La certezza della seconda attenzione CASTANEDA Era di tardi - TopicsExpress



          

La certezza della seconda attenzione CASTANEDA Era di tardi quando arrivai a dove vivevano la Grassa e le sorelline. La Grassa era sola, seduta fuori della porta, contemplando le montagne distanti. Si sbalordì vedendomi. Mi spiegò che era stato completamente assorta in un ricordo e che in un momento stette per ricordare qualcosa di molto vago e che aveva a che vedere con me. Quella notte, dopo avere cenato, la Grassa, le tre sorelline, i tre Genaros ed io ci sediamo nel suolo della stanza della Grassa. Le donne si accomodavano giunte. Per alcuno ragione, benché avesse la stessa familiarità con ognuno di essi, aveva scelto inconsciamente la Grassa come recipiente di tutta la mia attenzione. Era come se gli altri non esistesse per me. Osservai che chissà si doveva a che la Grassa mi ricordavo a Don Juan, e gli altri, no. Esisteva qualcosa attore comico in lei, ma quella grazia non si trovava tanto nelle sue azioni come nei miei sentimenti verso lei. Volevano sapere che cosa stavo facendo prima di arrivare. Dissi loro che era appena stato nella città di Tula, Hidalgo, dove aveva visitato le rovine archeologiche. Mi impressionò notevolmente una fila di quattro colossali figure di pietra, con forma di colonna, chiamate gli Atlanti che si trovavano nella parte superiore facciata di una piramide. Ognuna di queste figure quasi cilindriche che misurano cinque metri di altezza ed uno di diametro, è composto di quattro distinti pezzi di basalto intagliati per rappresentare quello che gli archeologi credono essere guerrieri toltechi che portano la sua pompa magna guerriera. A circa sette metri dietro ognuno degli atlanti si trova unaltra fila di quattro colonne rettangolari della stessa altezza e larghezza delle prime, anche fatte con quattro pezzi distinti di pietra. Limpressionante scenario degli atlanti fu rincarato ancora più per me per quello che mi contò lamico che mi ero portato al posto. Mi disse che un guardiano delle rovine gli rivelò che egli aveva sentito, durante la notte, camminare agli atlanti, di tale forma che sotto ad essi il suolo si scuoteva. Chiesi commenti ai Genaros. Si mostrarono timidi ed emisero risatine. Diventai alla Grassa che si trovava seduta vicino a me, e gli chiesi direttamente la sua opinione. - Io non ho visto mai quelle figure - assicurò -. Non sono stato mai in Tula. La mera idea di andare a quello paese mi fa paura. - Perché si fa paura, Gorda?-domandai. - A me mi passò una cosa molto rara nelle rovine di Monte Albán, ad Oaxaca - rispose -. Io andavo molto a camminare per quelle rovine, malgrado il nagual Juan Matus mi dicesse che non mettesse lì un piede. Non so perché ma mi piaceva quello posto. Ogni volta che arrivava da Oaxaca andava lì. Come alle vecchie che camminano sole li disturbano sempre, in generale andava con Pablito, che è molto audace. Ma una volta fui con Néstor. Ed egli vide un scintillio nel suolo. Vanghiamo un po e troviamo una pietra molto strana che stava nella palma della mia mano. Avevano fatto un vuoto ben tornito nella pietra. Io volevo mettere lì il dito e mettermela come inanello, ma Néstor non mi lasciò. La pietra era soave e mi riscaldavo molto la mano. Non sapeva che fare con lei. Néstor la mise dentro il suo cappello e la carichiamo come se fosse un animale vivo. Tutti incominciarono a ridere. Sembrava cessere un scherzo nascosto in quello che la Grassa si diceva. - A dove la portasti? - gli domandai. - La portammo qui, a questa casa - rispose, e quellasseverazione generò risate incontenibili negli altri. Tossirono ed annegarono di ridere. - La Grassa è quella che pagò per la barzelletta - spiegò Néstor -. Devi vederla come è, ostinata come una mula. Il nagual gli aveva detto già che non si mettesse con pietre, o con ossa, o con qualunque cosa che trovasse sepolta nel suolo. Ma ella scivolava come ladro quando egli non si rendeva conto e raccoglieva ogni tipo di porcherie. Quello giorno, ad Oaxaca, la Grassa Lei emperró in cui dovevamo portarci quella maledetta pietra. Saliamo con lei al camion e la portammo fino a qui, fino a questo paese, e dopo fino a questa stessa stanza. - Il nagual e Genaro erano in viaggio - proseguì la Grassa -. Mi sentii molto audace, misi il dito nel buco e mi resi conto che quella pietra era stata tagliata per portarla nella mano. Lì nomás incominciai a sentire quello che sentiva il padrone di quella pietra. Era una pietra di potere. Mi mise di cattivo umore. Mi entrò paura. Sentiva che qualcosa di orribile si nascondeva nella cosa offusco della casa, qualcosa che non aveva né forma né colore. Non poteva rimanere sola. Mi svegliavo attaccando grida e dopo un paio di giorni nomás non potei già né dormire. Tutti si alternavano per accompagnarmi, di giorno e di notte. - Quando il nagual e Genaro ritornarono - disse Néstor -, il nagual mi comandò con Genaro a mettere di nuovo la pietra nel posto esatto dove era stato sepolta. Genaro si fu da tre giorni in localizzare il posto esatto. E lo fece. - Ed a te, Grassa che cosa ti passò, dopo quello? - domandai. - Il nagual mi seppellì. Per nove giorni fui nuda dentro una bara di terra. Tra essi ebbe luogo unesplosione di risata. - Il nagual gli disse che non si poteva uscire di lì - spiegò Néstor -. La povera Grassa doveva pisciare e fare cacca dentro la bara. Il nagual la spinse dentro una scatola che fece con rami e fango. Cera una porta in un lato per il cibo e lacqua. Tutto il resto era bollato. - Perché la seppellì? - indagai. - È lunica forma di proteggere a chiunque - sostenne Néstor -. La Grassa doveva essere messa basso il suolo affinché la terra la curasse. Nessuno curato migliore che la terra; inoltre, il nagual doveva deviare il senso di quella pietra che era focalizzato nella Grassa. La terra è un schermo, non lascia che niente passaggio per nessun lato. Il nagual sapeva che la Grassa non poteva peggiorare per stare sepolti nove giorni, a forza doveva migliorare. E quello passò. - Che cosa sentisti stando seppellito così, Grassa? - gli domandai. - Quasi divento matta - confessò -. Ma quello nomás era il mio vizio di consentirmi. Se il nagual non si fosse messo lì, sarei morto. Il potere di quella pietra era troppo grande per me; il suo padrone era stato un uomo di volume enorme. Poteva sentire che la sua mano era il doppio della mia. Si afferrò a quella roccia perché in ciò gli andava la vita, ed alla fine qualcuno lammazzò. Il suo terrore mi spaventò. Potei sentire che qualcosa si avvicinava a mio per divorare la mia carne. Quello fu quello che sentì quelluomo. Era un uomo di potere, ma qualcuno ancora più poderoso di lui lacchiappò. Il nagual disse che una volta che hai un oggetto di quelli, il disastro ti persegue, perché il suo potere entra in lite col potere di altri oggetti di quello tipo, ed il padrone o si converte in persecutore o in vittima. Il nagual disse che la natura di quegli oggetti è stare in guerra, perché la parte della nostra attenzione che li mette a fuoco per darloro potere è una parte bellicosa, di molto pericolo. - La Grassa è molto avida - assicurò Pablito -. Si immaginò che se poteva trovare qualcosa che di per sé avesse già molto potere, ella uscirebbe guadagnando perché già nessuno è oggigiorno interessato in sfidare al potere. La Grassa assentì a capofitto con un movimento. - Io non sapevo che uno può raccogliere altre cose a parte il potere che quegli oggetti hanno. Quando misi per la prima volta il dito nel buco ed afferrai la pietra, la mia mano diventò caldo ed il mio braccio incominciò a vibrare. Mi sentii in realtà grande e forte. Come sempre, e di nascosto, nessuno si rese conto, che io portavo la pietra nella mano. Dopo vari giorni incominciò il vero orrore. Poteva sentire che qualcuno glieli portava col padrone della pietra. Poteva sentire il suo terrore. Senza dubbio si trattava di un stregone molto poderoso e chi fosse quello che camminerà dietro lui non voleva solo ammazzarlo ma anche voleva mangiarsi la sua carne. Davvero questo mi spaventò. In quello momento dovetti tirare la pietra, ma quella sensazione che stava avendo era tanto nuova che continuava ad afferrarla nella mia mano come una recontra stupida che sono. Quando finalmente la sciolsi, era già troppo tardi: qualcosa in me era stato acchiappato. Ebbi visioni di uomini che si avvicinavano, vestiti con vestiti strani. Sentiva che mi mordevano, laceravano la carne delle mie gambe coi suoi denti e con piccolo coltelli filosos. Diventai frenetica! - E come spiegò Don Juan quelle visioni? - domandai. - Disse che questa non aveva oramai difese - intervenne Néstor -. E che per quel motivo poteva raccogliere la certezza di quelluomo, la sua seconda attenzione, che era stato versata in quella pietra. Quando si stavano ammazzandolo afferrò della pietra per così potere unire tutta la sua concentrazione. Il nagual disse che il potere delluomo si mosse del corpo alla pietra; sapeva quello che stava facendo e non voleva che i suoi nemici si avvantaggiassero divorando la sua carne. Anche il nagual disse che quelli che lammazzarono sapevano tutto questo e per quel motivo se lo mangiarono vivo, per potere impadronirsi di tutto il potere che gli rimanesse. Hanno dovuto seppellire la pietra per evitarsi problemi. E la Grassa ed io, come due stupidi, la troviamo e la dissotterriamo. La Grassa assentì, tre o quattro volte. Aveva unespressione sommamente seria. - Il nagual mi disse che la seconda attenzione è la cosa più feroce che è - dichiarò -. Se lo è messo a fuoco in oggetti, non cè nientaltro orrendo. - Quello che è orribile è che cafferriamo - disse Néstor -. Luomo che era padrone della pietra si afferrava alla sua vita ed il suo potere, per quel motivo si inorridì tanto diffondo sentì che toglievano la carne a morsi. Il nagual ci disse che se quelluomo avesse smesso di essere possessivo e si sarebbe abbandonato alla sua morte, chiunque che fosse, non avrebbe sentito nessuna paura. La conversazione si spense. Domandai agli altri se avevano qualcosa da dire. Le sorelline mi guardarono con fuoco negli occhi. Benigno rise sommessamente e nascose il suo viso col cappello. - Pablito ed io siamo andati alle piramidi di Tula - convenne finalmente -. Siamo andati a tutte le piramidi che cè in Messico, ci piacciono. - E per che motivo andarono a tutte le piramidi? - domandai. - Realmente non so a che cosa fummo - rispose -. Forse fu perché il nagual Juan Matus ci disse che non fossimo. - E tu, Pablito? - Io andai ad imparare - replico, di malumore, e dopo rise -. Io vivevo nella città di Tula. Conosco quelle piramidi come la palma della mia mano. Il nagual mi disse che anche egli visse lì. Sapeva tutto circa le piramidi. Lo stesso era un tolteco. Notai allora che qualcosa più che curiosità mi ero fatto andare alla zona archeologica di Tula. La ragione principale per la quale accettai linvito del mio amico fu perché la prima volta che visitai la Grassa e gli altri, mi dissero qualcosa che Don Juan non mi aveva menzionato mai: che egli si considerava un discendente culturale dei toltechi. Tula fu lantico epicentro dellimpero tolteco. - E che cosa, pensano che gli atlanti camminino di notte? - domandai a Pablito. - Ovviamente che camminano di notte - enfatizzò -. Quelle cose sono state lì per secoli. Nessuno sa chi costruì le piramidi; lo stesso nagual Juan Matus mi disse che gli spagnoli non furono i primi a scoprirli. Il nagual assicurò che ci furono altri alci che essi. Quanti Dio saprà. - E che cosa credi che rappresentino quelle figure di pietra? - insistei. - Non sono uomini, bensì donne - disse -. E quelle piramidi dove stanno è il centro dellordine e della stabilità. Quelle figure sono i suoi quattro angoli, sono i quattro venti, le quattro direzioni. Sono la base, il fondamento della piramide. Devono essere donne, donne mascoline se così li vuoi chiamare. Come sai già, noi gli uomini non siamo tanto caldi. Siamo una buona legatura, un pegol che unisce le cose, e quello è tutto. Il nagual Juan Matus disse che il mistero della piramide è la sua struttura. Le quattro angolo sono state elevate fino alla cima. La piramide stessa è luomo che sta sostenuto per le sue donne guerriere: un uomo che ha elevato i suoi supporti fino al posto più alto. Capisci? Ho dovuto avere unespressione di perplessità nel viso. Pablito rise. Si trattava di un risata corti. - No, non capisco, Pablito - riconobbi -, perché Don Juan non mi parlò mai di quello. Il tema è completamente nuovo per me. Per favore, dimmi tutto quello che sappia. - Quello che si conosce come atlanti sono il nagual; sono donne sognatrici. Rappresentano lordine della seconda attenzione che è stato portata alla superficie, per quel motivo sono tanto temibili e misteriose. Sono creature di guerra, ma non di distruzione. Laltra fila di colonne, i rettangolari, rappresentano lordine della prima attenzione, il tonale. Sono accecatrici, per quel motivo sono coperte di iscrizioni. Sono molto pacifiche e sagge, il contrario della fila di di fronte. Pablito smise di parlare e mi guardò quasi provocatorio; dopo, sorrise. Pensai che andava a spiegare quello che aveva detto, ma stette in silenzio come se aspettasse i miei commenti. Gli dissi quanto perplesso mi trovavo e lurgeva che continuasse parlando. Sembrò indeciso, mi guardò un momento e respirò largamente. Appena aveva cominciato a parlare quando le voci degli altri si sollevarono in un clamore di proteste. - Il nagual ci spiegò già tutto quello - notò la Grassa, impazientemente -. Perché devi farlo ripetere? Tentai di farloro comprendere che in realtà io non avevo la minore idea di quello che parlava Pablito. Lo pregai che continuasse con la sua spiegazione. Sorse unaltra ondata di voci che parlavano contemporaneamente. A giudicare dalla maniera le sorelline mi fulminavano come con lo sguardo, si stavano arrabbiando ancora più, Combatte specialmente. - Non vogliamo parlare di quelle donne - obiettò la Grassa con un tono conciliatorio -. Nomás di pensare alle donne della piramide ci mettiamo molto nervose. - Che cosa passa a tutti voi? - domandai -. Perché agiscono così? - Non sappiamo - rispose la Grassa -. È nomás una sensazione che ci dà a tutti, una sensazione molto inquieta. Tutti stavamo bene fino ad un momento fa, quando incominciasti a domandare su quelle donne. Le asseverazioni della Grassa furono come un segno di allarme. Tutti essi si alzarono ed avanzarono minaccianti verso me, parlando molto forte. Mi prese un buon momento calmarli e fare che tornassero a prendere posto. Le sorelline si trovavano molto fastidiose ed il suo cattivo umore sembrava influenzare quello della Grassa. I tre uomini mostravano maggiore controllo. Affrontai Néstor e gli chiesi liscia e spontaneamente che mi spiegassi perché le donne si erano agitate tanto. Era ovvio che io mi trovavo, involontariamente, facendo qualcosa che li esasperava. - Veramente io non so quello che è - rispose -. È che qui nessuno di noi sa quello che ci succede. Tutto quello che sappiamo è che ci sentiamo male e nervosi. - È perché stiamo parlando delle piramidi? - lo consultai. - Deve essere per quel motivo - rispose, ombroso -. Io stesso non sapeva che quelle figure fossero donne. - Indubbiamente lo sapevi, idiota - esclamò Corrida. Néstor si sembrò intimorirsi davanti a quellesplosione. Retrocedè e mi sorrise tranquillamente. - Forse lo sapeva - concedè -. Stiamo passando per un periodo molto strano nelle nostre vite. Già nessuno di noi può essere sicuro di niente. Da quando arrivasti alle nostre vite a noi non ci conosciamo oramai stessi. Un umore molto oppressivo ci possedette. Insistei in che lunica maniera di scacciarlo era parlando di quelle misteriose colonne delle piramidi. Le donne protestarono calorosamente. Gli uomini si mantennero in silenzio. Ebbi la sensazione che in principio erano di accordo con le donne, ma che in fondo volevano discutere il tema, come io. - Don Juan non ti disse qualcosa più busta le piramidi, Pablito? - domandai. - Disse che una piramide specialmente, lì in Tula; era un guida - rispose Pablito, subito. Del tono della sua voce dedussi che in realtà aveva desideri di parlare. E lattenzione che prestavano gli altri apprendisti mi convinse che segretamente tutti essi volevano scambiare opinioni. - Il nagual disse che era un guida che portava alla seconda attenzione - continuò Pablito -, ma che fu saccheggiata e tutto si rovinò. Mi contò che alcune delle piramidi erano gigantesche non-fare. Non erano posti di alloggio, bensì posti affinché i guerrieri facessero il suo sogno ed esercitassero la sua seconda attenzione. Tutto quello che facevano si registrava con disegni e figure che scolpivano nei muri. Poi è dovuto arrivare un altro tipo di guerriero, una specie che non era di accordo con quello che gli stregoni della piramide fecero con la sua seconda attenzione, e che distrusse la piramide con tutto quello che lì aveva. Il nagual credeva che i guerrieri dovettero essere guerrieri della terza attenzione. Come egli stesso era. Guerrieri che si inorridirono con la cosa maligna che ha la certezza della seconda attenzione. Gli stregoni delle piramidi erano eccessivamente occupati con la sua certezza, per dare si racconta di quello che succedeva. Quando lo fecero, era già troppo tardi. Pablito aveva pubblico. Tutti nella stanza, includendomi, eravamo affascinati con quello che ci raccontava. Potei comprendere le idee che presentava, perché Don Juan me li arrivò a spiegare. Don Juan mi ero detto che il nostro essere totale consiste in due segmenti percettibili. Il primo è il nostro corpo fisico che tutti noi possiamo percepire; il secondo è il corpo luminoso che è un bocciolo che i veggenti possono percepire solo e che ci dà lapparenza di gigantesche uova luminose. Mi disse anche che una delle mete più importanti della stregoneria era raggiungere il bocciolo luminoso; una meta che si riesce attraverso il sofisticato uso del sogno e mediante un sforzo rigoroso e sistematico che egli chiamava no-fare. Don Juan definiva no-fare come un atto insolito che usa al nostro essere totale forzandolo ad essere cosciente del segmento luminoso. Per spiegare questi concetti, Don Juan fece una disuguale divisione tripartita della nostra coscienza. Alla porzione più piccola la chiamò prima attenzione e disse che era la coscienza che ogni persona normale ha sviluppato per affrontare il mondo quotidiano; abbraccia la coscienza del corpo fisico. Ad unaltra porzione più grande la chiamò la seconda attenzione e la descrisse come la coscienza che richiediamo per percepire il nostro bocciolo luminoso e per agire come esseri luminosi. Disse che la seconda attenzione rimane nel fondo durante tutta la nostra vita, non sia che emerga attraverso un allenamento deliberato o a causa di un trauma accidentale, abbraccia la coscienza del corpo luminoso. Allultima porzione che era il maggiore, la chiamò la terza attenzione: una coscienza dei corpi fisico e luminoso. Gli domandai se aveva sperimentato la terza attenzione. Disse che si trovava nella periferia di lei e che se arrivava ad entrare completamente io lo saprei subito, perché tutto egli si trasformerebbe in quello che in realtà era: unesplosione di energia. Aggregò che il campo di battaglia dei guerrieri era la seconda attenzione che veniva ad essere qualcosa come un campo di allenamento per arrivare alla terza attenzione; un campo un tanto difficile da raggiungere, ma molto fruttifero una volta ottenuto. - Le piramidi sono dannose - continuò Pablito -. Specialmente per stregoni desprotegidos come noi. Ma sono ancora peggiori per guerrieri senza forma, come la Grassa. Il nagual disse che non cè nientaltro pericoloso che la certezza maligna della seconda attenzione. Quando i guerrieri imparano a mettersi a fuoco nel lato debole della seconda attenzione, non cè oramai niente che possa fermarli. Si trasformano in cacciatori di uomini, in vampiri. Non importa che oramai non siano vivi, possono raggiungere la sua preda attraverso il tempo, come se fossero presenti qui ed ora; perché in prede ci convertiamo se ci mettiamo in una di quelle piramidi Il nagual li chiamava trappole della seconda attenzione. - Esattamente che disse che passerebbe ad uno? - domandò la Grassa. - Il nagual disse che magari potremmo sopportare una visita alle piramidi - spiegò Pablito -. Nella seconda visita sentivamo una strana tristezza; come una brezza che ci girerebbe disattenti e stanchi: una fatica che pronto si trasforma nella sfortuna. In questione di giorni diventeremmo alcuni salature. Il nagual assicurò che le nostre ondate sfortunate si dovevano alla nostra ostinazione visitando quelle rovine nonostante le sue raccomandazioni. Scelse, per esempio, non disubbidì mai al nagual. Né a momenti te lo trovavi lì; neanche trovavi questo nagual che sta qui, ed i due ebbero sempre fortuna, mentre il resto di noi portiamo il sale, specialmente la Grassa ed io. Non ci morse lo stesso cane? E non le stesse travi del soffitto della cucina marcirono due volte e ci caddero addosso? - Il nagual non mi spiegò mai questo - confutò la Grassa. - Certo - insistè Pablito. - Se io avessi saputo la cosa brutta che era tutto quello, non avrebbe messo mai un piede in quelli maledetti posti - protestò la Grassa. - Il nagual ci disse a tutte le stesse cose - disse Néstor -. Il problema è che qui tutti non lascoltavano distintamente, o piuttosto che ognuno di noi lascoltava alla sua maniera, e sentivamo quello che volevamo sentire. Il nagual spiegò che la certezza della seconda attenzione ha due visi. La prima ed il più facile è il viso malefico. Succede quando i sognatore usano il suo sogno per mettere a fuoco la seconda attenzione nelle cose di questo mondo, come denaro o potere sulla gente. Laltro viso è il più difficile da raggiungere e succede quando i sognatore mettono a fuoco la sua attenzione in cose che non stanno oramai in questo mondo o che non sono oramai di questo mondo, come il viaggio alla cosa ignorata. I guerrieri hanno bisogno di unimpeccabilità senza fine per raggiungere questo viso. Dissi loro che era sicuro che Don Juan aveva rivelato selettivamente certe cose ad alcuni di noi; ed altre, ad altri. Per esempio, io non potevo ricordare che qualche volta Don Juan avesse discusso con me il viso malefico della seconda attenzione. Poi parlai loro di quello che Don Juan si era detto relativamente alla certezza dellattenzione in generale. Incominciò per lasciare in indubbiamente per lui tutte le rovine archeologiche del Messico, specialmente le piramidi, erano dannose per luomo moderno. Descrisse le piramidi come sconosciute di pensiero e di azione. Disse che ogni parte, ogni progetto, rappresentava un sforzo calcolato per registrare aspetti di attenzione assolutamente altrui a noi. Per Don Juan non erano solamente le rovine di antiche culture quelle che contenevano un elemento pericoloso in esse; tutto quello che era oggetto di una preoccupazione ossessiva aveva un potenziale dannoso. Una volta discutiamo questo in dettaglio. Fu a causa del fatto che io non sapevo che cosa fare per mettere a salvo le mie note di campo. Li vedeva di una maniera molto possessiva ed era ossessionato con la sua sicurezza. - Che cosa devo fare? - gli domandai. - Genaro ti diede la soluzione una volta - replicò -. Tu credesti, come sempre, che stava scherzando. Ma egli non scherza mai. Ti disse che dovresti scrivere con la punta del tuo dito invece di matita. Non gli facesti caso perché non puoi immaginarti che quello sia il no-fare di prendere note. Arguii che quello che si stava proporsi doveva essere un scherzo. La mia immagine propria era quella di un scienziato sociale che doveva registrare tutto quello che era fatto o detto, per estrarre conclusioni verificabili. Per Don Juan, una cosa non aveva a che vedere con laltra. Essere un studente serio non aveva niente a che vedere con prendere note. Io, personalmente, non poteva vedere il valore del suggerimento di Don Genaro; mi somigliavo umoristica, ma non unisca vera possibilità. , Don Juan portò più avanti il suo punto di vista. Disse che prendere note era una maniera. di occupare la prima attenzione nel compito di ricordare che io prendevo note per ricordare quello che si diceva e faceva. La raccomandazione di Don Genaro non era un scherzo, perché scrivere con la punta del mio dito in un pezzo di carta, essendo il no-fare di prendere note, forzerebbe alla mia seconda attenzione a mettersi a fuoco in ricordare, e non accumulerebbe oramai fogli di carta. Don Juan credeva che alla lunga il risultato sarebbe più esatto e più poderoso di prendere note. Non si era fatto mai, in quanto a quello che egli sapeva, ma il principio era solido. Per un breve tempo, mi pressò affinché lo facesse. Mi sentii perturbato. Prendere note non mi servivo solo come risorsa mnemonica, mi alleggerivo anche. Era la mia stampella più utile. Accumulare fogli di carta mi davo una sensazione di proposito e di equilibrio. - Quando ti metti a cavillare in quello che fai con le tue foglie - spiegò Don Juan -, stai mettendo a fuoco in esse una parte molto pericolosa di te stesso. Tutti noi abbiamo quello lato pericoloso, quella certezza. Quanto più forti arriviamo ad essere, più mortifero è quello lato. La raccomandazione per i guerrieri è non avere niente materiale in che cosa mettere a fuoco il suo potere, bensì metterlo a fuoco piuttosto verso lo spirito, nel vero volo alla cosa ignorata, non in salvaguardie triviali. Nel tuo caso, le note sono la tua salvaguardia. Non ti lasciano vivere in pace. Io credevo seriamente che non ci fosse maniera alcuna sulla faccia della terra che mi dissociassi delle mie note. Ma Don Juan concepì un compito per portarmi a quello fine. Disse che smette qualcuno che era tanto possessivo come me, il modo più appropriato di liberarmi dei miei quaderni di note sarebbe rivelandoli, gettandoli alla cosa aperta, scrivendo un libro. In quellepoca pensai che quellera ancora un scherzo maggiore che prendere note con la punta del dito. - La tua compulsione di possedere ed afferrarti alle cose non è unica - sostenne -. Tutto quello che vuole seguire quello verso il guerriero, il sentiero dello stregone, deve togliersi di dosso quella certezza. Il mio benefattore mi disse che ci fu unepoca in cui i guerrieri sé avevano oggetti materiali nei quali concentravano la sua ossessione. E quello dava luogo alla domanda di quale oggetto sarebbe più poderoso, o il più poderoso di tutti. Scampoli di quegli oggetti esistono ancora nel mondo, le piante di quella contesa per il potere. Nessuno può dire che tipo di certezza avranno ricevuto quegli oggetti. Uomini infinitamente più poderosi che tu virtieron tutti gli aspetti della sua attenzione in essi. Appena tu incominci a spargere la tua minuscola preoccupazione nelle tue note. Ancora non sei arrivato ad altri livelli di attenzione. Pensa alla cosa orribile che sarebbe se alla fine del tuo sentiero di guerriero ti trovassi caricando i tuoi gonfiori di note nella schiena. Per allora quello, le note sarebbero vive, specialmente se imparassi a scrivere con la punta del dito ed ancora dovessi ammucchiare foglie. Sotto quelle circostanze non mi sorprenderei che qualcuno trovasse i tuoi gonfiori camminando soli. - Per me è facile comprendere perché il nagual Juan Matus non voleva che avessimo possessi - segnalò Néstor, dopo che finii di parlare -. Tutti noi siamo ensoñadores. Non voleva che mettessimo a fuoco il nostro corpo di sogno nel viso debole della seconda attenzione. Io non mi intesi le sue manovre di quelli giorni; io chingaba il fatto che mi fece disfarmi di tutto quello che aveva. Pensai che era ingiusto. Credei che stesse tentando di evitare che Pablito e Benigno mi avessero invidia, perché essi non possedevano niente. In paragone, io ero benestante. In quellepoca, io non avevo idea che il nagual stava proteggendo il mio corpo di sogno. Don Juan mi ero descritto il trasognare di diverse maniere. Ora la più oscura, mi sembra che lo definisca meglio. Disse che intrinsecamente trasognare è il no-fare di dormire. In questo senso, il sogno permette allapprendista luso di quella porzione della sua vita che passa nel sopore. È come se gli ensoñadores non dormisse oramai, e tuttavia questo non risulta in nessuna malattia. Agli ensoñadores non manca loro il sonno, ma leffetto di trasognare sembra essere un incremento del tempo di veglia, dovuto alluso di un supposto corpo extra: il corpo di sogno. Don Juan mi ero spiegato che, in certe occasioni, il corpo di sogno era chiamato il doppio o il altro, perché è una replica perfetta del corpo dellensoñador. Inerentemente si tratta dellenergia dellessere luminoso, unemanazione bianchiccia, spettrale, che è proiettata mediante la certezza della seconda attenzione in unimmagine tridimensionale del corpo. Don Juan mi notò che il corpo di sogno non è un fantasma, ma è tanto reale come qualunque cosa col quale commerciamo nel mondo. Disse che, inevitabilmente, la seconda attenzione è spinta a mettere a fuoco il nostro essere totale come campo di energia, e che trasforma quellenergia in qualunque cosa appropriata. La cosa più facile, ovviamente, è limmagine del corpo fisico, con la quale siamo completamente abituati nelle nostre vite giornaliere, grazie alluso di nostra prima attenzione. Quello che canalizza lenergia del nostro essere totale, per prodursisi qualunque cosa che possa trovarsi dentro i limiti della cosa possibile, è conosciuto come volontà. Don Juan non poteva dire quali quelli limiti erano, a meno che al livello di esseri luminosi la nostra portata è tanto ampia che risulta vano tentare di stabilire limiti: in modo che lenergia di un essere luminoso può trasformarsi in qualunque cosa mediante la volontà. - Il nagual assicurò che il corpo di sogno si mette e si aggancia in qualunque cosa - espose Benigno -. Non ha giudizio. Mi disse che luomo sono più deboli delle donne perché il corpo di sogno di un uomo è più possessivo. Le sorelline dimostrarono il suo accordo allunisono, con un movimento a capofitto. La Grassa mi guardò e sorrise. - Il nagual mi disse che tu sei il re dei possessivo - intervenne -. Genaro diceva che fino a saluti dia i tuoi cippi quando glieli porta il fiume. Le sorelline si rotolarono di risata. I Genaros fece ovvi sforzi per contenersi. Néstor che si trovava seduto vicino a me, mi applaudì il ginocchio. - Il nagual e Genaro ci raccontavano storie sensazionali di te - disse -. Cintrattennero per anni con le storie di un tipo raro che conoscevano. Ora sappiamo che si trattava di te. Sentii unondata di vergogna. Era come se Don Juan e dono Genaro mi avrebbe tradito, ridendo di fronte di me degli apprendisti. La tristezza mi avvolse. Incominciai a protestare. Dissi a voce alta che ad essi li avevano predisposti in mio contro per prendere mi mangio un stupido. - Non è certo - disse Benigno -. Siamo molto contenti che stia con noi. - Stiamo? - replicò mordacemente Corrida. Tutti si complicarono in una discussione accaldata. Gli uomini e le donne si erano divise. La Grassa non si unì a nessun gruppo. Rimase seduta vicino a me, mentre gli altri si mettevano in piede e gridavano. - Stiamo passando progressivamente difficili - sussurrò la Grassa -. Abbiamo fatto abbastanza sogno e tuttavia non è sufficiente per quello che necessitiamo. - Che cosa necessitano voi, Grassa? - domandai. - Non sappiamo. Tutti avevano la speranza che tu ce lo dicessi. Le sorelline ed i Genaros presero nuovamente posto per ascoltare quello che la Grassa si diceva. - Abbiamo bisogno di un leader - ella continuò -. Tu sei il nagual, ma non sei leader. - Prende tempo arrivare ad essere un nagual perfetto - proclamò Pablito -. Il nagual Juan Matus mi disse che egli stesso fu un fallimento nella sua gioventù, fino a che qualcosa lo tirò fuori dalla sua compiacenza. - Non lo credo! - gridò Corrida -. A me non mi disse mai quello. - A me mi disse che era un cavicchio - aggiunse la Grassa, a voce bassa. - Il nagual mi contò che nella sua gioventù era una salatura come io - precisò Pablito -. Anche il suo benefattore gli richiese che non mettesse mai per quel motivo il piede in quelle piramidi, e nomás, praticamente viveva lì fino a che lo corse unorda di fantasmi. Allopinione nessuno conosceva quella storia. Tutti si ravvivarono. - Quello mi ero dimenticato completamente - commentò Pablito -. Fino allo appena ho ricordato adesso. Fu come quello che passò alla Grassa. Un giorno, dopo che finalmente il nagual si era trasformato in un guerriero senza forma, la certezza maligna di quelli guerrieri che avevano fatto i suoi sogni ed altri non-fare nelle piramidi, gli furono venuti sopra. Lo trovarono quando lavorava nel campo. Mi contò che vide che una mano usciva dalla terra floscia di un solco fresco, per afferrargli il volo dei suoi pantaloni. Egli credette che si trattasse accidentalmente di un compagno lavoratore che era stato sepolto. Tentò di dissotterrarlo. Allora si rese conto che stava mettendo le mani in una bara di terra, e che cera lì un uomo sepolto. Era un uomo molto magro e bruno e non aveva capelli. Freneticamente, il nagual tentò di comporre la bara di terra. Non voleva che i suoi compagni vedessero quello che stava passando, né neanche voleva fare male alluomo dissotterrandolo contro la sua volontà. Si mise a lavorare tanto duro che neanche si rese conto che gli altri lavoratori stavano circondandolo. Per allora, il nagual disse che la bara di terra si aveva rifiuto e che luomo bruno si trovava costruzione nel suolo, nudo. Tentò di aiutarlo ad alzarsi e chiese agli uomini che gli dessero una mano. Risero di lui. Pensarono che era ubriaco che gli aveva dato il delirium tremens, perché lì, in quello campo, non cerano né uomo né bara di terra né niente per lo stile. Il nagual disse che rimase atterrito, ma che non osò a contare il suo benefattore nuota di quello. Non importò, perché nella notte tutta una banda di fantasmi arrivò per lui. Andò ad aprire la porta della strada dopo che qualcuno aveva toccato ed unorda di uomini nudi, con occhi gialli e brillanti, si misero nella casa. Lo tirarono al suolo e si ammucchiarono sopra a lui. E lavrebbero polverizzato tutte le ossa di non essere stato per la veloce reazione del suo benefattore. Vide i fantasmi e spinse al nagual fino a metterlo a salvo in un vuoto nella terra che sempre tenia convenientemente aperto nella parte di dietro della sua casa. Seppellì lì al nagual mentre i fantasmi si accoccolarono intorno aspettando la sua opportunità. Il nagual ammise che si spaventò tanto che tutte le notti egli assolo si metteva unaltra volta alla sua bara di terra a dormire, fino a molto dopo che i fantasmi sparirono. Pablito cessò di parlare. Tutti sembravano essere impazienti; cambiarono ripetutamente posizione come se volessero fare capire che erano stanchi di essere seduti. Per calmarli dissi loro che io avevo avuto una reazione molto perturbatrice sentendo le asseverazioni del mio amico circa gli atlanti che camminavano di notte nella piramide di Tula. Non mi ero reso conto della profondità con che accettai quello che Don Juan e dono Genaro mi avevo enseriado, fino a quello giorno. Malgrado la mia mente stesse non cera ben indubbiamente possibilità alcuna che quelle colossali figure di pietra potessero camminare, perché tale questione non entrava nellambito della speculazione seria, io sospesi completamente il mio giudizio. La mia reazione fu una totale sorpresa per me. Spiegai loro estesamente che io avevo accettato lidea che gli atlanti camminassero di notte, come un chiaro esempio della certezza della seconda attenzione. Era giunto a quella conclusione seguendo le seguenti premesse: In primo luogo che non siamo solamente quello che il nostro buonsenso cesige che crediamo essere. In realtà siamo esseri luminosi, capaci di girarci coscienti della nostra luminosità. Secondo che come esseri luminosi coscienti della nostra luminosità possiamo focalizzare distinti aspetti della nostra coscienza, o della nostra attenzione, come Don Juan lo chiamava. Terzo che quella messa a fuoco poteva essere prodotta mediante un sforzo deliberato, come quello che noi tentavamo di fare, o accidentalmente, attraverso un trauma corporeo. Stanza che cera stata unepoca in cui deliberatamente gli stregoni mettevano a fuoco distinti aspetti della sua attenzione in oggetti materiali. Recluta che gli atlanti, a giudicare dalla sua spettacolare apparenza, erano dovuti essere oggetti della certezza degli stregoni di un altro tempo. Dissi che senza dubbio il guardia che diede linformazione al mio amico, aveva messo a fuoco un altro aspetto della sua attenzione: egli poteva aversi convertito, involontariamente, benché solo per un momento, in un recettore delle proiezioni della seconda attenzione degli stregoni dellantichità. Non era tanto smisurato per me allora che quelluomo avesse visualizzato la certezza di quelli stregoni. Se essi erano membri della tradizione di Don Juan e di Don Genaro, erano dovuti essere apprendisti impeccabili, nel qual caso non ci sarebbe limite per quello che potrebbero portare a termine con la certezza della sua seconda attenzione. Se il suo tentativo era che gli atlanti camminassero di notte, allora gli atlanti camminavano di notte. Mentre io parlavo, le sorelline diventarono molto arrabbiate e nervose con me. Quando conclusi, mi Combatte accusò di non fare nientaltro parlare. Si misero in piede ed andarono via senza almeno salutare. Gli uomini li seguirono, ma si trattennero nella porta per stringermi la mano. La Grassa ed io rimaniamo nella stanza. - Cè qualcosa che cammina molto male con quelle donne - censurai. - No. Nientaltro stanno stanche di parlare - scusò la Grassa -. Sperano che tu agisca invece di parlare. - E come è che i Genaros non è stanco di parlare? - domandai. - Perché sono molto più stupidi delle donne - replicò seccamente. - E tu, Grassa? Sei tu anche stanca di parlare? - Non potrebbe dirti - evitò solennemente -. Quando sto con te non mi stanco, ma quando sto con le sorelline mi sento stanca, come esse. Durante i seguenti giorni, i quali passarono senza avvenimenti, risultò ovvio che le sorelline stavano completamente inimicate con me. A fatica i Genaros mi tollerava. Solo la Grassa sembrava allinearsi con me. Mi causò sorpresa. Glielo domandai prima di diventare ad Los Angeles. - Non so come è possibile, ma sono abituata a te - ammise -. È come se tu ed io fossimo uniti, e le sorelline ed i Genaros stessero in un mondo distinto. castaneda
Posted on: Tue, 29 Oct 2013 19:03:31 +0000

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