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PER CHI FOSSE INTERESSATO........ Storia della macchina per cucire Fino a ieri era ancora l’ago che “cuciva” nelle pazienti e instancabili mani per le elementari necessità della vita e per adornare di ricami le vesti e gli arredi. Oggi, tutto questo, lo compie con rapidità e perfezione la macchina per cucire, alleata inseparabile della donna. In tutti i campi delle attività dell’uomo i tradizionali metodi antichi di lavoro sono legati ad abitudini, a interessi e aspettative che vengono deluse quando un inventore suggerisce metodi nuovi e migliori. Tra le macchine utensili che al loro apparire furono accolte con diffidenza e ostilità è da annoverare la macchina per cucire, che pur sollevò dalla schiavitù dell’ago milioni di lavoratori e contribuì a diffondere nel mondo un alto benessere sociale. L’ago e la spola sono sempre stati, fin dai tempi antichissimi, i simboli della femminilità ma sono anche stati, sempre, strumenti di faticoso lavoro e sacrificio. Fino alla metà dell’Ottocento era un lusso possedere una camicia. “Nascere con la camicia” significava nascere ricco e la biancheria era numerata e descritta nelle doti nuziali, negli inventari dei testamenti. Per secoli migliaia di donne e fanciulle non ebbero per vivere altra risorsa che un ago e una spola, quindici ore di lavoro al giorno per pochi soldi di guadagno; ciò nonostante tutti gli inventori che tentarono di sollevare dalla miseria l’infinita schiera delle cucitrici furono diffamati e condannati. Il primo brevetto di una macchina per cucire, basata sul principio della imitazione meccanica del lavoro eseguito a mano, fu depositato in Germania nel 1775 da tedesco Carlo Federico Weisenthal; il brevetto descriveva la cucitura eseguita da un ago a due punte con la cruna nel mezzo, attraversante in un senso e poi nell’altro un tessuto sorretto da un telaio mobile verticale. Il 17 aprile 1830 in Francia, Thimonier aveva preso un brevetto per fabbricare e vendere macchine atte a confezionare cuciture dette a punto di catenella su ogni genere di tessuto…l’inventore che è un benefattore a distanza è un nemico da vicino… fu punito e così una corte di sarti lo fecero fuggire a bastonate rompendogli la sua invenzione (ai tempi in legno) sulla schiena. Thimonier non si arrese, si rimise al lavoro e nel 1845 annunciò su un giornale l’invenzione di una nuova macchina per cucire; naturalmente tutto questo suscitò ancora rivolte. Anche in America Walter Hunt, costruttore nel 1834 della prima macchina a “navetta”, rinunciò a brevettare l’importante invenzione e abbandonò l’impresa, in seguito a un osservazione della figlia che lo accusava di gettare sul lastrico le lavoratrici dell’ago. Più tardi, nel 1846, quando Elias Howe presentò a Boston la sua macchina per cucire promettendo che essa avrebbe cucito meglio e più velocemente di cinque ragazze scelte tra le migliori cucitrici della città, fu tacciato dagli operai di una sartoria di affamatore del popolo. Si susseguirono altri brevetti e altri inventori. Ci volle la tenacia di Isacco Singer (America 1851) per riuscire a vincere ogni ostacolo e a diffondere in tutto il mondo milioni di esemplari di macchine per cucire continuamente perfezionate e adattate agli usi e alle esigenze locali. Da allora fu un susseguirsi di nuove invenzioni e nuovi costruttori come Pfaff (Germania 1862); la produzione italiana, fino alla prima guerra mondiale, fu insignificante. Sono da ricordare la macchina “sombrero” costruita a Torino a la “stucchi” fabbricata a Milano. Nell’alta Italia hanno avuto una buona affermazione diverse e non trascurabili industrie quali Bortoletti (Milano 1947), Vigorelli (Pavia 1934) e Necchi (Pavia 1920) la quale negli ultimi cinquant’anni è riconosciuta per la qualità, funzionalità e l’estetica della sua produzione la più importante fabbrica italiana, apprezzata in tutto il mondo.
Posted on: Sun, 23 Jun 2013 14:31:00 +0000

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