Ma in Siria chi sarebbe bene veder primeggiare, Bashar al-Assad, - TopicsExpress



          

Ma in Siria chi sarebbe bene veder primeggiare, Bashar al-Assad, il Presidente autoritario, oppure i ribelli libertari? Sembra una domanda retorica ma non lo è affatto. La Siria è vittima di una sanguinosa guerra civile. Secondo fonti dell’ONU, non completamente attendibili, i morti sarebbero già quasi 100 mila. Ma c’è chi dice che siano molti di più. I profughi sono centinaia di migliaia. 500 mila solo in Giordania. E si prevede che entro al fine dell’anno la metà della popolazione siriana, che conta in tutto circa 20 milioni di persone, si sarà portata in fuga fuori dai patri confini. Un problema umanitario enorme. Ma direi pure un problema socio/politico ed economico addirittura esplosivo. Come stanno le cose? Per prima cosa va detto che Assad appartiene a una minoranza Sciita della popolazione siriana. La stragrande maggioranza del popolo è di fede Sunnita. E’ un po’ come nell’Europa del 5 e 600, quando si fronteggiavano Cattolici e Riformati. Erano entrambi cristiani, ma si sono vicendevolmente trucidati per un secolo abbondante. Lo stesso dicasi per il mondo musulmano. Sunniti e Sciiti hanno due opposte visioni, originariamente legate ai meccanismi di successione del loro Profeta, e si fronteggiano per questo motivo dal 632 dopo Cristo. Appunto dalla morte del Profeta. Ma come è successo e valso per il cristianesimo in Europa, così anche per il mondo musulmano le fede si intreccia con la politica e con gli interessi materiali. Molto poco divini. Diciamo molto chiaramente che lo schieramento mediorientale formato dai Paesi a guida e/o a maggioranza Sciita, connota una posizione più spiccatamente antioccidentale. In special modo antiamericana e antiisraeliana. Ne fanno parte oltre alla Siria l’Iran, il sud del Libano controllato dagli Hezbollah, il Bahrain e l’Iraq. I Paesi a maggioranza Sunnita (a parte la Siria naturalmente, guidata come abbiamo visto dagli Sciiti) sono invece più accomodanti verso il mondo occidentale. Si tratta di Egitto, Kuwait, Arabia Saudita, Turchia, Emirati Arabi Uniti e Yemen. I Paesi sunniti sono anche quelli dove i diritti umani e le istituzioni risultano essere più direttamente riconducibili agli standard occidentali. Pertanto, a rigor di logica, dovremmo tutti tifare per i ribelli siriani che stanno cercando di scacciare Assad. Ho detto dovremmo, perché la realtà è come al solito ben più complessa di come appaia. E la dimostrazione arriva dalle posizioni occidentali tenute finora. Soprattutto dagli Stati Uniti. Obama a suo tempo disse che l’America sarebbe intervenuta solo se il regime di Assad si fosse spinto militarmente oltre nei processi repressivi, utilizzando armi chimiche contro i civili. Per il Presidente americano quella era la zona rossa fissata, oltrepassata la quale non ci sarebbe stata più alcuna possibilità di ritorno. Nelle ultime settimane i servizi segreti americani, e più in generale occidentali e affini, hanno fatto sapere al Presidente che ci sarebbero gli elementi atti a poter dire che la linea rossa è stata effettivamente oltrepassata. Assad avrebbe usato e/o starebbe usando armi chimiche nella guerra civile siriana. Contro la popolazione rivoltosa. A questo punto gli USA non hanno più scuse. Devono fare qualcosa per non perdere la faccia, oltre che per salvare quante più vite possibile. Ma c’è un problema. Anzi, ce ne sono due. E belli grossi. Il primo: a quanto pare non ci sono prove inconfutabili che inchiodino Assad all’uso delle armi chimiche. Nulla è stato reso noto a tal proposito. Né dall’Amministrazione presidenziale di Washington, né dai servizi segreti, né tanto meno fa fonti ufficiali militari. In pratica non si ha la certezza di questo incivile uso repressivo. E’ una patata bollente nelle mani di Obama. Soprattutto dopo la bufala che accusò l’Iraq di Saddam di possedere armi batteriologiche di distruzione di massa. Accusa che valse l’intervento militare. Non a caso Assad smentisce. E lo può fare proprio perché non esiste la prova provata che lo inchiodi. Il secondo problema è quello di capire e sapere chi sono i ribelli. I rivoltosi. Quelli che vogliono mandare via Assad. Sono solo paladini dello spirito democratico e dei diritti civili? Oppure invece sono anche o soprattutto zelanti islamici intransigenti, vogliosi di trasformare la Siria in un sultanato? E inoltre, è possibile che fra di loro ci siano anche filoterroristi pronti a creare un altro avamposto antioccidentale, buono come base logistica per future azioni in Europa, Israele o America? Non lo sappiamo. Neanche su questo abbiamo fonti e notizie certe. E visto che l’intervento americano si baserebbe sulla volontà di armare principalmente le file dei ribelli, si capisce bene che correre il rischio di armare future fazioni antioccidentali, non rappresenta il massimo della lungimiranza. Proprio gli USA ne sanno qualcosa, dopo la vicenda afghana che li vide armare il popolo locale contro l’invasione sovietica. Dopo molti anni sarebbe venuto fuori un certo Osama Bin Laden, che avrebbe ricambiato l’aiuto come purtroppo sappiamo dai fatti dell’11 settembre. E’ una partita molto complessa quella siriana. Ma la cosa che mi sconcerta di più è la parte di complessità che ritengo derivata da una preoccupante mancanza. Quella dei servizi segreti. Non solo americani. Come è possibile che nel 2013, dopo che siamo in grado di mandare droni intelligenti a compiere operazioni di ogni tipo, dopo che possiamo intercettare tutto e tutti, dopo che abbiamo gli strumenti per mappare e infiltrare ogni movimento finanziario, commerciale e logistico, non riusciamo a provare se Assad abbia oppure no usato armi chimiche? Sì o no? E come è possibile che non si riesca a capire chi sono veramente i ribelli? Quanti, formati da chi, in maggioranza e in minoranza, guidati da, finanziati da e influenzati come e perché? Lo trovo francamente assurdo. Durante la seconda guerra mondiale il lavoro dei servizi segreti permise l’esito del conflitto per come lo conosciamo. Oggi dopo molti decenni siamo tornati indietro. E di parecchio. Delle due cose una. O Assad dispone di un controspionaggio formidabile, capace di depistare ogni cosa che non deve essere scoperta o provata, oppure i servizi segreti occidentali accusano una pericolosa perdita di rendimento ed efficienza. In ogni caso la situazione è grave per tutti. Soprattutto per gli USA. Aggiungete pure che il conflitto siriano ripropone in chiave sistemica il classico conflitto tra USA e Russia. I primi con i ribelli, i secondi con Assad. Insomma, il medioriente è ancora in questo primo scorcio del terzo millennio vittima di giochi ben più grandi di lui. Geogiochi li voglio chiamare. Anche qui l’Europa dovrebbe intervenire per conto suo. Con una voce propria. Per fungere da mediatore attivo. Considerando che il medioriente si trova di fronte alle nostre coste continentali. Non nel Golfo del Messico. E considerando che la Russia dovrebbe essere il nostro futuro partner politico e commerciale di prossimità del futuro. Verso l’oriente. Verso l’Asia. Così come la faccenda israeliana dovrebbe entrare nel mirino politico di Bruxelles e Strasburgo in un ordine di agenda prioritario a livello quotidiano. La nostra storia, quella dell’Europa, è stata fatta dai cristiani, dagli ebrei e dagli islamici. E’ compito nostro rimettere a posto i cocci finiti a terra a partire dall’epoca napoleonica!!!
Posted on: Fri, 21 Jun 2013 12:46:18 +0000

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