Jota Castro nasce a Yurimaguas, Perù, nel 1965 e vive attualmente a Bruxelles, Belgio. Ha curato e partecipato all’evento collaterale della 55° Biennale di Venezia 2013 Emergency Pavilion: Rebuilding Utopia, e della 53° Biennale di Venezia 2009, The Fear Society, Pabellón de la Urgencia, mentre ha preso parte all’evento collaterale della 54° Biennale di Venezia I miss my enemies, a cura di Oxana Maleeva. Ha inoltre partecipato alla Biennale di Tirana, di Praga e di Kwangju (Corea), aggiudicandosi di quest’ultima il premio nel 2004. Dopo una carriera diplomatica che lo ha portato a collaborare con l’ONU e l’Unione Europea, a fine anni Novanta Castro decide di dedicarsi completamente all’arte perché, come afferma nell’intervista rilasciata a Silvano Manganaro, “ abbiamo una sola vita!”. Attraverso fotografia, scultura, video e istallazioni affronta temi legati ai conflitti sociali e alle problematiche planetarie, impiegando un linguaggio ironico, giocoso e, allo stesso tempo, particolarmente profondo e tagliente. Tra gli argomenti più cari il declino della Vecchia Europa. In Enjoy your travel (2006), una pista da skateboard in legno è installata nella Galleria Umberto di Marino: terminando fuori dalla finestra, invita chi la percorre a fuggire le paure che attanagliano la società europea andandosi però inevitabilmente a schiantare sulla facciata del palazzo di fronte. Uno dei drammi degli ultimi decenni che Castro affronta a più riprese è quello dei “viaggi della speranza”, ovvero la traversata di quanti per fuggire da guerre e carestie presenti nei propri paesi d’origine perdono la vita prima di raggiungere la meta desiderata. In Because the life (2008), una barca in legno e plexiglass è riempita di ritratti accartocciati, a negazione di identità e storie di cui si perde testimonianza e memoria. Un altro tema costantemente indagato dall’artista è quello del “confine”: Castro è interessato alla frontiera in senso ampio, come quella che separa paesi ricchi e paesi poveri, vita e morte, giustizia e ingiustizia, singolo individuo e straniero. In Borders (2006), che raffigura la parola stessa a lettere specchianti, illustra il primo confine da dover superare, ovvero quello rappresentato da noi stessi, riflessi e duplicati nello specchio. Tra le mostre più recenti: nel 2013 inaugura la sua terza personale, Gemutlichkeit, presso la galleria Umberto di Marino; è invitato alla mostra Trame curata da Massimo Minini, Stefano Raimondi, Mauro Zanchi, nella Basilica di Santa Maria Maggiore, Bergamo; prende parte alla mostra Tell me whom you haunt: Marcel Duchamp and the contemporary readymade, a cura di Mario Codognato, Blain Soutern, Londra, UK. Nel 2012 presenta la sua seconda personale, Austerity Über Alles, presso la Galerie Barbara Thumm, Berlino. Nel 2011 cura Dublin Contemporary — Terrible Beauty—Art, Crisis, Change & The Office of Non-Compliance, insieme a Christian Viveros-Fauné, Dublino, partecipa a Una Storia Contemporanea, Galleria Massimo Minini, Brescia, e a I West End?, Museum on the Seam, Gerusalemme, Israele.
Posted on: Sat, 23 Aug 2014 21:35:50 +0000
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