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Non è dunque un “tradimento” il fatto che nel passaggio dalla condizione contadina alla condizione operaia i lavoratori diventino sempre progressivamente “meno rivoluzionari”, e “non più rivoluzionari”. E non si dica, per favore, che diventano meno ribelli, e diventando meno ribelli diventano rivoluzionari più maturi. Questo è un sofisma che non può resistere a qualsiasi esame storico comparativo svolto nell’arco di duecento anni. Bisogna dunque respingere con forza le due pseudoteorie della cosiddetta “aristocrazia operaia” e del presunto “imborghesimento”. La teoria dell’aristocrazia operaia, che sarebbe stata corrotta con dei sovrapprofitti imperialistici dovuti allo scambio ineguale dello sfruttamento coloniale, fu come è noto avanzata da Lenin per spiegare l’integrazione politica e culturale delle socialdemocrazie della II Internazionale. Vera o falsa che sia, questa teoria non è una “integrazione” di Marx, ma è un mutamento radicale di terreno rispetto alla concezione autentica di Marx, che era quella della formazione del lavoratore collettivo cooperativo associato. Esattamente come per la teoria gramsciana dell’egemonia, la teoria leniniana delle aristocrazie operaie delle metropoli imperialistiche ha la scusante di essere stata prodotta in un momento di ricerca e di riflessione su fenomeni inediti. Chi pensa di non sbagliare mai, scagli la prima pietra. La teoria del cosiddetto “imborghesimento” della classe operaia non merita invece tanta comprensione. Ho sempre trovato vergognoso che ci si lamenti del fatto che gli operai vogliano comprare l’automobile, il frigorifero, la lavatrice, il televisore, il videoregistratore, la casetta di cattivo gusto con i nanetti sul prato, le vacanze organizzate, eccetera, anziché adempiere al loro (presunto) compito storico di riempire fumose sezioni di partito per organizzare rivoluzioni peraltro sempre dedotte (illusoriamente) da un processo storico (presunto) necessario ed inevitabile. Costanzo Preve, La crisi culturale della terza età del capitalismo. Dominanti e dominati nel tempo della crisi del senso e della prospettiva storica, petite plaisance 2010.
Posted on: Tue, 09 Jul 2013 17:04:35 +0000

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