L’IMMAGINE L’epoca attuale ha visto un cambiamento radicale - TopicsExpress



          

L’IMMAGINE L’epoca attuale ha visto un cambiamento radicale dei mezzi di interpretazione della realtà e di trasmissione della memoria. E’ innegabile che l’indiscussa protagonista del XX secolo, in grado di influenzare modi di vita e di pensiero degli uomini, è stata, ed è tuttora, l’immagine. Dunque, non più la semplice testimonianza di una pagina scritta, ma la rappresentazione fedele della realtà “catturata” e immortalata dalla tecnica fotografica. La fotografia nasce nella prima metà del XIX secolo come forma d’arte accanto alla pittura da cui ha ereditato le regole di composizione e inquadratura e lo studio delle luci. Ben presto però, l’estremo realismo possibile grazie alla tecnica fotografica, soppianterà la pittura nel compito di rappresentazione della realtà. Il ruolo della fotografia, subisce subito una dicotomia: da una parte forma d’arte, dall’altra testimone affidabile della realtà. Così la fotografia viene innalzata a manifesto dell’oggettività, rappresentazione svestita da ogni soggettività, e cominciano a diffondersi i réportages e le fotografie documentarie. La prima esperienza più significativa matura a partire dal 1850 a Firenze dove la famiglia Alinari, si dedica al censimento per immagini di bellezze artistiche: da questa esperienza scaturirà la fotografia sociale, infatti, i fotografi fiorentini non si limitarono a palazzi, edifici ed opere d’arte, ma cominciarono anche a fotografare scene di vita quotidiana in città come in campagna, personaggi di rilievo come Garibaldi o anche la gente comune che si incontra per strada come gli scugnizzi napoletani o i venditori ambulanti. Il vocabolario dell’immagine comincia ad imporsi gradualmente, la fotografia senza bisogno di commenti parla a chi la osserva, testimonia e porta la memoria visiva del preciso momento in cui essa è stata scattata. Acquista ben presto popolarità tra i neonati fotografi la fotografia “diretta” che avrà grande successo per l’importanza assunta nel campo sociale. Essa, infatti, non si pone l’obiettivo di giudicare la realtà, ma semplicemente di mostrarla per quello che è, lasciando a chi guarda il compito di trarre le conclusioni. Il ruolo del fotografo diviene quello di testimone della società in cui opera, la fotografia diventa documento attendibile che non abbellisce né peggiora il mondo, lo mostra semplicemente come è. Esponente massimo di questo atteggiamento fu il fotografo tedesco August Sander. A partire dal 1910, egli cominciò a creare un archivio di ritratti di suoi connazionali senza distinzione di classe sociale fino ad arrivare ad un totale di 40000 ritratti. L’intero progetto originario era costituito da venti volumi con il titolo di “Uomini del XX secolo” ma Sander riuscì a pubblicare un solo volume nel 1929, in quanto successivamente opera e archivio furono confiscati dal regime nazista. I gerarchi del regime, infatti, si resero conto che un tale affresco della società, così crudamente oggettivo contrastava con la retorica razziale e celebrativa della propaganda ufficiale. L’affermazione della fotografia “sociale” accompagna l’evidenziarsi della figura del fotoreporter. Solo a partire dal 1925, però, si può parlare di vera e propria stagione del reportage, in quell’anno infatti l’industria tedesca Leica immette sul mercato una nuova macchina fotografica, di più piccole dimensioni, facile e veloce da usare. Pochi anni dopo cominciano ad essere sempre più frequenti i servizi fotografici che compaiono sulle riviste, nasce la figura del “fotogiornalista”. La Germania si attesta come la patria di questo nuovo modo di pensare la fotografia, da lì provengono i fotogiornalista più famosi, come Erich Salomon o Felix Man. Con l’avvento del nazismo la situazione cambia radicalmente: i giornali illustrati diventano uno strumento di propaganda del regime e numerosissimi i fotografi sceglieranno di espatriare, molti altri saranno costretti all’esilio. Il nuovo centro del fotogiornalismo e della fotografia in genere, si trova ora negli Stati Uniti: qui si svilupperà una nuova e grande stagione artistica. Importante da ricordare è l’anno 1936, in cui venne fondata la rivista “Life” destinata a diventare modello per tutte le riviste illustrate. Molto interessante è inoltre la campagna fotografica commissionata e finanziata dal governo sempre nel 1936, sul territorio rurale americano. Il fine di questa iniziativa era quello di testimoniare ed evidenziare la drammatica situazione della campagna americana dopo la crisi economica del ’29. In realtà i fotografi ingaggiati ottennero ben più importanti risultati: grazie alla lezione della fotografia “diretta”e alla fusione di oggettività e partecipazione dell’autore al tema, quelle fotografie divennero rappresentanti universali di quell’epoca, simboli di una condizione sociale condivisa dall’umanità in quel preciso momento storico. Le vicende belliche, infine, contribuirono ad affermare il ruolo sociale affidato ai fotoreporter: dapprima la guerra civile spagnola, poi il secondo conflitto mondiale, portarono alla luce figure divenute quasi leggendarie come Robert Capa o Henri Cartier-Bresson. I cosiddetti fotografi di guerra si evidenziano come una figura eroica, in grado di sfidare il pericolo e l’orrore per rendere testimonianza ai propri contemporanei e ai posteri di ciò che l’uomo è in grado di fare. Tuttavia l’epoca dei grandi totalitarismi dimostrerà anche che la presunta onestà e oggettività della fotografia è solo un’apparenza. La propaganda dei regimi fascista e nazista ne danno la concreta dimostrazione. E’ ormai accertato che molte fotografie sfruttate a scopi documentari furono in realtà vere e proprie messe in scena. Si evidenzia dunque la naturale ambiguità della fotografia: essa pur partendo dalla realtà, ne offre in realtà una rappresentazione strettamente dipendente dal punto di vista, essa dipende da vari fattori che vanno dalle qualità formali delle immagini alla capacità dell’autore di cogliere l’essenza della realtà che sta cogliendo. E’ l’intenzione del fotografo che determina la fotografia, essa è caratterizzata dalla genialità del suo autore. Da documento la fotografia diventa arte manipolatoria di un una realtà parziale e apparente. Ci si può domandare a questo punto quale sia oggi il ruolo della fotografia e dell’immagine nella nostra società. Troviamo fotografi come Daniel Schwartz o Mary Ellen Mark che hanno raccolto l’eredità dei grandi fotoreporter del passato, testimoniando non più gli eventi, affidati ora alla televisione, ma i drammi e le condizioni di vita di quegli uomini che vivono al confine con i paesi ricchi dell’Occidente. Accanto a questi ci sono i nuovi protagonisti che rielaborano il linguaggio finora sviluppato. La fotografia ha ora carattere più visionario, è tesa ad evidenziare la natura ambigua della realtà, talvolta a sostituirsi ad essa riproducendo fatti e immagini mai esistite: in questa linea si colloca ad esempio il fotografo spagnolo Joan Fontcuberta, arrivato a produrre intere documentazioni fotografiche di avvenimenti mai accaduti.
Posted on: Sun, 14 Jul 2013 06:49:08 +0000

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