Parte seconda. Imposimato aveva scritto: Estratto da Corruzione ad - TopicsExpress



          

Parte seconda. Imposimato aveva scritto: Estratto da Corruzione ad Alta Velocità di F. Imposimato, G. Pisauro, S. Provisionato. Koinè nuove edizioni [Cap. III – Il prezzo della verità - pagg. 79-83] Arrivarono le elezioni politiche del 21 Aprile (1996 – ndr) Dopo la vittoria elettorale dell’Ulivo, su sollecitazione di un parlamentare della zona dell’alto casertano, l’on. Pasquale La Cerra, decisi di andare a riferire al presidente del consiglio incaricato tutto quello che sapevo del grande imbroglio. Temevo che quello scandalo, se non tempestivamente affrontato, potesse travolgere anche il governo dell’Ulivo, anche se estraneo alla grande truffa. Ignoravo gli insabbiamenti dell’inchiesta romana da parte di un pm, poi arrestato, e che Prodi era indagato. “E lui restò zitto e imbarazzato” “Ho ancora un ricordo preciso di quel giorno, il giorno in cui Romano Prodi mi ricevette nel suo studio privato di Largo Di Brazza, vicino a fontana di Trevi. Con me c’era anche La Cerra e il coordinatore dell’Ulivo per il casertano Ciontoli. Entrammo accolti da un Prodi in grande forma. Ci salutò con cordialità e con quella giovialità che tira fuori solo nei momenti migliori. Al colloquio era presente anche quello che è stato a lungo l’uomo ombra di Prodi, il suo consigliere Arturo Parisi. Ma appena cominciai a parlare, come per incanto, quel clima di affabilità e cortesia cambiò rapidamente. Mentre parlavo, mentre gli illustravo i risultati dell’indagine dell’antimafia sull’Alta velocità, che La Cerra confermava, mentre gli spiegavo nei dettagli la portata del marcio che si nascondeva dietro quegli affari, lo vedevo rabbuiarsi. Parisi annuiva, Prodi no. Più il tempo passava e più assistevo ad una scena a cui non volevo credere: sprofondato nella sua poltrona, rosso come un peperone, Prodi mi guardava e taceva. Il suo sguardo comunicava una sensazione che ancora ricordo con precisione. Dagli occhi stretti a fessura, dietro le lenti spesse, coglievo un’impressione di preoccupazione per quello che dicevo. Parlai per una mezz’ora e per tutto il tempo Prodi non mi interruppe mai, non aprì bocca, non proferì una parola. Stava lì, dietro la sua scrivania, seduto sulla sua poltrona. Mentre Parisi si mostrava partecipe e interessato alle cose che dicevo, il presidente del consiglio non faceva una piega. Guardavo di tanto in tanto La Cerra e anche lui mi guardava. Ero perplesso, stupito, quasi confuso da quella reazione. Non riuscivo a capire se Prodi fosse preoccupato per le descrizioni che gli stavo facendo delle infiltrazioni della Camorra. Stavo per terminare la mia esposizione in quell’atmosfera gelida, quando si sentì bussare e nella stanza entrò Beniamino Andreatta, all’epoca ministro della Difesa. “Scusate se disturbo – disse Andreatta – Romano, avrei bisogno di parlarti, magari dopo …”. Prodi sembrò scuotersi all’improvviso, come da un torpore. Mi sembrò che cogliesse quell’interruzione come un’ancora di salvezza. Si alzò di scatto e si precipitò verso Andreatta, afferrandogli la mano e invitandolo ad entrare. Della stranezza della situazione si accorse anche il suo ministro che ci gettò uno sguardo tra il perplesso e l’interrogativo. Prodi si rivolse a noi solo per congedarci in tutta fretta, aggiungedo un furtivo ringraziamento per la visita. Non una parola di commento a quanto gli avevo riferito. Non un accenno. E nel silenzio più gelido lasciammo la sua stanza. Uscii da quell’incontro frastornato e allarmato allo stesso tempo. Ricordo ancora che con La Cerra commentammo a mezze frasi la reazione di Prodi. Sapevo, perché in commissione ce lo aveva riferito l’ingegner Ercole Incalza, amministratore delegato della TAV, del coinvolgimento di Prodi nell’Alta velocità quando, da presidente dell’Iri, aveva avallato società come l’Icla e le Condotte [1], ma ritenevo la sua soltanto un’implicazione formale. Non potevo quindi immaginare una simile reazione. Ne capii la portata qualche tempo dopo. Quando scoprii un particolare fino a quel momento a me sconosciuto: fino dal 1993, quando era stato nominato presidente dell’Iri, divenendo quindi uno dei general contractor, Prodi aveva ricoperto la carica di garante dei lavori dell’Alta velocità. Lui, il presidente del consiglio era stato un controllore di quello scandalo. E – secondo il magistrato romano Giuseppa Geremia – aveva fatto sì che una società da lui stesso creata, la Nomisma, potesse beneficiare di consulenze miliardarie proprio sull’Alta velocità. Ma di tutto questo sarei venuto a conoscenza molto tempo dopo. Lasciando quell’incontro decisi però di scrivergli una lettera. E di inviargli la mole di documenti che avevo accumulato. Lo feci a futura memoria. Ecco il testo della lettera, spedita a Prodi il 6 Maggio 1996. Caro Professor Prodi, consapevole della centralirà nel suo programma del problema del mezzogiorno, Le invio la mia relazione del gennaio 1996 sull’Alta velocità. E’ un documento drammatico, poiché dimostra l’attualità dei devastanti intrecci tra Mafia, politica e grandi imprese pubbliche, in una situazione di confusione legislativa e di inquinamento degli apparati di prevenzione e di repressione dello Stato. Lei può compiere un’opera di ricostruzione del Mezzogiorno fondata sulla valorizzazione delle sue risorse umane e naturali. Buon lavoro e auguri. Ferdinando Imposimato.” Con il passare del tempo, Imposimato ha ripensato più di una volta a quell’incontro. Che cosa temeva Prodi? Perché quella reazione così spropositata? Il presidente del consiglio aveva forse scambiato l’illustrazione dei risultati di un’indagine parlamentare con un atto di accusa nei suoi confronti? Oppure si era sentito minacciato dall’incombere di un qualcosa, un avvertimento? Nell’ottobre dello stesso anno, Imposimato tornerà ad affrontare il tema delle responsabilità che nessuno volle vedere nelle infiltrazioni camorristiche nell’Alta velocità. Lo fa con dichiarazioni di fuoco riprese dalla stampa. Ecco il Corriere della Sera: Alta velocità. Sulle presunte infiltrazioni camorristiche negli appalti della tratta Roma-Napoli, denunciate ieri dall’ex senatore progressista Ferdinando Imposimato, è ormai polemica durissima. Le accuse di Imposimato sono state precise: “La Commissione antimafia aprì un’inchiesta, ma non si volle andare avanti”. Con tanto di nomi. Violante, Bargone, Prodi, allora presidente dell’Iri. Immediata la replica del presidente del consiglio: “Imposimato si è sbagliato. In quel periodo non ero presidente dell’Iri”. Sulla vicenda è tornata anche Tiziana Parenti, ex presidente della Commissione antimafia, per smentire Prodi e spiegare che “in quel periodo Ferdinando Imposimato fu isolato all’interno del suo stesso partito”. E che si fece di tutto “per tenere questa inchiesta sotto tono”. Non solo. La Parenti ha aggiunto che l’attuale sottosegretario ai Lavori Pubblici, Antonio Bargone, non dice il vero “quando afferma che non si fece mai il nome di Romano Prodi in commissione. Basta guardare gli atti – ha detto la Parenti – e constatare che su mia richiesta fu Incalza a specificare che la firma dell’atto integrativo del ’94 [1993] alla convenzione era dell’allora presidente dell’Iri Romano Prodi”. Sempre la Parenti ha anche aggiunto che “Imposimato subì un isolamento in via diretta all’interno del suo stesso partito anche perché quell’inchiesta si intrecciava con quella delle Coop rosse”. Alla Parenti ha replicato Bargone: “Dice il falso. Fu lei a non convocare la commissione per quattro mesi” … Il Corriere della Sera scrive il 7 dicembre 1999: Prodi sulla Tav: non mi dimetto Alta velocita’ , il presidente Ue risponde a Pannella: non mi dimetto ROMA – Continua il duello tra Marco Pannella e Romano Prodi sulle accuse di presunti coinvolgimenti del presidente della Commissione europea negli scandali dell’ Alta velocita’ ferroviaria. Ieri il leader radicale ha ribadito la richiesta di dimissioni di Prodi, paventando il rischio che “nel tentativo di far emergere il processo di verita’ , che ormai e’ inarrestabile, avremo un presidente della Commissione che costantemente dovra’ per mesi, anni, fare i conti con questa esposizione”. Pannella si e’ detto meravigliato della “meraviglia manifestata a Bruxelles nei suoi confronti per aver suggerito a Prodi di dimettersi prima che si aprano procedimenti giudiziari o parlamentari”. “Strano – afferma Pannella – perche’ partiamo dal presupposto che l’ esercizio dell’ azione penale e’ mancato per un insieme poderoso di fatti che ho elencato”. “Il passato – conclude l’ esponente radicale – non e’ che non passi mai, ma perche’ passi davvero occorre che la verita’ emerga”. Le accuse, provocate da un libro dell’ ex magistrato ed ex senatore Ferdinando Imposimato sulle vicende della Tav, “sono totalmente senza fondamento, come la stessa richiesta di dimissioni”, ha detto ieri a Bruxelles il portavoce di Prodi, Ricardo Franco Levi. E le dimissioni del presidente europeo sono “fuori discussione”. Levi ha ribadito alcuni chiarimenti gia’ pubblicati sul sito internet: “Il coinvolgimento di Romano Prodi nella Tav – ha sintetizzato – si limita al fatto che e’ stato nominato per circa un anno come garante sullo studio d’ impatto ambientale. Una carica che non comportava alcun ruolo ne’ di gestione ne’ di decisione”. Intanto Imposimato, attualmente responsabile giustizia dello Sdi di Enrico Boselli, sostiene che Prodi e’ da considerarsi “politicamente ed eticamente censurabile” per quanto riguarda la vicenda dell’ alta velocita’ . R. R. Sulla TAV Prodi rispose così all’UE: Vicenda TAV • La TAV S.p.A. venne costruita nel luglio 1991, epoca in cui il prof. Prodi non era presidente dell’IRI: • I consorzi IRICAV 1 e IRICAV 2 vennero costruiti nell’agosto 1991, epoca in cui il prof. Prodi non era presidente dell’IRI; • nello stesso anno, e sempre sotto altra presidenza, vennero stipulate le convenzioni tra TAV e Iricav 1, per la realizzazione della tratta Roma-Napoli, e tra TAV ed Iricav 2, per la realizzazione della tratta Verona-Venezia. In relazione ad esse, peraltro, l’IRI svolgeva esclusivamente un ruolo di garanzia, essendo stato affidato ai consorzi il ruolo di general contractor e quindi l’incarico di provvedere alla progettazione esecutiva ed alla realizzazione delle opere; • successivamente a tale periodo e precisamente nel gennaio 1992 l’Ente ferrovie dello Stato, nell’intento di tenere nel debito conto le conseguenze economiche e sociali della realizzazione del sistema ad alta velocità, nominò, il 16 gennaio 1992, il prof. Romano Prodi “Garante con il compito di studiare l’impatto diretto ed indiretto del sistema italiano ad alta velocità sul territorio e sul sistema produttivo del Paese”; • nella sua qualità di garante il Prof.Prodi ebbe un ruolo puramente scientifico, del tutto estraneo alla società TAV e all’Ente Ferrovie dello Stato e senza alcun potere né di gestione né di decisione nell’intero progetto del sistema ad alta velocità; • nel maggio 1993, essendo stato nominato presidente dell’IRI, il prof.Prodi si dimise dall’incarico di Garante; • per il lavoro svolto quale garante il prof.Prodi non volle e non ricevette alcun compenso; • il prof.Prodi intervenne esclusivamente, in virtù del ruolo di garanzia assegnato all’IRI, alla stipula, nel febbraio 1994, dell’atto integrativo alla convenzione TAV Iricav 1. Tale atto integrativo costituiva un atto obbligato, in forza della convenzione già sottoscritta nel 1991. La realizzazione delle opere e l’affidamento degli appalti per il consorzio TAV-Iricav 1 riguardava invece l’esclusiva sfera di competenze e di autonoma responsabilità del consorzio stesso. Ma succede questo: Prodi condannato dalla Corte di Giustizia Europea, ma nessuno ne parla. Postato il 13 aprile, 2011 da Marco Moretti Ma come mai Romano Prodi è stato condannato dalla Corte di Giustizia Europea per azioni compiute quando era Presidente della Commissione e nessuno dei media importanti nazionali, sia della carta stampata che soprattutto della TV, sempre pronti a guardare nel letto dei politici, ne ha fatto cenno? Queste le motivazioni di condanna espresse dalla Corte a carico del Prof. Prodi: 1 – aver fornito al Parlamento Europeo notizie false e non documentate; 2 – aver emesso comunicati che mettevano in dubbio l’onorabilità di alti dirigenti che non si erano sottomessi alle sue imposizioni; 3 – aver tentato di ostacolare la giustizia. I fatti che hanno portato alla condanna risalgono al 2002-2003 e si riferiscono a una contorta vicenda relativa all’Eurostat, innescata dalla lettera di una funzionaria che si riteneva discriminata. L’inchiesta è iniziata per capire se tali irregolarità fossero state effettuate su iniziativa di dirigenti o addirittura dallo stesso responsabile della Commissione, Prodi. È cominciato così il rimbalzo delle responsabilità, nonché la “fughe di notizie” – questo afferma la sentenza – depistate verso giornali amici. Proprio per la paura di rivangare anche questioni irrisolte del passato (gli scheletri nell’armadio: Iri, Nomisma), Prodi ha pensato bene, da far suo, di chiudere con un colpo di mano gli Istituti, ma, non avendo elementi per mandare a spasso un migliaio di persone li ha destituiti tutti dai loro incarichi, tenendoli a non fare nulla fino alla pensione! In Italia questi si sarebbero trovati un secondo lavoro, e comunque tutti a ringraziare il benefattore che paga senza far fare niente; ma all’estero, qualcuno dal senso civico sviluppato e con un sano amor proprio, si sente discriminato e sottostimato… e si lamenta. Col suo modo di fare credeva di passarla franca, padroncino anche all’estero, ma, fortunatamente, da quelle parti sanno bacchettare le mani come agli studentelli presi con le mani nella marmellata, anche se si tratta di Professoroni. Fonte: questaelasinistraitaliana.it PROGETTO T.A.V. – Prodi nega i legami con la Tav ma scorda quelli con l’Italferr Antonio Selvatici PRODI NEGA I LEGAMI CON LA TAV MA SCORDA QUELLI CON L’ITALFERR Mentre Romano Prodi annuncia querele a quotidiani di mezza Europa, gli echi della campagna stampa che stanno mettendo in imbarazzo il presidente dell’Unione europea non si placano. Il tema delle «relazioni imbarazzanti» intercorse tra il sistema dell’Alta velocità e l’ex presidente dell’Iri raccontate dal giudice Ferdinando Imposimato nel libro «Corruzione ad Alta velocità» merita un approfondimento. Il treno ad alta velocità è una gigantesca «croce ferrata» che si allunga da Torino a Venezia e da Milano a Napoli. Oggi il costo complessivo stimato dell’intera opera si aggira attorno ai 70mila miliardi: un giro d’affari sterminato dove anche Romano Prodi è intervenuto sia personalmente, sia con la società di studi economici Nomisma da lui fondata insieme con Nerio Mesi) qualche anno prima. Nel 1984 per realizzare e gestire le infrastrutture per il treno ad alta velocità le Ferrovie avevano costituito una apposita società, la Sistav-Italferr Spa, totalmente partecipata dalle Fs. Il 7 agosto 1991 Lorenzo Necci, amministratore straordinario delle Fs, presentò la grande opera. Dal punto di vista economico e organizzativo la novità più rilevante riguardò la presentazione della Tav società per azioni (Treno alta velocità Spa, società costituita da un decreto legge convertito a fine marzo del 1991) che di fatto divenne il motore del sistema. Inizialmente la Tav era una società a capitale misto pubblico-privato,ma, come ha sottolineato un documento del Garante della concorrenza, si «porta a ritenere che Tav sia controllata dalle Fs». Tra i soci vi era anche la banca d’affari americana Goldman Sachs di cui per anni Romano Prodi è stato consulente. Goldman Sachs pagava le prestazioni professionali del futuro presidente dell’Ue attraverso la Ase Srl, piccola società di consulenze bolognese i cui soci erano i coniugi Flavìa e Romano Prodi (vi è ancora oggi un’Inchiesta sui trascorsi della società). Il 16 gennaio 1992 l’amministratore straordinario Necci deliberò l’istituzione di un garante. Fu nominato Romano Prodi. Un mese più tardi, l’11 febbraio, Necci inviò una lettera a Prodi in cui, tra l’altro, si legge: «Verranno attivati rapporti consulenziali (…) con la società Nomisma (…) per l’analisi economica dell’impatto territoriale del sistema italiano di alta velocità». Il 13 aprile venne perfezionato un accordo tra Prodi e la società Italferr-Sis Tav Spa. Due giorni dopo a Nomisma giunse una lettera proveniente dalla Italferr-Sis Tav Spa in cui, al punto sette, si specificava: « In considerazione delle specifiche competenze professionali del professar Romano Prodi, il suo contributo avrà ad oggetto lo studio dell’impatto diretto e indiretto del sistema italiano ad alta velocità sul territorio e sul sistema produttivo del Paese. Si è convenuto che lo stesso professore si sarebbe avvalso per le sue prestazioni della Nomisma Spa». E in pochi anni Nomisma incassò nove miliardi. Quando alcuni giorni fa Prodi ha deciso di procedere per vie legali contro chi ha scavato nel suo passato, ha fatto sapere di avere avuto «un ruolo puramente scientifico, del tutto estraneo alla società Tav e all’Ente ferrovie dello Stato». Prodi ha ragione. Infatti i suoi rapporti non li tenne coi la società Tav, bensì con la Itafferr-Sis Tav, la società totalmente controllata dalie Fs. Per quel che riguarda i legami diretti con le Ferrovie si ricorda solamente la lettera che Necci, in qualità di amministratore delegato, aveva vergato su carta intestata dell’Ente. Quanto alla firma dei contratti della tratta dell’alta velocità Roma-Napoli, è stato ricordato che «le convenzioni per la realizzazione delia tratta Roma-Napoli e Verona-Venezia vennero stipulate sempre sotto altra presidenza». Infatti Prodi divenne presidente dell’Iri il 20 maggio 1993 e i consorzi Iricavuno e Iricavdue vennero costituiti nel luglio e nell’agosto 1991. Ma le attività contrattualistiiche non si esaurirono in quel periodo iniziale, ciò è provato da un testimone d’eccezione: Ettore Incalza, l’ex amministratore delegato della stessa Tav. Infatti quando a proposito di possibili infiltrazioni camorristlche nel sistema degli appalti il 14 settembre 1995 Ettore Incalza venne sentito dalla commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della mafia, i presenti udirono il relatore: «Vorrei fare un’ultima considerazione: perché (la società di costruzioni, ndr) Icla?», risposta: «Conosciamo un general contractor, Iri, che ha dato una performance di garanzia piena e ha verificato a cascata. Come amministratore delegato ho firmato la convenzione con il presidente dell’Iri dell’epoca». Ma chi era l’allora presidente della holding pubblica? Risponde lo stesso Incalza: «II professore Prodi, con il quale ho firmato l’atto integrativo, invece la convenzione di quadro l’ho firmata con Franco Nobili». E allora il «sempre sotto altra presidenza» di Prodi che vuol dire? Ha senso dichiarare che con la Tav non c’era nessun legame se poi ve ne sono stati altri molto forti con la società gemella Italferris-sis Tav? Articolo pubblicato su Il Giornale del 18 dicembre 1999 Durante il suo mandato europeo avviene quanto segue: Il 27 novembre 2001, al vertice di Perigueux tra i Ministri dei Trasporti italiano e francese, è stata approvata l’accelerazione dei tempi di realizzazione, secondo cui la messa in esercizio della linea Lione – Torino dovrebbe anticiparsi al 2012 (rispetto alla data del 2015 inizialmente stabilita dal precedente Governo di centro – sinistra nel vertice di Torino fra Chirac ed Amato tenutosi il 29 gennaio 2001). Dopo l’inaugurazione dei primi cantieri a Modane, nel marzo 2002, sono iniziate le consultazioni ufficiali tra Regione Piemonte, Provincia e Comune di Torino e le amministrazioni locali della Valle di Susa con la presentazione del tracciato da parte di RFI il 12 aprile 2002. Per quanto concerne la tratta internazionale, nel settembre 2002, i Ministeri dell’Industria e dei Trasporti francesi hanno affidato all’Inspection générale des Finances ed al Conseil Général des Ponts et Chaussés l’incarico di realizzare una verifica generale (Audit) sulla situazione dei progetti infrastrutturali in Francia. L’Assemblée Nationale ed il Senato francesi hanno esaminato tale verifica ed hanno sciolto i dubbi sulla realizzazione della Lione – Torino. Per quanto riguarda la tratta Modane – Torino, l’intervento prevede l’adeguamento della attuale linea agli standard di Alta Capacità con interventi sulle linee aeree e sull’armamento e la messa a sagoma di tutte le gallerie sia del tratto italiano che di quello francese: si tratta di abbassare tutto l’armamento (binari e massicciata) di 60 centimetri nelle gallerie, compresa quella di 12 km del Frejus. Il Ministero Francese ha pensato che nel 2012, dopo l’apertura del grande tunnel italo – francese sulla Torino – Lione e del tunnel Belledonne, il corridoio ferroviario costituito dalla nuova linea attuale ammodernata offrirà la possibilità di togliere dalla strada l’equivalente di 2,6 milioni di veicoli pesanti all’anno, di cui circa un milione grazie al solo servizio di autostrada viaggiante. Il Presidente francese della Commissione intergovernativa, nella sua stima sui finanziamenti necessari alla realizzazione della tratta, ha individuato tra 5,8 e 7,2 miliardi di Euro quelli necessari per la parte internazionale (la tratta Bussoleno – Saint Jean de Maurien); circa 5 miliardi di Euro per la parte francese, mentre, per la tratta italiana, ha ipotizzato una spesa compresa tra 1,3 e 2 miliardi di Euro: per un totale che si aggirerebbe attorno ai 13 miliardi di Euro. La volontà francese di rispettare i tempi programmati è stata ribadita in più di un’occasione. Per quanto riguarda il tracciato della sezione italiana, il 12 marzo 2003 il Progetto Preliminare è stato presentato al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e alla Regione Piemonte, per avviare il processo autorizzativo previsto dalla Legge Obiettivo, che prevede l’approvazione del CIPE entro sei mesi dalla presentazione. L’Unità Tecnica per la Finanza di progetto, istituita presso il CIPE, ha ritenuto i progetti della tratta in questione capaci di attrarre capitali privati. Il 26 marzo 2003, al termine della Commissione Intergovernativa, che si è tenuta a Palazzo Chigi, si è ribadito il fatto che il Governo italiano attribuisca grandissima importanza a questa opera trasportistica e cerchi di superare la ritrosia che invece arriva dal versante francese. Nel corso dei lavori della Commissione l’Italia ha comunicato la decisione di RFI (Rete Ferroviaria Italiana) di anticipare i 50 milioni di Euro necessari per realizzare i lavori nella galleria geognostica di Vanause. La decisione italiana di anticipare i fondi è importante perché da parte di Parigi si era insistito non sulla opportunità della realizzazione ma sul rallentamento dei fondi per realizzare l’opera. La Francia risulta, infatti, orientata a preferire il “Sesto Corridoio” che transita al di là dell’arco alpino a discapito del “Quinto”. Al termine di due incontri che il governatore del Piemonte, Enzo Ghigo, e il suo vice, William Casoni, hanno avuto con il presidente della Commissione Ue, Romano Prodi, ed il commissario ai Trasporti, Loyola de Palacio, è stato ribadito il fatto che la linea ferroviaria Torino – Lione resta una priorità dell’Unione Europea e che quest’ultima è disponibile a sostenere finanziariamente non soltanto il progetto con 150 milioni di Euro, ma anche la realizzazione dell’opera con un cofinanziamento. L’importanza riconosciuta al Terzo Valico da parte dalla Ue, per gli amministratori piemontesi, va nella direzione giusta per spingere i francesi ad un impegno più stringente per la realizzazione della Torino – Lione, considerato anche che il cofinanziamento in futuro potrebbe essere ripartito non più tra un 10% Ue e un 45% ciascuno Italia e Francia, ma 20% Ue, 30% Francia e 50% Italia. Il nostro paese é infatti disponibile ad accollarsi la completa realizzazione del tunnel di 52 chilometri, salvo poi recuperare quanto anticipato attraverso i pedaggi sulle autostrade di valico. Attualmente l’impegno di Bruxelles è per una copertura del 10% del totale, previsto in circa 13,5 miliardi di Euro per l’intera tratta ferroviaria, ma potrebbe raggiungere il 20%. La progettazione della linea Alta Velocità Lione – Torino, peraltro inserita tra le priorità infrastrutturali previste nella Legge Obiettivo, risulta parzialmente finanziata dal “Contratto di programma 2001 – 2005″. Il 15 aprile 2003 il Viceministro delle Infrastrutture, Ugo Martinat, è intervenuto per riconfermare la strategicità, per l’Italia, dell’alta velocità ferroviaria Torino – Lione e la possibilità, nel caso il parlamento francese dovesse escluderla dal piano delle priorità infrastrutturali, che il Governo italiano la realizzi da solo, eseguendo anche la tratta francese. Si potrebbe infatti ricorrere all’utilizzo di una “società di scopo” capace di raccogliere i possibili finanziamenti e gestire in concessione l’esercizio dell’opera nel pieno rispetto della normativa comunitaria ed indipendentemente dall’apporto finanziario francese. Martinat ha già articolato la proposta in uno schema di disegno di legge che prevede per altro, vari strumenti di finanziamento come il ricorso ai prestiti della Cassa depositi e prestiti, un sovrapprezzo sulle tariffe di pedaggio autostradale, una gestione dell’opera di settanta anni. Secondo l’accordo bilaterale, già firmato tra Italia e Francia, la linea ferroviaria, il cui progetto è stato affidato alla società franco-italiana LFT (Lyon – Turin – Ferroviarie), dovrebbe traguardare entro il 2012 “la prima canna” (due binari) ed entro il 2030 la “seconda”. Il rischio dei ritardi infrastrutturali legati al Corridoio 5 ed al Terzo Valico si traduce nella penalizzazione dei traffici e degli sbocchi commerciali, da e per il Centro e l l’Est europeo. Non è quindi casuale che l’allarme per le infrastrutture sia stato lanciato, nei primi giorni d’aprile, dal Capo dello Stato, Carlo Azeglio Ciampi durante la sua visita ad Alessandria, provincia al centro del triangolo industriale Torino – Milano – Genova con una spiccata vocazione logistica. Nel mese di luglio 2003 la Regione Piemonte, secondo i tempi della Legge Obiettivo, ha presentato al Ministero dei Trasporti le sue osservazioni sul progetto preliminare della tratta italiana da Bussoleno a Torino. Il 4 settembre 2003 la Commissione Speciale per la Valutazione di Impatto Ambientale ha espresso parere positivo alla tratta italiana della sezione internazionale, ossia dal confine a Bruzolo ed ha concesso ad RFI tre mesi di proroga, al fine di apportare al progetto le modifiche necessarie secondo le prescrizioni della Regione Piemonte. Il 5 maggio 2004, alla presenza del presidente del consiglio italiano Silvio Berlusconi e del collega francese Jean Pierre Raffarin, i ministri dei trasporti d’Italia e Francia, Pietro Lunardi e Gilles de Robien, hanno siglato un memorandum di intesa, che determina la ripartizione tra le due nazioni degli oneri relativi alla realizzazione del nuovo collegamento ferroviario Torino-Lione. L’intesa raggiunta prevede che l’Italia finanzi la sua tratta di competenza per 2.300.000 Euro e il 63% della tratta comune, per 4.221.000 Euro, mentre alla Francia rimarrebbe da pagare oltre alla sua tratta di competenza ( 4.085.000 Euro), il 37% della tratta comune (2.479.000 Euro). Fonte: Transpadana news Decidendo di accollarsi il 63% degli oneri relativi alla tratta di competenza comune, il Governo italiano ha ottenuto in cambio l’avvio del progetto a “doppia canna”. Tale progetto favorirà il riequilibrio modale tra strada e ferrovia evitando così tutti gli inconvenienti, ambientali e di esercizio, che una realizzazione a “canna singola” avrebbe causato. Tuttavia, la realizzazione dell’intera opera é subordinata all’ottenimento del contributo del 20% a fondo perduto da parte dell’Unione Europea. Sia la Francia che l’Italia hanno già sollecitato la concessione di un tale contributo, ma il fatto che il medesimo sia normalmente previsto solo per le tratte transfrontaliere, non garantisce che esso venga accordato per l’intero collegamento. Per i 53 chilometri a doppia canna sotterranei è previsto un costo di 6.700 milioni di euro. Secondo Legambiente sarebbero stati spesi 100 miliardi in studi geologici e ne sono stati richiesto altri 300 e, sempre secondo gli ambientalisiti i lavori comporterebbero disagi alla popolazione dell’area che è stimata in 30 mila inità circa. A fine Settembre 2004, Il Governo ha deciso di sospendere le riunioni della Commissione tecnica presieduta da Gigi Rivalta, dopo che non è stato possibile trovare con i sindaci della Val di Susa, un accordo sulla data di inizio dei sondaggi che dovrebbero verificare il grado di pericolosità degli scavi necessari alla costruzione delle gallerie per la Torino-Lione. La Commissione tecnica era di fatto l’unico tavolo di mediazione tra Governo ed enti locali. Il Governo è intenzionato a far partire al più presto i lavori mentre gran parte dei cittadini della Val di Susa sono contrari all’opera. Regione e Provincia, pur sostenendo l’utilità della nuova linea ferroviaria ad alta velocità, si sono dimostrate disponibili ad ascoltare le ragioni degli enti locali attraverso l’istituzione della Commissione tecnica, che però ora vede i suoi lavori stoppati dalla decisione del Governo. Centinaia di persone sono tornate, a fine ottobre 2005, a protestare contro la realizzazione della linea ad alta velocità Torino – Lione occupando le stazioni, prima a Borgone di Susa, quella ad Avigliana, quindi sul tratto di ferrovia tra Bruzolo e Bussoleno e bloccando anche le statali 24 e 25 mandando in tilt il traffico di rientro verso Torino dopo il ponte di Ognissanti. Nel giugno 2006, con una lettera aperta al presidente del Consiglio, Romano Prodi ed al ministro delle Infrastrutture, Antonio Di Pietro, tre presidenti di Regioni, Mercedes Bresso, per il Piemonte, Roberto Formigoni, per la Lombardia, e Riccardo Illy, per il Friuli Venezia Giulia hanno chiesto di di predisporre “al più presto” il calendario della messa in opera del progetto della linea ad alta velocità Torino-Lione, dettagliarne le necessità finanziarie per il periodo 2007-2013, “con espliciti impegni di pagamento secondo ripartizione annuale”, impegnarsi a privilegiare la ferrovia come mezzo di trasporto delle merci sui percorsi a lunga distanza. La sollecitazione parte della considerazione che entro il mese di giugno la coordinatrice dell’Ue per il progetto 6 (Lione-Torino-Milano-Lubiana-Budapest-frontiera Ucraina), Loyola de Palacio, “dovrà riferire alla Commissione europea sull’avanzamento di tale corridoio, facendo una proposta per il suo cofinanziamento nell’ambito del budget europeo 2007-2013 per le reti Transeuropee dei Trasporti”. Il “progetto 6 – aggiungono i tre presidenti di Regione – è uno dei 30 progetti infrastrutturali prioritari dell’Unione Europea. La sua rilevanza è accresciuta dal fatto che esso incrocerà altre due direttrici ferroviarie europee strategiche per il nostro Paese, la Genova-Rotterdam e la Verona-Brennero-Monaco-Berlino”. Il corridoio ferroviario consentirà di “raggiungere l’obiettivo di un rilevante trasferimento del traffico merci dalla strada alla ferrovia lungo tutto l’asse est-ovest nella pianura padana, con significativi vantaggi ambientali, energetici e per la sicurezza”. Bresso, Formigoni e Illy hanno ricordano che la nuova linea ferroviaria ad alta capacità Torino-Lione fu indicata più volte delle autorità europee quale “anello fondamentale del progetto 6″, che i governi italiano e francese, hanno sottoscritto un accordo internazionale per la sua realizzazione, accordo ratificato dai rispettivi Parlamenti nazionali, e che il 5 maggio 2004 i ministri dei Trasporti italiano e francese hanno firmato a Parigi un Memorandum di intesa “in cui viene definita la ripartizione finanziaria dell’opera tra i due Stati ed i finanziamenti attesi dall’Unione europea”. Le dichiarazioni dopo l’incontro, a fine giugno 2006, tra il Presidente del governo italiano, Romano Prodi, e Loyola de Palacio, coordinatrice del progetto del Corridoio 5, sono state nette: “La posizione del presidente del Consiglio è stata molto chiara – ha dichiarato la coordinatrice del corridoio 5 – : andrà avanti con il progetto”. La De Palacio ha inoltre riferito l’intenzione, espressa da Prodi, di considerare la tratta Torino-Lione, come opera prioritaria. L’ex commissario Ue ha osservato che il colloquio è andato “molto bene”, precisando di aver parlato di “diversi aspetti della Torino-Lione, della volontà del governo italiano di andare avanti con il progetto, di risolvere le questioni sollevate dalla cittadinanza della Val di Susa e del rilancio dei lavori dell’Osservatorio”. Sono rimaste alcune incognite sui tempi; Di Pietro ha anche detto che solleciterà il presidente del Consiglio, Romano Prodi, perché si arrivi ad una convocazione del tavolo di confronto politico. Il ribadito sì alla Tav del Governo che ha rimesso in moto il processo per la costruzione della linea Torino-Lione, deliberando la valutazione di impatto ambientale, è stato, a luglio, al centro della riunione della Commissione intergovernativa a Lione che ha avuto tra i punti all’punti all’ordine del giorno la relazione del capo delegazione italiano, Rainer Masera, che ha illustrato la scelta italiana di non rinunciare al Corridoio 5 (Lisbona-Kiev). Masera ha riferito la volontà di Romano Prodi di realizzare la Tav come ”priorità per evitare l’isolamento dell’ Italia e anche per onorare gli impegni presi a livello internazionale”. Tra gli altri punti affrontati hanno figurato l’acquisizione agli atti del rapporto De Palacio ( il documento della responsabile europea del Corridoio 5 che assicura l’assenza di amianto dall’ area in cui saranno fatti gli scavi valsusini), e la relazione del gruppo di lavoro che sta studiando come incentivare il trasferimento da gomma a ferro del trasporto delle merci. Nel settembre 2006 il commissario Ue ai Trasporti, Jacques Barrot, ritenendo comunque “incoraggiante” la prima relazione sull’attività di sei coordinatori nominati per valutare lo stato di avanzamento di sei di questi progetti prioritari, tra cui figurano anche la Torino-Lione e la Berlino-Palermo ha sottolineato che la realizzazione dei progetti prioritari della rete transeuropea di trasporto dipenderà molto dall’impegno degli Stati membri. Per quanto riguarda la programmazione finanziaria, Barrot ha definito “cruciale” l’adozione rapida del regolamento che permetterà di presentare il programma per il 2007/2013. Ai coordinatori europei Karel Van Miert per Berlino-Palermo e Loyola de Palacio per la Torino-Lione è stato affidato il compito di valutare gli assi di cui sono responsabili e di formulare delle raccomandazioni per la loro realizzazione utili proprio alla programmazione finanziaria. La Commissione ha specificato, inoltre, che occorrerà concentrare le risorse disponibili sulla tratte transfrontaliere e su alcune principali strozzature, tenere conto degli aspetti connessi all’interoperabilità, applicare un tasso difinanziamento sufficientemente incentivante per avviare i lavori nei tratti transfrontalieri. Il governo francese ha fissato, nel febbraio 2007, il programma prioritario di realizzazione degli accessi al tunnel ferroviario internazionale Lione-Torino. La decisione – informa un comunicato del ministero dei trasporti francese – è stata presa dal ministro Dominique Perben e mira a preparare l’apertura del tunnel internazionale, la cui entrata in servizio è prevista attorno al 2020. La decisione punta anche a precisare gli orientamenti degli studi a venire. La sistemazione tra Lione e Saint Jean de Maurienne (entrata del tunnel franco-italiano) sarà effettuata in due fasi: il tratto Lione-Chambery sarà ristrutturato prioritariamente con una spesa prevista di 3,65 miliardi di euro. Questo permetterà di assicurare lo sviluppo del trasporto merci ferroviario verso l’Italia con un itinerario affidabile e di qualità e con un risparmio di tempo di 22 minuti tra Lione e Chambery per i viaggiatori. Questa prima fase – rileva il ministero dei trasporti francese – comporta una nuova linea tra l’est di Lione (Grenay) e le pre-alpi all’altezza d’Avressieux (Savoia). Si separa successivamente per il traffico merci verso Montmelian grazie ad una prima galleria del tunnel di Chartreuse e per i passeggeri verso Chambery con i tunnel di Dullin e dell’Epin. Il ministro dei trasporti francese ha chiesto alla rete ferroviaria francese di avviare studi per mettere a punto misure di protezione foniche necessarie sulla linea della valle della Maurienne. Il ministro – sottolinea la nota – desidera anche che sia studiata la possibilita’ di un collegamento a Rives che consenta la riduzione di ulteriori 7 minuti nella tratta tra Lione e Grenoble. Il responsabile della direzione generale ‘ponti e strade’ del ministero dei trasporti e’ stato incaricato di precisare con le collettivita’ territoriali interessate la ripartizione delle partecipazioni pubbliche necessarie a questa prima fase di realizzazione per arrivare alla firma di un nuovo protocollo di intenti dei finanziamenti degli accessi francesi della Lione-Torino. E’ in fase di ultimazione lo studio che servira’ da strumento per la valutazione di impatto ambientale della Torino-Lione ferroviaria, nelle sue tre opzioni, il quadruplicamento dell’attuale linea, il progetto della nuova ferrovia presentato da Ltf e quello alternativo con un passaggio in Val Sangone. La stesura definitiva sara’ pronta a fine aprile e il documento sara’ portato alla prossima riunione del tavolo politico istituzionale che il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Enrico Letta convochera’ a meta’ maggio. Lo stato delle attivita’ dello studio di impatto ambientale e’ stato illustrato, ad aprile, alla pre-conferenza dei servizi che ha riunito, alla Prefettura di Torino, amministratori locali, gli assessori ai Trasporti di Regione, Provincia e Comune, rappresentanti di Rfi e Ltf, il presidente dell’osservatorio tecnico Mario Virano. Il dossier contiene una serie di indicatori da utilizzare nella valutazione dell’impatto, sia nella fase di costruzione dell’opera sia quando la nuova Torino-Lione (se verra’ realizzata) entrera’ in esercizio: diffusione di micropolveri, effetti sulle falde idriche e sulle acque superficiali, dispersione di fibre di amianto, inquinamento di tipo acustici, emissioni di gas e di sostanze acidificanti. Ottobre 2007 – E’ all’esame degli esperti della Commissione europea il dossier per il finanziamento della Torino-Lione, ”i risultati potranno essere resi noti tra la metà e la fine di novembre”. Lo ha precisato Michele Cercone, portavoce del commissario Ue ai Trasporti, Jacques Barrot, rispondendo nel briefing quotidiano per la stampa ad una domanda dei giornalisti. ”Per il momento – ha aggiunto il portavoce – è tutto quello che possiamo dire”. Il 18 luglio scorso, quando il piano per il cofinanziamento della Tav fu consegnato a Bruxelles, Barrot aveva giudicato ”ragionevoli” le richieste avanzate dall’Italia. (ANSA; 05/10/2007) Due parti di uno stesso “progetto di piano” LIONE – TORINO E TERZO VALICO Il 19 marzo 2002, a Modane, la Commissione intergovernativa italo – francese per la costruzione della ferrovia A.V. Torino – Lione ha “tolto” la prima pietra della galleria che costituisce la parte di gran lunga più impegnativa dell’opera suddetta. Fornendo altresì alcuni dati significativi circa i tempi di possibile avvio – 2004 o 2005 – e di possibile ultimazione dell’opera (2012) e circa i prevedibili costi (ordine di grandezza intorno ai 13 miliardi di euro). Pochi giorni prima il Ministro Lunardi aveva indicato in 4379 milioni di Euro l’impegno previsto dal Governo per il Terzo Valico (ferroviario) dei Giovi, nel corridoio Tirreno – Nord Europa delle reti transeuropee di trasporto (TEN – T), da Ventimiglia a Genova, Milano, Novara, Sempione. Il 6 marzo 2002 l’accordo Governo – Regione Liguria relativo alle infrastrutture della Legge Obbiettivo aveva collocato il Terzo Valico (dei Giovi) e l’ultimazione del raddoppio della linea del Ponente Ligure – unitamente alla Pontremolese – fra le opere fondamentali e prioritarie. Subito dopo il Presidente del Consiglio si era impegnato a sostenere l’inserimento del Terzo Valico stesso nella prima revisione dell’accordo “Essen 96” relativo alle reti transeuropee di trasporto. Ancora: all’inizio di marzo, l’Euro – Commissario ai Trasporti Loyola de Palacio, a Venezia, in un convegno sul Quinto Corridoio delle TEN – T con origine in Kiev, aveva sottolineato l’importanza della grande direttrice del Sud Europa Trieste – Lisbona, quale prosecuzione del corridoio anzidetto , con percorso Milano –Torino – Lione – Marsiglia, per Madrid. Soprattutto, però, ricordando bene agli italiani che le opere assolutamente prioritarie per il loro Paese sono, nella prospettiva in esame, il Terzo Valico e la linea progredita Genova – Milano, nonché la galleria del Brennero. Questi fatti e notizie sono da considerare in modo unitario perché consentono di “costruire” e completare il quadro infrastrutturale di base di un progetto di Regione – piano di importanza determinante per il Sud Europa Mediterraneo, nella finalità di attenuare, o almeno di evitare che si aggravino, gli squilibri territoriali di reddito e occupazione Nord – Sud nell’Unione Europea. Un disegno che nasce negli anni Sessanta, ancora nell’Europa dei Sei, con il “Polo del Sud Europa” fra Marsiglia, Lione, Torino, Milano e Genova. E che, interessando Piemonte, Liguria, il Nord Ovest italiano in generale fino all’area metropolitana di Milano, nonché le regioni francesi della PACA e Rhòne – Alpes, trova conferme nei decenni successivi, e aggiornamenti, sempre nella finalità di realizzare aree forti nell’economia del Sud Europa mediterraneo, così da tener testa al più forte potenziale economico dei Paesi e delle aree di più antica e collaudata industrializzazione del Settentrione del Continente. Fino a giungere al “grande itinerario del Sud Europa” di linee quadruplicate e velocizzate (raddoppi) da Lisbona a Marsiglia, Nizza, Genova, Milano, Trieste, per Vienna, e/o Lubiana, Budapest. Il quale incrocia a Milano e a Torino la direttrice Nord – Sud delle Alte Velocità da Parigi (e Londra) a Lione, fino a Bologna, Roma e Napoli, così da ricostruire, nelle parti centrali, il quadrilatero del “Polo del Sud Europa” degli anni Sessanta. Ma, questa volta, integrando nel disegno il Nord – Est italiano e gli sbocchi sull’alto adriatico. Così si è giunti, nei primi anni Novanta, alla “Cerniera mediterranea della CEE”, come elemento di connessione e trasmissione dello sviluppo fra le regioni forti del Centro – Nord Europa ed i Paesi rivieraschi del Nord Africa mediterraneo e Medio Oriente. È appunto in questo quadro che il terzo valico, la linea del Ponente Ligure e la Torino – Lione si collocano, non solo come infrastrutture caratterizzate da forti, potenziali complementarietà, ma assai più come “momenti” veri e propri di un unico progetto territoriale ed economico. Anche se si tratta di opere molto diverse per caratteristiche tecniche, difficoltà e incognite, costi e modi di finanziamento, tempi e modi di esecuzione. Ugo Marchese (pubblicato su “La Repubblica”, Genova, 20/04/2002) Ecco gli intrecci che legano Prodi alla Tav Giuseppe Pennisi 11 Giugno 2007 Mercoledì 13 giugno, il tavolo tecnico-politico sull’alta velocità dovrà dire la parola chiave sul futuro della Torino-Lione. Il Presidente della Società mista italo-francese, Lyon Turin Ferroviare, François Lépine, ha i nervi tesissimi e lo manifesta in interviste a destra e a manca (sulla stampa nostrana e su quella d’Oltralpe); in caso di diniego, la Commissione Europea potrebbe ritirare il finanziamento destinandolo ad altre opere e compromettere per sempre il corridoio Lione-Budapest-Kiev. I meriti (e i problemi) della Tav sono stati dibattuti per anni come risulta dalla breve bibliografia in calce a questa nota sulla base di analisi costi benefici condotte con tecniche anche molto avanzate. Pochi però si sono soffermati su due aspetti: a) l’imbarazzo che questo nodo crea a Prodi in persona e alla sinistra in generale; b) gli impatti di breve e medio periodo (sulla Val di Susa). Il programma elettorale dell’Unione notava (a pp.136-140) le conseguenze “drammatiche” delle debolezze delle infrastrutture. Nel programma trasmesso la settimana scorsa dal Ministro Antonio Di Pietro a Palazzo Chigi (lettera, peraltro, rimasta senza risposta proprio perché a Piazza Colonna si aspetta l’esito della riunione del 13 giugno), la TAV in Val di Susa è inclusa tra le opere di alta priorità. Giova ricordare che il progetto complessivo è stato presentato dall’Italia alle autorità europee nella legislatura 1996-2001– in particolare dal Governo D’Alema; era stato preparato con il supporto scientifico della società di ricerche Nomisma spa, creata da Romano Prodi, il quale, inoltre, era stato nominato, dai Governi degli Anni 90, Garante per l’Alta Velocità. Alla fine del 2003, grazie all’azione della nostra diplomazia economica (i Ministeri degli Affari Esteri, dell’Economia e delle Finanze e delle Infrastrutture hanno dato prova di stretto ed efficace coordinamento), nonché di analisi economiche effettuate con il metodo delle “opzioni reali” – che tiene conto della “finestra di opportunità” (positive e negative) derivante dal progetto per tutte le parti in causa -, la Commissione Europea, allora presieduta da Romano Prodi (costantemente presente in questa vicenda pur se con tante giacche quanto quelle di Fregoli) ha inserito il progetto nell’elenco delle opere inter-europee a cui dare attuazione con priorità. E’ pure utile rammentare che per decenni, lo schieramento culturale, ancora prima che politico, vicino alla sinistra ha sostenuto la superiorità (specialmente per le merci) del trasporto ferroviario rispetto a quello su gomma in termini di minori costi (e soprattutto di minori sinistri). Non per nulla si è parlato per lustri di “sinistra ferroviaria”. In Italia, il trasporto su gomma si è diffuso molto più di quello ferroviaro a ragione delle inefficienze dei nostri treni, che la TAV (non solo in Val di Susa) intende curare. Analogamente, per decenni gli ambientalisti hanno sottolineato come il trasporto ferroviario sia preferibile a quello su gomma. Adesso, almeno sulla base delle dichiarazioni ufficiali, le posizioni paiono rovesciate. Occorre, infine, sottolineare che le piccole e le medie imprese (Pmi), che Prodi e il Ministro per lo Sviluppo Economico Pierluigi Bersani, sostengono di voler promuovere, sono probabilmente quelle maggiormente interessate ai benefici del progetto. Prodi, quindi, si trova in una posizione da “Commedia degli Equivoci”. Quando parte del Governo da lui presieduto protesta e batte i piedi contro la TAV in effetti non se la prende con George W. Bush ma con un progetto di cui il Presidente del Consiglio è stato, al tempo stesso, il concepitore, il padre, la balia asciutta e lo zio, Prodi dovrebbe o fare sentire la propria voce (se ancora ne ha) e zittire i suoi oppositori interni. Oppure trarre le conseguenze di non essere in grado di guidare la variopinta coalizione che ha messo insieme per tornare (con pochi contestati voti) a Palazzo Chigi. Per Romano, la TAV è più incandescente di quanto non sembri. Gli minaccia il destino di San Lorenzo. C’è, tuttavia, un punto tecnico-politico che merita di essere approfondito. In tanti anni di studi e di ricerche, non è stata condotta nessuna analisi degli impatti di breve e medio periodo – ossia di cosa avverrebbe alla Valle in una fase di cantiere destinata a durare oltre dieci anni ed a portare nelle ridenti colline e nei graziosi villaggi migliaia di tecnici ed operai (anche dai Paesi più lontani dell’Ue ed extra-comunitari). Ci sarebbe voluto un’analisi simile a quello effettuata (sotto l’egida del Ministero delle Comunicazioni) dalla Fondazione Ugo Bordoni per la transizione da televisione analogica a digitale terrestre oppure a quelli condotti dal Ministero per lo Sviluppo Economico per stimare effetti ed impatti di patti territoriali ed accordi di programma. Tali analisi economiche degli impatti dovrebbero essere integrate da studi sociologici dei cambiamenti che i lavori porterebbero al tessuto sociale. In prima approssimazione, si può dire che la Valle subirebbe costi indiretti per la durata del cantiere (che potrebbe essere molto lunga) poiché la realizzazione delle opere non potrebbe non creare (unitamente ad un forte aumento dell’occupazione e dei consumi) un notevole cambiamento rispetto alla situazione ed alle prassi di lavoro attuali (a ragione tra l’altro dell’afflusso, nella valle, di un vasto numero di lavoratori immigranti). Ciò non vuol dire rinunciare alla TAV ma condurre gli studi indicati (in parallelo con l’attuazione dei lavori) e utilizzare risorse e sgravi tributari per compensare i residenti con una vasta gamma di incentivi e, ove possibile, trasformare i rischi in opportunità. E prevederlo nel prossimo Dpef. Ci auguriamo che Romano, in tante faccende affaccendato, trovi il tempo e il modo per dare ascolto a questa modesta proposta.
Posted on: Tue, 25 Jun 2013 07:07:39 +0000

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