(...) Il personaggio Flavio Giuseppe è per molti aspetti - TopicsExpress



          

(...) Il personaggio Flavio Giuseppe è per molti aspetti inclassificabile. Nato nell’anno 37 d.C. da una famiglia dell’aristocrazia sacerdotale ebraica, finì i suoi giorni a Roma verso l’anno 100, dopo essere diventato cittadino romano, protetto degli Imperatori. Cresciuto nella pura tradizione ebraica e divenuto, già molto giovane, maestro dell’esegesi dei testi sacri, Yosef ben Mattithyahu ha-Kohen (Giuseppe figlio di Mattatia il sacerdote) diventò in età matura uno storico di lingua greca. Accusato di tradimento, mentre era in vita, dai suoi compatrioti in rivolta contro l’occupante romano, conobbe una gloria postuma nella Chiesa cristiana per la presenza di una (problematica) menzione di Gesù in un breve passaggio di una delle sue opere, il cosiddetto Testimonium Flavianum. (...) «Ci fu verso questo tempo Gesù, uomo saggio, se pure bisogna chiamarlo uomo: era infatti autore di opere straordinarie, maestro di uomini che accolgono con piacere la verità, ed attirò a se molti Giudei e anche molti dei Greci. Egli era il Cristo. E quando Pilato, per denunzia degli uomini notabili fra noi, lo punì di croce, non cessarono coloro che da principio lo avevano amato. Egli infatti apparve loro al terzo giorno nuovamente vivo, avendo già annunciato i divini profeti queste e migliaia di altre meraviglie riguardo a lui. Ancor oggi non è venuta meno la tribù di quelli che, da costui, sono chiamati Cristiani». (Ant. 18.3.3§63-64) Il passaggio in questione compare in questa forma in tutti i manoscritti greci e in tutti i numerosi manoscritti della traduzione latina delle “Antichità Giudaiche”, fatta dalla scuola calabrese di Cassiodoro (quella che a Squillace diede inizio agli “amanuensi”) nel VI Sec.; versioni varianti in arabo e siriaco sono state recentemente aggiunte all’ampio inventario di testimoni indiretti. Nonostante l’ovvia importanza della versione latina, poiché data mezzo millennio prima del più antico manoscritto greco superstite, essa non è stata edita. Il manoscritto principale della versione latina, l’Ambrosianus Papyraceus, documento più antico in assoluto (conservato a Milano presso la Biblioteca Ambrosiana), risale al IX Sec., ovvero due secoli prima del più antico dei manoscritti greci. D’altro canto, sono sopravvissuti solo tre manoscritti in greco del fondamentale Libro 18 (il più antico è soltanto dell’XI Sec.), il quale, oltre a contenere il Testimonium, è depositario di numerosi altri passi estremamente critici per la nostra analisi (il censimento di Quirino, il Battista, gli eventi dell’anno 36, Giuda Galileo, le “quattro scuole”). Il Testimonium è citato inoltre nell’identica forma da Eusebio di Cesarea (265–340 d.C. circa), nella “Dimostrazione Evangelica” (3.5), nella “Storia Ecclesiastica” (1.11§1-6) e nella “Teofania”. Eusebio è, di fatto, il primo autore che (intorno al 323 d.C.) abbia mai citato il Testimonium Flavianum in un suo scritto. Riguardo alla genuinità di quanto ci è rimasto delle opere di Giuseppe, la comunità scientifica in genere mette le mani avanti esponendo una serie di distinguo. Grazie alla protezione degli imperatori Flavi, i libri di Flavio Giuseppe furono ricopiati negli ‘scriptoria’ pubblici, ma dopo la caduta di Roma sembra che siano stati conservati solo dai cristiani; (...) l’odio che Flavio Giuseppe sembra essersi guadagnato tra i connazionali ha fatto sì che le sue opere non siano state né lette, né ricopiate, né citate dagli Ebrei fino a tempi recenti (e l’unico testo ebraico che lo fece, il medievale “Sefer Josippon”, un compendio delle opere di Flavio e della storia giudaica dalle origini a Masada, intriso di fierezza nazionale ebraica, scritto nel X Sec. nell’Italia del Sud, nelle sue versioni più antiche non cita Gesù mentre in quelle successive i brevi accenni alla sua figura sono di carattere negativo). Per onor di cronaca esistono altri manoscritti con un’opera flaviana che parlerebbe di Gesù Cristo. Il testo, chiaramente non autentico, è una lunga interpolazione che si trova solo nell’antica versione russa (popolarmente conosciuta come “slava”) della “Guerra Giudaica”, preservata in manoscritti russi e rumeni. Questo passo è un condensato rozzamente scelto di vari avvenimenti evangelici, condito con talune bizzarre espansioni leggendarie che si trovano in vangeli e atti apocrifi del II e del III Sec.. Nella realtà dei fatti, Guerra Giudaica non contiene alcun riferimento a Cristo o a Cristiani — né a Giacomo o al Battista. La qualifica con cui Flavio designa Gesù, “paradoxon ergon poietes” (operatore di fatti sorprendenti), è identica a quella che lo storico usa per Eliseo, “paradoxa... erga” (Ant. 9.7.6§182), confermando il significato di miracoli compiuti da un profeta: dunque, almeno dal punto di vista del Greco, siamo in linea con lo stile flaviano. Il problema, però, è che Flavio, nell’intero corpus dei suoi scritti, come vedremo fra poco è estremamente critico verso le figure che nel I Sec. promettevano/operavano “segni” (divini/magici), per giunta finite anch’esse giustiziate come il protagonista dei Vangeli, e le bolla tutte quante, senza eccezioni, come “imbroglioni” e “malfattori”: è difficile credere che per il solo Gesù si sia invece espresso in senso positivo. Se il Testimonium Flavianum non può, razionalmente parlando, essere stato scritto esattamente nel modo in cui ci è pervenuto, sia per considerazioni interne al testo che per considerazioni esterne, estendendo il ragionamento è possibile concludere che sia completamente un falso storico, e che Flavio Giuseppe non abbia mai inteso parlare di Gesù Cristo nelle Antichità Giudaiche. Vediamo perché. Anzitutto il Testimonium si integra male, da un punto di vista logico, nel contesto del Libro 18 delle Antichità Giudaiche. In questo libro Giuseppe sta parlando dei movimenti rivoluzionari e nazionalistici ebraici, e riporta alcuni fatti sanguinosi accaduti al tempo del governatore Pilato, in carica dal 26 al 36 d.C.. Prima è narrato l’episodio della introduzione delle immagini dell’Imperatore di Roma all’interno di Gerusalemme, voluta da Pilato e considerata un fatto sacrilego dagli Ebrei, che non ammettevano alcuna immagine all’interno della città santa: la determinazione dei Giudei convinse in seguito Pilato a desistere dal proposito e a ritirare le immagini (Ant. 18.3.1§55-59; cfr. Bell. 2.9.2-3§169-174). Dopo questa vicenda è inserito il racconto dell’utilizzo di parte del sacro tesoro del Tempio per finanziare la costruzione di un acquedotto, altro fatto sacrilego per la religione ebraica, che provocò un tumulto nel quale morirono molti giudei (Ant. 18.3.2§60-62; cfr. Bell. 2.9.4§175-177). Infine ai due racconti fa immediatamente seguito il Testimonium. Chiusa la citazione di Gesù, nel presentare l’evento successivo Flavio inizia con la frase: «In quel periodo un altro fatto doloroso provocò una rivolta dei Giudei...» (Ant. 18.3.4§65). L’accenno al verificarsi di “un altro fatto doloroso” sembra collegarsi direttamente all’episodio sanguinoso dell’acquedotto raccontato appena prima del Testimonium, nel quale perirono migliaia di persone, piuttosto che al racconto di Gesù, presentato in termini meno cruenti e più idilliaci, non connesso con alcuna rivolta o spargimento di sangue. È poi interessante notare che in Guerra Giudaica, nella sezione relativa a Pilato, Flavio Giuseppe riporta esattamente gli stessi due incidenti — protesta per le immagini dell’Imperatore e “moti dell’acquedotto” — con cui comincia il Capitolo 3 del libro 18 delle Antichità Giudaiche contenente il Testimonium: incidenti diplomatici che causarono altrettante sommosse in Giudea durante il periodo di Pilato; però nella Guerra Giudaica (2§169-177) non c’è alcun riferimento a Gesù e ai Cristiani — in generale, come detto non esiste alcun accenno a “Gesù Cristo” o a “cristiani” in tutta la Guerra Giudaica, né nelle altre opere minori di Giuseppe. Anche l’attacco è curioso: «Ci fu verso questo tempo Gesù, uomo saggio...». In generale, con rare eccezioni (forse nemmeno dovute alla sua penna, poiché vedremo che il testo flaviano fu probabilmente vittima di qualche “epurazione successiva”), quando Flavio Giuseppe introduce nella narrazione un nuovo personaggio, lo fa specificandone il patronimico o, al limite, la città di origine; l’omissione di un tale requisito identificativo, importante come per noi è il cognome, legittima ulteriormente i dubbi di autenticità. (Ma del resto l’amanuense che eventualmente redasse il falso, stando ai dettami della propria religione quale “patronimico” avrebbe dovuto usare: “Dio”, del quale è figlio Gesù Cristo, lo “Spirito Santo”, per l’intervento del quale fu concepito, o il falegname “Giuseppe” che, buon ultimo, a rigor di dogma non potrebbe essere nemmeno considerato “geneticamente” il vero padre in quanto... estraneo al concepimento?) Ma la “curiosità” è niente in confronto a ciò che segue il Testimonium e che comincia come detto con «In quel periodo un altro fatto doloroso...»: è la descrizione della truffa amorosa ordita ai danni di una certa signora Paolina, una specie di gossip antesignano, una vicenda da novecentesca commedia all’italiana ma con una tragica fine (i truffatori finiscono crocifissi), nel quale Flavio si dilunga per ben tre pagine del libro 18 delle Antichità (dal verso 66 al verso 80): la bellezza di 15 versi per la frode sessuale a una sconosciuta matrona romana, e solo 2 (versi 63-64) per parlare del “Redentore dell’umanità” e di tutti i prodigi che aveva compiuto? Non solo: se per il tumulto del denaro del Tempio non abbiamo riferimenti cronologicamente certi, per la storiella della matrona Paolina, avvenuta contemporaneamente alla vicenda del tempio di Iside (descritta proprio di seguito, vv. 18.3.5§81-84), siamo più fortunati: sappiamo, infatti, che entrambi gli episodi provocarono le ire di Tiberio, il quale fece redigere un elenco di quattromila giudei della comunità romana, successivamente spediti in Sardegna con un ‘biglietto di sola andata’ a combattere il brigantaggio: grazie a Tacito (Annales, 2.85), sappiamo che ciò avvenne nel 19 d.C.. «In quel periodo...», perciò, daterebbe la vicenda di Gesù del Testimonium a cavallo degli Anni Venti del Primo Secolo. Dal 4 a.C. (nascita secondo Matteo) al 19 d.C. corrono 23 anni; dal 6 d.C. (nascita secondo Luca) al 19 d.C. corrono 13 anni: Gesù sarebbe finito in croce o tredicenne (Luca) o ventitreenne (Matteo)?! E Pilato, che governò dal 26 al 36 d.C., che ci farebbe dentro al Testimonium, visto che nel 19 era in carica Valerio Grato?! Le stranezze non finiscono qui. Guerra Giudaica non contiene alcuna descrizione di Giovanni Battista o di Giacomo, il fratello di Gesù, figure invece citate nelle Antichità Giudaiche in passaggi che vengono ritenuti in buona parte autentici dalla maggioranza degli “esperti” cattolici. La giustificazione addotta è che Antichità Giudaiche è un’opera posteriore a Guerra Giudaica di circa una ventina di anni, per cui è possibile che alcuni temi relativi al Cristianesimo fossero diventati storicamente importanti e conosciuti dal grande pubblico solo dopo la stesura di Guerra Giudaica, opera che ha comunque come obiettivo principale il racconto militare della guerra tra i Giudei e i Romani del 66–74 e in misura molto minore la descrizione delle varie sfaccettature del mondo ebraico quando queste non sono connesse direttamente allo svolgimento della guerra. Più in generale, vi sono personaggi che compaiono nella Guerra Giudaica che non sono riportati nelle Antichità Giudaiche, e viceversa. Se una tesi del genere può (faticosamente) passare, le sicurezze di certi studiosi crollano però di fronte ad altre considerazioni. Per esempio, nessuna menzione all’esistenza di Gesù o dei Cristiani e delle vicende a essi collegate appare negli scritti di Giusto di Tiberiade (le cui opere sono però disperse: sappiamo che è così solo grazie a Fozio, bibliografo e patriarca bizantino del IX Sec.) e Filone di Alessandria, altri due storici dell’epoca: perché Flavio Giuseppe parla di Gesù — peraltro solo in una delle sue opere —, mentre gli intellettuali ebrei dello stesso periodo non lo fanno? Inoltre — e più importante —, il Testimonium Flavianum non viene citato in alcuna forma nelle opere che ci sono rimaste dei primi Padri della Chiesa: non vi è alcun utilizzo del passo in Giustino Martire, Teofilo di Antiochia, Melitone di Sardi, Ireneo di Lione, Clemente di Alessandria, Tertulliano, Ippolito, Metodio, Lattanzio. E Origene, pur citando Flavio, comunque non riporta il passo. Come detto, il primo a citare il Testimonium Flavianum è Eusebio di Cesarea (IV Sec.): eppure ognuno di questi autori conosceva bene le opere di Flavio Giuseppe e aveva una certa dimestichezza con esse. (...)
Posted on: Fri, 06 Sep 2013 15:37:49 +0000

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