LA GRECIA TRA ORIENTE E OCCIDENTE Storia ed evoluzione della - TopicsExpress



          

LA GRECIA TRA ORIENTE E OCCIDENTE Storia ed evoluzione della Grecia classica Il Medioevo ellenico, o la fine dei Palazzi Dopo la fase micenea o dei Palazzi, iniziò per la storia greca unepoca oscura e colma di inquietudine, il cosiddetto Medioevo ellenico, ovvero quellepoca buia che fece seguito alla relativa ricchezza e prosperità della civiltà precedente. Una delle peculiarità di questo periodo è di avere lasciato ben poche tracce del proprio passaggio, e di essere stato perciò molto spesso assimilato e confuso con il periodo precedente e con quello arcaico successivo. In realtà però anche questa seconda fase ebbe delle peculiarità proprie, per le quali si pose allorigine dei successivi sviluppi della società ellenica, sviluppi di carattere tipicamente occidentale. Per tale ragione - e nonostante le inevitabili difficoltà che per noi la sua conoscenza comporta - un tale periodo di transizione va studiato attentamente e inteso nei suoi specifici tratti di fondo. Detto questo, bisogna ricordare anche come gli sconvolgimenti che a partire dal XIII secolo devastarono il mondo miceneo e in generale la fiorente civiltà egea, non furono per nulla un fatto isolato. Maschera funebre di Agamennone Negli stessi secoli difatti, anche le zone dellentroterra asiatico (dallAnatolia, sede degli Ittiti, alla Mesopotamia, comprese le zone a nord di essa, fino allEgitto) risentirono di sconvolgimenti interni spesso non meno distruttivi di quelli della Grecia, e sempre causati da movimenti migratori di carattere violento. E chiaro poi che, data la diversità del contesto di partenza, tali eventi diedero luogo in quelle regioni a formazioni statali estremamente differenti da quelle sviluppatesi nello stesso periodo in Grecia e in occidente. 1- Un quadro generale della grande migrazione del tredicesimo secolo Fu il ferro il grande protagonista di questi anni ! Molto probabilmente esso fornì difatti alle popolazioni del nord - la seconda ondata di genti indoeuropee - il dirompente strumento che sbaragliò le difese di una civiltà, quella mediterranea, decisamente più progredita in quanto maturata nei secoli, e nei millenni, precedenti (civiltà che tuttavia già da alcuni decenni attraversava, in zone come la Grecia, un autonomo declino). Così, se lepoca precedente, coincidente temporalmente con la civiltà micenea e con quella ittita, viene definita dagli storici Età del Bronzo, il successivo periodo viene denominato invece Età del Ferro, e fatto iniziare più o meno concordemente con le invasioni e le devastazioni indoeuropee del XIII secolo, ovvero con il generale declino di quella che era stata la precedente civiltà. - Prospetto generale delle trasformazioni del mondo asiatico e mediterraneo Alla base di tutto vi fu forse il movimento degli Illiri, popolazioni situate a nord della Grecia le quali, partendo dalle loro sedi originarie e mettendo in moto altre popolazioni, determinarono una sorta di effetto domino. Gli effetti di tali spostamenti si avvertirono così un po’ in tutta larea egea e in quella vicino orientale, dalla Grecia allAnatolia alla Mesopotamia. In Grecia, per esempio, tali popoli coinvolsero nella propria discesa anche le popolazioni doriche e quelle nord occidentali. Il tutto poi con pesantissime ripercussioni sugli equilibri delle zone più interne e storicamente più interessanti, quella cioè che partendo dallEtolia giungono fino al Peloponneso. Quanto allAnatolia invece, si pensa che furono soprattutto i Traci, spinti in avanti dallinvasione illirica, a invaderla. In Oriente invece furono gli Assiri (unetnia estremamente aggressiva situata nelle regioni a nord della Mesopotamia, e le cui innovative tecniche belliche colsero di sorpresa i popoli asiatici) ad approfittare della situazione di destabilizzazione politica dovuta alle invasioni per sottomettere le zone circostanti: dalla Babilonia, nel X secolo, fino allEgitto nel VII. Ma furono soprattutto i cosiddetti Popoli del Mare (molto probabilmente un miscuglio di differenti popolazioni alla ricerca di terre su cui insediarsi, e la cui corsa fu infine fermata dallesercito egiziano) a guidare le scorribande migratorie nellarea asiatica. Queste poi le conseguenze principali che tali eventi ebbero sulla precedente compagine degli stati: 1) la scomparsa - o quantomeno una profonda trasformazione - dei regni Micenei, assieme a quella (pressoché totale) dellImpero ittita; linstaurarsi di un dominio assiro sulla più antica civiltà babilonese, nonché successivamente sulle zone limitrofe e su quelle a sud; ed infine la chiusura politica dellEgitto (un paese da sempre caratterizzato da marcate tendenze isolazionistiche, dalle quali però nei secoli precedenti, costretto anche dalla generale apertura tra gli stati asiatici, si era fortemente emancipato). Collocandoci poi su un piano complessivo, possiamo parlare di una brusca interruzione - o comunque di un ridimensionamento - delle comunicazioni e dei traffici, quindi anche delle contaminazioni culturali, tra le regioni che avevano composto la precedente unità mediterranea (regioni i cui interessi ed approvvigionamenti dipendevano appunto da una tale unità). Uninterruzione che, non soltanto in Grecia ma in tutto il mondo mediterraneo, durerà per alcuni secoli. E estremamente probabile infine - come attestato anche da una lunga tradizione storiografica, risalente ancora agli storici antichi - che gli Etruschi fossero in origine delle popolazioni anatoliche che, in fuga dalle proprie sedi verso le regioni occidentali, raggiunsero le regioni italiche. - Situazione del Mediterraneo orientale e del Vicino Oriente al termine delle invasioni indoeuropee Come facilmente intuibile, le conseguenze di tali invasioni - oltretutto estremamente violente - su società ancora primitive, le cui basi non erano certamente solide, poiché fondate su tecniche produttive e su strutture politiche ancora estremamente fragili, furono sconvolgenti! Da una parte vi furono le molteplici e inevitabili devastazioni legate alle guerre, dallaltra vi fu la sostituzione delle vecchie classi dirigenti (cresciute nei secoli precedenti ed espressione del clima che in essi si era andato formando) con le nuove, decisamente più barbare e più primitive. A ciò si aggiunga poi: un forte arretramento nelle tecniche produttive, il collasso dello stato e della quantità dei traffici (un fatto dovuto sia a unormai minore produzione dei beni duso, sia - e soprattutto - alla scomparsa di molti popoli precedentemente dediti ad attività mercantili, sia infine alla generale insicurezza delle vie di transito), ed infine, molto probabilmente, anche la diminuzione della popolazione. (Fattori simili peraltro a quelli che, mutatis mutandis, caratterizzeranno anche linizio del Medioevo cristiano.) Si interruppe insomma quel clima di serena comunione tra popoli legati - più o meno direttamente - al Mediterraneo orientale, che aveva caratterizzato lepoca precedente, sia nellarea egea che in quella medio orientale. E un tale cambiamento di rotta determinò (essendone al tempo stesso anche una manifestazione) un impoverimento generalizzato, tanto materiale che culturale, delle zone in questione. Soltanto i Fenici costituirono uneccezione a questo clima di chiusura. Essi infatti continuarono a portare avanti gli scambi commerciali: unattività nella quale ora (e per un lungo periodo) detennero un primato pressoché assoluto. Non fu un caso poi se essi tesero a sviluppare i loro traffici prevalentemente verso loccidente, cioè verso lAfrica e la Spagna, in quanto zone ricche di metalli e non toccate da tali eventi traumatici. Perché un simile arretramento delle forze (ovvero delle tecniche) produttive? Semplicemente per la precarietà - vista la fondamentale assenza di scrittura e di strumenti che potessero tramandare la sapienza antica - di quel know how che a esse era sotteso. Inevitabilmente infatti i barbari spazzarono via, assieme a molti elementi materiali (quali monumenti, strade, ecc.) della civiltà precedente, anche un gran numero di conoscenze di carattere tecnico. E si faticò poi molto, attraverso un processo che richiese certamente parecchio tempo, a riscoprirle. 1- La seconda colonizzazione: coordinate essenziali; cause e conseguenze sul mondo greco La dea Minerva Il fenomeno delle migrazioni era da sempre piuttosto frequente in aree come quelle greche ed egee, ed era dovuto essenzialmente alle particolari condizioni geografiche, e quindi politiche, interne a esse: e cioè al loro essere non di rado oggetto di incursioni da parte di popoli nomadi, provenienti dalle zone settentrionali; alle loro scarse risorse territoriali; e infine alla presenza invitante del mare, un ponte che le connetteva (e che le connette) ad altre regioni attigue, a esse inoltre spesso geograficamente simili. Nei secoli precedenti alle due migrazioni, tanto i popoli minoici quanto quelli micenei avevano colonizzato, non solo culturalmente (i primi) ma anche militarmente (i secondi), molte delle aree circostanti. E i Micenei inoltre erano giunti fin sulle coste occidentali dellItalia meridionale! Solo però con il tredicesimo secolo - in conseguenza della profonda destabilizzazione politica della società micenea, dovuta alle incursioni doriche - avvenne la prima vera colonizzazione greca delle antistanti coste anatoliche, per iniziativa sia dei popoli Ionici che di quelli Dorici ed Eolici. La seconda grande colonizzazione, quella che si svolse appunto tra VIII e VI secolo, si pose perciò nel solco di quella precedente, e di essa sfruttò sia le rotte che le conquiste territoriali, ponendosi - non solo idealmente - come una sua continuazione. - Le (probabili) cause della grande migrazione Prima di descrivere brevemente i tempi, i luoghi e i modi di questo evento epocale (che fu poi la somma di molti distinti flussi migratori, distribuiti nel tempo) è necessario delineare le cause che molto probabilmente furono alla sua origine. Come quasi tutti gli eventi di grande portata, anche questo non ebbe ununica motivazione, bensì molte ragioni concomitanti, seppure non tutte della medesima importanza. Le principali furono: laumento della popolazione, sia nelle regioni europee che in quelle asiatiche (già coloniali); lo sviluppo, nei periodi immediatamente precedenti, dei commerci; nonché in generale laffermarsi di un certo spirito di avventura, molto probabilmente risvegliato proprio dai traffici. (Si ricordi inoltre che anche la situazione del Vicino oriente si stava gradualmente riassestando, cosa che ovviamente favorì notevolmente sia la ripresa delle attività redistributive che quella degli scambi culturali nellarea medio-orientale). Tre ordini di cause fondamentali dunque, dovute tutte a un fondamentale miglioramento delle condizioni di vita, legato a sua volta a un ingentilimento della civiltà dorica, frutto di nuovi progressi nelle tecniche produttive, e più in generale di avanzamenti in ambito culturale (uno per tutti, linvenzione della scrittura alfabetica greca, che dalla Ionia si diffuse in tutte le regioni elleniche a partire forse dal IX secolo, per influenze orientali). - Le coordinate essenziali della grande colonizzazione greca (VIII - VI secolo) La grande colonizzazione non consisté in un unico evento, ma in una serie di eventi, diversi tra loro sia per luoghi (non solo di arrivo, ma anche di provenienza), sia per tempi, sia per modi di svolgimento. In altri termini, vi furono colonie ioniche, doriche e eoliche, ed anche colonie di colonie; vi furono inoltre imprese più arcaiche e altre più recenti; vi furono infine colonie prevalentemente commerciali e altre prevalentemente agricole. In ogni caso, la Grecia divenne - a partire da questi anni - una potenza egemone a livello internazionale, sia da un punto di vista commerciale che da un punto di vista politico-culturale. Essa svolse difatti un ruolo non secondario, soprattutto per ciò che riguarda gli sviluppi interni delle zone occidentali (ancora relativamente selvagge e incorrotte) nelle quali infatti finì per trapiantare molte delle proprie istituzioni politiche. Questa seconda colonizzazione si svolse sia verso le terre doccidente (distinguendosi in ciò dalla precedente, nella quale le zone a ovest non furono o quasi coinvolte), sia verso quelle doriente (tanto cioè nelle regioni del Vicino oriente, come ad esempio lEgitto e la Siria, quanto sulle coste tracie e su quelle del Mar Nero). Anzi, i risultati maggiori essa li diede proprio nelle zone occidentali, soprattutto in quelle italiane (peninsulari e insulari), ma anche in quelle spagnole e africane. Mentre infatti, al termine delle invasioni doriche, la distruzione concomitante di molti regni medio orientali (soprattutto di quello Ittita) aveva reso facile la penetrazione dei coloni greci in tali aree, il ricostituirsi in un secondo momento di nuovi regni aveva reso per essi nuovamente difficoltosa, se non impossibile, uninstallazione stabile. Se si eccettua infatti la fondazione in Egitto della città di Naucrati (città esclusivamente ellenica, fondata col consenso del Faraone e adibita esclusivamente ai traffici), nel Medio-oriente i coloni non poterono quasi mai fondare delle sedi stabili - ovvero delle città-stato indipendenti - e dovettero accontentarsi di istituire dei semplici empori, luoghi finalizzati cioè solo al commercio. Sempre nelle regioni orientali invece, gli Elleni ebbero buon gioco a fondare delle nuove colonie in altre zone, soprattutto le coste del Mar Nero e quelle a esse immediatamente anteriori - zone attraverso le quali avviarono un florido commercio con le regioni dellentroterra caucasico. Bisogna osservare poi che anche questa seconda colonizzazione - al pari della precedente - non seguì alcun piano prestabilito, essendo al contrario sempre un prodotto estemporaneo della libera iniziativa di singole città-stato (guidate, pare, soprattutto delle classi egemoni, aristocratiche). La migrazione quindi durò diversi secoli, e fu essenzialmente dettata - come si è già accennato - dalle esigenze territoriali (cioè alimentari) insorgenti via via nelle singole città e nelle aree da esse dominate. Ogni città-stato dunque, fondò delle proprie colonie, con le quali in seguito intrattenne dei rapporti commerciali privilegiati, e ciò con evidenti vantaggi sia sul piano degli approvvigionamenti interni che su quello dello sviluppo delle attività commerciali. (a) Distribuzione delle colonie (luoghi) Possiamo dividere le colonie greche in due diverse specie : quelle situate a occidente della Grecia, e quelle situate invece a oriente. Cominciando dallestremo occidente, i greci fondarono alcune città-stato in Africa e in Spagna : zone molto ricche di metalli, anche se già da lungo tempo luogo dei traffici e dellespansionismo politico-commerciale dei Fenici, o meglio dei loro discendenti africani, i Cartaginesi! Non che questi ultimi avessero fondato un vero e proprio impero territoriale, ma è probabile comunque che gli Elleni con la propria presenza disturbassero le loro attività. (Nei secoli futuri la rivalità politico-commerciale tra questi due popoli, con laggiunta peraltro in Italia degli Etruschi, costituirà un elemento fondamentale della vita politica delle regioni occidentali, sia costiere che interne). Va ricordata poi, in Francia, la fondazione di Marsiglia, una colonia che col tempo conquisterà una notevolissima importanza economica. Ma il maggior numero di colonie occidentali verrà fondato nellItalia meridionale (la Magna Grecia) e in Sicilia, oltre che nelle zone (come ad esempio lisola di Corfù) intermedie tra la madrepatria e queste località. In Italia le regioni più interessate dal processo di colonizzazione furono la Puglia e la Calabria, mentre in Campania si distinsero principalmente le città di Elea e di Cuma (la prima patria del filosofo Parmenide, la seconda invece divenuta, come del resto Marsiglia, un centro molto importante sia culturalmente, sia come snodo dei traffici tra loriente e loccidente). In Calabria vennero dedotte principalmente le colonie di Sibari, Crotone, Locri Epizefiri e Reggio; in Puglia Taranto e Gallipoli. Ancor più colonizzata - almeno nelle sue regioni costiere - fu poi la Sicilia (mentre nellinterno rimasero installati i bellicosi popoli originari, Siculi e Sicani). Centri principali dellisola furono a occidente Selinunte e Agrigento, a est invece Naxos, Leontini, Megara Iblea, Siracusa, Catania e (nella zona nord) Milazzo. Molto più modesta fu la colonizzazione delle regioni situate a oriente della madrepatria, un fatto dovuto - come si è già detto - al loro maggiore sviluppo politico: un fattore che ostacolò comunque più lespansionismo politico che quello propriamente commerciale. Se si esclude la città di Naucrati in Egitto, che fu esclusivamente greca, lespansione fu qui portata avanti soprattutto attraverso centri di carattere commerciale (empori), anziché attraverso colonie indipendenti. Unaltra città molto importante fondata dai Greci fu Cirene, in Libia, destinata (come del resto molte altre colonie) ad un autonomo sviluppo sia commerciale che politico. Fondamentale fu poi la colonizzazione delle coste del Mar Nero e di quelle della Tracia, regioni molto più facilmente penetrabili rispetto a quelle asiatiche più interne (Mesopotamia, Siria, ecc.), e destinate - soprattutto le seconde - a divenire delle specie di stati vassalli dellimperialismo greco durante il periodo classico! Colonie particolarmente celebri e importanti furono, a occidente, Potidea e Abdera, e a oriente (cioè sulle coste del Mar Nero), Odessa, Olbia, Trapezunte, Sinope e, allestremo nord-est, Tanaris. (b) Luoghi dorigine delle colonie, e periodi della loro fondazione Riguardo poi alle città che si posero allorigine dei molteplici flussi migratori, tenteremo qui avanti di fare delle brevi e certamente incomplete osservazioni. Affronteremo largomento soffermandoci essenzialmente sui seguenti problemi: innanzitutto ci chiederemo quali furono i centri della madrepatria (e non solo di essa…) che fondarono delle colonie proprie, precisando successivamente dove e quando (in che periodo) ciò avvenne. Furono i Calcidesi, nellVIII sec., (la città di Calcide è situata in Eubea) i primi a impegnarsi in imprese di carattere coloniale. Essi colonizzarono prevalentemente le coste della Sicilia (ex: Naxos, Catania) e dellItalia meridionale (ex: Cuma, città dalla quale si diffuse lalfabeto greco, che fu poi alla base della scrittura latina). Anche Corinto pose molte basi nella parte a sud dellItalia, soprattutto in Sicilia (Siracusa), e sulla vicina isola di Corfù. Corinto divenne in questi anni una delle più potenti città greche, sviluppando un vero e proprio impero coloniale. La città di Megara fondò, sempre in Sicilia, Megara Iblea, mentre i Greci di Rodi vi fondarono Gela Anche i popoli dorici (non tuttavia gli Spartani!) diedero vita in Sicilia ad alcune importanti città coloniali, tra le quali spicca Agrigento. Essi tuttavia dovettero, come del resto tutti gli Elleni, fare i conti con la presenza delle più antiche colonie cartaginesi, ostili ai Greci in quanto da essi private di preziosi territori e limitate quindi nei propri progetti despansione. (I Cartaginesi rimasero insediati sulla punta a nord-ovest dellisola, e una delle loro principali colonie fu Palermo.) Anche le popolazioni della Grecia centrale, sia quelle situate nella parte settentrionale del Peloponneso (abitate dai discendenti degli Achei), che quelle dEubea, Etolia, Locride, ecc., diedero vita, in Italia, a una vasta impresa di colonizzazione, i cui scopi furono allinizio prevalentemente agricoli. Da Regio fino a Pestum, il sud Italia si trasformò così in una enorme colonia ellenica: la Magna Grecia. In sintesi, riguardo ai territori italiani (magno-greci) e a quelli siciliani, possiamo dire che i primi furono oggetto prevalentemente di insediamenti di carattere agricolo (la Campania, ad esempio, era una terra eccezionalmente fertile per gli standard cui erano abituati i Greci), mentre i secondi furono maggiormente versati nei commerci e nei traffici. Anche se, ovviamente, è impossibile stabilire una rigida demarcazione tra questi due tipi di colonie! Più tarda (VII secolo), e rivolta soprattutto verso le zone dellestremo occidente, fu la colonizzazione focese. Un centro importantissimo di essa fu la città di Marsiglia, a sua volta poi fondatrice di colonie (la principale delle quali fu Malaga, in Spagna). I Focesi inoltre colonizzarono anche le coste della Corsica (ex. Alalia). La colonizzazione verso oriente, ovvero verso le zone a nord-est della Grecia (la Tracia), in quelle propontiche e sulle coste del Mar Nero, iniziò allincirca a metà del settimo secolo, e fu opera soprattutto di una città che aveva a sua volta origini coloniali : la ionica Mileto. Anche i corinzii però fondarono unimportante colonia, Potidea; alla città di Clazomene si dovette invece la fondazione di Abido sulle coste tracie, mentre quella di Calcedonia, situata sullistmo che dà laccesso al Mar Nero, si deve ascrivere ai Megaresi. Non a caso, mentre il Mar Nero fu principalmente un affare dei Milesi, la propontide venne divisa tra questi e i Megaresi. Come si sarà notato, non compaiono in questo lungo elenco né la città di Sparta, né quella di Atene. Entrambe difatti, pur destinate ad assolvere un ruolo tanto centrale nella storia della Grecia classica, si svilupparono secondo modalità peculiari, le quali del resto (soprattutto nel caso di Sparta) furono alla base delle loro successive vicende storiche. Mentre comunque per Sparta si può parlare di una politica imperialistica molto precoce, con la differenza rispetto al resto della Grecia che, anziché verso lesterno, essa fu essenzialmente rivolta (pur con sporadiche eccezioni) verso linterno, per Atene si osserva al contrario un notevole ritardo nella politica coloniale. Un fatto che fu il risultato - come vedremo - di alcuni dati del suo precedente sviluppo, e che fu poi - almeno in parte - alla base di quelle trasformazioni politiche che la resero la prima città-stato democratica.. - Il mondo ellenico al termine della colonizzazione La diffusione delle città e della cultura greca un po in tutto il mondo allora conosciuto portò come conseguenza a uninfluenza molto maggiore, sia a un livello economico che culturale, dei Greci stessi. Ma essa rivelò anche una peculiarità del loro universo politico: ovvero la sua cronica disunione, e ciò nonostante quel forte orgoglio di stirpe che li caratterizzò soprattutto a partire dallesperienza coloniale. I Greci difatti, scontrandosi con altre società, da essi definite barbare (anche, quasi sempre, a causa del loro minore avanzamento culturale), svilupparono un forte orgoglio etnico, imparando così a considerarsi come un unico popolo. Ciononostante, essi non rinunciarono mai a difendere ciascuno la propria particolare identità, legata alla propria città di provenienza, alla propria storia e alle proprie tradizioni. Da questo strano connubio di campanilismo e di orgoglio nazionale sorse la Grecia classica, cioè una nazione senza Stato in quanto priva di un unico centro amministrativo e divisa tra vari centri dispersi un po’ in tutto il mondo conosciuto. Alla rivalità tra le singole regioni, ovvero tra i piccoli staterelli della madrepatria, si deve aggiungere poi il fatto che questi ultimi non poterono mai esercitare un vero e proprio dominio politico sulle colonie (che pure a essi rimasero sempre profondamente legate). Dove avrebbero infatti potuto trovare la forza necessaria per esercitare un tale controllo, vista la difficile condizione (alimentare, ma molto spesso anche politica) che già attraversavano al proprio interno - e che era poi la principale causa della colonizzazione stessa? Spesso impegnate a difendersi da nemici comuni (quali i Fenici, i popoli indigeni, ecc.), ebbero invece tra loro maggiore coesione le colonie greche. Le necessità comuni di difesa le obbligarono a accantonare il proprio spirito partigiano e le reciproche rivalità, rafforzando in tal modo il loro sentimento di appartenenza a ununica patria ideale. La colonizzazione determinò poi (come vedremo avanti) uno sviluppo sociale, economico e politico completamente nuovo per il mondo ellenico, sia nelle colonie che nella madrepatria. Alla base del gigantesco flusso migratorio che prese avvio allincirca dallVIII secolo, vi furono dunque tre motivi essenziali: a) una primissima rinascita - a partire dal IX/VIII sec. - dei commerci (la parziale stabilizzazione politica e sociale delle poleis della Grecia europea aveva difatti favorito laccumulo di surplus produttivi, poi impiegati naturalmente nei traffici), la quale a sua volta aveva riacceso la curiosità per lesplorazione di nuove regioni e quindi per la navigazione; b) la carenza di terre, legata soprattutto allaumento della popolazione, e inoltre c) i crescenti conflitti sociali (di cui parleremo tra poco) dovuti ad un sempre maggiore accentramento delle terre nelle mani dei ceti nobiliari. Fu a partire da questi presupposti che si sviluppò appunto lampliamento del mondo greco, la sua estensione sia verso le zone a est che verso quelle a ovest. E fu proprio in ragione di tali presupposti, che le nuove città-stato coloniali ebbero molto spesso quel carattere prevalentemente commerciale che permise loro di sviluppare sia nuove forme di ricchezza, non più eminentemente fondiaria, sia (con esse) delle nuove classi, socialmente intermedie tra quelle dei piccoli agricoltori (economicamente e politicamente ridotti oramai a una condizione minoritaria) e quelle costituenti invece la grande nobiltà terriera. Gran parte della prosperità discese difatti alle colonie dal fatto di scambiare i propri prodotti con i beni (molto spesso materie prime, come ad esempio metalli) delle popolazioni autoctone, rivendendoli poi alla loro patria dorigine. Anche per questo esse si trovarono spesso in una condizione di reciproca rivalità (quale, ad esempio, quella che divise i Milesi e i Megaresi nella regione della propontide.) Né la ricchezza sorta dal nuovo mondo coloniale fu legata esclusivamente ai traffici. Lo sviluppo coloniale permise infatti anche di riequilibrare (per mezzo del fenomeno della ridistribuzione delle terre) gli scompensi di ricchezza interni alle madrepatria, alleggerendone così le tensioni sociali e politiche e migliorando le condizioni di buona parte della popolazione. Unaltra fonte indiretta di ricchezza fu poi, per i Greci, il fatto di divenire un popolo culturalmente trainante, capace cioè di esportare i propri modelli politici e culturali (una pratica i cui frutti maggiori si videro nelle regioni europee occidentali). Tale condizione di egemonia e di prestigio inoltre, finì per favorire ulteriormente la loro espansione a livello mediterraneo. Un grosso passo avanti fu fatto con la caduta dellImpero assiro, nel VII secolo, e con la rinascita dellantica Babilonia. Tale evento facilitò gli scambi commerciali e quelli culturali, favorendo una ripresa generale dellarea medio-orientale. - Sviluppi sociali e politici del mondo greco: le città-stato e la loro organizzazione Novità fondamentale delletà arcaica fu lapparizione delle poleis, ovvero delle città-stato : prodotto non soltanto delle trasformazioni che seguirono, ma anche di quelle precedettero (e resero possibile) la formazione e la grande diffusione delle colonie. Furono difatti i villaggi gentilizi delletà buia a porre le basi stesse delle successive formazioni cittadine e comunitarie. E il loro sviluppo sfociò - seppure attraverso un processo lungo e graduale - nella nascita delle poleis greche. Come si è detto, le stirpi dominanti che avevano invaso le diverse regioni della madrepatria si erano spartite tra loro i nuovi territori, mantenendo in una condizione di sudditanza i loro precedenti abitatori. A questi ultimi poi - quantomeno laddove la frattura tra esproprianti e espropriati si sviluppò in un modo meno radicale - fu probabilmente concesso a volte di rimanere proprietari, seppure a titolo personale e individuale, di piccoli appezzamenti terrieri. Ciononostante, furono le stirpi (ghenoi) dominanti ad appropriarsi della maggior parte delle terre. E ciò fu alla base di quel dislivello nella proprietà patrimoniale (che col tempo inoltre conobbe unulteriore recrudescenza) che generò, sia durante il periodo arcaico che durante quello classico, dei gravi conflitti sociali.In un tale clima generale, oramai estremamente mutato, non aveva più molto senso listituto monarchico (il quale tuttavia sopravvisse ancora per alcuni secoli); così come del resto le strutture palazziali, prima centro della vita sociale, finirono gradualmente per decadere e scomparire. Si affermò invece un nuovo tipo di struttura: cioè il villaggio come residenza - di solito - di unoligarchia dominante, il luogo nel quale questultima discuteva i propri affari, tenendo vivo al tempo stesso il sentimento della propria superiorità (in quanto casta egemone) nei confronti della popolazione rimanente (che potremmo definire la plebe greca). Dal Palazzo come centro direttivo di un potere unidirezionale, si passò così al villaggio come sede di unaristocrazia di carattere gentilizio, caratterizzata quindi da sfumature democratiche (si ricordi a questo proposito il carattere socialistico delle antiche comunità gentilizie, cfr primo paragrafo). In un tale contesto vennero poste appunto le basi delle future città-stato: al tempo stesso derivazione dei villaggi dei secoli precedenti, e loro sviluppo in un senso sempre più estraneo alla logica gentilizia (basata sullidentificazione della comunità con ununica stirpe dorigine) e a quella delle caste (fondata sulla una stratificazione sociale rigida e inalterabile) - il tutto, come vedremo, con la sola eccezione di Sparta! - Caratteri generali delle poleis greche Anche se le poleis greche conobbero nel loro complesso un vasta gamma di forme politiche (oligarchia, timocrazia, democrazia, tirannide…), si possono tuttavia individuare a livello socio-politico dei tratti evolutivi comuni. E se è vero che - come si è appena detto - la città di Sparta costituì una lampante anomalia rispetto alla situazione generale, bisogna anche ricordare che essa non ebbe mai eguali né nel mondo antico (e non soltanto in quello greco) né in quello moderno. Essa costituì quindi, in un certo senso, leccezione che conferma la regola. I tratti di fondo alla base della trasformazione delle antiche comunità oligarchiche e gentilizie delletà oscura furono essenzialmente due: a) da una parte vi fu la crescita degli squilibri legati alla grande proprietà, a spese, ovviamente, della precedente situazione di parità sociale (riguardante tuttavia soltanto i membri della casta dominante), b) dallaltra invece vi fu lemergere sul piano politico, su quello economico e su quello militare (tre piani peraltro strettamente interconnessi) di un ceto intermedio tra le due precedenti condizioni: la povertà quasi assoluta dei piccoli contadini e dei braccianti, e lestrema ricchezza fondiaria dei nobili. Lo stato greco moderno nacque dunque dallazione concomitante di tali fattori. Se infatti, attraverso lo sviluppo della grande proprietà si affermò, oltre al diritto al possesso privato dei beni immobiliari, anche quello ad un loro indefinito ampliamento; dallaltra, il progressivo emergere delle classi medie - nonché in generale delle prime e aspre lotte sociali tra ceti nobiliari e non - pose le basi dei successivi sviluppi democratici (basati sulla parificazione dei diritti politici tra i cittadini) del mondo greco, e in generale di quello occidentale. Ma come si giunse alla formazione di squilibri tanto accentuati in seno alla proprietà terriera? Si possono fare molte ipotesi in merito. E certo comunque che tra VIII e VII secolo si fosse giunti oramai a un forte accentramento di carattere fondiario a favore di una classe molto ristretta, la nobiltà, cioè alla dissoluzione della precedente comunità oligarchica gentilizia in favore di unaltra numericamente ancor più limitata, contrapposta ad una sempre crescente massa di poveri. Si consideri inoltre che il periodo in questione si sviluppò in massima parte lungo i cosiddetti secoli bui, dei quali non ci restano che poche tracce archeologiche e nessun (affidabile) documento scritto. Si può ipotizzare in ogni caso che una delle ragioni della diminuzione graduale del numero dei proprietari fu listerilimento delle famiglie dominanti; oppure - al contrario - fu una prima divisione dei patrimoni fondiari tra eredi maschi, cui nel corso dei secoli seguì una ricomposizione assai meno paritaria rispetto a quella iniziale… è un fatto comunque che, al termine di lunghi secoli di evoluzione, la situazione divenne quella sopra delineata. Ad un piccolo gruppo di proprietari si affiancarono difatti due diverse classi: da una parte quella dei piccoli proprietari (spesso discendenti da antiche famiglie decadute, appartenute in precedenza alle stirpi dominanti) ormai in rovina, e dallaltra quella dei braccianti nullatenenti, ovvero i teti (discendenti forse dalle popolazioni espropriate già ai tempi delle invasioni doriche). Esiodo illustra bene, nel suo componimento Le opere e i giorni, quella che dovette essere la triste e dura condizione dei piccoli proprietari terrieri, asserviti ai più ricchi esponenti della nobiltà, e la cui vita era segnata da incubi costanti, quali la fame o la traduzione in schiavitù. E ovvio come una simile configurazione della vita sociale non potesse non creare dei gravissimi attriti in seno alla società stessa. Anche a essi infatti, si dovette la grande colonizzazione avvenuta tra lVIII e il VI secolo! Tali tensioni tuttavia, non si tradussero mai in un movimento organizzato politicamente, rimanendo delle semplici istanze interne alla società, capaci effettivamente di determinare dei fenomeni di grande portata (ad esempio, appunto, i grandi flussi migratori alla base della colonizzazione), ma non di modificare - quantomeno radicalmente - la struttura economica e la distribuzione della proprietà allinterno delle poleis. Sarà, invece, lemergere di nuove forze sociali (portatrici non solo di inedite istanze morali, ma anche di forme di produzione e distribuzione della ricchezza differenti rispetto al passato) a rendere possibile un primo mutamento nelle strutture politiche, in un senso essenzialmente timocratico. Non è necessario sottolineare come questi nuovi ceti sociali fossero essenzialmente legati al commercio, ovvero alle attività mercantili e a quelle artigiane, e avessero entrambi sede prevalentemente non nelle campagne, bensì nelle città. La loro ricchezza quindi non era - come per i latifondisti - peculiarmente agraria ma monetaria, o comunque basata più sulla capacità di fare circolare i beni, che su quella di tesaurizzarli. Tali ceti, imprimendo alleconomia e alla società una svolta differente rispetto al passato, guadagnarono una posizione di autonomia rispetto ai vari potentati dellaristocrazia terriera che dominavano la vita politica e sociale, riuscendo così effettivamente ad emanciparsi (coinvolgendo poi in un tale processo anche altri strati della popolazione) dal potere invasivo di questultima. Vi furono inoltre anche altri fattori alla base di questa trasformazione della vita delle poleis, molti dei quali furono legati alle trasformazioni della tecnica militare! A un individuo contemporaneo, abituato a considerare gli eserciti come delle entità fondamentalmente impersonali e controllate dallalto, un tale fatto potrebbe sembrare strano o addirittura incomprensibile. Tale affermazione tuttavia appare meno assurda qualora si consideri la natura degli eserciti del mondo antico, e in particolare di quelli delle città-stato greche. Col tempo infatti, la guerra tra i singoli stati per ragioni soprattutto territoriali (data la forte richiesta di nuove aree su cui insediarsi) divenne sempre più frequente, e le esigenze militari crebbero di conseguenza. Al tempo stesso, alle antiche tecniche belliche basate essenzialmente su combattimenti individuali tra condottieri (di solito nobili - si ricordino a tale proposito le gesta eroiche dei personaggi mitologici) se ne sostituirono altre. In esse il fattore individuale venne superato da quello collettivo, anche perché si era oramai scoperto come un esercito compatto (la falange) [2] pagasse molto di più in battaglia rispetto a uno basato su combattenti sciolti (si ricordino a tale proposito le descrizioni delle battaglie presenti nellIliade). Ma questo tipo di formazione militare richiedeva al tempo stesso un massiccio impiego della popolazione libera, né si accontentava più fondamentalmente dellapporto della nobiltà. E con lentrata stabile delle classi dei non nobili nelle fila degli eserciti, si affermarono in favore di queste ultime anche molti diritti politici. Come avrebbe difatti potuto la nobiltà permettere ai cittadini liberi di armarsi, sapendo al tempo stesso di mantenerli in una condizione di subalternità insopportabile? Con ciò essa avrebbe decretato la sua stessa condanna, o in ogni caso la pena a vivere in uno stato costante di latente guerra civile. Fu perciò per essa una necessità imprescindibile concedere ai plebei dei nuovi diritti, che ne parificassero almeno in parte la condizione politica alla propria. La nuova organizzazione militare fu definita tattica oplitica, e gli opliti (componenti della fanteria) divennero il pilastro stesso degli eserciti greci. Bisogna tuttavia anche ricordare come ogni cittadino dovesse pagare il proprio armamento bellico, un fatto che restringeva di molto (dato il costo di questultimo) il numero di coloro che avevano diritto a far parte di questo secondo esercito (il primo era quello costituito dalla cavalleria, formata essenzialmente dalla nobiltà). In tal senso, più che di una rivoluzione democratica, si trattò qui di una rivoluzione timocratica, legata cioè alla ricchezza (ovvero al censo) dei singoli cittadini, anziché alla semplice cittadinanza politica! In ogni caso, tanto le trasformazioni socio-economiche, quanto quelle militari, contribuirono in modo essenziale allemancipazione politica delle classi plebee rispetto al precedente dominio aristocratico. E le riforme politiche del resto, diedero a propria volta un apporto molto positivo sia allo sviluppo che allaffermazione delle classi mercantili, e in generale a quello delle classi cittadine. (a) Gli sviluppi politici di Atene e dellAttica Nel panorama della storia greca lAttica e la sua capitale, Atene, rivestono - come tutti sanno - un ruolo del tutto essenziale, sia per limportanza da esse assunta a partire dal periodo classico, sia per la particolarità del loro sviluppo. Daltra parte, tali particolarità (o comunque molte di esse) possono essere ricondotte alla geografia stessa di tale regione, protetta e delimitata naturalmente da una vasta schiera di montagne, quindi costituente da sempre un territorio circoscritto con una popolazione tendenzialmente omogenea. Tornando indietro nel tempo, ovvero al periodo della dissoluzione degli antichi regni micenei, vediamo ad esempio come gli eventi traumatici che - più o meno direttamente - sconvolsero tutta lEllade (oltre alle zone ad essa circostanti), intervenissero in maniera fondamentalmente attenuata in Attica. Questultima difatti non conobbe direttamente le invasioni doriche, e nemmeno - molto probabilmente - quelle ad esse conseguenti, dei popoli cacciati dalle proprie sedi originarie. Il suo isolamento naturale (rafforzato peraltro dai tratti peculiari della sua popolazione e dalle sue tradizioni politiche) portò lAttica a rimanere indietro rispetto alle abitudini coloniali della gran parte degli stati circostanti (quali ad esempio Corinto o Megara). Si è già detto, a un tale proposito, come la prima vera colonizzazione ateniese avesse inizio soltanto attorno al settimo secolo, ovvero con un ritardo di circa un secolo rispetto alla maggior parte degli altri stati greci! E fu anche - o forse principalmente - una simile inclinazione isolazionistica a porsi alla base della trasformazione in senso democratico della città-stato ateniese. Lassenza difatti per lungo tempo di quella valvola di sfogo costituita, per le altre poleis, dalle colonie, finì molto probabilmente per esacerbare quei conflitti sociali interni che un po ovunque si posero alla base delle rivoluzioni anti-oligarchiche. In Attica quindi, e ad Atene in particolare, queste ultime conobbero forme molto più radicali che altrove, tanto che essa si pose a modello di un po tutte le altre democrazie greche (così come, del resto, Sparta divenne un riferimento per gli stati oligarchici). Vedremo più avanti con maggiore esattezza le dinamiche che furono alla base dellevoluzione di Atene da città-stato oligarchica (sostanzialmente quindi uguale alle altre) a città-stato di carattere timocratico prima, e successivamente pienamente democratica. (b) Sparta e la conquista della Messenia Se Atene può essere presa a modello - o come tipo ideale - dellevoluzione popolare e anti-oligarchica degli stati greci, Sparta al contrario portò avanti una trasformazione di tipo diametralmente opposto: col tempo difatti le sue strutture politiche, anziché emanciparsi dallantica conformazione gentilizia e di casta, finirono per consolidarne ulteriormente i caratteri. Tale città quindi si sviluppò in un senso inverso rispetto a tutte le altre poleis greche - anche, peraltro, rispetto a quelle che rimasero più attaccate a concezioni di tipo aristocratico (e arcaico)! Tenteremo ora di indagare le ragioni per le quali tale città conobbe unevoluzione così anomala rispetto al resto degli stati greci. Senza ovviamente voler togliere nulla al fattore della libera scelta umana, si deve infatti sottolineare lesistenza di tutta una serie di presupposti che rendono meno inspiegabile e arbitraria anche ai nostri occhi una tale evoluzione. Cercheremo, qui avanti, di delinearli molto sommariamente. Abbiamo già mostrato in precedenza che Sparta e il Peloponneso meridionale furono il centro dellinvasione dorica, ovvero il luogo in cui queste popolazioni - al termine della loro corsa attraverso le regioni dellEllade - decisero di insediarsi stabilmente. La totale estraneità di tali popoli nei confronti dei loro precedenti abitatori (appartenenti tutti al ceppo acheo), li pose con essi in un rapporto profondamente conflittuale. A un tale fattore quindi, si deve ascrivere latteggiamento difensivo assunto dai popoli occupanti nei confronti degli Achei, esplicatosi in un arroccamento - tanto morale quanto fisico - in sedi rigidamente distaccate rispetto ad essi. Alla base della frattura insanabile tra questi due popoli vi fu, insomma, questa profondissima differenza di partenza, molto più marcata rispetto a quella sussistente tra gli altri popoli invasori, provenienti comunque da altre zone della Grecia, e quelli che furono per così dire costretti a ospitarli. La società dorica, la cui filosofia si inverò soprattutto nel tipo di dominio instaurato dalla città-stato di Sparta, fu quindi una società coloniale e imperialista fin dai propri esordi. Essa si fondò da subito sul dominio militare di una ristretta casta egemone nei confronti di una più vasta popolazione originaria. Col tempo inoltre questa egemonia basata sulla violenza, che sussisteva anche a prezzo di notevoli sacrifici personali tra i componenti della casta dominante, finì - anziché per attenuarsi - per acuirsi. Alla base di un tale fenomeno vi fu forse un processo autonomo di radicalizzazione dei conflitti che una tale situazione generava, che inevitabilmente comportò anche un inasprimento delle misure repressive ai danni delle popolazioni espropriate. Quanto alla città-stato di Sparta poi, ovvero il più potente stato dorico in Grecia, essa non si limitò alla conquista e allasservimento della Laconia e dei suoi abitanti (avvenute probabilmente tra XI e X secolo), proseguendo in un secondo momento fino a comprendere la vicina regione occidentale della Messenia (VIII - VII secolo). Le vicende della guerra (o, per lesattezza, delle due guerre) tra popoli messenici e spartani, ci raccontano il definitivo consolidarsi della potenza di questi ultimi nel Peloponneso, ma anche i rischi che essi più volte corsero di scomparire, travolti da quegli stessi nemici che successivamente riuscirono a sconfiggere e a sottomettere. Generati dal bisogno di acquisire dei nuovi territori, in seguito allaumento della popolazione spartana, entrambi i conflitti furono molto lunghi e conobbero diverse e alterne fasi, pur essendo entrambi alla fine vinti da Sparta. Il primo conflitto si collocò nellultimo quarto dellVIII secolo, e si concluse con la sottomissione dei popoli messenici. Il secondo ebbe inizio invece dalla rivolta di questi ultimi (oramai ridotti al rango di semplici Iloti, come si mostrerà meglio più avanti) contro il dominio spartano, a metà del VII. Il secondo conflitto, inoltre, ebbe una portata decisamente maggiore rispetto al primo, riguardando ben più dei due semplici stati contendenti. La Messenia difatti cercò e ottenne lalleanza in funzione anti-spartana dello stato argivo e di diversi stati arcadici (preoccupati dalla crescita destensione della loro rivale, che diveniva col tempo sempre più temibile). Al termine della guerra quindi, quando Sparta ebbe riportato (pur con grandissime difficoltà, come si è detto) lordine nei suoi domini, era oramai divenuto chiaro a tutti come essa fosse la potenza egemone nel Peloponneso, in quanto si era dimostrata lo stato militarmente più potente, oltre che quello tra tutti territorialmente più esteso. Si formò perciò in quegli anni la prima lega tra gli stati greci della madrepatria : la Lega Peloponnesiaca, destinata a una lunga e gloriosa esistenza sia nel periodo classico che in quello post-classico. Ma la situazione che seguì alle conquiste messeniche, comportò per lo stato spartano notevoli mutamenti anche sul piano dellassetto sociale. La consapevolezza infatti di dover sopportare un carico sempre maggiore di nemici interni, costituito ovviamente da una fascia sempre più ampia di popolazioni sottomesse, radicò ancora di più lesigenza di una capillare attività interna di polizia, volta al mantenimento di un ordine sociale alquanto precario. Il tutto si tradusse quindi in un inasprimento delle norme comunitarie, a svantaggio delle libertà personali dei singoli cittadini. Così, mentre - come già si diceva - tutto il mondo ellenico conosceva un progresso in direzione dellaffermazione della libera iniziativa privata, ovvero a sfavore degli antichi vincoli comunitari che legavano tra loro i componenti della casta egemone, Sparta conosceva al contrario un drastico inasprimento di questi ultimi, conseguenza di un dominio sempre più difficile e instabile sulle varie regioni del proprio territorio. Per ciò che riguarda le popolazioni sottomesse poi, esse si divisero sin dallinizio (ovvero sin da prima dellinvasione messenica, dai tempi cioè dellinsediamento degli Spartani in Laconia) in due differenti gruppi: i Perieci da una parte, e gli Iloti dallaltra. I primi, seppure posti in una condizione socialmente subordinata, costituirono una popolazione a latere rispetto agli spartiati, che godeva di alcuni diritti essenziali - e alla quale erano inoltre delegate attività, quali ad esempio il commercio, che gli spartiati (non solo come classe/casta egemone, ma anche in quanto profondamente chiusi di fronte a possibili influenze e contaminazioni esterne) non volevano né potevano esercitare! - ma che tuttavia non aveva alcuna voce nelle decisioni di natura politica. I peireci molto probabilmente erano i discendenti delle popolazioni che dominarono quelle zone prima dellarrivo dei Dori. Queste ultime difatti in parte furono sospinte al di là dei loro precedenti territori (soprattutto in Arcadia e in Acaia), in parte continuarono invece a vivere ai margini di essi, laddove le regioni più fertili vennero occupate dai nuovi arrivati. La condizione più dura fu però quella degli Iloti : una sorta di classe schiavile di stato, impiegata nella coltivazione dei campi e più in generale nelle attività produttive, totalmente priva di diritti (e non soltanto di quelli politici, ma anche di quelli più elementari). Gran parte delle popolazioni sia della Laconia (regione di più antica conquista), che della Messenia (acquisita definitivamente, come si è appena mostrato, verso la fine dellVIII secolo) furono tradotte in schiavitù, andando così a comporre i membri di una tale classe, giuridicamente priva desistenza autonoma in quanto mero strumento produttivo per la classe egemone degli spartiati. E necessario infine dare un breve sguardo alle trasformazioni che, a partire soprattutto dalla seconda guerra messenica, ebbero luogo allinterno dello stato spartano. Innanzitutto bisogna ricordare come, prima della conquista della Messenia, si stessero formando delle rivalità abbastanza forti tra le due famiglie politicamente più influenti dello Stato spartano (gli Agiadi e gli Euripontidi), un fattore che chiaramente era causa - e al tempo stesso espressione - di una crescente divisione interna. Prodotto di questo aspetto della vita politica e sociale fu forse la scelta istituzionale di carattere diarchico (ovvero la doppia monarchia) posta alla base dellorganizzazione stessa dello stato. Ognuno dei due re infatti (la cui carica peraltro, contrariamente a quella dei sovrani del periodo miceneo, durava soltanto un anno!) era espressione di una delle due famiglie dominanti, e la loro azione combinata tendeva quindi a mantenere tra esse un equilibrio di potere. Il potere dei sovrani inoltre non era certo assoluto, ma bilanciato da altri istituti: la Gherusia (il Consiglio degli anziani), e lApella (lassemblea dei cittadini liberi, ovvero gli spartiati, convocata solo per le decisioni più importanti). Anche se le guerre messeniche, molto probabilmente, non modificarono da subito una tale struttura (fu infatti solo nel secolo successivo, il sesto, che gli Efori, i cinque magistrati la cui istituzione risaliva ancora allVIII secolo, iniziarono ad avere la concreta possibilità di limitare il potere dei sovrani), esse sicuramente influenzarono lo spirito stesso del popolo spartano, rendendolo più chiuso e diffidente nei confronti degli altri stati (i quali, come vedremo più avanti, stavano conoscendo già da tempo unevoluzione di segno opposto rispetto alla sua) e rafforzando contemporaneamente lo spirito di coesione interna, ovvero il senso della parità sociale e politica tra i cittadini liberi, a tutto svantaggio degli antagonismi politici tra le grandi famiglie. Un altro elemento poi, che modificò profondamente la vita politica e sociale della polis spartana, fu lintroduzione (avvenuta verosimilmente proprio in concomitanza con la seconda guerra messenica) della tattica oplitica, la quale - come si visto - richiedendo un forte senso di solidarietà reciproca tra i cittadini-soldati, favorì (e anzi impose) il processo di parificazione sociale tra essi, a scapito di nuovo delle interne rivalità particolaristiche. Un ultimo fattore che caratterizzò da sempre - ma ancor più profondamente a partire da questo periodo - la cultura spartana, fu il tipo di educazione impartita alla sua gioventù (Agoghè), la cui esistenza era improntata a unesistenza dura, spietata e militaresca. Elementi essenziali di essa furono: il distacco forzato dalla famiglia dalletà di tredici anni, linizio cioè di unesistenza puramente comunitaria; la ginnastica come mezzo per temprare tanto il corpo quanto lo spirito; e delle condizioni di vita alquanto precarie, che obbligavano i giovani spartani a rubare per sostentarsi, a rischio di subire però terribili punizioni fisiche e morali. Fu la guerra messenica quindi, levento che molto probabilmente costrinse la città di Sparta a trasformarsi definitivamente in quella roccaforte impenetrabile (spesso inoltre mitizzata dai suoi stessi nemici, elemento non secondario della sua forza) che tutti ancor oggi conosciamo, episodio più unico che raro nellintera storia mondiale. - Evoluzione interna degli altri stati greci Per ciò che concerne invece gli altri stati greci, abbiamo già detto che la loro evoluzione fu molto più vicina a quella della città di Atene che non a quella di Sparta. Ma peculiarità dellAttica fu anche qui - come per quanto concerne la crescita coloniale - un notevole ritardo rispetto alla maggior parte delle altre regioni. Così, ad esempio, mentre Corinto conobbe per la prima volta lesperienza politica della tirannide ancora nel VII secolo, Atene la conobbe invece soltanto a partire più o meno dalla metà del VI, sotto la guida illuminata di Pisistrato. Per ciò che riguarda questultima forma di governo, bisogna notare che essa fu espressione in gran parte della volontà dei nuovi ceti commerciali e borghesi (nel senso di non peculiarmente legati alle ricchezze fondiarie) di affermarsi anche su un piano politico e civile. I tiranni difatti, se da una parte furono quasi sempre degli esponenti della nobiltà, dallaltra furono anche espressione della necessità di mediare tra gli interessi di questultima e quelli dei ceti emergenti, cittadini e commerciali. In questo senso la tirannide greca non ebbe (quantomeno da subito) quei connotati negativi che assunse in seguito, e che ancora oggi conserva. In ogni caso la cultura politica delle altre poleis fu molto spesso influenzata dallesperienza della democrazia ateniese, pur non essendo mai giunta in esse a soluzioni altrettanto radicali, ed essendosi quindi mantenuta su un piano di maggiore moderazione. Del resto, anche laddove si formarono stati di stampo oligarchico, essi conservarono sempre rispetto al passato un carattere decisamente attenuato: era oramai inconcepibile infatti, visti gli sviluppi sociali di un po tutto il mondo greco, un dominio a senso unico della nobiltà terriera. Le eccezioni più considerevoli rispetto a una tale situazione si trovarono in Arcadia (ovvero nelle zone più interne del Peloponneso) e in Tessaglia (nella zona nord-orientale della Grecia). Qui difatti, gli sviluppi economici e sociali oramai avanzati nelle altre regioni, non ebbero altrettanta facilità a penetrare. Anche sul piano politico, dunque, rimasero in vigore in massima parte le tradizioni gentilizie più arcaiche e le forme di insediamento ad esse corrispondenti, più tribali che cittadine. Ma quello dei dislivelli di proprietà non fu, nel mondo occidentale, un problema esclusivamente greco. Anche a Roma, ad esempio, la questione delle terre - detta questione agraria - fu sempre estremamente sentita. Daltra parte, il processo di graduale accentramento fondiario non venne mai realmente interrotto dai provvedimenti politici, ma al massimo rallentato. Ne è prova il fatto che la fine del mondo antico fosse segnata dalla realtà del feudalesimo - ovvero di una società divisa territorialmente tra le proprietà dei grandi possidenti. Le prime leghe tra le città greche non furono quelle della madrepatria, bensì quelle delle colonie asiatiche. Per lesattezza la prima lega fu quella, fondata nel VII secolo, tra le poleis ioniche, e le cui basi furono innanzitutto religiose. Anche qui, come in molti altri campi, le colonie ebbero il merito di costituire il volano dellevoluzione dei popoli ellenici. Solo con i secoli, quando lo sviluppo economico e politico principale si spostò nuovamente verso la madrepatria, questultima si riappropriò del proprio ruolo egemone.
Posted on: Sun, 17 Nov 2013 12:46:26 +0000

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