Quante volte ti sarai trovato a chiedere il perché di una - TopicsExpress



          

Quante volte ti sarai trovato a chiedere il perché di una situazione… “perché proprio a me? Cerco di vivere giustamente… provo a rendere il bene al male ricevuto…” . Spesso pensiamo che le prove siano solamente risposte a un nostro errore, ma la Parola di Dio ci mostra un’altra prospettiva: prendiamo in esempio la vicenda di Paolo e Sila narrata in Atti 16:16-26. Questi due uomini, servi di Dio, stavano predicando il Vangelo nella città di Filippi. Una indovina guidata da uno spirito malvagio ostacolava la loro missione, quando Paolo, infastidito, cacciò lo spirito dalla donna nel Nome di Gesù. I padroni di lei, non avendo più un guadagno dal suo “potere soprannaturale” a causa della sua liberazione, con l’appoggio del popolo, accusarono Paolo e Sila, facendoli imprigionare dai pretori. “…egli li rinchiuse nella parte più interna del carcere e mise dei ceppi ai loro piedi.” Se il significato che diamo al termine “prova” è quello usato all’inizio, cosa dovevano aver commesso questi due uomini per meritare la prigione? E’ stato loro reso del male al bene fatto. Quale avrebbe dovuto essere la loro reazione? “...Verso la mezzanotte Paolo e Sila pregavano e cantavano inni a Dio” Analizziamo la nota preghiera del Signore in Matteo 6: 5-15. La cella buia si era trasformata in un tempio di Dio, dal quale si innalzavano dei canti di gioia; ma niente era cambiato, i piedi erano ancora fissati nei ceppi, gli apostoli erano nelle mani degli uomini come prima, eppure i canti risuonavano! Spesso pensiamo che la prova finisca quando otteniamo qualcosa in più materialmente o quando la difficoltà e la pressione dall’esterno scompaiono, ma con esse non crollano le prigioni interiori che abbiamo. Paolo e Sila sapevano che la preghiera era l’arma migliore per affrontare quella situazione, il loro cuore si era rafforzato e quello li portava ad opporsi a quel sentimento di rassegnazione che voleva scoraggiarli, con canti e lodi a Dio, Colui che li avrebbe sicuramente guidati: la prova cessa di procurare dolore, ansietà, quando in noi subentra il cambiamento prodotto dalla fede. Essi non smisero di rendere grazie a Dio e di lodarLo anche durante la notte, sapendo che Lui aveva in mano ogni circostanza: forse ti capita di provare ansia per alcune situazioni, ma ricorda ciò che dice il Signore: “Gettando sopra Lui tutta la vostra sollecitudine, perché Egli ha cura di voi” (I Pietro 5:7). Egli non dimentica mai le richieste, ma “dà soccorso al momento opportuno”. “... i prigionieri li udivano.” Immaginiamo uno scenario tipico di un carcere, persone rassegnate alla loro sorte, ogni tanto schiamazzi. Ecco che tra le preghiere dei due missionari si elevano dei canti di lode, e il silenzio torna nel carcere, come è scritto “e i carcerati li udivano”. La testimonianza di essi fu determinante per i carcerati, e Dio, che dirige ogni cosa in maniera armoniosa, fa in modo che le lodi dei suoi servi siano ascoltate dai perduti. L’attesa dell’intervento di Dio non dev’essere motivo di esasperazione, ma di ringraziamento e di lode, confidando che la Sua volontà perfetta sarà fatta; Lui è Re, non va in crisi per una situazione di angoscia o apparentemente irrisolvibile, è degno della nostra fiducia. “…e le catene di tutti si sciolsero.” Certamente, le speranze di rivedere una porta aperta di lì a poco, per un prigioniero non sono mai così certe. Prova solo ad immaginare una persona rinchiusa in una cella, che canta e gioisce come se nulla fosse, diresti sicuramente “questo è un incosciente”, ma non è l’incoscienza che portò Paolo e Sila ad agire così. La Parola di Dio in Giacomo ci rivela un prezioso “segreto” a riguardo: “Considerate una grande gioia, fratelli miei, quando vi trovate di fronte a prove di vario genere, sapendo che la prova della vostra fede produce costanza. E la costanza compia in voi un’opera perfetta, affinchè siate perfetti e completi, in nulla mancanti”. …in nulla mancanti? Stavano portando avanti l’opera di Dio… avevano bisogno di una prova come questa? Magari no, ma la loro perseveranza, la loro fede, ha fatto si che succedesse qualcosa di straordinario in quel luogo: “…improvvisamente si fece un gran terremoto, tanto che le fondamenta della prigione furono scosse: e in quellistante tutte le porte si aprirono e le catene di tutti si sciolsero.” Trasformare il momento più scoraggiante, in un’occasione per essere vittoriosi. Saranno state le loro preghiere? Le loro lodi avevano avuto un efficacia simile? O molto semplicemente, la presenza di Dio regnava persino in quella situazione, dove tutto sembrava perso? Generalmente, un terremoto causa sempre un’allerta, ma non in ogni caso ha la capacità di distruggere. E questo ne è l’esempio, un terremoto tanto forte da aprire ogni porta, ma non da bloccare ogni via di uscita. Nella nostra vita ci sono tantissimi ostacoli, tantissime situazioni in cui ce ne stiamo da parte, a fare “il nostro”, invece di far si che anche la minima cosa che succede, possa essere un miracolo con l’intervento di Dio. Stare in silenzio per Paolo e Sila sarebbe stato motivo di sconfitta, di rassegnazione. Ma loro sapevano che erano stati chiamati a qualcosa di più alto; loro potevano vedere luce in un posto di tenebre, in cui ci sono persone che aspettano solo un terremoto che spazzi via tutto… quel terremoto è arrivato, ma ha avuto bensì la capacità di aprire ogni occhio e spezzare ogni catena… e noi? Potremmo vivere ogni giorno liberi da ogni pensiero che ci faccia sentire legati. Proprio come Paolo e Sila. Non sentire quelle catene che potrebbero tenerci sempre a qualche passo di distanza dalla via di uscita, sapendo di essere liberi, perché è Dio che muove ogni cosa secondo il nostro meglio, se la nostra vita è completamente riposta nelle Sue mani. Non aspettiamo che qualcosa ci scuota e ci liberi, come prigionieri. Facciamo si che la nostra fede possa scuotere noi e chi ci è intorno. “Invocami nel giorno dellavversità, io ti libererò e tu mi glorificherai.” Salmo 50:15 Dio ti benedica.
Posted on: Sun, 20 Oct 2013 02:07:05 +0000

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