IL PASSATO CHE NON PASSA DEL CARDINAL BERGOGLIO di Griselda - TopicsExpress



          

IL PASSATO CHE NON PASSA DEL CARDINAL BERGOGLIO di Griselda Clerici. Tratto da il settimanale Gli Altri. Data: 16/03/2013. Vorrei esprimere da argentina in maniera serena le mie perplessità e i miei dubbi su questo clima di entusiasmo che accompagna l’elezione a pontefice del cardinale Bergoglio. Proverò ad esternare razionalmente il tumulto interiore che mi accompagna dalla sera di quel 13 marzo. Un uomo della mia terra lontana è stato posto a capo della più alta e significativa carica religiosa mondiale. Predica sobrietà e si proclama difensore dei poveri. Assume il nome di Francesco con l’intento evidente di riferirsi all’esempio straordinario del santo di Assisi. Ci sarebbe da riempirsi di orgoglio e fare salti di gioia. Ma non sono questi i miei sentimenti. Provo ora a spiegare il perché. Il cardinale Bergoglio viene citato nel libro “L’isola del silenzio” da Horacio Verbitsky, noto e stimato giornalista e scrittore, per una sorta di complicità con la dittatura militare perché avrebbe ritirato il sostegno a due sacerdoti gesuiti del movimento della teologia della liberazione. Questi giovani religiosi pagarono amaramente la colpa di aiutare concretamente i poveri delle favelas con il sequestro e la tortura nella famigerata caserma Esma. Furono in seguito rilasciati. Uno è attualmente in un monastero in Germania e dichiara di aver chiuso con quella vicenda. Non condanna Bergoglio, ma nemmeno l’assolve. L’altro, Orlando Yorio, finché è rimasto in vita, ha sempre accusato il prelato “Ci ha consegnato di fatto agli squadroni della morte negando il nostro lavoro”. Verbitsky ammette di non avere prove schiaccianti ma coglie comunque una responsabilità nel non avere difeso i gesuiti. Da sempre è nota una collusione tra la Chiesa argentina ed i militari. Ma Verbitsky giustamente distingue “C’erano sacerdoti che collaboravano con la dittatura e andavano sui voli della morte per dare l’estrema unzione agli oppositori che venivano gettati nel Rio de la Plata. Ma ci furono anche tanti che aiutarono le vittime di quegli anni”. Le gerarchie ecclesiastiche argentine in quel periodo in cui Bergoglio era in forte ascesa, potevano contare su una cinquantina di vescovi, quasi tutti conservatori. I pochi progressisti furono uccisi. Come Enrique Angelelli, vescovo di La Rioja e Vicario di Cordoba, morto misteriosamente in un incidente d’auto dopo aver denunciato apertamente le atrocità della dittatura argentina. Il presidente Nestor Kirchner rompe il silenzio su questa vicenda e nel 2006 firma un decreto che stabilisce che il giorno della morte di Angelelli sia proclamato lutto nazionale. Non più incidente, ma assassinio. Nonostante Bergoglio fosse cardinale di Buenos Aires dal 2001, è solo dopo questa netta presa di posizione del governo che riconosce come “martire” quel vescovo coraggioso. Coraggioso perché in un’omelia denuncia pubblicamente l’assassinio di altri due sacerdoti di cui uno di nazionalità francese, Gabriel Longueville. E la magistratura di Parigi chiede, da un paio d’anni, con una rogatoria internazionale, l’audizione di Bergoglio e la pubblicazione degli archivi dell’episcopato. Ancora una volta il cardinale di Buenos Aires nega la sua collaborazione. Certo non mi lasciano indifferenti le parole di Perez Esquivel, premio nobel per la pace in virtù della sua attività per i diritti umani che assolve con nettezza il nuovo Papa. Cerco di orientarmi tra le opinioni difformi di persone che stimo e che hanno sofferto tanto per quella pagina nera della storia del mio paese. Le “Abuelas de Plaza de Mayo” sono un punto di riferimento autorevole ed insostituibile per la verità e la giustizia su quel periodo. Estela de la Cuadra, figlia di una delle fondatrici del movimento, ha perso cinque famigliari per mano dei militari. Tra questi sua sorella Elena, incinta. La famiglia si rivolge disperata a Bergoglio che delega l’arcivescovo Mario Picchi a trattare con la polizia. La risposta delle forze dell’ordine non lascia speranze “E’ comunista. E’ stata condannata. La bambina è stata affidata ad una famiglia troppo importante per poter essere restituita”. Bergoglio si rifiuta di presentarsi in tribunale per dare la sua testimonianza. Acconsente solo dopo molto tempo. E solo con risposte scritte. Tutte evasive. Nel 2010 nega di essere stato a conoscenza di rapimenti e furti di neonati. Ma il dolore di Estela de la Cuadra dice altro. Il biografo ufficiale di Bergoglio, Sergio Rubin, afferma “Molti argentini hanno finito per essere complici involontari dei militari. Forse Bergoglio non ha avuto il coraggio di altri sacerdoti. Ma non ha mai collaborato”. “…Non ha avuto il coraggio…”, questa frase mi torna insistentemente nella testa e stride con il giubilo ed i giudizi entusiasti di questi giorni. Estela de la Cuadra chiede che vengano riaperti gli archivi della Chiesa durante la dittatura e quelli del “Movimento famigliare cristiano” sospettato di smistare i neonati rubati dai militari ai “sovversivi” per consegnarli in mani più “affidabili” dal punto di vista religioso e del nuovo ordine imposto. Estela Carlotto, la più nota tra queste donne straordinarie, scandisce le parole con la forza e l’autorevolezza di sempre “Non abbiamo mai sentito parlare il cardinale Bergoglio dei nostri nipoti scomparsi. Non ci ha mai dato una mano. Ci ha ignorato e dimenticato. Non abbiamo mai avuto l’appoggio della Chiesa. Eppure siamo cattolici anche noi”. Conclude con un filo di speranza “Ci aspettiamo che non dimentichi la sua patria e la sua storia, che lotti per la pace, la convivenza e l’amore per il prossimo”. Non mi pare che si tratti, come afferma padre Federico Lombardi, di atteggiamenti anticlericali di forze estremiste. Sento ribollire la rabbia quando il giorno dopo l’elezione del cardinale Bergoglio a pontefice 44 imputati accusati di crimini di lesa umanità commessi nel campo di concentramento “La Perla” di Cordoba (sequestri, torture, abusi sessuali, rapimenti di neonati) si presentano all’udienza con coccarda papalina. L’avvocato delle vittime affermerà che l’ex cardinale di Buenos Aires “è stato il loro padre spirituale dopo il cardinale Primatesta” (acclarato amico e sostenitore dei militari). Mi turba la liquidazione sommaria degli intrecci e delle commistioni tra la Chiesa e la dittatura che si sta producendo in queste ore. L’ammissione di qualche errore non può essere la pietra tombale sulla verità. Essa va ricercata con determinazione. Senza giustizia l’Argentina non avrà mai una memoria condivisa al pari della Costituzione italiana che assume l’antifascismo come propria religione civile. Anche negli anni bui di quella parte dell’America latina molti, in Italia, volsero lo sguardo altrove. A differenza della tragedia cilena, quella argentina rimase sepolta da una coltre di silenzio. Eppure ci sono state persone che “…hanno avuto coraggio…”, che hanno messo a repentaglio la propria vita per salvarne delle altre. Come Enrico Calamai, diplomatico italiano, che di vite ne ha salvate tante senza neanche avere il sostegno della sua ambasciata. Uno che ha rischiato in proprio in nome di un sentimento di giustizia ed umanità. Uno che non aveva le spalle coperte da una grande istituzione. Porgo domande, non dispenso certezze. Il mio disorientamento è reale. Mi chiedo per quale motivo un cardinale che rivendica una così forte spiritualità e vicinanza ai poveri finisce sempre con il polemizzare politicamente con i governi dell’America latina che più si sono battuti in questi anni per contrastare concretamente quella stessa povertà. Silenzio sulla dittatura, rumorose critiche ai governi, a partire da quello argentino, che hanno cambiato in meglio la vita a milioni di persone. Una sorta di divaricazione tra gesto simbolico, l’evangelizzazione a partire dalle favelas e la traduzione politica della giustizia sociale. Ci sono delle affermazioni da brivido che non possono essere confuse con le note (e scontate) posizioni contrarie alla piena affermazione dei diritti civili della quasi totalità delle gerarchie ecclesiastiche. Come quella che accompagnò l’elezione della presidenta Cristina Kirchner nel 2007 “Le donne sono naturalmente incapaci ad esercitare incarichi politici. L’ordine naturale e i fatti ci insegnano che l’uomo è l’essere politico per eccellenza. Le Scritture ci dimostrano che la donna è sempre sostegno dell’uomo che pensa e agisce. Ma niente più di questo”. Nel mondo, ma soprattutto in Italia, si avverte un gran bisogno di semplicità, di umanità, di umiltà e sobrietà. Questo Papa dispensa queste doti a piene mani. Con gesti simbolici molto forti e particolarmente esibiti. E questo paese ha una grande fame di valori forti. Tanta fame da far sembrare ottima ogni pietanza. Mi pongo qualche interrogativo anche in questo incondizionato giudizio di rinnovamento prospettato da questo pontificato. Gli scandali dello Ior e di Vatileaks reclamavano giustamente un cambio di passo. Ma dietro l’esibita e dichiarata modalità francescana si veicolano concetti che mi paiono molto tradizionalisti. Si schivano i grandi temi della modernità piegandoli alla riscoperta di una spiritualità (di cui si avvertiva un gran bisogno) che lascia intravedere, però, un integralismo impermeabile ad ogni reale innovazione. L’insistenza sulla figura del demonio è quasi ossessiva. E’ opera del demonio la legge sui matrimoni gay in Argentina. Il demonio è presente come minaccia permanente ed oppressiva. Alcuni aspetti della modernità, i diritti delle donne, degli omosessuali, i diritti civili in genere, sembrano essere solo figure demoniache. Forse conviene avere qualche verifica in più di qualche gesto simbolico per misurare la reale portata del rinnovamento. Sarà perché il mio tumulto interiore argentino non si è ancora placato, ma io aspetterei ancora un po’ a definirlo il nuovo Giovanni XXIII.
Posted on: Mon, 04 Nov 2013 14:35:18 +0000

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