Renzi. È sfida esaltante, all’ultimo insulto. Renzi vuole rottamare mezzo vertice del partito, ma non ci riesce o, almeno, non riesce lui a farlo, mentre ci penseranno poi, tutti insieme, quando tenteranno di formare il governo e di eleggere un presidente della Repubblica diverso da Giorgio Napolitano, ma questa è un’altra storia e ne parleremo più avanti. Fatto sta che le proposte passano in second’ordine, rispetto all’idea forte della rottamazione, ma non importa: c’è fervore, interesse, vivacità, vitalità e, soprattutto, democrazia partecipata. Il popolo delle primarie vota compatto anche al ballottaggio, tre milioni di persone si recano alle urne, sempre versando due euro, il che fa un’altrettanta cifra pari a sei milioni di euro; più i sette del primo turno, fanno tredici milioni di euro. Bella la democrazia partecipata! Vince Pierluigi Bersani con il 60%, il 40% va a Renzi che si piazza bene, anzi, benissimo, visto che aveva contro i quattro quinti e mezzo dell’intero partito, cioè tutti quelli che voleva rottamare, compresi i bersaniani di ferro. Il PD è vivo, la coalizione con il SEL di Vendola è salda e appare indistruttibile. Il centro sinistra è pronto, ma esagera. Ormai ha preso il gusto delle primarie, la democrazia partecipata viene, ancora una volta di più, esaltata all’eccesso. Pur non essendo obbligati a farlo, si decide comunque per le primarie anche per i candidati alle elezioni. Bella mossa, altri due euro a votante, vota un milione e mezzo di persone, il che fanno altri tre milioni di euro che, sommati ai precedenti, fanno sedici milioni di euro, una cifra mica da ridere. Bella la democrazia partecipata! A febbraio il centro sinistra vince, di poco, ma vince. Berlusconi, però, non viene battuto e li segue a ruota. Inizia lo “Stato” confusionale, nel senso che è proprio lo Stato Italiano che cade in confusione e, con esso, noi cittadini tutti. Bersani, che ha democraticamente vinto le primarie, tra l’altro, raccogliendo sedici milioni di euro dal popolo delle primarie, non riesce a fare un governo, ma nemmeno eleggere Marini o Prodi quale presidente della Repubblica. Chiedono a Napolitano di restare, e lui rimane mal volentieri, ma a una condizione: l’inciucio PD-PDL. Oggi il premier è Enrico Letta, che nemmeno si era candidato alle primarie, e governa assieme a Berlusconi e Monti raggruppando, così, la “vecchia e strana” maggioranza che ha sostenuto il governo di Mario Monti fino a poche settimane fa. PD, PDL e Scelta Civica insieme creano altrettanto “stato” confusionale. Nessuno sa, con assoluta certezza, cosa stanno a fare al governo, uniti da un’insana passione per le avversioni politiche e personali, figuriamoci se si capisce quanto potrebbero durare. In pratica, siamo messi come prima, solo che ora il governo non è tecnico, bensì politico. SEL, però, che prima sembrava legato così indissolubilmente con il PD, se n’è andato per la sua strada e farà opposizione a Letta e Alfano. Fratelli d’Italia e la Lega Nord, che si sono presentati alle elezioni assieme al PDL di Berlusconi, se ne sono andati per la loro strada e faranno opposizione a Letta e Alfano. Tutto chiaro, no? E il PD, alla fine, si sta squagliando, tanto che il prossimo sabato non sanno cosa fare. L’assemblea nazionale dovrebbe nominare un nuovo segretario al posto di Bersani dimissionario, ma non si conosce ancora chi sarà il successore. Soprattutto loro, i più democratici di tutti, coloro che detengono il miglior elettorato d’Italia con il “popolo delle primarie”, oggi sono nel peggior “stato” confusionale. Forse è per quello che non hanno indetto le primarie anche per l’elezione del candidato segretario. Peccato, con due euro a votante, sarebbe stata, di nuovo, una bella idea. Mark Twain è famoso soprattutto per una frase, che prendo in prestito: “Se votare facesse qualche differenza non ce lo lascerebbero fare”.
Posted on: Mon, 22 Jul 2013 09:19:10 +0000

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