NOSTRO SIGNORE GESÙ CRISTO RE DELL’UNIVERSO Rivelazione di - TopicsExpress



          

NOSTRO SIGNORE GESÙ CRISTO RE DELL’UNIVERSO Rivelazione di Gesù a Maria Valtorta Domenica 24 novembre 2013 – Anno C Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Luca 23,35-43 Il popolo stava a vedere, i capi invece lo schernivano dicendo: «Ha salvato gli altri, salvi se stesso, se è il Cristo di Dio, il suo eletto». Anche i soldati lo schernivano, e gli si accostavano per porgergli dellaceto, e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». Cera anche una scritta, sopra il suo capo: Questi è il re dei Giudei. Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e anche noi!». Ma laltro lo rimproverava: «Neanche tu hai timore di Dio e sei dannato alla stessa pena? Noi giustamente, perché riceviamo il giusto per le nostre azioni, egli invece non ha fatto nulla di male». E aggiunse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità ti dico, oggi sarai con me nel Paradiso». […] «La riprovazione di Dio non è totale, né perpetua. Se Dio è Giustizia, Egli è anche Misericordia. E che Misericordia sia ne è testimonianza l’aver fatto del suo Verbo l’Agnello destinato al Sacrificio per la redenzione degli uomini. Quindi per ciò non tutto Israele fu riprovato. Perché non tutto Israele era malvagio. Come in ogni società umana, anche in Israele vi erano dei giusti. I più giusti tra esso compresero, seguirono e amarono il Cristo da quando Lo conobbero. Altri, meno semplici e meno giusti, attesero ad avere prove potenti per credere che Egli fosse il Messia. Altri ancora furono scossi solo dagli estremi miracoli (risurrezione e ascensione). Infine, alcuni si arresero soltanto quando videro gli Apostoli, rozzi e incolti, mutarsi in evangelizzatori pieni di dignità e sapienza, divenire dei coraggiosi mentre prima erano dei paurosi, degli operatori di miracoli come il Maestro loro, e soprattutto così fermi nella fede da saper tener testa al Sinedrio, rispondendo una e una volta alle ingiuste ingiunzioni dello stesso: Se sia giusto dinanzi a Dio l’ubbidire a voi piuttosto che a Dio, giudicatelo voi stessi. Per conto nostro noi non possiamo non parlare di quanto abbiamo visto e udito (Atti 4,19-20). Bisogna ubbidire a Dio piuttosto che agli uomini. Il Dio dei padri nostri ha risuscitato quel Gesù che voi uccideste appendendolo alla Croce. Questo Principe e Salvatore, Iddio Lo esaltò con la sua destra, per dare ad Israele penitenza e remissione dei peccati. E ne siamo noi testimoni e quello Spirito Santo che Dio ha dato a coloro che gli ubbidiscono (Atti 5,29-32). I più giusti tra i capi d’Israele, tra i quali Gamaliele, sommo tra i rabbi di quel tempo, si convertirono allora al Signore Gesù. Perché non tutto dell’uomo e nell’uomo è malvagio, anche se esso non è in tutto giusto. Il peccato d’origine e i peccati della triplice concupiscenza non distruggono tutto quanto è da Dio nell’uomo; ossia tutto quanto è buona tendenza della parte incorporea (spirito e intelletto). La ragione, che solo una demenza può completamente annullare, può sempre aprire la via della verità e della giustizia, illuminarle agli uomini perché, facendo buon uso del loro libero arbitrio, accolgano quanto in principio hanno ripudiato apertamente o stentato ad accogliere, riconoscendolo per vero e per buono, e come mezzo per andare verso la Verità. Gli altri d’Israele, “popolo di dura cervice” sin dai tempi mosaici, persistettero nel loro errore, rigettando la fede nel Cristo, ripudiando la sua dottrina, che è via di salute. Pur preconoscendo il Messia, predetto più volte da Dio ai suoi figli, non Lo accolsero, anzi Lo rigettarono come un peccatore. Perché in essi non era la carità che è vita in Dio e vita di Dio nell’uomo, ma era la superbia che è durezza di cuore e fumo che impedisce di vedere la verità. Dio invece, benché enorme fosse la colpa d’Israele, non rigettò tutto il suo popolo, avendo, come già aveva detto ad Elia, riservato da esso un certo numero di uomini che non avrebbero piegato il ginocchio davanti ad idolo alcuno e che, più o meno rapidamente, sarebbero venuti al Re dei re. A questi resti del Popolo eletto -perché gli altri s’eran fatti, da figli, figliastri di Dio, non riconoscendo il Primogenito di tutti i figli veri di Dio, Primogenito per Natura e per Grazia- andò la Grazia, che è il dono che Dio ha predestinato per tutti gli uomini, è vero, ma che va e resta dono a chi non la respinge o se ne spoglia col peccato. Così Israele, per voler essere troppo sommo, secondo le sue viste, e per essersi assiso coi suoi grandi sulla cattedra di Mosè, senza peraltro vivere secondo la giustizia di Mosè, per volersi ritenere maestro al mondo, rendendo impossibile la Legge per il cumulo delle leggicole umane aggiunte e sovrapposte alla Legge, per volersi ritenere giudice anche del Santo dei santi, venuto dal Cielo per riportare Israele alla Giustizia e la Legge alla sua divina e perfetta semplicità per cui ad ogni uomo giusto è possibile metterla in pratica, sia esso giudeo o samaritano, greco o romano, non conseguì la gloria umana che cercava, non la gloria soprannaturale di cui orgogliosamente, si giudicava già possessore, ma sebbene, meno che per i pochi ebrei convertiti al Cristo, meritò la punizione del Cielo, l’accecamento, lo stordimento, il laccio, la rete, l’inciampo e la punizione umana che lo fece curvare al suolo sotto i colpi degli oppressori e andare disperso ed invaso, per il mondo e per i secoli. Hanno respinto, negato, ucciso il Re dei re, quel Re che avrebbe dato loro un regno senza fine. E re e imperatori, dominatori umani d’ogni tempo, ebbero per castigo e per umiliazione. Alla loro superbia fu offerto questo pane: vedersi sostituito come Popolo di Dio dai Gentili (pagani), e veder distrutti il Tempio e l’altare e la città, di cui tanto erano orgogliosi sino a mancare di carità per chiunque non ne fosse cittadino per nascita o per elezione a cariche superbe. Sprezzarono e si videro sprezzati. Dominarono con scettro di ferro e furono dominati con verghe e catene da quelli che avevano per tanto tempo schernito. Divennero i reietti, e gli altri presero il loro posto. Non ci fu più Gerusalemme e Sinagoga, ma Roma e la Chiesa. Loro , “i primi”, divennero “gli ultimi”, come la Parola onnisciente e onniveggente aveva detto. Eppure ancora, poiché Dio da ogni cosa trae un bene, anche se è cosa sostanzialmente cattiva in se stessa, eppure ancora dal delitto dei giudei è venuto il bene ai Gentili. Non peggiori ai giudei verso il Cristo ma pagani, rispettavano in Lui l’uomo dotto e pacifico, l’uomo che non li disprezzava e non insegnava alle turbe a disprezzarli, ma anzi anche con loro, Gentili, era buono. Ma dopo il delitto del Golgota i loro occhi si aprirono alla verità e nell’Uomo buono, pacifico, dotto, capace di miracoli riconobbero “il Figlio di Dio”, ed a Lui, vivente nella sua Chiesa, si volsero ed ebbero la Vita. Ecco dunque che il delitto dei Giudei, delitto di avari per concupiscenza di potere, divenne ricchezza di tesori spirituali ai Gentili che ne erano privi, e la loro (dei Giudei) volontaria scarsezza di comprensione e d’intelletto, che ostinatamente si chiuse respingendo la Luce, preferendo le tenebre alla Luce, fu causa che la Luce andasse ai Gentili e da questa prima causa venissero le altre: la carità per cui uomini di nazioni nemiche tra loro, o che si odiavano perché dominatori e dominati, gente d’ogni luogo e d’ogni lingua, si riconciliarono fra loro, chiamandosi fratelli nel nome del Fratello Santissimo venuto a morire per dar loro un’unica Vita, fossero Giudei o Gentili, Ebrei della Diaspora o Greci, Romani, Libici, Egizi, Parti, o Siri. Prima sorse, o risorse là dove era morta, la carità che è vita in Dio, e la carità fece sante le primizie e santa la massa e santa tutta la mistica Vite. Dalle radici -che eran d’Israele per Maria Madre di Gesù, Vergine della stirpe di Davide, e per Gesù Unigenito di Lei; per gli Apostoli figli d’Israele, e i discepoli tratti dalle dodici tribù- ai rami nuovi dati dai Gentili, innestati sul suo tronco al posto dei rami che, per non essere voluti rimanere uniti al Cristo, tronco della mistica Vite, ne furono recisi perché morti. Santo tutto il Corpo mistico, perché Santo il Capo e Santa la radice dal cui germoglio purissimo era venuto il Capo. Santi i rami, innestati su esso anche se, avanti, santi non erano purché non ripetessero l’antico peccato per cui Adamo perdette la Grazia, e Israele, per la quasi totalità del suo popolo, la Grazia e la benedizione di Dio. Vita ai tralci novelli, vita ad ogni germoglio della Vite, è la carità, linfa divina che alimenta chi non si stacca, per superbia, dal tronco. Perché la superbia porta al dubbio, e sulle verità e sui doveri che, ove non si compiano, rendono invisi a Dio. E dal dubbio vien l’intiepidimento della fede, poi l’incredulità, poi la perdita del timor di Dio, poi la convinzione che Dio è tanto buono da non saper essere mai severo. Dio è giusto nella sua bontà. Severo sinché l’uomo persiste nel suo peccato, dolce quando l’uomo di esso si pente, pronto più a riammetterlo alla sua amicizia che a condannarlo, felice se di uno, spiritualmente morto, può farne o rifarne un vivo. Ma stolto, Dio non lo è mai. Ogni miracolo può operare il Signore, perché infinita è la sua potenza e la sua misericordia, ed infiniti i meriti del Cristo Redentore. Ma una cosa è necessaria per ottenere ogni miracolo: la buona volontà dell’uomo, la sua fede in Dio, la sua speranza nel Signore, la sua carità verso Dio e prossimo, la carità soprattutto, perché essa è il terreno che permette il fiorire d’ogni virtù e l’unione con Dio».
Posted on: Sat, 23 Nov 2013 12:29:03 +0000

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