Il pullman della morte e il guardrail. Per venire a capo di quanto - TopicsExpress



          

Il pullman della morte e il guardrail. Per venire a capo di quanto realmente accaduto domenica sera tra i chilometri 35 e 36 dell’autostrada Napoli-Canosa bisogna districarsi in una selva di sigle, indici, onde interasse, diagonali e gradazioni d’angolo che alla fine danno ragione a Ciro Caliendo, docente di Ingegneria civile all’Università di Fisciano: «Chiunque lavorerà alla perizia, sappia che sarà una faccenda assolutamente complicata e molto lunga». Serviranno simulazioni e - come si dice in gergo - crash test per verificare, ad esempio, la spiegazione fornita dalla società Autostrade per l’Italia, secondo cui le barriere laterali a bordo ponte tipo «New Jersey» presenti sul viadotto Acqualonga di Monteforte sono «concepite per ammortizzare al meglio gli urti delle autovetture, che costituiscono la stragrande maggioranza degli urti». «In caso di urti con mezzi pesanti - avverte Autostrade - queste barriere sono pertanto idonee a resistere solo entro certe angolazioni di impatto ed entro certi limiti di velocità, perché una maggiore rigidità sarebbe molto pericolosa per gli automobilisti in caso di urto violento». La barriera è in grado di resistere a 38 tonnellate di urto a una velocità di 65 chilometri con un’angolazione di 20 gradi. Se aumentano questi elementi, si abbassa progressivamente la capacità di reazione. «Domenica sera dovrebbe essere successo una cosa del genere», commenta Caliendo. L’autista del bus potrebbe aver perso il controllo del mezzo per un guasto tecnico e nel tratto in discesa avrebbe acquistato una velocità quasi doppia rispetto all’ordinario, finendo per sfondare ogni protezione nell’estremo e disperato tentativo di accostarsi al bordo e in qualche modo rallentare. Dai primi accertamenti si presume che nel momento fatale andasse tra i 100 e 110 chilometri orari, ma prima era probabilmente nei limiti consentiti. «La verifica della velocità d’impatto sarà fondamentale, - sottolinea Luigi Faella, ordinario di Struttura al dipartimento di Ingegneria a Fisciano - almeno per stabilire l’esatta dinamica dell’incidente e risalire a qualche responsabilità. Come importante sarà l’analisi dei materiali utilizzati nella costruzione della barriera, se effettivamente rispondenti ai requisiti di legge e se montati tecnicamente nella maniera corretta: andare a recuperare i certificati di omologazione e le tracce delle direzione dei lavori nei cantieri. Certo, però non aiuterà ad andare oltre». Oltre dove? «A definire un criterio generale di sicurezza», è la risposta di Faella. Perché poi, alla fine, il problema è proprio quello. Sull’A16 c’è la maggior diffusione delle barriere classe B3 e il tasso d’incidentalità più basso della rete autostradale. Maurizio Lupi, il ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture, proprio a Monteforte, ha spiegato che il tratto è tra i più sicuri e comunque «in Campania ci sono altri tratti su cui intervenire». Ma basta inseguire il ragionamento che si sviluppa sulle tipologie H3 o H4 dello spartitraffico bidirezionale, è sufficiente entrare nella filosofia della norma Uni En, appare esauriente assumere il livello di contenimento di 724 kj per garantire un attendibile livello di sicurezza a un’autostrada? «Guardi, il discorso in fondo è semplice. - risponde Caliendo - In Italia la progettazione stradale è regolata da un decreto del 2001, la progettazione delle barriere da uno del 2004. Prima c’erano soltanto delle istruzioni del Cnr per altro non cogenti. Che cosa si sarebbe dovuto fare, allora, in presenza di autostrade realizzate ben prima, alcune molto tempo prima? Certamente non abbatterle e ricostruirle perché avrebbe rappresentato una spesa insostenibile, ma intervenire gradatamente su quelle che manifestavano un maggiore pericolo con metodi di controllo della velocità, di dissuasione e attraverso intervento tecnici in grado di limitare il rischio in attesa di un intervento più radicale. In fondo è successo questo». Vuol dire che su tutte le autostrade italiane costruite prima del 2001 si potrebbero verificare incidenti come quelli di Monteforte? «No. Intanto perché dobbiamo ancora capire che cosa sia successo domenica sera lì. Ma ricordiamo che le 38 vittime del’A16 vanno ad alimentare la cifra dei 5000 morti che ogni anno si contano sulle strade italiane. Mi sembra un numero spaventoso che merita qualche riflessione». Faella l’altra mattina ha rischiato la vita in auto. Nei pressi di Vietri, all’imbocco dell’autostrada Salerno-Napoli un camion ha stretto la carreggiata minacciando la collisione. «Questo della larghezza delle strade è un altro elemento importante da considerare. - dice - Le tre corsie sono ormai un obbligo e laddove sono realtà verifichiamo il beneficio che se ne ottiene: su alcuni tratti della Salerno-Reggio Calabria e della Napoli-Pompei-Salerno, ad esempio. Altrove cìè sofferenza». «I ponti dovrebbero essere più larghi - aggiunge Caliendo - ma in attesa di buttarli giù e ricostruirli si dovrà continuare con i limiti di velocità, con i controlli, con tutti i sistemi più moderni per avvertire del pericolo». Altri casi Acqualonga, insomma? «Si tratta di una tragica esperienza da cui tutti dovranno trarre una lezione». cfr il mattino
Posted on: Wed, 31 Jul 2013 08:34:43 +0000

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