La caccia al Cav non è solo caccia al Cav di Giovanni - TopicsExpress



          

La caccia al Cav non è solo caccia al Cav di Giovanni Sallusti Quel che la gente del bel mondo, giornaloni, soloni mediatici, politici dall’eloquio robusto e dal consenso fragilissimo, continua ostinatamente a ignorare, ha molto a che fare con quello di cui proviamo a parlare qui, tutti i giorni. Per costoro, il film che sta andando in scena in questa pazza estate italica è una commedia come tante. C’è una sentenza definitiva che coinvolge un politico prestigioso, il politico prestigioso nelle democrazie liberali non fa le bizze e non s’attarda in drammoni personali, la sentenza si esegua, e si vada avanti (con il partito avversario azzoppato, che magari ballando da solo pure questo strampalato Pd riesce a vincere). Tutto corretto, all’Accademia del bel mondo. Il punto è che l’Italia, questa Italia, non è una democrazia liberale. Nessuno Stato in cui il potere giudiziario non conosca alcun contrappeso reale e non venga mai chiamato alla responsabilità dei propri errori ed orrori, anche quando sono madornali, può dirsi tale. Eppure, fin qui, mi direte, si potrebbe lasciare una battaglia giusta in linea di principio agli araldi organici della Casa Madre berlusconiana, ché in fondo all’artigiano del Nord poco ne cale. Ennò, invece, qui è in questione proprio questo, una storia politica ventennale che ha intercettato, come mai in questa Repubblica giacobina e centralista (la peggiore del mondo civile, caro Benigni), anche quelle ragioni, le ragioni della filiera produttiva e dei territori fattivi del Paese, e che oggi provano a decapitare manu giudiziaria. Qui, la commedia si volge in tragedia, quella di un pezzo di Paese, l’eterna alleanza gattopardesca dell‘establishment italico, salotto buono-suoi giornali-procure d’assalto-partiti pesanti, che tenta di divorarsi definitivamente un’altra parte. Da sempre percepita come un’anomalia, anche perché ha rotto i tabù conservativi, ha osato nominare gli eccessi dello Stato e la rivoluzione liberale, ha finalmente dato dignità politica alla questione settentrionale (anche “istituzionalizzando” la Lega, merito che al Cav dovrebbe essere riconosciuto all’unanimità). Non conta qui che l’asse del Nord incardinato sull’azione combinata di Berlusconi e Bossi abbia successivamente frustrato pressoché tutte queste, enormi, aspettative create, l’abbiamo detto più volte. Conta che non ci sia proprio nulla di normale, in un’estate in cui un pugno di magistrati (alcuni avvezzi a conversazioni telefoniche in napoletano stretto al livello della “scena della lettera” tra Totò e Peppino) prova a negare un ventennio politico, a cancellare di forza la rappresentanza, spesso incompleta e quasi sempre inadeguata, di quelle ragioni, le ragioni di chi ancora prova a rincorrere l’impresa e il desiderio di uno Stato non oppressore. Non è la commedia di una giustizia severa e di un imputato capriccioso, è il dramma di una violenza di Stato contro un vasto spicchio di elettorato, territori, interessi legittimi. Di questo parliamo, quando parliamo della sentenza-Berlusconi, per cui c’entra molto con noi, con il Nord e perfino con quell’artigiano. A meno che si voglia vivere in un Paese a misura-Esposito (almeno Totò, nella realtà, era un principe).
Posted on: Sat, 24 Aug 2013 10:10:10 +0000

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