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Ratto delle sabine Da Wikipedia, lenciclopedia libera. bussola Disambiguazione – Se stai cercando altri significati, vedi Ratto delle sabine (disambigua). Il celebre ratto delle sabine, compiuto da Romolo, poco dopo la fondazione di Roma del 753 a.C., nel dipinto di Pietro da Cortona. [mostra] V · D · M Guerre di Romolo (753-716 a.C.) Il ratto delle sabine è una fra le vicende più antiche della storia di Roma, avvolte dalla leggenda. Lo storico Tito Livio (59 a.C. - 17 d.C.), nella sua monumentale storia di Roma, raccoglie molti di questi racconti tradizionali, in cui mito, rituali arcaici ed eventi storici sono spesso intimamente legati. Uno degli episodi più celebri è costituito dal Ratto delle sabine. Romolo, dopo aver fondato Roma, si rivolge alle popolazioni vicine per stringere alleanze e ottenere delle donne con cui procreare e popolare la nuova città. Al rifiuto dei vicini risponde con lastuzia. Organizza un grande spettacolo per attirare gli abitanti della regione e rapisce le loro donne.[1] Indice [nascondi] 1 Antefatto 2 Il racconto di Livio e Plutarco 3 Conseguenze 4 Critica storica 5 Note 6 Bibliografia 7 Filmografia 8 Altri progetti Antefatto[modifica | modifica sorgente] Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Romolo e Fondazione di Roma. Romolo, divenuto unico re di Roma, decise per prima cosa di fortificare la nuova città, offrendo sacrifici agli dei secondo il rito albano e dei Greci in onore di Ercole, così comerano stati istituiti da Evandro.[2] Con il tempo Roma andò ingrandendosi, tanto da apparire secondo Livio così potente da poter rivaleggiare militarmente con qualunque popolo dei dintorni. Erano le donne che scarseggiavano.[3] Questa grandezza era destinata a durare una sola generazione se i Romani non avessero trovato sufficienti mogli con cui procreare nuovi figli per la città.[4][3] « ...Romolo su consiglio dei Senatori, inviò ambasciatori alle genti vicine per stipulare trattati di alleanza con questi popoli e favorire lunione di nuovi matrimoni. [...] Allambasceria non fu dato ascolto da parte di nessun popolo: da una parte provavano disprezzo, dallaltra temevano per loro stessi e per i loro successori, ché in mezzo a loro potesse crescere un simile potere. » (Livio, Ab Urbe condita libri, I, 9.) La gioventù romana non la prese di buon grado, tanto che la soluzione che andò prospettandosi fu quella di usare la forza. Romolo, invece, decise però di dissimulare il proprio risentimento e di allestire dei giochi solenni in onore secondo alcuni di Nettuno equestre,[1] chiamati Consualia (dal dio Conso, con cui Poseidone veniva identificato dai Romani). Quindi ordinò ai suoi di invitare allo spettacolo i popoli vicini: dai Ceninensi, agli Antemnati, Crustumini e Sabini, questi ultimi stanziati sul vicino colle Quirinale. Lobiettivo era quello di compiere un gigantesco rapimento delle loro donne proprio nel mezzo dello spettacolo. Arrivò moltissima gente, con figli (tra cui molte vergini[3][1]) e consorti, anche per il desiderio di vedere la città nuova. Il racconto di Livio e Plutarco[modifica | modifica sorgente] (LA) « Multi mortales conuenere, studio etiam videndae novae urbis, maxime proximi quique, Caeninenses, Crustumini, Antemnates; iam Sabinorum omnis multitudo cum liberis ac coniugibus venit. Inuitati hospitaliter per domos cum situm moeniaque et frequentem tectis urbem vidissent, mirantur tam breui rem Romanam crevisse. Ubi spectaculi tempus venit deditaeque eo mentes cum oculis erant, tum ex composito orta vis signoque dato iuventus Romana ad rapiendas virgines discurrit. Magna pars forte in quem quaeque inciderat raptae: quasdam forma excellentes, primoribus patrum destinatas, ex plebe homines quibus datum negotium erat domos deferebant. Unam longe ante alias specie ac pulchritudine insignem a globo Thalassi cuiusdam raptam ferunt multisque sciscitantibus cuinam eam ferrent, identidem ne quis violaret Thalassio ferri clamitatum; inde nuptialem hanc vocem factam. Turbato per metum ludicro maesti parentes virginum profugiunt, incusantes violati hospitii foedus deumque invocantes cuius ad sollemne ludosque per fas ac fidem decepti venissent. Nec raptis aut spes de se melior aut indignatio est minor. Sed ipse Romulus circumibat docebatque patrum id superbia factum qui conubium finitimis negassent; illas tamen in matrimonio, in societate fortunarum omnium civitatisque et quo nihil carius humano generi sit liberum fore; mollirent modo iras et, quibus fors corpora dedisset, darent animos; saepe ex iniuria postmodum gratiam ortam; eoque melioribus usuras viris quod adnisurus pro se quisque sit ut, cum suam vicem functus officio sit, parentium etiam patriaeque expleat desiderium. Accedebant blanditiae virorum, factum purgantium cupiditate atque amore, quae maxime ad muliebre ingenium efficaces preces sunt. » (IT) « Arrivò moltissima gente, anche per il desiderio di vedere la nuova città, e soprattutto chi abitava più vicino, cioè Ceninensi, Crustumini e Antemnati. I Sabini, poi, vennero al completo, con tanto di figli e consorti. Invitati ospitalmente nelle case, dopo aver visto la posizione della città, le mura fortificate e la grande quantità di abitazioni, si meravigliarono della rapidità con cui Roma era cresciuta. Quando arrivò il momento previsto per lo spettacolo e tutti erano concentratissimi sui giochi, allora, come convenuto, scoppiò un tumulto e la gioventù romana, a un preciso segnale, si mise a correre allimpazzata per rapire le ragazze. Molte finivano nelle mani del primo in cui si imbattevano: quelle che spiccavano sulle altre per bellezza, destinate ai senatori più insigni, venivano trascinate nelle loro case da plebei cui era stato affidato quel compito. Si racconta che una di esse, molto più carina di tutte le altre, fu rapita dal gruppo di un certo Talasio e, poiché in molti cercavano di sapere a chi mai la stessero portando, gridarono più volte che la portavano a Talasio perché nessuno le mettesse le mani addosso. Da quellepisodio deriva il nostro grido nuziale. Finito lo spettacolo nel terrore, i genitori delle fanciulle fuggono affranti, accusandoli di aver violato il patto di ospitalità e invocando il dio in onore del quale eran venuti a vedere il rito e i giochi solenni, vittime di uneccessiva fiducia nella legge divina. Le donne rapite, daltra parte, non avevano maggiori speranze circa se stesse né minore indignazione. Ma Romolo in persona si aggirava tra di loro e le informava che la cosa era successa per larroganza dei loro padri che avevano negato ai vicini la possibilità di contrarre matrimoni; le donne, comunque, sarebbero diventate loro spose, avrebbero condiviso tutti i loro beni, la loro patria e, cosa di cui niente è più caro agli esseri umani, i figli. Che ora dunque frenassero la collera e affidassero il cuore a chi la sorte aveva già dato il loro corpo. Spesso al risentimento di un affronto segue larmonia dellaccordo. Ed esse avrebbero avuto dei mariti tanto migliori in quanto ciascuno di par suo si sarebbe sforzato, facendo il proprio dovere, di supplire alla mancanza dei genitori e della patria. A tutto questo si aggiungevano poi le attenzioni dei mariti (i quali giustificavano la cosa con il trasporto della passione), attenzioni che sono larma più efficace nei confronti dellindole femminile. » (Tito Livio, Ab Urbe condita libri, lib. I, capoverso 9) Secondo quanto racconta Plutarco, Romolo programmò il ratto per costituire in qualche modo linizio della fusione tra il popolo dei Romani e quello dei Sabini.[5] Egli decise prima di tutto di diffondere la notizia di aver trovato sotto terra laltare del dio Conso (dispensatore di buoni consigli) o anche di Poseidone Hippios, e di volerne celebrare tale ritrovamento con una gara ed una festa solenne.[6] Romolo prese posto tra la folla ed al segnale convenuto, insieme ai suoi uomini, estrassero le spade e catturarono le figlie dei Sabini, lasciando fuggire i loro padri. Alcuni raccontano che furono rapite solo trenta fanciulle, Valerio Anziate cinquecentoventisette, Giuba II seicentottantatré,[7] mentre Plutarco stima non fossero meno di ottocento.[8] A favore di Romolo depose il fatto che non venne rapita nessuna donna maritata, se si esclude la sola Ersilia, di cui ignoravano la condizione. Il ratto fu spiegato da Plutarco non tanto come un gesto di superbia, ma piuttosto come atto di necessità, al fine di mescolare i due popoli.[9] Il ratto avvenne il 21 agosto nel giorno in cui si celebrarono le feste dei Consualia.[10] Conseguenze[modifica | modifica sorgente] Il ratto delle Sabine, di Nicolas Poussin. Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Battaglia del lago Curzio, Romolo e Tito Tazio. Livio sostiene chiaramente che non vi fu violenza sessuale. Al contrario, Romolo offrì alle fanciulle libera scelta e promise loro pieni diritti civili e di proprietà. Egli stesso trovò moglie tra queste fanciulle, il cui nome era Ersilia.[11] I popoli che avevano subito laffronto chiesero la liberazione della fanciulle, ma il nuovo re di Roma, non solo si rifiutò di rilasciarle, al contrario chiese loro di accettare i legami di parentela con i Romani. Questo significava solo una cosa: la guerra.[12][3] Dei popoli che avevano subito laffronto, furono sconfitti prima i Ceninensi,[13][14], poi gli Antemnati,[15][16] ed i Crustumini[15], la cui resistenza durò ancora meno dei loro alleati. Portate a termine le operazioni militari, il nuovo re di Roma dispose che venissero inviati nei nuovi territori conquistati alcuni coloni.[15] Lultimo attacco portato a Roma fu quello dei Sabini come ci raccontano Livio e Dionigi di Alicarnasso.[17], che prima presero il Campidoglio, con il tradimento di Tarpeia, poi impegnarono i romani in durissimo scontro nella Battaglia del lago Curzio[18]. Fu in questo momento che le donne sabine, che erano state rapite in precedenza dai Romani, si lanciarono sotto una pioggia di proiettili tra le opposte fazioni per dividere i contendenti e placarne la collera.[19][20] « Là mentre stavano per tornare a combattere nuovamente, furono fermati da uno spettacolo incredibile e difficile da raccontare a parole. Videro infatti le figlie dei Sabini, quelle rapite, gettarsi alcune da una parte, ed altre dallaltra, in mezzo alle armi ed ai morti, urlando e minacciando con richiami di guerra i mariti ed i padri, quasi fossero possedute da un Dio. Alcune avevano tra le braccia i loro piccoli... e si rivolgevano con dolci richiami sia ai Romani sia ai Sabini. I due schieramenti allora si scostarono, cedendo alla commozione, e lasciarono che le donne si ponessero nel mezzo. » (Plutarco, Vite parallele, Vita di Romolo, 19, 1-3.) « Da una parte supplicavano i mariti (i Romani) e dallaltra i padri (i Sabini). Li pregavano di non commettere un crimine orribile, macchiandosi del sangue di un suocero o di un genero e di evitare di macchiarsi di parricidio verso i figli che avrebbero partorito, figli per gli uni e nipoti per altri. [...] Se il rapporto di parentela che vi unisce e questi matrimoni non sono di vostro gradimento, rivolgete contro di noi lira; noi siamo la causa della guerra, noi siamo responsabili delle ferite e dei morti sia dei mariti sia dei genitori. Meglio morire piuttosto che vivere senza uno di voi due, o vedove o orfane. » (Tito Livio, Ab Urbe condita libri, I, 13.) Con questo gesto entrambi gli schieramenti si fermarono e decisero di collaborare, stipulando un trattato di pace, varando lunione tra i due popoli con comunanza di potere e cittadinanza,[1] associando i due regni (quello di Romolo e Tito Tazio), lasciando che la città dove ora era trasferito tutto il potere decisionale continuasse a chiamarsi Roma,[21] anche se tutti i Romani furono chiamati Curiti (in ricordo della patria natia di Tito Tazio, che era Cures),[22] che vedeva così raddoppiata la sua popolazione (con il trasferimento dei Sabini sul vicino colle del Quirinale). Anche Tito Livio racconta che, per venire incontro ai Sabini, i Romani presero il nome di Quiriti, dalla città di Cures, mentre il vicino lago nei pressi dellattuale foro romano, fu chiamato in ricordo di quella battaglia e del comandante sabino scampato alla morte (Mezio Curzio), Lacus Curtius.[19] Critica storica[modifica | modifica sorgente] Voce da controllare Questa voce o sezione sullargomento storia è ritenuta da controllare. Motivo: Interpretazione ideologico-psicanalitica dellevento senza un supporto di fonti. Ricerca originale? Partecipa alla discussione e/o correggi la voce. Segui i suggerimenti del progetto di riferimento. Roma è stata appena fondata, ma appare già come la più forte città della regione. In realtà ci vorranno alcuni secoli perché emerga sulle città vicine. Secondo unottica tipica delle società guerriere e patriarcali, Roma è presentata come una città maschile: fondata e resa forte da uomini. Le donne servono per la procreazione e come strumento per stabilire vincoli e alleanze con i popoli vicini. Secondo lideologia militare, il rapimento non si configura come un atto di violenza, ma come una risposta necessaria a un affronto. La guerra costituisce la base della forza dello stato, che però deve essere anche capace di inglobare i popoli conquistati. Il mito del ratto delle sabine diventa un modello politico: le donne, rapite con la forza, entrano a far parte della cittadinanza, ma il loro matrimonio costituisce la premessa di unalleanza con il popolo sabino. Se, da un lato, questo racconto riveste un interesse antropologico (il ratto delle sabine può essere ricondotto a un particolare rituale matrimoniale che avveniva per rapimento), non si può sottacere che la storiografia latina ha mitizzato lepisodio. In ogni modo appare più probabile che la loro penetrazione a Roma sia stata pacifica: forse i Sabini hanno abbandonato i monti della Sabina poiché vedevano nel trasferimento a Roma la prospettiva di una sistemazione in un centro abitativo nuovo e più vivace. Essi si sarebbero così stabiliti sul Quirinale (o forse sul Campidoglio) nellattesa di venire incorporati nel nascente organismo urbano.[23] Note[modifica | modifica sorgente]
Posted on: Fri, 29 Nov 2013 21:11:17 +0000

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