RACONTEUR TROUBADOUR Sogni di pietra Cielo terso come specchio di - TopicsExpress



          

RACONTEUR TROUBADOUR Sogni di pietra Cielo terso come specchio di un ricordo che fugge là, verso la sorgente. E tu sali in realtà continui a pensare. Porta bene, alla fine di un breve soggiorno in Val Maira, fare l’ascensione alla Rocca Provenzale. Già perché qui, a milletrè (“ueh, qui siamo a milletrè”, raccontavano Cochi e Renato), siamo tutti alpinisti e francofoni. “Dove va, monsieur?”, mi chiede l’edicolante di Acceglio. La Val Maira era terra di commerci singolari: lungo vie impossibili, sentieri impraticabili, trasportavano capelli (sic!) e acciughe. Volavano pesci sui monti. Se Acceglio è ancora civilizzata, se circolano suv e macchinazze, a Chiappera la musica cambia. Qui siamo proprio nel regno dei “montagnard” duri e puri: scenari da far west tipo la banda di Pat Garrett o “mercenary territory” come la terra di Mendoza, vicino alla Cordigliera Andina. Spiriti anarcoidi, terre da regolamenti di conti in alta quota. E così il podista si improvvisa scalatore alpinista con i 700 metri di dislivello della Rocca Provenzale: scarponi da montagna meno che mai, mi affido a vecchie scarpe intermedie tipo museo del mezzofondista, cappello stile Legione Straniera e occhiali a specchio. Si deve risalire una zona detritica vicino alla Rocca, che è una specie di monumento di Gaudì in quarzite tipica delle Alpi Cozie. “Che cozie vuoi?”, mi chiede l’alpinista abbigliato di tutto punto che mi considera un parvenu ; “Che quarzo vuole lei?”, gli replico alla Chiambretti. Abbandonate queste guerre fra poveri (batracomiomachie leopardiane) io e gentile consorte proseguiamo su un pendio che è il concentrato di tre chilometri verticali in uno: ergo, penso a espressioni tipo “Avevo le gambe di marmellata” (Francesco Panetta), “Avevo i vecchi morti nelle gambe”( Gelindo Bordin) e via discorrendo (anzi, discamminando). Nel giro di tre chilometri di ascesa fra massi, massoni, mazzoni, macigni, rupi, si passa repentinamente dal caldo al freddo, a qualche goccia di pioggia, al vento maestrale, alla luce abbacinante. Insomma, fradici. La fusione delle nevi eterne crea dei ruscelli che, a loro volta, creano fiumiciattoli dove ci si impantana come alla Cinque Mulini. “Bè, per fortuna è solo fango, non è me….”. E invece è anche quella, perché ci pascolano greggi di animali che ci ricordano la tassa più discussa (fanno “iMU!”).Ma non divaghiamo: ci tocca anche mettere i piedi su escrementi animali larghi come i cerchi dei tiri a bersaglio. Mi consolo pensando al grande Annibale, che valicò i passi alpini con gli elefanti. Chissà che regali facevano quei poveri animali… (prima puntata)
Posted on: Wed, 14 Aug 2013 16:00:22 +0000

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