Il d.l. n. 235/2012 non può applicarsi a condanne intervenute - TopicsExpress



          

Il d.l. n. 235/2012 non può applicarsi a condanne intervenute precedentemente alla sua entrata in vigore, sia perché, ex art. 11 delle disposizioni preliminari al c.c., la legge non ha effetto retroattivo e a nulla vale che detta norma sia entrata in vigore in epoca antecedente alle elezioni regionali perché nessuna legge sopravvenuta può far scaturire da pregresse sentenze di condanna conseguenze giuridiche pregiudizievoli; sia perché la incandidabilità riferita a dette sentenze è in contrasto con l’art. 25 della Costituzione, tenuto conto che, anche se la incandidabilità non potesse ritenersi strictu sensu una condanna comunque sarebbe incostituzionale la possibilità di prendere in considerazione sentenze precedenti alla entrata in vigore della legge che la prevede.Ai sensi degli artt. 7 e 17 del d.l. n. 235/2012 al fine di verificare ipotesi di incandidabilità doveva farsi riferimento alla normativa in vigore al momento ed abrogata da detto art. 17.L’unica condanna del ricorrente è divenuta irrevocabile oltre diciassette anni or sono e, a mente del dell’art. 13 del d. lgs. n. 235/2012 la durata della incandidabilità e riferita a periodi fissati solo con riferimento alle cariche di deputato, senatore o membro del Parlamento europeo, ma , per la collocazione della norma al capo V, riferito a disposizioni comuni, la esclusione della incandidabilità alle altre cariche è incostituzionale per violazione dellart. 3 applicandosi a situazione analoghe discipline ingiustificatamente diverse.Peraltro, se non fosse applicabile alle candidature alle elezioni regionali la norma relativa alla durata della incandidabilità la riabilitazione non potrebbe essere l’unica causa anticipata dell’incandidabilità e non sarebbe chiaro rispetto a cosa è riferita la cessazione della incandidabilità per il periodo residuo, essendo insostenibile la tesi che residuo e anticipato si riferiscano alle cariche di senatore e membro del Parlamento europeo.Rileverebbe dalla combinazione di dette norme con l’art. 16 del d. lgs. n. 235/2012 e con l’art. 15, comma 1, del d. lgs. stesso lesione del principio di uguaglianza perché solo in tal caso sarebbe applicabile l’incandidabilità, per le sentenze ex art. 444 e ss. del c.p.p., alle sentenze successive alla entrata in vigore di detto d. lgs. Questo il motivo di doglianze del ricorrente che, peraltro, con il secondo ed il terzo motivo di gravame deduce la illegittimità del provvedimento impugnato per violazione e falsa applicazione degli artt. 7, 12, 15 e 16 del d. lgs. n. 235/2012, sollevando questione di costituzionalità con riferimento agli artt. 3 e 25 della Costituzione. Il Consiglio di Stato sul punto ha rilevato che anche a voler prescindere dalla considerazione che, come recentemente affermato dall’A.P. con la sentenza n. 22 del 9 ottobre 2013, “la procedura disciplinata dall’art. 129 cod. proc. amm., in considerazione delle esigenze di certezza e di celerità immanenti all’assetto sostanziale connotante gli atti di esclusione dal procedimento per le elezioni comunali, provinciali e regionali, sia incompatibile con qualsiasi tipo di fase incidentale … che possa comportare il differimento delludienza o la sospensione del giudizio, poiché ogni esplicazione piena delle garanzie connesse ad eventuali fasi incidentali resta riservata alle impugnazioni degli atti successivi, secondo il rito disciplinato dagli artt. 130 ss. del cod. proc. amm.”, occorre rilevare che la Sezione ha già affrontato le questioni in esame con la sentenza n. 695 del 6 febbraio 2013, cui rinvia espressamente e dalle cui conclusioni non vi è motivo per discostarsi. E’ stato al riguardo rilevato, tra l’altro: a.- l’applicazione delle cause ostative di cui allo jus superveniens alle sentenze di condanna intervenute in un torno di tempo anteriore non si pone in contrasto con il dedotto principio della irretroattività della norma penale e, più in generale, delle disposizioni sanzionatorie ed afflittive, giacché la norma in esame non ha natura, neppure in senso ampio, sanzionatoria, penale o amministrativa. b.- il fine perseguito dal legislatore è quello di allontanare dallo svolgimento del munus publicum i soggetti la cui radicale inidoneità sia conclamata da irrevocabili pronunce di giustizia, così che la condanna penale irrevocabile viene in considerazione come mero presupposto oggettivo cui è collegato un giudizio di inidoneità morale a ricoprire la carica elettiva: la condanna stessa è dunque un requisito negativo ai fini della capacità di partecipazione alla competizione elettorale. - non è irragionevole il regime di favore previsto per le sole sentenze di patteggiamento. Ciò in definitiva esclude la pretesa violazione degli artt. 11 delle preleggi e 3 e 25 della Costituzione, rendendo comunque manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, tanto più che, come pure rilevato nella già ricordata sentenza della Sezione, non è apprezzabile un profilo di irragionevolezza collegato alla mancata previsione, per le elezioni regionali, di un limite temporale analogo a quello fissato dall’art. 13 con riferimento alla incandidabilità alla carica di deputato, senatore e membro del Parlamento, stante la diversità di elezioni e di cariche che escludono l’insindacabilità dell’apprezzamento discrezionale operato sul punto dal legislatore. L’appello quindi estato deve respinto.
Posted on: Thu, 14 Nov 2013 16:07:56 +0000

Trending Topics



Recently Viewed Topics




© 2015