MA COS’È LA QUALITÀ DELLA VITA? Napoli, Palermo, Reggio C. - TopicsExpress



          

MA COS’È LA QUALITÀ DELLA VITA? Napoli, Palermo, Reggio C. etc sono le ultime d’Italia per qualità della vita. Certo, a Napoli c’è il sole e a Trento c’è pure – non sono i “grigi lombardi piani” – però meno caldo; a Palermo si mangia dell’ottimo pesce di mare e a Trento quello più insipido dell’Adige; a Reggio sono tutti laureati e a Trento magari ci sono ancora meccanici e artigiani… Però la qualità della vita non è una somma di piccole cose più o meno positive e nascondere sotto il tappeto le tantissime negative; è un insieme, un sistema di cui fanno parte sicurezza, socialità, economia, servizi; e non servizi senza economia, se no si chiama assistenza. A questo punto, se i nostri meridionalisti della domenica non fossero, detto in generale, ignoranti come scarpe, dovrebbero tirare fuori che i posti più assistiti del mondo sono senza dubbio Bolzano e Trento per via degli accordi di de Gasperi con l’Austria; ma siccome hanno letto solo Aprile, Di Fiore e Ciano, ignorano anche l’esistenza delle province autonome eccetera. Chiusa parentesi. Cos’è che non va, poniamo, a Reggio di Calabria? Beh, se uno arriva all’improvviso a piazza Italia di sera, vede stormi di donne ingioiellate e coperte di pelliccia anche il 15 agosto; s’informa, e viene a sapere che c’è un’università statale e una non si sa bene ma c’è; che la città ha 200.000 anime, ed è perciò l’unica in Calabria a non doversi dire paesone… E allora? E allora quello che non va è che quel tizio che viene da fuori si domanda: “Di grazia, tutto questo come si mantiene? Quali industrie, commerci, servizi?” E si dà subito una risposta zero. Lo stesso, anzi più in grande, per Palermo e per Napoli. La prima condizione perché un luogo abitato possa dirsi sano e vivace è che mangi del proprio, anzi attiri a sé risorse altrui: tale è, infatti, la funzione storica della città, fungere da intermediazione di un territorio a sua volta produttivo di qualcosa. Non è il nostro caso né a Napoli né a Palermo né a Reggio; e in tutti e tre gli esempi si deve costatare che i pochi servizi e la poca produzione sono sproporzionati al numero degli abitanti. Detto terra terra, quale percentuale della popolazione campa in zone d’ombra o di espedienti o di equilibrismi finanziari, o, ahimè, di delinquenza più o meno organizzata? Secondo i massoni, la colpa è degli Spagnoli, i quali però non ci sono più dal 1708, 305 anni fa; secondo i borbonici della domenica, la colpa è di “Garubbaddo” e del “Saboia”, che sono però roba di 153 anni addietro; secondo me, la colpa è delle classi dirigenti – politiche, culturali, imprenditoriali, ecclesiastiche eccetera – e del popolo che le sostiene: popolo e classi del 2013, non dei tempi del cucco. Popolo e classi che forse la qualità della vita non tanto la vogliono: essa, infatti, ha indubbi vantaggi, però richiede una cosa chiamata prestazione d’opera manuale e mentale. È di questa che io non vedo molte tracce. Ora sarò subissato di ingiurie e minacce: sai che paura!
Posted on: Wed, 04 Dec 2013 11:19:18 +0000

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