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Il dopoguerra[modifica | modifica sorgente] Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Elezione del Presidente della Camera del 1968 e Elezione del Presidente della Camera del 1972. Pertini con Pietro Nenni nel 1947 Nellaprile del 1945 Pertini divenne segretario del PSIUP, carica che ricoprì fino al dicembre dello stesso anno. Nelle file socialiste fu quindi eletto allAssemblea Costituente[82] in cui intervenne nella stesura degli articoli del Titolo I, sui rapporti civili. Appoggiò inoltre il lavoro delle commissioni di epurazione e fu subito decisamente avverso allattuazione dellamnistia voluta da Togliatti nei confronti dei reati politici commessi dai responsabili dei crimini fascisti[83][84]; in tal senso, durante i lavori dellassemblea, intervenne il 22 luglio 1946 con uninterrogazione parlamentare nei confronti del ministro di Grazia e Giustizia Fausto Gullo, che verteva sulle motivazioni dellinterpretazione largheggiante del provvedimento di amnistia, sullinadempimento del governo De Gasperi nellapplicare il decreto di reintegro dei lavoratori antifascisti allontanati dal lavoro per motivi politici durante il regime, sullemanazione di provvedimenti atti a difendere la Repubblica contro i suoi nemici[85]. Il suo intervento si concluse con alcune parole molto dure nei confronti del provvedimento e del governo: « Ricordiamo che lepurazione è mancata: si disse che si doveva colpire in alto e non in basso, ma praticamente non si è colpito né in alto né in basso. Vediamo ora lo spettacolo di questa amnistia che raggiunge lo scopo contrario a quello per cui era stata emanata: pensiamo, quindi, che verrà un giorno in cui dovremo vergognarci di aver combattuto contro il fascismo e costituirà colpa essere stati in carcere e al confino per questo.[85] » La sua azione politica in quel periodo mirava anche al raggiungimento delle riforme sociali necessarie al recupero del paese, devastato sia dallesperienza fascista, sia dalle tragedie della guerra, ma soprattutto al tentativo di eliminare radicalmente qualsiasi possibile rigurgito del regime mussoliniano.[86] Durante il XXV Congresso del Partito Socialista di Unità Proletaria, svoltosi a Roma tra il 9 ed il 13 gennaio 1947, Pertini cercò di evitare la scissione con lala democratico-riformista di Giuseppe Saragat. Per giorni si pose al centro delle dispute nel tentativo di mediare tra le due correnti ma nonostante i suoi sforzi «la forza delle cose», come la definì Pietro Nenni, portò alla scissione socialista, meglio nota come scissione di palazzo Barberini, da cui nacque il Partito Socialista dei Lavoratori Italiani. Nonostante fosse fautore dellunità del movimento dei lavoratori e dellunità dazione con il Partito Comunista Italiano, tuttavia era anche un fervido sostenitore dellautonomia socialista nei confronti del PCI. In tal senso si oppose, in seno al Partito Socialista Italiano (nato dalle ceneri del PSIUP dopo la scissione di Palazzo Barberini), alla presentazione di liste unitarie e alla costituzione del Fronte Democratico Popolare per le elezioni del 1948. Al XXVI Congresso di Roma del 19-22 gennaio 1948 la sua mozione fu tuttavia minoritaria: al prevalere della linea di Nenni, si adeguò alla maggioranza[8]. Pertini rientrò nella direzione nazionale del partito con XXVIII Congresso di Firenze del maggio 1949, divenendo anche, dal 1955 nuovamente vicesegretario. Sarebbe rimasto nella direzione fino al 1957 quando, al XXXII Congresso di Venezia, anche in seguito alla invasione sovietica dellUngheria, venne interrotta la collaborazione con il PCI.[87] Pertini durante un comizio negli anni cinquanta Nella I legislatura, fu nominato senatore della Repubblica, in ossequio alla 3ª disposizione transitoria e finale della Costituzione, e divenne presidente del gruppo parlamentare socialista al Senato. Il 27 marzo 1949, durante la 583ª seduta del Senato, Pertini dichiarò il voto contrario del suo partito alladesione al Patto Atlantico, perché inteso come uno strumento di guerra e in funzione antisovietica nellintento di dividere lEuropa e di scavare un solco sempre più profondo per separare il continente europeo, e sottolineò come il Patto Atlantico avrebbe influenzato la politica interna italiana, con conseguenze negative per la classe operaia. In quella seduta difese anche la pregiudiziale pacifista del gruppo socialista, esprimendo la solidarietà nei confronti dei compagni comunisti – veri obbiettivi, a suo dire, del Patto Atlantico –, concludendo con le seguenti parole: « Oggi noi abbiamo sentito gridare Viva lItalia quando voi avete posto il problema dellindipendenza della Patria. Ma non so quanti di coloro che oggi hanno alzato questo grido, sarebbero pronti domani veramente ad impugnare le armi per difendere la Patria. Molti di costoro non le hanno sapute impugnare contro i nazisti. Le hanno impugnate invece contadini e operai, i quali si sono fatti ammazzare per la indipendenza della Patria![88] » Nel 1953, alla morte di Stalin, il suo intervento, in qualità di presidente del gruppo senatoriale socialista, celebrò il capo dellURSS « Il compagno Stalin ha terminato bene la sua giornata, anche se troppo presto per noi e per le sorti del mondo. Lultima sua parola è stata di pace. [...] Si resta stupiti per la grandezza di questa figura che la morte pone nella sua giusta luce. Uomini di ogni credo, amici e avversari, debbono oggi riconoscere limmensa statura di Giuseppe Stalin. Egli è un gigante della storia e la sua memoria non conoscerà tramonto.[89] » Sempre nel 1953, fu tra i più strenui oppositori della cosiddetta legge truffa[90], pronunciando un duro intervento in Senato contro lapprovazione del provvedimento nella seduta del 10 marzo. Fu successivamente eletto alla Camera dei deputati nel 1953, e poi ancora nel 1958, 1963, 1968, 1972 e nel 1976, nel collegio Genova-Imperia-La Spezia-Savona, per divenire presidente prima della Commissione Parlamentare per gli Affari Interni e poi di quella degli Affari Costituzionali, e nel 1963 vicepresidente della Camera dei deputati. Sandro Pertini Fu tra i politici che protestarono pubblicamente riguardo alla possibilità che si tenesse il congresso del Movimento Sociale Italiano nella città di Genova con un celebre comizio tenuto in una piazza genovese il 28 giugno 1960 (vedi Fatti di Genova del 30 giugno 1960), mentre, tre giorni dopo, denunciò alla Camera i soprusi delle forze dellordine nei confronti dei manifestanti, sia nel capoluogo ligure, sia in altre città dItalia. I disordini portano pochi giorni dopo ai tragici fatti della Strage di Reggio Emilia. Per dare un esempio del suo attaccamento ai valori della Resistenza e dellantifascismo, va ricordato un episodio avvenuto poco dopo la strage di Piazza Fontana, quando Pertini, Presidente della Camera dei deputati, si recò a Milano in visita ufficiale e, incontrando lallora questore Marcello Guida, si rifiutò pubblicamente di stringergli la mano, ricordando lattività di Guida come direttore del confino di Ventotene nel ventennio fascista[10], con un gesto che ruppe il protocollo e che ebbe un forte rilievo mediatico. Tuttavia, pochi anni dopo, lo stesso Pertini, intervistato da Oriana Fallaci, aggiunse che a determinare quel gesto non fu estraneo il fatto che su Guida «gravava lombra della morte» dellanarchico Giuseppe Pinelli[15], avvenuta appunto quando Guida era questore di Milano. Politicamente fu tra coloro che non sostennero il centro-sinistra perché attraverso quellaccordo si sarebbero discriminati i comunisti, mettendo fine alla collaborazione tra i due principali partiti della sinistra. Ricostruì anzi in questa chiave (retrospettivamente, in una celebre intervista a Gianni Bisiach) le vicende del negoziato allArcivescovado che il CLNAI aveva tenuto con il cardinale Schuster per la fuga di Mussolini da Milano, prima del 25 aprile 1945: a suo dire si oppose al negoziato con largomento formale che il PCI di Longo non era stato invitato ai colloqui. Pertini, peraltro, non costituì mai nel PSI una propria corrente e vantava rapporti travagliati (quando non pessimi) con quasi tutti gli esponenti socialisti (disse di lui il compagno di partito Riccardo Lombardi: «cuore di leone, cervello di gallina»[91]). Fu inoltre direttore de LAvanti dallagosto 1946 al gennaio 1947 e dal maggio 1949 allagosto 1951. Dallaprile del 1947 al giugno del 1968 fu anche direttore del quotidiano genovese Il Lavoro. Dal 1963 al 1968, durante la IV legislatura, svolse il mandato di vicepresidente della Camera. Nella V e VI legislatura, ricoprì lincarico di presidente della Camera dei deputati, risultando il primo uomo politico non democristiano e di sinistra a ricoprire tale incarico. Durante lelezione del Capo dello Stato del 1971, che si protraeva per molti scrutini senza alcun esito, da presidente del Parlamento in seduta comune vietò il controllo del voto imposto dai notabili democristiani che pretendevano che i singoli parlamentari dc mostrassero la scheda bianca prima del suo deposito nellurna: liniziativa, a salvaguardia della segretezza del voto, nellimmediato determinò una sollecitazione decisiva per lo scioglimento dei nodi politici che produssero lelezione di Giovanni Leone, ma a lungo termine gli guadagnò la stima dellopinione pubblica come presidente dassemblea che svolgeva il suo compito in modo non notarile. Il 10 marzo 1974, la Domenica del Corriere pubblicò unintervista concessa da Pertini a Nantas Salvalaggio. In risposta a chi lo accusava di essere un po squilibrato, Pertini rispondeva: « Non mi meraviglia niente. So che il mio modo di fare può essere irritante. Per esempio, poco tempo fa mi sono rifiutato di firmare il decreto di aumento di indennità ai deputati. Ma come, dico io, in un momento grave come questo, quando il padre di famiglia torna a casa con la paga decurtata dallinflazione... voi date questesempio dinsensibilità? Io deploro liniziativa, ho detto. Ma ho subito aggiunto che, entro unora, potevano eleggere un altro presidente della Camera. Siete seicentoquaranta. Ne trovate subito seicentocinquanta che accettano di venire al mio posto. Ma io, con queste mani, non firmo.[92] » Nella primavera del 1978, durante il sequestro Moro, Pertini, a differenza della maggioranza del Partito socialista, fu un sostenitore della cosiddetta «linea della fermezza» nei confronti dei sequestratori, ovvero il rifiuto totale della trattativa con le Brigate Rosse. La presidenza della Repubblica[modifica | modifica sorgente] « ... Il Presidente dietro i vetri un po appannati fuma la pipa, il Presidente pensa solo agli operai, sotto la pioggia... » (Antonello Venditti, Sotto la pioggia (1982)) Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Elezione del Presidente della Repubblica Italiana del 1978. Nellufficio presidenziale Lelezione del settimo presidente della Repubblica iniziò il 29 giugno 1978 a seguito delle dimissioni di Giovanni Leone. Nei primi tre scrutini la DC optò per Guido Gonella e il PCI votò in modo pressoché unanime il proprio candidato, Giorgio Amendola, mentre lala parlamentare socialista concentrò i propri voti su Pietro Nenni. Fino al 13º scrutinio il PCI mantenne la candidatura di Amendola e il PSI propose Francesco De Martino, senza trovare consensi, ma al 16º scrutinio, l8 luglio 1978, la convergenza dei tre maggiori partiti politici si trovò sul nome di Pertini, che fu eletto presidente della Repubblica Italiana con 832 voti su 995, a tuttoggi la più ampia maggioranza nella votazione presidenziale nella storia italiana. La sua elezione apparve subito un importante segno di cambiamento per il Paese, grazie al carisma e alla fiducia che esprimeva la sua figura di eroico combattente antifascista e padre fondatore della repubblica, in un Paese ancora scosso dalla vicenda del sequestro Moro. Helmut Kohl con il Presidente Pertini nel 1979 Dopo aver giurato, nel suo discorso dinsediamento[93] Pertini ricordò il compagno di carcere ed amico Antonio Gramsci, e sottolineò la necessità di porre fine alle violenze del terrorismo ricordando, tra laltro, la tragica scomparsa di Aldo Moro. Da notare come in precedenza lo stesso Pertini avesse evitato la candidatura al Colle («Non mi sarei proprio sentito a mio agio, lì al Quirinale! Infatti ogni volta che qualcuno tentava di farmi eleggere, io appoggiavo un altro candidato»).[15] La decisione di accettare lincarico fu probabilmente dovuta alla particolare situazione politica creatasi dopo le accuse a Leone e le relative dimissioni. Nel periodo della sua permanenza al Colle contribuì a fare della figura del Presidente della Repubblica lemblema dellunità del popolo italiano. La sua statura morale contribuì al riavvicinamento dei cittadini alle istituzioni, in un momento difficile e costellato di avvenimenti delittuosi come quello degli anni di piombo. Per un certo periodo Pertini diventò infatti il presidente dei funerali di stato: se il funerale di Guido Rossa, davanti a 250.000 persone, diventò loccasione per un forte attacco alle Brigate Rosse, il momento forse più cupo fu il funerale dopo la strage di Bologna.[94] Introdusse poi il rito del bacio alla bandiera tricolore, che sarebbe divenuto usuale anche per i suoi successori. Tra i primi provvedimenti da capo dello Stato ci fu anche quello di concedere la grazia, nonostante lassenza di pentimento da parte dellinteressato e il parere contrario della Procura di Trieste,[95] allex-partigiano Mario Toffanin detto Giacca, condannato allergastolo nel 1954 come principale responsabile delleccidio di Porzûs, massacro in cui avevano perso la vita diciassette partigiani cattolici della Brigata Osoppo.[96] Nel 1979 diede lincarico (senza successo) di formare il governo a Bettino Craxi, suscitando scalpore negli ambienti politici e preparando così il terreno per il primo governo a guida socialista della Repubblica. Pertini fu comunque il primo presidente della Repubblica a conferire lincarico di formare il governo ad una personalità non democristiana, Giovanni Spadolini, il quale presentò il Governo Spadolini I il 28 giugno 1981. Nel maggio del 1980 partecipò in veste ufficiale ai funerali di Josip Broz Tito, presidente della Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia, e molti ritengono che baciò la bandiera che ne avvolgeva la bara. Questo presunto gesto del bacio alla bandiera, a cui Pertini era solito, è stato in questo caso – in alcuni ambienti ed in anni più recenti – ritenuto offensivo nei confronti della comunità giuliano-dalmata poiché il regime di Tito perpetrò i massacri delle foibe e provocò lesodo istriano[97][98]. In realtà, almeno in quella occasione, appoggiò solo un braccio sulla bara[99], baciando la bandiera in un altro momento della cerimonia. In seguito al terremoto in Irpinia del 23 novembre 1980, nellinvocare la repentina risposta dei soccorsi allimmane tragedia dei terremotati, lanciò lappello «Fate presto», frase apparsa il giorno seguente a nove colonne sul quotidiano Il Mattino di Napoli. Pertini nel suo ufficio al Quirinale Pertini rende omaggio al Milite Ignoto Dopo la sua visita in Irpinia, il 26 novembre, pochi giorni dopo la tragedia denunciò pubblicamente limpotenza e linefficienza dello Stato nei soccorsi in un famoso discorso televisivo a reti unificate, in cui sottolineò la scarsità di provvedimenti legislativi in materia di protezione del territorio e di intervento in caso di calamità e denunciò quei settori dello Stato che avrebbero speculato sulle disgrazie come nel caso del terremoto del Belice.[100] Partecipò commosso anche ai funerali del presidente egiziano Anwar al-Sadat, camminando in mezzo alla folla al seguito del feretro lungo tutto il percorso del corteo funebre e ricordandolo durante il discorso di fine anno nel 1981: « Siamo preoccupati, noi abbiamo assistito ai funerali del Presidente Sadat assassinato dai fanatici. Stava operando per la pace nel suo Paese e fra Israele e il Mondo Arabo. Ebbene noi abbiamo assistito a quei funerali; vi abbiamo assistito con un animo colmo di angoscia. Sono situazioni che riguardano tutti noi, non possono essere circoscritte al popolo e alle Nazioni in cui si svolgono, riguardano ognuno di noi, ogni uomo che ama la libertà e ogni uomo che ha a cuore la pace.[101] » Pertini rende omaggio al feretro di Enrico Berlinguer. Pertini e il Presidente del Consiglio Giovanni Spadolini ai funerali di Dalla Chiesa Pertini fu inoltre particolarmente partecipe durante la scomparsa di Enrico Berlinguer, tanto da partire personalmente da Roma con un volo presidenziale per poter scortare la salma nella capitale. Durante le esequie in piazza S. Giovanni, Nilde Iotti, dal palco delle autorità, ringraziò pubblicamente Pertini, scatenando un commovente applauso della folla partecipante. Assunse sempre un atteggiamento di intransigente denuncia nei confronti della criminalità organizzata denunciando «la nefasta attività contro lumanità» della mafia e ammonendo sempre a non confondere i fenomeni criminosi della mafia, della camorra e della ndrangheta con i luoghi e le popolazioni in cui sono presenti. Nel discorso di fine anno del 1982 parlò espressamente del problema mafioso, ricordando le figure di Pio La Torre e del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa: « Vi sono altri mali che tormentano il popolo italiano: la camorra e la mafia. Quello che sta succedendo in Sicilia veramente ci fa inorridire. Vi sono morti quasi ogni giorno. Bisogna stare attenti a quello che avviene in Sicilia e in Calabria e che avviene anche con la camorra a Napoli. Bisogna fare attenzione a non confondere il popolo siciliano, il popolo calabrese ed il popolo napoletano con la camorra o con la mafia. Sono una minoranza i mafiosi. E sono una minoranza anche i camorristi a Napoli. Prova ne sia questo: quando è stato assassinato Pio La Torre, vi era tutta Palermo intorno al suo feretro. Quando è stato assassinato il generale Dalla Chiesa, con la sua dolce, soave compagna, che è stata più volte qui a trovarmi, proprio in questo studio, tutta Palermo si è stretta intorno ai due feretri per protestare. Quindi il popolo siciliano, il popolo calabrese ed il popolo napoletano sono contro la camorra e contro la mafia.[102] » Nel febbraio 1983, tra lo stupore generale visitò in ospedale il giovane Paolo Di Nella, militante del Fronte della Gioventù, in coma per essere stato colpito alla testa con una spranga da due giovani mentre affiggeva dei manifesti,[103] e che nei giorni successivi morì.[104] Lo stesso anno sciolse il consiglio comunale di Limbadi in provincia di Vibo Valentia, in quanto era risultato primo degli eletti il latitante Francesco Mancuso, capo dellomonima famiglia mafiosa. Tornò poi sulle tematiche legate alla criminalità organizzata nel suo discorso di fine anno: Sandro Pertini nei giardini del Quirinale François Mitterrand con Pertini nel 1982 « Ci preoccupa quello che si verifica con la mafia in Sicilia, la camorra nel napoletano e la ndrangheta – non so mai pronunciare bene questa parola – in Calabria. Però io qui mi permetto di fare questa osservazione. Il popolo siciliano non deve essere confuso con la mafia. Il popolo siciliano è un popolo forte, popolo che ben conosco, perché negli anni passati, quando ero propagandista del mio partito, ho girato in lungo e in largo la Sicilia. Li ho conosciuti nella prima guerra mondiale i giovani siciliani, con il loro coraggio e la loro fierezza. Il popolo siciliano è un popolo forte, generoso, intelligente. Il popolo siciliano è il figlio di almeno tre civiltà: la civiltà greca, la civiltà araba e la civiltà spagnola. È ricco di intelligenza questo popolo. Quindi non deve essere confuso con questa minoranza che è la mafia. È un bubbone che si è creato su un corpo sano. Ebbene, con il bisturi, polizia, forze dellordine, governo debbono sradicare questo bubbone e gettarlo via, perché il popolo siciliano possa vivere in pace. Così si dica della ndrangheta in Calabria. Io ho girato in lungo e largo la Calabria. Se vi è un popolo generoso, buono, pronto, desideroso di lavorare e di trarre dal suo lavoro il necessario per poter vivere dignitosamente, è il popolo calabrese. Così il popolo napoletano con la camorra. Anche qui sono una minoranza i camorristi. Parlano troppo di quello che è in carcere, capo-mafia. Quello si sente un eroe. I giornali ne parlano tutti i giorni ed è chiaro che entra il giornale in carcere e lui si sente un eroe, questo sciagurato. Ma il popolo napoletano non può essere confuso con la camorra.[105] » La presidenza di Pertini favorì lascesa del primo socialista italiano alla guida di un governo. Già nel 1979 il presidente aveva dato un incarico (senza successo) a Bettino Craxi. Nel 1983, diede nuovamente lincarico di formare il governo a Craxi, che stavolta realizzò lintento di Pertini. Per due anni e per la prima volta nella storia dItalia, furono socialisti sia il presidente della Repubblica, sia il presidente del Consiglio dei ministri. Ciò nonostante, Pertini ebbe con Craxi rapporti altalenanti, dovuti essenzialmente alla diversa formazione e temperamento. Pertini spesso non condivise le mosse politiche craxiane, come nel caso del XLIII Congresso a Verona, il 15 maggio 1984, in cui Bettino Craxi venne eletto segretario per acclamazione anziché con la consueta votazione. I rapporti tra i due politici comunque si mantennero su un piano di cordialità e rispetto, nonostante non si amassero. Antonio Ghirelli, allora portavoce del Quirinale, riporta che Pertini, il giorno in cui doveva conferire a Craxi lincarico di presidente del Consiglio, notò che il segretario socialista si era presentato al Colle indossando dei jeans e gli intimò di ritornare con un abbigliamento adeguato.[106] Pertini mantenne comunque un forte senso dellappartenenza al partito di cui Craxi era segretario. Racconta Lelio Lagorio, a proposito del secondo incarico a Craxi, che «al termine della legislatura 1979-83 il presidente non faceva che dirci: Voi socialisti cercate di guadagnare voti alle elezioni ed io vi affido il governo. Fu così». Il suo modo di intervenire direttamente nella vita politica del Paese rappresentò una novità per il ruolo di Presidente della Repubblica, che era stato, fino ad allora una figura strettamente notarile. Quello che in seguito divenne un archetipo della funzione di stimolo del Quirinale nei confronti della politica, il cosiddetto potere di esternazione, fu per la prima volta esercitato nella risoluzione della controversia parasindacale dei controllori di volo[107]: indicativo della novità del suo intervento - che indusse il Governo ad avallare una soluzione negoziale elaborata al Quirinale - è il fatto che la stampa e la dottrina giuridica cercarono di ricondurre la vicenda nellambito dei poteri presidenziali, con unevidente giustificazione a posteriori, evidenziando il fatto che i controllori dei voli aerei erano a quel tempo personale militarizzato (era proprio questa una delle principali questioni), e dicendo che Pertini era intervenuto in qualità di comandante delle forze armate (ai sensi dellarticolo 87, 9º comma della Costituzione).[108] Sandro Pertini ed Eduardo De Filippo Grazie allindubbio prestigio di cui godeva, soprattutto tra i cittadini, fu in genere difficile per i vari esponenti politici non recepire, seppur talvolta controvoglia, le sue incursioni. Questo modo di fare, portò il sistema istituzionale a rassomigliare quasi ad unanomala repubblica presidenziale (basti pensare alla rivoluzione del 1981, con lascesa a Palazzo Chigi di Giovanni Spadolini, il primo non democristiano dopo quarantanni, in seguito alla caduta del governo Forlani dopo lo scandalo della P2). Antonio Ghirelli, allepoca portavoce del Quirinale, coniò lappellativo di Repubblica pertiniana, ripresa poi dai media dellepoca. Il suo pensiero politico può essere efficacemente espresso da alcune frasi tratte da una sua intervista: « Per me libertà e giustizia sociale, che poi sono le mete del socialismo, costituiscono un binomio inscindibile: non vi può essere vera libertà senza la giustizia sociale, come non vi può essere vera giustizia sociale senza libertà. Ecco, se a me socialista offrissero la realizzazione della riforma più radicale di carattere sociale, ma privandomi della libertà, io la rifiuterei, non la potrei accettare. [...] Ma la libertà senza giustizia sociale può essere anche una conquista vana. Si può considerare veramente libero un uomo che ha fame, che è nella miseria, che non ha un lavoro, che è umiliato perché non sa come mantenere i suoi figli e educarli? Questo non è un uomo libero. [...] » ( Sandro Pertini, Intervista, CESP - Centro Espositivo Sandro Pertini. URL consultato il 2 agosto 2008. [109]) La sua personalità era intrisa dei princìpi che avevano ispirato la democrazia parlamentare e repubblicana, nata dallesperienza della Resistenza partigiana; era solito sostenere il suo rispetto della fede politica altrui tanto quanto il suo fermo rifiuto del pensiero fascista e di tutte le ideologie che rinneghino la libertà di espressione: « Il fascismo per me non può essere considerato una fede politica [...] il fascismo è lantitesi di tutte le fedi politiche [...], perché opprime le fedi altrui.[110] » Nel 1982 Ronald Reagan, allepoca presidente degli Stati Uniti, ricevette il 25 marzo a Washington il presidente italiano e scrisse in uno dei suoi diari personali: «Oggi è arrivato Sandro Pertini. Ha 84 anni ed è un fantastico gentiluomo. Abbiamo avuto un ottimo colloquio. Ama molto gli Stati Uniti. Cè stato un momento commovente quando è passato davanti al Marine che teneva la nostra bandiera. Si è fermato e lha baciata».[111] Nomine presidenziali[modifica | modifica sorgente] Governi: VII legislatura (1976-1979) Andreotti V, 20 marzo 1979 VIII legislatura (1979-1983) Cossiga I, 4 agosto 1979 Cossiga II, 4 aprile 1980 Forlani I, 18 ottobre 1980 Spadolini I, 28 giugno 1981 Spadolini II, 23 agosto 1982 Fanfani V, 1º dicembre 1982 Craxi I, 4 agosto 1983 Giudici della Corte costituzionale: Virgilio Andrioli, 18 ottobre 1978 Giuseppe Ferrari, 21 ottobre 1980 Giovanni Conso, 25 gennaio 1982 Senatori a vita: Leo Valiani, 12 gennaio 1980 Eduardo De Filippo, 26 settembre 1981 Camilla Ravera, 8 gennaio 1982 Carlo Bo, 18 luglio 1984 Norberto Bobbio, 18 luglio 1984 Con queste nomine i senatori a vita diventarono complessivamente sette. Secondo linterpretazione di Pertini, infatti, lart. 59 della Costituzione non intenderebbe limitare a cinque il numero di senatori a vita che possono sedere in Parlamento ma permettere a ogni Presidente della Repubblica di nominarne fino a cinque. Tale scelta non fu contestata (forse per la qualità dei senatori a vita nominati o per la popolarità di cui Pertini godeva) e il suo successore Cossiga seguì la stessa interpretazione.[112] Senatore a vita[modifica | modifica sorgente] Il 29 giugno 1985, pochi giorni prima della scadenza naturale del suo mandato, si dimise dalla carica allo scopo di facilitare le procedure dellelezione del suo successore. Al termine del mandato presidenziale divenne, come previsto dalla Costituzione, senatore a vita; in tale veste non svolse attività politica né votò la fiducia ad un Presidente del Consiglio da lui precedentemente incaricato. Lunico incarico ufficiale che intraprese dopo la Presidenza della Repubblica fu la presidenza della Fondazione di Studi Storici Filippo Turati, costituitasi a Firenze nel 1985 con lobiettivo di conservare il patrimonio documentario del socialismo italiano. Conserverà questo incarico fino alla sua morte. Nel 1995 la Fondazione Turati ha dato vita allAssociazione Nazionale Sandro Pertini al fine di conservare e valorizzare larchivio e la biblioteca personale del Presidente.[113] Durante e dopo il periodo presidenziale non rinnovò la tessera del Partito Socialista, al fine di presentarsi al di sopra delle parti, pur senza rinnegare il suo essere socialista; del resto, anche durante il mandato aveva difeso la bandiera del socialismo italiano, intervenendo con un commento autorizzato nella cosiddetta lite delle comari del governo Spadolini. Indipendente dal ruolo istituzionale che aveva ricoperto e legato piuttosto a un senso di reciproca lealtà democratica appare invece lepisodio che lo vide, nel 1988, visitare la camera ardente di Giorgio Almirante.[114] Il 23 marzo 1987 fu colto da un malore durante i funerali del generale Licio Giorgieri, che era stato assassinato dalle Brigate Rosse, e fu ricoverato al Policlinico Umberto I; in quella occasione ricevette anche la visita del papa Giovanni Paolo II, al quale era legato da lunga amicizia[115], ma questi poté solo vederlo di sfuggita, poiché gli fu impedito dai medici, in quanto Pertini risultava sedato e non ancora fuori pericolo[116]. Pertini si rimise completamente ma, la notte del 24 febbraio 1990, alletà di 93 anni, si spense per una complicazione in seguito ad una caduta di pochi giorni prima, a Roma nel suo appartamento privato, in una mansarda affacciata sulla Fontana di Trevi. Per suo espresso desiderio, il suo corpo fu cremato e le ceneri traslate nel cimitero del suo paese natale, Stella San Giovanni. Pertini si era sempre dichiarato ateo; nonostante ciò, nel suo studio al Quirinale aveva sempre tenuto un crocifisso: sosteneva infatti di ammirare la figura di Gesù come uomo che ha sostenuto le sue idee a costo della morte.[117] In anni più recenti, un libro di Arturo Mari del 2007, fotografo pontificio, cercò di avvalorare la tesi che Pertini volesse convertirsi in punto di morte e che chiamò il Papa, cui fu impedito di entrare nella stanza di ospedale[118]. Tale circostanza però fu fermamente smentita dalla Fondazione Sandro Pertini, che fornì allemittente La7 alcune registrazioni di telefonate tra la moglie Carla Voltolina e il Papa del febbraio 1990 e rilevando come non ci fu nelloccasione alcun ricovero in ospedale, e indicando infine come la circostanza riportata fosse in realtà relativa alla visita del 1987[119]. Il suo appartamento, dopo la morte della moglie Carla nel 2005, non è più stato riaffittato ed è rimasto intatto. Pertini nella cultura popolare[modifica | modifica sorgente] Targa commemorativa dedicata al Presidente Pertini esposta a Fontana di Trevi. Pertini e la Liguria Una delle tante immagini gioviali del Presidente Pertini Sandro Pertini rimase sempre legato alla sua terra dorigine, la Liguria. Nonostante i suoi impegni, specie nel periodo della presidenza della Camera, si recò spesso in visita non solo nei luoghi in cui era nato o aveva vissuto da giovane ma anche in altre città della riviera ligure e dellentroterra, spesso palesando il suo imbarazzo per il trambusto che la sua presenza comportava nei luoghi in cui sostava, con il vistoso ed ingombrante seguito dei carabinieri di scorta. Una delle mete preferite era Camogli, nella riviera di Levante. Carmine Benincasa (sinistra) con il presidente Sandro Pertini (centro) e Umberto Mastroianni (destra) La sua costante presenza nei momenti cruciali della vita pubblica italiana, nelle situazioni piacevoli come nei momenti difficili, è stata probabilmente uno dei motivi della sua grande popolarità. Spesso è stato definito come il presidente più amato dagli italiani[2][3][4], ricordato per lamore verso lItalia, per il suo carisma, per il suo modo di fare schietto e ironico, per lonestà, per lamore verso i bambini (a cui prestava molta attenzione durante le visite giornaliere delle scolaresche al Quirinale) e per aver inaugurato un nuovo modo di rapportarsi con i cittadini, con uno stile diretto e amichevole («amici carissimi, non fate solo domande pertinenti, ma anche impertinenti: io mi chiamo Pertini... »). La schiettezza e la pragmaticità di Pertini si riflesse inoltre anche nella sua azione politica ed istituzionale, facendolo apparire come un presidente che puntava alla concretezza, rifiutando compromessi e imponendosi con il suo rigore morale.[120] Il giornalista Indro Montanelli, in un articolo pubblicato sul Corriere della Sera del 27 ottobre 1963, scrisse: «Non è necessario essere socialisti per amare e stimare Pertini. Qualunque cosa egli dica o faccia, odora di pulizia, di lealtà e di sincerità.»[121] Tuttavia lo stesso Montanelli, rispondendo alla lettera di un lettore sul Corriere del 16 giugno 1997, scrisse un articolo critico sulla figura del defunto presidente dal titolo Pertini? Sono altri i grandi dItalia.[122] Il giudizio espresso dal giornalista fu definito «molto riduttivo e quasi sprezzante» dallallora ministro Antonio Maccanico, ex collaboratore di Pertini, in una lettera inviata al quotidiano e pubblicata tre giorni dopo.[123] Pertini fu tra i presidenti che scelsero di non abitare nel Palazzo del Quirinale, e mantenne la propria residenza nel suo appartamento romano, secondo lo stesso Pertini per espresso desiderio della moglie. Visse infatti per molti anni in una mansarda di 35 m² che saffaccia sulla fontana di Trevi. Gli abitanti del quartiere lo incontravano spesso, quando ogni mattina lauto di servizio andava a prenderlo per condurlo in ufficio al Quirinale senza grandi apparati di sicurezza; per chi lo riconosceva e lo salutava, soprattutto i bambini, il Presidente aveva sempre un sorriso e un gesto di saluto. Pertini non volle mai conseguire la patente e, escluse le occasioni ufficiali, era la moglie a fargli da autista con lutilitaria di famiglia. Tale vettura, una Fiat 500D rossa del 1962, fu donata dalla moglie al Comune di Torino ed è conservata nel Museo nazionale dellautomobile. Pertini con dei giovani. Pertini ed il commissario tecnico dei campioni del mondo Enzo Bearzot. Pertini gioca a scopone scientifico con i campioni del mondo sullaereo presidenziale, in coppia con Zoff e contro Causio e Bearzot. Pertini, Zoff e Bearzot al Quirinale Spesso si ricorda la sua presenza ai tentativi di salvataggio di Alfredino Rampi, un bambino di sei anni di Vermicino caduto in un pozzo nel 1981, e la sua esultanza allo stadio di Madrid per la vittoria ai Campionati del mondo di Calcio del 1982 (di fronte ad un impassibile re Juan Carlos). Limmagine dei festeggiamenti per la vittoria della nazionale a Madrid nel 1982 avrebbe inoltre generato, anni dopo, il nome del cocktail Pertini, diffuso in Spagna negli ambienti studenteschi. Era inoltre solito trascorrere le sue vacanze estive a Selva di Val Gardena, alloggiando nella locale caserma dei carabinieri, per non disturbare la cittadinanza con ulteriori misure di sicurezza durante la sua permanenza. Nella vicina Val di Fassa, nel comune di Campitello è stato costruito nel 1986 il Rifugio Sandro Pertini, nel nome dellamicizia che legava il Presidente e il gestore del rifugio. La sua popolarità fece sì che diventasse spesso anche oggetto di attenzione da parte del mondo dello spettacolo: nel cabaret televisivo degli anni ottanta, vi sono stati almeno due noti imitatori di Sandro Pertini: Alfredo Papa e Massimo Lopez. Il primo doppiava il pupazzo Sandrino che interloquiva con Lino Toffolo nel varietà di Canale 5 Risatissima. Il secondo imitava Pertini in prima persona, particolarmente negli sketch del Trio (Lopez, Marchesini, Solenghi) per ledizione 1985-1986 di Domenica In. Toto Cutugno lo citò infine nella sua canzone LItaliano, con le parole «buongiorno Italia, gli spaghetti al dente e un partigiano come presidente», al festival di Sanremo 1983. Pertini è stato inoltre protagonista di una striscia a fumetti (Pertini, o Pertini Partigiano) disegnata da Andrea Pazienza e pubblicata su varie testate storiche della satira italiana, tra cui Il male, Cannibale, Frigidaire e successivamente Cuore. Le strisce e il materiale prodotto sono in seguito state pubblicate in volume da Primo Carnera Editore nel 1983 e da Baldini & Castoldi nel 1998. La striscia immergeva il Presidente negli anni della Resistenza italiana al nazismo, dipingendolo come coraggioso e pragmatico guerrigliero, affiancato e intralciato dallinetto aiutante Paz, lautore stesso. Cinema[modifica | modifica sorgente] Nel film del 1975 Mussolini: Ultimo atto, di Carlo Lizzani, cè un personaggio ispirato a Pertini. Lizzani in un suo libro ha scritto che lallora presidente della Camera dei deputati, dopo aver visto il film in proiezione privata, in una lettera commentò bonariamente: «Durante quelle caldissime giornate mi fu rimproverata uneccessiva intransigenza. Nel film, se cè un personaggio moscio sono io!». Il film, che racconta gli ultimi giorni di Mussolini, si ispira alla ricostruzione che vuole Walter Audisio, colonnello della 52ª Brigata Garibaldi, esecutore materiale dellordine del CLN di fucilare il Duce. Lizzani nel suo libro riporta che Pertini nella lettera gli scrisse: «E poi non fu Audisio a eseguire la «sentenza»; ma questo non si deve dire oggi».[124][125] Ci sarà un giorno (Il giovane Pertini) di Franco Rossi è un film del 1993 che racconta la vita di Pertini (interpretato da Maurizio Crozza) nel quinquennio 1925-1930. Prodotto dalla RAI, è stato trasmesso solo nel 2010 a causa dellopposizione della moglie.[126] Opere
Posted on: Fri, 08 Nov 2013 17:49:13 +0000

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