Lagosto 1914[modifica | modifica sorgente] Con lattentato di - TopicsExpress



          

Lagosto 1914[modifica | modifica sorgente] Con lattentato di Sarajevo e il cataclisma politico che ne derivò, lItalia decise per la neutralità, come per altro fecero altri paesi europei, ma oramai la miccia della guerra era stata accesa, e lItalia si trovò a dover affrontare una situazione molto critica: da una parte lalleanza ufficiale con gli Imperi centrali che avevano dato inizio alle ostilità, e dallaltra i forti interessi che il governo italiano avrebbe potuto sfruttare per unalleanza con lIntesa[54]. Il 3 agosto dopo la dichiarazione di neutralità il Ministro della Marina emanò a tutte le capitanerie di porto la circolare n°27380: « Pubblicata dichiarazione di neutralità Italia presente conflitto alcune Potenze europee stato guerra stop Raccomando quindi V.S. vigilare ogni cura osservanza regole dover derivanti neutralità base codice marittimo integrato Convenzioni Aja cui Governo Re attienesi sebbene non ancora ratificate stop V.S. riceverà istruzioni massima, intanto qualora abbia bisogno chiarimenti cioè applicazione qualche caso su indicate regole rivolgasi urgenza telegrafo Ministro stop Impartisca istruzioni uffici dipendenti. Millo (ammiraglio Enrico Millo di Casalgiate, in sostituzione dellindisposto Ministro della Marina n.d.r.) » La neutralità influì non tanto sulla Regia Marina ma soprattutto sui piani difensivi dei suoi alleati, infatti con la flotta tedesca impegnata nel Mare del Nord, la flotta austriaca si trovò improvvisamente sola contro le forze navali dellIntesa, rispetto alle quali, considerando anche solo la flotta francese, era decisamente inferiore. Così lAustria decise di richiudersi allinterno dei suoi porti, e il fronte marittimo si contrasse entro la fascia costiera orientale dellAdriatico fino allo sbocco del canale dOtranto[55]. Ma la neutralità dellItalia, fu un elemento di cui lammiraglio austriaco Anton Haus dovette tener conto, in quanto un intervento del Regno dItalia a fianco dellIntesa avrebbe fatto diventare la Marina italiana il maggior antagonista della flotta austriaca, e per questo motivo venne deciso di mantenere il quanto più possibile intatta la flotta e tenerla pronta contro un possibile scontro con lItalia. « La Marina austro-ungarica teneva le bocche dei cannoni dirette contro la Francia e la Gran Bretagna, ma aveva gli occhi rivolti verso lItalia[56] » La Regia Marina si prepara alla guerra[modifica | modifica sorgente] Il Duca degli Abruzzi, comandante dellArmata Navale I vertici della Marina presentarono immediatamente una serie di relazioni al capo di Stato Maggiore e al Consiglio dei ministri sullo stato della Forza Armata analizzata il primo agosto 1914, da cui lammiraglio Thaon di Revel rilevava che in unipotesi di conflitto tra lAlleanza e lIntesa, il rapporto tra le forze navali era sfavorevole per lAlleanza, considerando anche che un intervento inglese nel Mediterraneo assieme alla flotta francese avrebbe reso praticamente impossibile ogni speranza di vittoria degli Imperi centrali nel Mediterraneo, anche con lintervento italiano a fianco dellAustria[57]. Inoltre la grande estensione di coste italiane, e la mancanza di adeguate difese costiere soprattutto per i poli industriali marittimi di Genova, Livorno, Civitavecchia, Napoli, Palermo e Ancona avrebbero reso vulnerabili questi centri, che sarebbero stati certamente obiettivi delle eventuali offensive marittime anglo-francesi. Poi cera la questione delle colonie, in quanto in caso di conflitto la Regia Marina avrebbe incontrato seri problemi a mantenere i collegamenti con queste, essendo le rotte in questione sotto controllo inglese[57]. Tutte queste motivazioni di carattere marittimo influenzarono sicuramente anche le scelte politiche che lItalia fece nei mesi successivi, ma nonostante liniziale neutralità, il Ministero della Guerra intensificò gli stanziamenti alla Marina in modo da cominciare unopera di potenziamento della flotta, del personale, delle difese costiere e degli stessi piani di guerra. Quindi mentre si incrementava lo strumento militare, i vertici della Marina consideravano anche il probabile impegno armato contro lImpero austro-ungarico, e di conseguenza modificarono i piani che prevedevano il mare Adriatico come principale teatro delle operazioni di guerra[58]. Il primo provvedimento a livello operativo allo scoppio del conflitto fu la ridislocazione della flotta nel porto di Taranto ove assunse la denominazione di Armata Navale che il 26 agosto 1914, fu posta al comando di S.A.R. il Duca degli Abruzzi, a cui seguirono i primi studi per eventuali operazioni contro lAustria. Fu ripresa lipotesi, già avanzata nel 1908, di un atteggiamento attendista della flotta avversaria a protezione dei suoi potentissimi porti che avrebbe agito solo con operazioni di naviglio minore per logorare la flotta italiana, alla ricerca del momento più favorevole per sferrare un decisivo attacco con le unità maggiori; e come evidenziato già nel 1908, lunica strategia attuabile doveva consistere nel blocco del traffico nemico, con lintento di far uscire dai porti le unità maggiori per portarle lontano dalle basi e impegnarle in battaglia[58]. Altra decisione fu quella, in caso di conflitto, di occupare territorialmente una parte della costa nemica per assicurare il sostegno del fianco destro dellArmata, di creare un blocco allimbocco del canale dOtranto per impedire alle navi austriache di uscire dallAdriatico, di minare le principali linee di comunicazione nemiche e cercare di assicurare il dominio nellAlto Adriatico anche per sostenere le operazioni del Regio Esercito sullIsonzo[59]. Intanto mentre la diplomazia e la politica lavoravano alacremente per assicurare al paese le più vantaggiose condizioni per entrare in guerra a fianco dei più probabili vincitori, a fine 1914 cominciava a preoccupare la situazione in Albania, specialmente per la sua parte più meridionale dove lavanzata austriaca in Serbia minacciava di portare sotto linfluenza dellImpero lo stato albanese; questo avrebbe penalizzato fortemente la possibilità di controllare il Canale dOtranto, la tanto importante porta per lAdriatico. Così venne deciso di instaurare rapidamente dei presidi a Saseno e Valona, con delle azioni presentate come esercizio di polizia marittima per impedire il contrabbando di armi per cui fu incaricata la Marina, che occupò le città in cui il 25 dicembre fece sbarcare i primi marinai in attesa dellarrivo dellesercito che avvenne quattro giorni dopo[60]. La Marina nella Grande Guerra[modifica | modifica sorgente] Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Operazioni navali nel mare Adriatico (1914-1918) e Naviglio militare italiano della prima guerra mondiale. Unità navali italiane impegnate nella caccia ai sommergibili, durante la prima guerra mondiale. Al momento dellentrata in guerra dellItalia contro gli Imperi centrali il 24 maggio 1915, la Regia Marina fu impegnata in azioni di pattugliamento dellAdriatico, di supporto allala destra dellesercito impegnato sullIsonzo e di blocco del litorale austro-ungarico e del canale dOtranto. Nel corso del conflitto venne dato notevole impulso, sul fronte dei mezzi a disposizione, allo sviluppo della componente aerea della Marina. Furono infatti utilizzati, da questultima, oltre agli aerei e ai dirigibili di stanza a terra anche idrovolanti installati a bordo e furono inoltre concepiti ed approntati nuovi mezzi dassalto e mezzi veloci: tra i primi la Torpedine semovente Rossetti detta mignatta: un siluro guidato da un equipaggio e dotato di due cariche esplosive da 175 kg ciascuna; come mezzo veloce dassalto venne invece sviluppato il Motoscafo Armato Silurante (MAS), cioè ununità leggera, veloce, fornita di mitragliera, con siluri e bombe anti-sommergibile, sviluppata allo scopo di compiere azioni di sabotaggio dei porti nemici dellalto Adriatico e di contrastare i sommergibili. LItalia inoltre costruì e mantenne in servizio diverse corazzate, ma queste non parteciparono ad alcuna battaglia navale degna di nota. Per la maggior parte della durata del conflitto le marine italiana ed austriaca mantennero infatti una sorveglianza relativamente passiva verso la controparte. Entrambe le parti compirono comunque alcune azioni di rilievo: il sommergibile tedesco UB 14, in quel momento operante come laustroungarico U.26 in quanto la Germania non aveva ancora dichiarato guerra allItalia, affondò lincrociatore Amalfi, con soli 67 morti su un equipaggio di oltre 1300 uomini[61]; Le corazzate Benedetto Brin a Brindisi il 27 settembre 1915 e Leonardo Da Vinci a Taranto il 2 agosto 1916 affondarono a seguito di esplosioni, una delle possibilità prese in considerazione per spiegare questi episodi, è che siano state sabotate dagli Austriaci; nella battaglia del canale di Otranto, tra il 14 e il 15 maggio 1917, alcune unità austriache, gli incrociatori Novara, Helgoland e Saida, scortati da due cacciatorpediniere e tre sommergibili, tentarono il forzamento della barriera ma furono contrattaccati da una formazione alleata al comando dellammiraglio italiano Alfredo Acton, composta dagli incrociatori inglesi Dartmouth e Bristol, appoggiati da cacciatorpediniere italiani e francesi; 14 pescherecci antisommergibile vennero affondati dalle navi austriache, ma il Novara rientrò gravemente danneggiato a Cattaro a traino del Saida, e solo per la protezione offerta dalle altre unità che costrinsero le navi alleate ad interrompere linseguimento[62]. 9 dicembre 1917 - porto di Trieste: Luigi Rizzo provocò laffondamento della corazzata austriaca Wien. 10 febbraio 1918 - beffa di Buccari: Costanzo Ciano, Luigi Rizzo e Gabriele dAnnunzio provocarono laffondamento di quattro piroscafi; lazione ebbe notevole risonanza e contribuì a risollevare il morale delle truppe per il lancio su Vienna, da parte di dAnnunzio, di bottiglie contenenti un messaggio ed ornate di nastri tricolori. 10 giugno 1918 - impresa di Premuda: il tenente Luigi Rizzo e il guardiamarina Giuseppe Aonzo alla guida dei MAS 15 e 21 provocarono laffondamento della corazzata austriaca Szent István. Questa azione è tuttora ricordata e celebrata con la Festa della Marina. 1º novembre 1918 - impresa di Pola: con una mignatta il maggiore Raffaele Rossetti e il tenente medico Raffaele Paolucci affondarono la corazzata Viribus Unitis. Marinai combatterono anche a terra: infatti una brigata di fanteria di marina venne schierata nei ranghi della 3ª armata del duca dAosta e varie batterie costiere appoggiarono la fanteria dellesercito; la brigata non era costituita come reparto ufficiale, tanto che la Fanteria di Marina verrà riformata solo a guerra finita, ma compagnie di marinai fucilieri (che era il nome della specializzazione dopo la riforma Brin) combatterono a Grado e a Cortellazzo[63] (Cortellazzo è appunto il nome del battaglione logistico dellattuale reggimento Carlotto, che svolge funzioni di scuola e logistica, abbinato al San Marco nella Forza da Sbarco della Marina Militare); inoltre un gruppo di artiglieria fu creato con i marinai superstiti dellaffondamento dellincrociatore Amalfi ed impiegato con lXI corpo darmata sul Carso e un raggruppamento Artiglieria Marina con 100 cannoni venne creato ed inquadrato nel VII corpo darmata che operava sul fianco destro della 3ª armata[63]. Successivamente, allinizio del 1918, le varie compagnie vennero raggruppate in un reggimento costituito da tre battaglioni di fanti di marina, Grado, Caorle e Monfalcone, cui se ne aggiunse un quarto, il Golametto, e un reggimento di artiglieria su otto gruppi. Il Monfalcone verrà il 9 aprile 1918 intitolato al suo ex comandante, MOVM alla memoria Andrea Bafile[63]. Inoltre imbarcazioni leggere pattugliarono i fiumi contro le infiltrazioni austriache e unità leggere coprirono dal mare le operazioni costiere[64]. Il primo dopoguerra[modifica | modifica sorgente] La conferenza di Washington per il disarmo navale postbellico, conclusasi nel febbraio del 1922 con il trattato navale[65], stabilì che vi sarebbe dovuta essere la parità nel dislocamento complessivo tra le marine italiana e francese sia per quanto riguardava le navi da battaglia (175.000 tonnellate ciascuna, nellart. 4)[65] che le portaerei (60.000 tonnellate ciascuna, nellart. 7): tale decisione influenzò lo sviluppo della flotta italiana nel corso degli anni tra le due guerre mondiali, condizionandolo al mantenimento dellequilibrio con la Francia[65]. Divisa di gala, maggiore del Corpo sanitario militare marittimo, 1924 Durante quasi tutta la vita precedente della Regia Marina le cariche di capo di stato maggiore ed anche di norma di ministro della marina erano state ricoperte da marinai competenti (escluso Persano), e fino al 1925, anche dopo lascesa al potere di Mussolini, il capo di stato maggiore fu Thaon di Revel; in quellanno, dopo la crisi legata allomicidio Matteotti, Mussolini assunse ad interim i tre ministeri della Guerra, della Marina e dellAeronautica[66]. Lincrociatore Armando Diaz, della classe Condottieri durante una visita in Australia nel 1934 o 1935. Il governo fascista decise di ammodernare la Regia Marina, con lobiettivo di essere in grado di sfidare la Mediterranean Fleet (flotta del Mediterraneo) della Royal Navy britannica: tra la fine degli anni venti ed i primi anni trenta fu iniziata la costruzione di incrociatori pesanti da 10.000 tonnellate, cui fece seguito quella di cacciatorpediniere e sommergibili (limpegno nella costruzione di questultima tipologia di battelli fu notevole, fino a raggiungere nel giugno del 1940, con più di cento unità[67], un numero di assoluto rilievo; di questi, 59 erano battelli entro le 600 t appartenenti alla Serie 600, il cui numero non era limitato dal trattato di Washington) e delle corazzate della classe Littorio. Venne anche pianificato il rimodernamento delle corazzate classe Cavour e classe Duilio, che in realtà si trasformò in una ricostruzione pressoché totale, lasciando solo il 40% della struttura originaria, e i cannoni originari (13 pezzi da 305/46 mm)[68] divennero 10 pezzi da 320/44 mm, in pratica i precedenti ritubati e con leliminazione della torre centrale[68]. Il progetto di rimodernamento venne firmato dal generale del genio navale Francesco Rotundi e dallammiraglio Eugenio Minisini, che allungarono le navi con una falsa prora di 10 m, migliorandone anche il coefficiente di finezza e sostituirono le caldaie a carbone con moderne caldaie a nafta[69]. Questa imponente mole di lavoro nella realtà produsse quattro navi da battaglia con cannoni da 320/40 che avrebbero dovuto fronteggiare le corazzate inglesi delle classi Queen Elizabeth e Revenge e gli incrociatori da battaglia della classe Renown con cannoni da 381 mm, decisamente più potenti come armamento e (le prime) anche come corazzatura. Le corazzate della classe Littorio potevano invece reggere senzaltro il confronto, ma avevano comunque una grossa limitazione di fondo: lautonomia di 3.920 miglia a 20 nodi[70] le metteva in grado di effettuare operazioni esclusivamente nel bacino del Mediterraneo. Allo scopo di rendere, in prospettiva, minimo un contatto tra le navi italiane ed i vascelli britannici, la Regia Marina basò la sua strategia di sviluppo su navi veloci con cannoni a lunga gittata. A questo scopo sviluppò cannoni di calibro inferiore ma di gittata maggiore di quelli delle controparti britanniche; inoltre per ottenere velocità maggiori le navi italiane di nuovo progetto vennero dotate di una corazzatura più leggera e dimensioni contenute (come ad esempio, nel caso dellincrociatore Giovanni dalle Bande Nere). In realtà la corazzatura di queste unità era praticamente inesistente, visto che era di 24 mm contro, per esempio, i 102 mm della contemporanea classe Leander inglese; questo avrà un peso determinante in molti scontri navali, come la battaglia di Capo Spada[71]. Si aggiunga che poca o nulla cura fu dedicata alla ricerca scientifica di apparecchiature di scoperta, come il radar e il sonar (o ecogoniometro), che pure erano oggetto di studi nelle università italiane e negli stessi laboratori militari, come dimostrano gli studi del prof. Ugo Tiberio e di Guglielmo Marconi[72], principalmente per le scelte dellammiraglio Cavagnari, nominato da Mussolini capo di stato maggiore della marina nel 1933 e successivamente sottosegretario alla marina (senza che lasciasse la carica militare)[66]; lo stesso valeva per gli strumenti di puntamento diurno e il munizionamento per il combattimento notturno[66], e Cavagnari affermò, riguardo ai radiolocalizzatori di non volere trappole tra i piedi[73], mentre lammiraglio Iachino scriveva fosse meglio[73] « ... procedere con estrema cautela nellaccettare brillanti novità tecniche che non siano ancora collaudate da una esperienza pratica sufficientemente lunga » Pertanto le navi italiane dovettero affrontare il successivo conflitto in inferiorità tecnica verso la marina inglese, e il generale tedesco Kesselring definirà la marina italiana una marina del bel tempo, non in grado di operare in condizioni avverse o di notte[66]. Il pannello di controllo del radar italiano EC3/ter Gufo. Unaltra gravissima carenza nellevoluzione tecnologica e di impiego della Regia Marina fu legata alle scelte politiche del fascismo: nel 1923 con la nascita della Regia Aeronautica i mezzi aerei, le basi ed il personale della componente aerea della marina passarono, insieme agli uomini, ai mezzi ed alle strutture provenienti dal Regio Esercito, sotto il comando ed il controllo della nuova Forza Armata, facendo venir meno il coordinamento centrale delle componenti aerea e navale[66]. Nel 1925 un comitato tecnico della marina, presieduto da Mussolini (allepoca anche responsabile del ministero), proclamò che la Regia Marina non aveva bisogno di portaerei[66], in quanto il supporto aereo sarebbe stato assicurato dallAeronautica basata a terra. Ancora nel 1936 lammiraglio Cavagnari bocciò uno studio dello stato maggiore che teorizzava la necessità di costruire tre portaerei di squadra[66], fatto ribadito ancora il 15 marzo 1938 alla Camera dei deputati[66]. Di conseguenza, anche a seconda guerra mondiale iniziata, le squadre da battaglia italiane dovettero combattere senza di fatto avere protezione aerea; solo a conflitto inoltrato, e ben dopo la sostituzione di Cavagnari nel 1940 a seguito della notte di Taranto, venne deciso di costruire navi portaerei; visto il ritardo accumulato, dellunica costruita, lAquila, non venne mai completato lallestimento mentre laltra, lo Sparviero, non arrivò oltre lo stadio iniziale. Questo contribuì, nel corso del conflitto, ad influenzare in maniera determinante e negativa landamento delle battaglie navali condotte delle forze armate italiane nel Mar Mediterraneo[66]. Nel 1925 venne inviato in Cina un reparto del Reggimento San Marco, ad assicurare il presidio della Concessione italiana di Tientsin[74] e di Pechino, creato in seguito alla rivolta dei Boxer; questo contingente si aggiunse allesiguo gruppo della Regia Marina presente e facente parte della Legazione italiana, alla cannoniera Carlotto che faceva servizio sul fiume Yang Tze Kiang e allariete torpediniere Calabria,che verrà poi sostituito dalla RN Libia, come nave comando[75]. Durante la guerra dEtiopia la marina non fu ovviamente coinvolta come forza navale nelle operazioni militari contro lAbissinia, anche se reparti del San Marco parteciparono alla parte terrestre della campagna. A seguito dellembargo dichiarato dalla Società delle Nazioni nei confronti del Regno dItalia, la Royal Navy aumentò la propria presenza nel Mediterraneo, tanto da paventare uno scontro tra le due squadre da battaglia, ed elaborò anche un piano di attacco al porto di Taranto; questo piano, più volte aggiornato negli anni successivi, avrebbe poi trovato applicazione l11 novembre 1940 durante la cosiddetta notte di Taranto[66][76]. Nel 1936, In seguito allo scoppio della guerra civile in Spagna, il regime fascista italiano diede il proprio appoggio alla fazione franchista. Di conseguenza, la Regia Marina, che ufficialmente avrebbe dovuto vigilare sullembargo di armi ad entrambi i contendenti, fu invece impegnata ad assicurare la protezione dei convogli di truppe e di armi inviati a Francisco Franco e prese parte anche direttamente alle operazioni offensive dei nazionalisti. La marina italiana impiegò, in tempi differenti, decine di sommergibili[77], che attaccarono vari mercantili impegnati a trasportare rifornimenti a vantaggio dei repubblicani, vennero anche danneggiate due navi da guerra appartenenti alla marina repubblicana spagnola, mentre gli incrociatori Duca dAosta ed Amedeo di Savoia bombardarono di notte alcune città spagnole[66]. Classificazione e organizzazione della flotta[modifica | modifica sorgente] Lassetto della flotta venne modificato più volte durante il periodo tra le due guerre, a volte senza apparenti ragioni tattiche o strategiche[78]. Nel 1938 fu emesso il Regio Decreto Legge 19/5/1938 n. 782[79] che definiva la costituzione e lorganizzazione della flotta della Regia Marina. Le navi da guerra vennero classificate in nove categorie: corazzate, incrociatori, cacciatorpediniere, torpediniere, sommergibili, cannoniere, M.A.S., navi ausiliarie e navi di uso locale. In queste categorie vennero fatte rientrare tutte le navi in servizio, modificando in alcuni casi la classificazione originaria. Per esempio la tipologia esploratore venne eliminata e le navi in servizio vennero riclassificate, a seconda delle loro caratteristiche, come incrociatori leggeri o come cacciatorpediniere. Classificazione delle unità[modifica | modifica sorgente] Per quanto riguarda la classificazione delle unità, il Trattato di Washington forniva le definizioni per le unità maggiori, quindi navi da battaglia, portaerei e incrociatori, come trattato esaustivamente negli articoli dal V al XV[65]; lItalia, in quanto firmataria del trattato, recepiva formalmente le definizioni. ▼ mostra Classificazione del Naviglio da guerra della Regia Marina Italiana Organizzazione[modifica | modifica sorgente] Le navi della Regia Marina erano organizzate in raggruppamenti: squadriglia, flottiglia, divisione, squadra. Al di fuori di questi raggruppamenti potevano esserne costituiti temporaneamente altri, definiti gruppi, comprendenti unità con caratteristiche diverse (per esempio una corazzata o un incrociatore con due o tre cacciatorpediniere). Il gruppo veniva costituito in forma temporanea per particolari esigenze transitorie o per il raggiungimento di obiettivi particolari. Per due anni fu attiva la Divisione Siluranti, che non sostituiva nelle funzioni il vecchio Ispettorato Siluranti, e che serviva solo da aggregazione delle siluranti in tempo di pace, visto che in guerra le stesse sarebbero state assegnate alle divisioni navali di unità da battaglia con compiti di scorta[80]. ▼ mostra Organizzazione del Naviglio da guerra della Regia Marina Italiana La seconda guerra mondiale[modifica | modifica sorgente] Teseo Tesei, incursore e comandante della Xª Flottiglia MAS, morto durante lattacco a Malta Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Imbarcazioni militari italiane della seconda guerra mondiale, battaglia del Mediterraneo, Operazioni navali in Africa Orientale Italiana e Xª Flottiglia MAS (Regno dItalia). Quando il 10 giugno 1940 lItalia entrò nella seconda guerra mondiale, la Regia Marina era, numericamente, la quinta marina del mondo dopo quelle di Stati Uniti, Gran Bretagna, Giappone e Francia. Come numero di unità navali e tenendo conto del teatro e dei compiti operativi più limitati, poteva essere considerata alla pari con le altre principali nazioni che operavano nel teatro del Mediterraneo, Francia e Inghilterra, che avevano compiti ben più estesi. La marina italiana aveva però carenze concettuali, tecniche e costruttive che sarebbero emerse nelle operazioni belliche, prima fra tutte la mancanza di una aviazione di marina. La resa della Francia portò comunque la flotta italiana ad essere la principale del Mediterraneo. La portaerei Aquila, ripescata dopo laffondamento e prossima alla demolizione nel 1951. Inoltre, a differenza delle altre marine da guerra che attribuivano ai comandanti in mare una ampia autonomia decisionale, il comandante superiore di una squadra da battaglia italiana doveva sempre attenersi agli ordini di Supermarina (il Comando Superiore della Regia Marina), e di fronte ad una evoluzione degli eventi doveva comunicare ed attendere istruzioni[83]. Questa pratica fu causa durante il conflitto di vari problemi dovuti a situazioni che si evolvevano più rapidamente di quanto Supermarina potesse gestire la situazione. Il motivo di disposizioni così prudenti era che comunque la possibilità di rimpiazzo da parte italiana di navi perse in combattimento era, vista la scarsità di materie prime, quanto meno problematica; inoltre anche la mancanza di carburante fu una motivazione addotta per giustificare, dal 1942 in poi, il mancato impiego delle unità da battaglia, fatto in parte vero visto che lItalia non possedeva risorse petrolifere, ma va anche precisato che alla data dellarmistizio verranno rinvenute dai tedeschi cospicue scorte di carburanti, dellordine del milione di tonnellate[83]. Al momento dellentrata in guerra, nella marina italiana erano state consegnate, anche se non erano ancora pienamente operative, due tra le più potenti navi da battaglia che solcarono i mari in quel periodo, il Littorio e il Vittorio Veneto, corazzate da oltre 40 000 tonnellate, trenta nodi di velocità massima e nove cannoni da 381 millimetri quale armamento principale. Come importanza nella flotta, seguivano altre quattro vecchie corazzate, rimodernate nel corso degli anni 30, da 29 000 tonnellate con pezzi da 320 millimetri (Giulio Cesare, Conte di Cavour, Caio Duilio e Andrea Doria, queste ultime due non immediatamente disponibili in quanto i lavori furono completati a luglio del 1940), sette incrociatori pesanti da 10 000 tonnellate con cannoni da 203 millimetri oltre al vecchio incrociatore corazzato San Giorgio, dodici incrociatori leggeri, cinquantanove cacciatorpediniere, settanta torpediniere (molte delle quali cacciatorpediniere della prima guerra mondiale obsoleti e riclassificati), cinquanta MAS (mezzi dassalto subacquei e sopracquei: recitava proprio così la definizione per intero), e per finire più di un centinaio di sommergibili. La corvetta Chimera appena approntata dal cantiere di Monfalcone. Le debolezze erano rappresentate dallaver abbandonato la costruzione e lo sviluppo degli aerosiluranti e dalla mancanza di portaerei. La prima decisione si poteva ricondurre a gelosie da parte dellaeronautica (che voleva evitare, e ci era riuscita, che i velivoli venissero posti sotto il comando della marina[84]), malgrado la sperimentazione italiana a metà degli anni trenta fosse molto più avanti rispetto alle altre nazioni. Nel 1937 il silurificio Whitehead di Fiume aveva messo a punto un siluro capace di funzionare con lancio da ottanta metri, altezza per i tempi notevolissima, ma laeronautica richiese un ordigno con capacità di funzionamento con lancio da trecento metri, mentre anche da parte della Marina sorgevano problemi: quando si trattò di immettere in servizio il siluro aereo, per il quale la Regia Aeronautica aveva già (seppur tardivamente di vari anni rispetto alla Fleet Air Arm e alla Royal Air Force inglesi) predisposto gli attacchi sui propri velivoli, gli stabilimenti italiani non poterono esaudire la commessa, in quanto la loro totale produzione era assorbita dagli ordini ricevuti dalla Regia Marina e dalla Kriegsmarine. Il regio sommergibile Ettore Fieramosca. Di conseguenza il primo lotto di siluri atti allimpiego aereo venne consegnato relativamente tardi, consentendo alla prima squadriglia di aerosiluranti di essere pronta solo nellagosto 1940[85]. Per quanto riguarda le portaerei, solo a guerra inoltrata si decise di costruirne due, lAquila (portaerei di squadra) e lo Sparviero (portaerei di scorta, più lenta ma più economica), trasformando due transatlantici preesistenti, ma con la limitazione che gli aerei avrebbero potuto solo decollare, ma non atterrare, anche per limpossibilità di addestrare i piloti in questo senso[86]. Nessuna delle due entrò mai in servizio; la prima venne affondata proprio da incursori della Regia Marina dopo l8 settembre per evitare che venisse usata per bloccare lingresso del porto di Genova, e la seconda venne affondata dai tedeschi, sempre alingresso del porto di Genova. La prima operazione di guerra fu la battaglia di Punta Stilo (9 luglio 1940), conosciuta anche come battaglia di Calabria, nella quale si scontrarono la squadra navale italiana che rientrava da una operazione di scorta ad un convoglio verso la Libia, e quella britannica di ritorno da unanaloga operazione. Pochi giorni dopo, nella battaglia di Capo Spada (19 luglio 1940), lincrociatore Bartolomeo Colleoni dopo essere stato immobilizzato dalle artiglierie dellHMAS Sydney, venne affondato dai siluri dei cacciatorpediniere britanniche presenti in area. Nella notte tra l11 ed il 12 novembre 1940, lattacco degli aerosiluranti britannici Fairey Swordfish decollati dalla portaerei Illustrious contro la flotta italiana alla fonda nella base navale di Taranto durante la Notte di Taranto conosciuta anche come operazione Judgement dagli inglesi, danneggiò gravemente il naviglio della Marina causando solo lievi perdite agli attaccanti: le navi da battaglia Conte di Cavour, Caio Duilio e Littorio vennero silurate mentre solo due dei venti Swordfish furono abbattuti; le corazzate Littorio e Caio Duilio richiesero mesi di riparazioni, mentre il Conte di Cavour non ritornò più in servizio attivo[87]. Tale evento venne preso a modello per progettare lattacco giapponese contro la flotta statunitense a Pearl Harbor nel dicembre 1941. Navarino (Grecia), estate 1942. A ridosso dellisola Sfacteria, a poppavia dellincrociatore Duca dAosta, si vede lincrociatore Duca degli Abruzzi con al suo fianco sinistro il cacciatorpediniere Corazziere Il 27 novembre la Regia Marina si scontrò con la flotta britannica nella battaglia di Capo Teulada[88], mentre la prima azione di successo degli incursori della marina avvenne il 26 marzo 1941 con lattacco alla base britannica della Baia di Suda a Creta: vennero affondati lincrociatore HMS York e una petroliera. Tra il 27 ed il 29 marzo 1941, nella battaglia di Capo Matapan, la Royal Navy inferse un altro grave colpo alla Regia Marina, affondando tre incrociatori pesanti (Pola, Zara e Fiume), due cacciatorpediniere e danneggiando inoltre lammiraglia italiana Vittorio Veneto, perdendo, per contro, un solo aerosilurante.[89] Durante unoperazione di trasporto di carburante verso la Libia, nella battaglia di Capo Bon del 13 dicembre 1941 vennero affondati gli incrociatori Alberto da Giussano e Alberico da Barbiano, della classe Condottieri. La corazzata Italia, in precedenza Littorio fino alla caduta di Mussolini, in rotta verso Malta il 9 settembre 1943, giorno in cui fu colpita da una bomba tedesca. Lazione di maggior successo compiuta dalla Regia Marina nel corso del conflitto fu lattacco con Siluri a Lenta Corsa, conosciuti come Maiali, alle due navi da battaglia britanniche Valiant e Queen Elizabeth alla fonda nel porto di Alessandria dEgitto il 19 dicembre 1941; sebbene lazione, nota come impresa di Alessandria, fosse stata un successo, le navi si adagiarono sul fondo e non fu immediatamente possibile, grazie anche ad uno stratagemma britannico, avere la certezza che fossero state danneggiate[90]. Nonostante tutto, le perdite di vite umane furono molto contenute: solo otto marinai persero la vita[91] e le due corazzate poterono in seguito essere recuperate. Altre operazioni di rilievo furono la prima battaglia della Sirte (1941), la seconda battaglia della Sirte (22 marzo 1942), nella quale una formazione navale britannica, in netta inferiorità, venne affrontata senza decisione dalla squadra da battaglia italiana, con un inconcludente scambio di colpi di artiglieria. Nel rientro la squadra italiana perse due cacciatorpediniere per le condizioni estreme del mare. In seguito venne combattuta la battaglia di mezzo giugno (1942), conosciuta anche come operazione Harpoon. Ancora, nella battaglia di mezzo agosto (1942), conosciuta anche come operazione Pedestal, le forze aeronavali dellAsse danneggiarono o affondarono la maggioranza delle navi di due convogli destinati a Malta. Lo scarso traffico mercantile del Mediterraneo, contrapposto con il consistente numero di navi impegnate tra le due sponde dellAtlantico per il rifornimento degli alleati europei degli Stati Uniti, comportò il coinvolgimento di alcuni sommergibili italiani nella cosiddetta battaglia dei convogli. Operando dalla base di BETASOM, così denominata perché aveva sede a Bordeaux, i battelli italiani palesarono, nonostante limpegno degli equipaggi che fece cogliere successi anche rilevanti ma con perdite altrettanto rilevanti, la loro inadeguatezza per le operazioni oceaniche e linefficacia delle tattiche operative. Altre forze navali italiane (tra cui MAS, minisommergibili e uomini e mezzi della Xª Flottiglia MAS) operarono poi in Mar Nero e sul Lago Ladoga, a fianco dei tedeschi, contro il traffico navale sovietico, sia militare che mercantile. LItalia, fin dallestate del 1940, diede il via alla conversione, partendo da navi mercantili già esistenti, in una serie di navi ausiliare adattate per la guerra di corsa. In altre parole si volevano creare, su imitazione della Kriegsmarine tedesca, delle vere e proprie navi corsare, ma il progetto venne abbandonato nel 1942 e le tre navi utilizzate come trasporti sulla rotta per il Nord Africa[92]. Nel corso di tutta la guerra le navi italiane, pur avendo la reputazione di essere state ben progettate, si dimostrarono piuttosto carenti sia nellarmamento contraereo e, soprattutto, nella dotazione di apparati radar: questultimo dispositivo, presente invece sulle navi della flotta britannica, si rivelò, insieme alla decrittazione dei messaggi cifrati inviati tramite la cifratrice tedesca Enigma (si veda anche Ultra), ed allassoluta supremazia aerea alleata, di importanza fondamentale nella conduzione di molte battaglie e nella risoluzione delle stesse a favore della Royal Navy. Alla data dellarmistizio, la Regia Marina constatò di aver perso 470.000 tonnellate di navi della propria flotta[93]. Armistizio e dopoguerra[modifica | modifica sorgente] Larmistizio[modifica | modifica sorgente] Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Consegna della flotta italiana agli Alleati. Secondo gli ordini ricevuti in seguito alla firma dellarmistizio con le forze alleate del settembre del 1943, navi, uomini e mezzi della Regia Marina, si consegnarono nella quasi totalità dei casi alle forze anglo-americane; un accordo di cooperazione con gli ex nemici permise poi ai marinai italiani, anche se con una serie di limitazioni, di continuare a combattere a fianco degli stessi per la liberazione del paese dalloccupazione nazista. Il Giulio Germanico in allestimento a Castellammare di Stabia. Molte unità minori, ma anche alcune di rilievo impossibilitate a muoversi perché danneggiate o perché ancora in allestimento, come lincrociatore Bolzano, la corazzata Conte di Cavour e la portaerei Aquila, vennero catturate dai tedeschi durante loperazione Achse. Le unità leggere vennero reimmesse in servizio come Torpedoboote Ausland (siluranti straniere) con personale tedesco, poiché non ritennero opportuno affidare le navi catturate alla costituenda marina della Repubblica Sociale Italiana; in alcuni casi si ebbero anche scontri tra gli equipaggi italiani e le forze tedesche come nel caso del cantiere navale di Castellammare di Stabia, dove il personale della base, ed in particolare dellincrociatore Giulio Germanico, si difese per tre giorni. Recatosi presso gli attaccanti al fine di trattare la resa, il comandante del Germanico, Domenico Baffigo (poi insignito di medaglia doro), venne fucilato a tradimento a Napoli l11 settembre e la base cadde nelle mani dei tedeschi[94]. La cobelligeranza comportò varie umiliazioni per la Regia Marina, ai cui equipaggi era stata comunicata la notizia che le navi sarebbero rimaste sotto comando italiano per evitare gesti estremi come lautoaffondamento; in realtà le stesse intenzioni di Carlo Bergamini (comandante in capo delle Forze navali da battaglia) non furono mai chiarite, se volesse ottemperare agli ordini di Supermarina o compiere unultima azione di guerra. Dopo laffondamento della Corazzata Roma, le unità che vennero distaccate dalla flotta per prestare soccorso ai naufraghi, in mancanza di ordini precisi, diressero verso le isole Baleari: un primo gruppo costituito dallincrociatore Attilio Regolo e da tre cacciatorpediniere, venne internato a Minorca dalle autorità spagnole, mentre i comandanti delle tre torpediniere che formavano il secondo gruppo (tutte della classe Orsa), dopo essere arrivati a Maiorca decisero l11 settembre o di autoaffondare le proprie navi (torpediniere Pegaso del capitano di fregata Riccardo Imperiali e Impetuoso del capitano di corvetta medaglia doro Giuseppe Cigala Fulgosi) o di farsi internare (torpediniera Orsa). Questi provvedimenti di internamento furono accolti con proteste da parte dei capitani delle unità e furono oggetto di una controversia che venne risolta solo nel gennaio 1945 con lautorizzazione fornita dal governo spagnolo alle navi italiane di riprendere il mare. Le torpediniere della classe Ciclone Ardito, Ghibli, Impavido, Intrepido, Impetuoso e Aliseo furono protagoniste di vicende che seguirono larmistizio dell8 settembre 1943. In particolare questultimo, al comando del capitano di fregata Carlo Fecia di Cossato, il 9 settembre 1943 fu protagonista presso Bastia, nelle acque della Corsica, di una clamorosa azione quando lunità in uscita dal porto, invertita la rotta per prestare assistenza alla gemella Ardito attaccata da dieci unità tedesche e gravemente danneggiata[95], riuscì ad evitare la cattura affondandone sette (cinque motozattere e due cacciasommergibili) e danneggiandone altre tre[96][97] riuscendo poi a riparare a Palermo e poi raggiungere il resto della flotta che si era consegnata agli Alleati a Malta. Per questa azione Fecia di Cossato si meritò la medaglia doro al valor militare, tuttavia nel giugno 1944 si rifiutò di eseguire gli ordini del nuovo governo Bonomi che non aveva giurato fedeltà al Re e venne arrestato. Rilasciato e messo in congedo per tre mesi, il 27 agosto 1944 si suicidò a Napoli[98]. Nel Dodecaneso italiano la Regia Marina ebbe un ruolo da protagonista nella resistenza offerta ai tedeschi, specialmente a Rodi con Inigo Campioni e a Lero con Luigi Mascherpa, questultimo aiutato anche da un contingente inglese che comunque non riuscì ad impedire la cattura dellisola e il successivo passaggio del Dodecaneso nelle mani della Wehrmacht (eccezion fatta per lisola di Castelrosso, usata dagli inglesi come centro logistico e di smistamento per le operazioni nellEgeo). Lunico attacco che gli anglo-italiani riuscirono a respingere fu quello portato allisola di Simi, peraltro poi abbandonata dagli stessi difensori che la giudicarono non ulteriormente difendibile[99]. La cobelligeranza[modifica | modifica sorgente] Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Marina Cobelligerante Italiana. Una volta arrivate a Malta, le navi vennero rese inoffensive con la presenza a bordo di picchetti armati alleati ed il presidio delle stazioni radio di bordo e dei depositi munizioni[100]. Di fronte alla richiesta da parte del Regno del Sud di utilizzare le forze armate italiane, delle quali la marina costituiva la parte più integra, nelle operazioni militari contro i tedeschi, il comando alleato dispose lutilizzazione delle unità leggere in operazioni di scorta ai convogli (cacciatorpediniere, torpediniere e corvette), e degli incrociatori in missioni di bombardamento contro le coste dellItalia occupata, oltre che di crociere di vigilanza nellAtlantico come esercitazione. Molto attiva fu invece Mariassalto, che raccolse leredità della Xª Flottiglia MAS, effettuando varie azioni di sabotaggio, tra le quali gli affondamenti della portaerei Aquila (notte del 19 aprile 1945 da parte di un gruppo di incursori, tra cui il sottotenente di vascello Nicola Conte[101] e il sottocapo Evelino Marcolini, nel porto di Genova[102]) e dellincrociatore Bolzano (operazione denominata QWZ, nella notte del 21 giugno 1944 nel porto di La Spezia[103]) e numerosi sbarchi di sabotatori italiani, inglesi e statunitensi dietro le linee. Da notare che il primo reparto ad entrare a Venezia, impedendo alcuni atti di sabotaggio tedesco, fu proprio un reparto di Nuotatori Paracadutisti di Mariassalto[104]. Inoltre gli uomini del reggimento San Marco entrarono a far parte del gruppo di combattimento Folgore, e con questa unità parteciparono alle operazioni terrestri della campagna dItalia nel corso del 1945. Per quanto riguarda le navi da battaglia classe Littorio, furono internate nei Laghi amari, in Egitto, fino al 1947. Sebbene ne fosse stato proposto limpiego nella guerra in estremo oriente, lidea venne scartata dallammiragliato inglese. Il dopoguerra[modifica | modifica sorgente] Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Marina Militare. La RN Cristoforo Colombo, poi ceduta allURSS in conto riparazione dei danni di guerra. Con la fine del conflitto e in seguito al referendum con cui in Italia veniva abolita la monarchia e proclamata la repubblica, la denominazione della forza armata cambiò in Marina Militare. Con la firma del trattato di pace nel 1947, vennero poste serie limitazioni al numero e alla tipologia di naviglio e di armamenti utilizzabili dalla Marina, mentre un considerevole lotto di unità veniva ceduto alle potenze vincitrici in conto riparazione danni di guerra. Poche navi continuarono a prestare servizio e tra queste: le due vecchie corazzate della classe Duilio, gli incrociatori leggeri Giuseppe Garibaldi, Duca degli Abruzzi, Raimondo Montecuccoli e Luigi Cadorna oltre ad altre unità leggere, tra cui torpediniere e corvette della classe Gabbiano e i sommergibili Giada e Vortice, il cui possesso e impiego era però vietato dalle norme fissate con il trattato di pace. Delle navi cedute, un consistente lotto andò allUnione Sovietica cui spettò la corazzata Giulio Cesare, il veliero scuola Cristoforo Colombo, lincrociatore leggero Duca dAosta, i cacciatorpediniere Artigliere e Fuciliere, le torpediniere Ardimentoso, Animoso e Fortunale, e i sommergibili Nichelio e Marea, oltre a un considerevole numero di naviglio ausiliario e minore. Mentre il cacciatorpediniere Riboty e una piccola parte della quota di naviglio destinata loro non venne ritirata a causa del pessimo stato di manutenzione, per cui i sovietici concordarono una compensazione economica alternativa[105]. Altre navi andarono alla Grecia, alla Francia ed alla Jugoslavia. Le navi consegnate alla Francia erano contraddistinte dalla lettera iniziale del nome seguita da un numero: Eritrea E1, Oriani O3, Regolo R4, Scipione Africano S7; per le navi consegnate a Jugoslavia e Regno di Grecia, la sigla numerica era preceduta rispettivamente dalle lettere Y e G: lEugenio di Savoia nellimminenza della consegna alla Grecia ebbe la sigla G2. Stati Uniti e Regno Unito rinunciarono integralmente allaliquota di naviglio loro assegnata, ma ne pretesero la demolizione[106]. Gradi della Regia Marina[modifica | modifica sorgente] Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi gradi della Regia Marina. I gradi della Regia Marina ricalcavano fondamentalmente quelli delle altre marine militari, anche se i gradi italiani avevano una maggiore similitudine con quelli francesi, ed erano invece molto diversi da quelli della Royal Navy. Il massimo grado era quello di grande ammiraglio, titolo onorifico conferito unicamente allammiraglio Paolo Emilio Thaon di Revel. Nei corpi tecnici, il massimo grado era quello di generale ispettore, corrispondente a quello di ammiraglio di squadra. Bandiere navali[modifica | modifica sorgente] ▼ mostra Flag of Italy (1861-1946) crowned.svg Bandiere istituzionali e militari del Regno dItalia Note[modifica | modifica sorgente]
Posted on: Thu, 14 Nov 2013 19:56:29 +0000

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