Il nostro futuro? Proviamoci con leresia di Vito Schepisi EPolis - TopicsExpress



          

Il nostro futuro? Proviamoci con leresia di Vito Schepisi EPolis Bari 7 novembre 2013 Ciò che non manca al Sud è la fantasia. A Bari e in Puglia sono nati laboratori politici, rilanciati poi sul territorio nazionale, che volgevano lo sguardo su scenari e strategie politiche, su aperture storiche, persino su strane convergenze e cambi di maggioranze in corsa. Né è mancata la fantasia d’immaginare per Bari una Città che non cè, o di volerne cambiare abitudini e vocazioni, facendo e disfacendo per gli interessi di pochi. Rispolverare Voltaire, però, e il suo Zadig, come fa Palmisano, significherebbe dare alla comune furbizia, o alle stesse lagnanze, un valore più ampio di ciò che non hanno. Non è solo l’intolleranza delle classi agiate e non è solo l’isolamento di chi si trova chiuso e tenuto distante da una classe dominante cinica e impenetrabile. A Bari è anche l’esatto contrario: spesso sono le classi agiate e parassitarie che, per furbizia e mancanza di scrupoli, si pongono nella cordata dei mestieranti di turno. Manca l’autonomia di pensiero e, se l’individuo trova spazio alla sua genialità solo al servizio di chi organizza e manovra gli strumenti per la conquista del potere, diventa una questione d’indifferenza alla libertà. John Locke, nella prefazione al Saggio sullintelletto umano, scrive: “..essendosi cinque o sei amici miei riuniti nella mia stanza a discutere di argomenti molto diversi dal presente soggetto, ben presto ci trovammo in un vicolo cieco, e dopo aver fatto alquanti sforzi senza con ciò progredire verso la soluzione, a me venne il sospetto che avessimo adottato un procedimento errato; e che prima di applicarci a ricerche di quel genere, fosse necessario esaminare le nostre facoltà e vedere con quali oggetti il nostro intelletto fosse atto a trattare e con quali invece non lo fosse”. Oggi i più non si pongono domande e il conformismo interessato sta demolendo il futuro. L’intelletto è parcellizzato. Senza la cultura della libertà, manca chi scuota le coscienze in nome dei principi di giustizia e dignità. Il coraggio dei pochi confligge contro una classe dirigente che parcellizza le professionalità. Si perdono di vista i bisogni, e c’è disinteresse per il futuro e per le nuove generazioni. Sarebbe antistorico immaginare Bari senza la sua operosità commerciale e folle immaginarla, Città Metropolitana e Città Regione, tagliata fuori dalla centralità dei trasporti. E’ già un delitto osservare Bari priva di un terminal container e senza una gestione strategica del suo porto turistico, scalo di un milione di croceristi. I fatti di cronaca in Città ci parlano, ancora, di burocrazia ottusa che scarica il suo nervosismo su un bar del centro o sui venditori di sgagliozze e di caldarroste. Bisognerebbe invece finirla con il sistema medioevale delle istituzioni usate contro i cittadini. Desirèe Digeronimo, citando Rousseau, scrive di un “patto sociale” per il bene comune, ma occorrerebbe prima che la Città si chieda cosa voglia essere o diventare: se riprendere a essere una città dei commerci, di cultura e di terziario, o se cambiare. E con cosa? Le centralità devono tornare a essere sviluppo e lavoro. Bisogna dirlo. Sono le imprese che possono generare occupazione e ricchezza. Oggi, però, le imprese sono vessate dal fisco e dalla burocrazia. All’intelligenza, all’inventiva, alla creatività ed alla progettualità, che hanno già permesso in passato di costruire una grande città, si deve unire un sistema di “burocrazia amica”, così definita in un Convegno dall’Associazione Rinascibari, un gruppo di “eretici” che un bel giorno, preso atto che non andava bene niente di ciò che c’era, si sono chiesti: Che cosa facciamo? Di che cosa parliamo? Per poi aggiungere: proviamoci con l’eresia! Vito Schepisi * Coordinatore dei gruppi di lavoro di Rinasci Bari
Posted on: Thu, 07 Nov 2013 19:46:57 +0000

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