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Regia Marina Da Wikipedia, lenciclopedia libera. Regia Marina Emblema della Regia Marina Emblema della Regia Marina Descrizione generale Attiva 17 marzo 1861[1] - 2 giugno 1946 Nazione Italia Italia Servizio marina militare Patrono santa Barbara Battaglie/guerre battaglia di Lissa battaglia di Kunfida battaglia del canale dOtranto affondamento della corazzata Wien beffa di Buccari impresa di Premuda impresa di Pola battaglia del Mediterraneo Comandanti Comandanti degni di nota Paolo Emilio Thaon di Revel, Benedetto Brin, Domenico Cavagnari, Inigo Campioni, Emanuele Campagnoli, Raffaele De Courten Simboli Bandiere Flag of Italy (1861-1946) crowned.svg Bandiera navale Naval jack of Italy (1879-ca. 1900).svg Naval jack of Italy (ca. 1900-1946).svg Bandiera di bompresso Masthead pennant of the Kingdom of Italy.svg Fiamma (dal 1943) Stemma CoA Regia Marina.svg dal 25 aprile 1941 (solo sulla carta)[2][3] fonti citate nel corpo del testo Voci di marine militari presenti su Wikipedia La Regia Marina fu larmata navale del Regno dItalia fino al 1946, anno in cui con la proclamazione della Repubblica assunse la nuova denominazione Marina Militare[4]. Con la caduta di Gaeta il 15 febbraio 1861, la fine del Regno delle due Sicilie sancì lunione della piccola Real Marina Sarda alla Marina borbonica, che contribuì con equipaggi esperti e navi di buona qualità, al suo potenziamento.[5] Il 17 marzo successivo, con la proclamazione del Regno da parte del Parlamento di Torino, nacque la Regia Marina e lassertore più convinto della necessità per il Regno dItalia di dotarsi di una forza navale potente che amalgamasse le competenze delle marine preunitarie, il conte Camillo Benso di Cavour (allora Presidente del Consiglio), non mancò di ribadire il proprio impegno di fare lItalia una nazione di spiccato carattere marittimo[6]: « Voglio delle navi tali da servire in tutto il Mediterraneo, capaci di portare le più potenti artiglierie, di possedere la massima velocità, di contenere una grande quantità di combustibile […] consacrerò tutte le mie forze […] affinché lorganizzazione della nostra Marina Militare risponda alle esigenze del Paese[5] » (Camillo Benso Conte di Cavour) Limpegno di Cavour portò ad un notevole sviluppo della flotta, che si interruppe con la battaglia di Lissa; perché la Regia Marina tornasse a dotarsi di navi moderne ci vollero dieci anni, con lo sviluppo della classe Caio Duilio. Grazie ad ingegneri navali come Cuniberti e Masdea vennero prodotte classi di navi interessanti, ma sempre in numero limitato a causa delle necessità di bilancio del paese. La guerra italo-turca fu il primo vero banco di prova per la nuova flotta, schierando in linea praticamente le stesse navi poi impegnate nella prima guerra mondiale, durante la quale, tuttavia, non vi fu mai alcuna vera e propria battaglia navale con la flotta austro-ungarica. Le scelte operate tra le due guerre condizionarono infine pesantemente le strategie e le capacità operative della Regia Marina nella seconda guerra mondiale, durante la quale, pur battendosi validamente, subì una serie di sconfitte senza riuscire ad impedire il sostanziale predominio della Royal Navy nel Mar Mediterraneo. Indice [nascondi] 1 Le origini 2 I problemi della neonata Marina 3 Da Lissa al primo conflitto mondiale 3.1 La battaglia di Lissa 3.2 I progettisti navali 3.3 Le sperimentazioni 3.4 La convenzione navale del 1900 e i problemi nellAlleanza 3.5 La guerra italo-turca 3.6 La convenzione navale del 1913 3.7 Il potenziamento 3.7.1 Il personale 3.7.2 Le difese costiere 3.7.3 Le costruzioni navali 3.7.4 I sommergibili 3.7.5 Laviazione marittima 3.8 Lapprossimarsi del conflitto 3.8.1 Lagosto 1914 3.8.2 La Regia Marina si prepara alla guerra 4 La Marina nella Grande Guerra 5 Il primo dopoguerra 5.1 Classificazione e organizzazione della flotta 5.1.1 Classificazione delle unità 5.1.2 Organizzazione 6 La seconda guerra mondiale 7 Armistizio e dopoguerra 7.1 Larmistizio 7.2 La cobelligeranza 7.3 Il dopoguerra 8 Gradi della Regia Marina 9 Bandiere navali 10 Note 11 Bibliografia 11.1 Libri 11.2 Siti web 12 Voci correlate 13 Altri progetti 14 Collegamenti esterni Le origini[modifica | modifica sorgente] Con gli accordi del 1815 nel Congresso di Vienna era stato ridisegnato lassetto dellEuropa dopo gli sconvolgimenti della rivoluzione francese e delle conseguenti guerre napoleoniche, e il Regno di Sardegna era entrato in possesso di oltre 300 km di costa ligure, lungo i quali iniziarono a svilupparsi gli interessi marittimi del regno[5]. La flotta fu affidata al barone Giorgio Des Geneys, che ne curò il riordino e lo sviluppo, riscuotendo una prima vittoria a Tripoli il 25 settembre 1825, contro il signore della città Jussuf-Bey, in unoperazione mirata a scoraggiare i corsari barbareschi dalleffettuare scorrerie contro le coste del regno[5]. Ritratto di Cavour precedente al 1861 Nel 1850, con primo ministro Massimo DAzeglio, fu approvata la decisione di dividere il Ministero della Marina da quello della Guerra, e unirlo a quello dellAgricoltura e del Commercio, che includeva lindustria[7]. A capo del nuovo dicastero fu nominato il conte Camillo Benso di Cavour: « […] che primo tra i Subalpini aveva divinato lavvenire della nuova Italia dovesse risiedere nello sviluppo dellArmata. Della Marina Italiana Cavour è stato il Colbert... ed in ogni cosa buona, efficace e grande compiuta dalla Marina dItalia in questo mezzo secolo aleggia lo spirito positivo e platonico del Grande Conte, suo vero fondatore[8] » Il vascello, poi trasformato in pirovascello, Re Galantuomo (ex Monarca della Real Marina del Regno delle Due Sicilie) Il 7 settembre 1860 Garibaldi fece il suo ingresso a Napoli, e il 15 febbraio cadde Gaeta. La Regia Marina nacque il 17 marzo 1861, segnando la fine della Marina borbonica, a seguito della proclamazione del Regno dItalia da parte del parlamento di Torino[6]; lunificazione delle Marine che la costituivano - Marina del Regno di Sardegna, Real Marina del Regno delle Due Sicilie, Marina del Granducato di Toscana e Marina Pontificia - risaliva, invece, al 17 novembre 1860[6]. La squadra navale, che aveva inglobato anche uomini e navi della squadra garibaldina, ereditò la tradizione marinara delle due maggiori marine che avevano concorso a comporla, quella del Regno di Sardegna e, soprattutto, quella del Regno delle Due Sicilie che era la marina militare più potente fra quelle pre-unitarie: dalla marina borbonica provenne infatti gran parte dei mezzi, compreso lunico vascello che fu mai in servizio con la Regia Marina, il pirovascello Re Galantuomo, in precedenza il borbonico Monarca[9]. Per volontà dello stesso Cavour, dalla marina borbonica si ripresero le uniformi, i gradi e i regolamenti per la nuova Marina unitaria[10]. Allatto dellunità, la Regia Marina (che allora si chiamava Armata Navale) disponeva di un buon numero di navi sia a vela che a vapore, ma leterogeneità delle componenti che la costituirono ne limitò inizialmente le capacità operative[6]. In effetti delle 80 navi, 58 erano a propulsione mista vela/vapore e 22 a vapore, ma comunque ad un numero rilevante di mezzi non corrispondeva una organicità di uomini e di tattiche di impiego[11]. Le navi acquisite dalla nuova marina nelle ultime decadi dellottocento, pur non essendo particolarmente antiquate, risultavano comunque obsolete dal momento che le tattiche di guerra navale stavano rapidamente rivoluzionandosi in seguito allintroduzione dei cannoni a retrocarica e ad anima rigata, dei proiettili esplosivi e delle corazzature (la prima nave corazzata, la francese La Gloire, frutto dei progetti di Henri Dupuy de Lôme, venne infatti varata nel 1858). Nel 1862 venne pertanto avviato dallallora Ministro della Marina, ammiraglio Persano, un ambizioso programma di rinnovamento del costo di 2 miliardi di lire dellepoca, basato esclusivamente sulla costruzione di nuove navi presso cantieri navali stranieri[12] in quanto linfrastruttura tecnologica del giovane Regno italiano e i suoi cantieri non erano in grado di costruire le moderne navi da guerra. Questo piano di costruzioni ebbe anche degli aspetti particolarmente innovativi, come lintroduzione in squadra di un ariete corazzato a torri, lAffondatore ordinato presso la Millwall Iron Work and Shipbulding Company di Londra[13], uno dei primi in assoluto a montare larmamento principale in torri corazzate brandeggiabili anziché in batteria lungo la fiancata[12]. Inoltre la struttura veniva riorganizzata, basandola su tre dipartimenti navali, Genova, Napoli ed Ancona, ed un moderno arsenale a La Spezia[6]. Per lepoca della terza guerra di indipendenza già 12 nuove corazzate erano entrate in servizio. Alcune tra esse, fregate corazzate di 2ª classe con scafo in legno e quindi minori esigenze tecnologiche, vennero costruite nei cantieri italiani, precisamente le navi Principe di Carignano, Messina, Roma, Venezia, Conte Verde[6]; altre, come le fregate corazzate della classe Re dItalia vennero costruite nel cantiere Webb di New York[14], ma si trattava sempre di navi con lo scafo in legno cui veniva applicata una corazzatura a piastre di ferro; al cantiere Mediterranée - La Seyne in Francia venivano commissionate le quattro fregate corazzate della classe Regina Maria Pia[15] e le pirocorvette corazzate della classe Formidabile, tutte con propulsione mista vela - vapore; sempre in Francia vennero costruite le cannoniere corazzate Palestro e Varese[6]. I problemi della neonata Marina[modifica | modifica sorgente] Dal punto di vista tecnologico, per le nuove navi ordinate, si trattava comunque di navi con scheletro in legno ricoperte da una corazzatura a piastre e con cannoni ad avancarica, diversamente dalla nuova tendenza che si stava affermando con linglese HMS Warrior, costruita interamente in ferro, dotata di cannoni a retrocarica e motore a vapore con propulsione ad elica, una combinazione di fattori che rese immediatamente obsolete le navi esistenti[16]. Una foto di un corso dellAccademia Navale di Livorno risalente al 1890 circa Altri problemi attanagliavano però la giovane Regia Marina, nonostante la tradizione delle repubbliche marinare del medioevo e del rinascimento, di fatto non cera continuità tra queste e la nuova marina, a causa della mancanza di una lunga tradizione marinara militare della nuova classe dirigente piemontese, le cui origini si possono far piuttosto risalire allinizio dellOttocento[17] dopo la caduta di Napoleone Bonaparte soprattutto per mano della flotta britannica, ma coadiuvata anche dalla marina borbonica. Inoltre le divisioni e le ostilità tra gli ufficiali provenienti dalle diverse marine, principalmente tra quelli provenienti dal Regno di Sardegna e quelli del Regno delle Due Sicilie erano decisamente deleterie per lo sviluppo della nuova arma[6]. Lomogeneizzazione delle diverse marine fu inoltre ostacolata dal fatto di aver mantenuto entrambe le precedenti scuole ufficiali (quella di Genova e quella di Napoli) piuttosto che unificarle in ununica scuola[18], fatto che contribuì a mantenere aperte le divisioni esistenti; il problema venne poi superato con listituzione dellAccademia Navale di Livorno, voluta dallallora Ministro della Marina, lammiraglio Benedetto Brin, ed inaugurata il 6 novembre 1881[19]. Il personale, che per la sua eterogeneità fu uno dei problemi della giovane Regia Marina, era principalmente formato da[20]: equipp. della Real Marina del Regno delle Due Sicilie - Armata di Mare, vale a dire campani, abruzzesi, lucani, pugliesi, calabresi e siciliani. equipp. della Marina sarda, cioè sardi, liguri e piemontesi più toscani, emiliani e romagnoli aggiuntisi dopo i plebisciti della primavera del 1860. equipp. di parte della Marina pontificia, prevalentemente marchigiani, arruolati dopo lassedio di Ancona. equipp. che avevano prestato servizio presso le formazioni garibaldine (in molte fonti vengono denominati come personale della Marina siciliana o garibaldina), provenienti da tutte le parti della penisola ed incorporati dopo la fine della campagna. Da Lissa al primo conflitto mondiale[modifica | modifica sorgente] La battaglia di Lissa[modifica | modifica sorgente] Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi battaglia di Lissa (1866). Il battesimo del fuoco della neonata Arma avvenne nella battaglia di Lissa, combattuta presso lomonima isola del Mare Adriatico, nellambito della terza guerra di indipendenza del 1866, che vide contrapposta lItalia allImpero austriaco. Lallora ministro della Marina Agostino Depretis elaborò un piano che prevedeva il bombardamento ed il successivo sbarco di un corpo doccupazione a Lissa, sede di una base navale austriaca. Comandante della flotta era lAmmiraglio conte Carlo Pellion di Persano[21]. La RN Re di Portogallo del tutto identica al Re dItalia. Il 16 luglio 1866 le unità italiane, suddivise in tre squadre partirono da Ancona e due giorni dopo, iniziarono le operazioni contro lisola. La flotta austriaca guidata dallammiraglio Wilhelm von Tegetthoff, il quale disponeva di forze inferiori a quelle italiane, partì da Pola per contrastare la forza marittima italiana[21]. Il Re dItalia affonda dopo essere stato speronato dalla SMS Ferdinand Max, nave ammiraglia di Tegetthoff Il 20 luglio, le formazioni si avvistarono e Persano ordinò di sospendere le operazioni di sbarco a Lissa per riunire la flotta e ingaggiare la battaglia. In quella che fu lultima grande battaglia marittima nella quale si svolsero azioni di speronamento, la flotta austriaca inflisse una dura sconfitta a quella italiana, principalmente a causa degli errori commessi dal comandante italiano e delle incomprensioni tra lui ed i suoi sottoposti[21], Vacca e Albini. Per quanto riguarda lAlbini, ad esempio, lunica cannonata sparata dalle sue navi a Lissa fu per richiamare il Governolo e il Principe Umberto che, contravvenendo agli ordini ricevuti, si stavano recando a dare manforte a Persano. La sconfitta costò la perdita delle due navi corazzate Re dItalia (pirofregata) e Palestro (pirocorvetta), e ben 640 uomini. Si narra che, dopo la vittoria, lammiraglio austriaco dedicò uno sprezzante commento agli sconfitti, del quale esistono diverse versioni leggermente differenti, una delle quali recita: «Uomini di ferro su navi di legno avevano sconfitto uomini di legno su navi di ferro»[22]. A questa sconfitta viene tradizionalmente fatto risalire luso del fazzoletto nero dal doppio nodo che i marinai italiani indossano ancora al giorno doggi come parte della propria uniforme, come simbolo del lutto per lesito di tale battaglia. In realtà sia nella Real Marina del Regno delle Due Sicilie che nella Regia Marina Sarda era duso il fiocco nero[23]. Lissa fu un disastro per la Regia Marina e per lItalia intera[21] anche perché seguiva di pochi giorni la sconfitta subita dallesercito a Custoza. Alla sconfitta così pesante, si aggiunsero ben presto le restrizioni economiche nel bilancio, dovute alla crisi economica che aveva colpito il paese: « Il discredito della Marina e le condizioni di depressione morale, la triste situazione finanziaria del Paese dopo la campagna del 1866, che imponevano grandi economie, implicavano il grave pericolo che rimanesse incompresa la necessità del potere marittimo; il fatto che la Marina italiana nel 1866 aveva mancato ad un compito offensivo non costituiva un insegnamento capace di far emergere come essa tuttavia fosse indispensabile quale mezzo di difesa, data la nostra posizione geografica, lestensione e la vulnerabilità del litorale[24] » Il periodo negativo durò ancora un decennio circa; solo dal 1877 con Benedetto Brin ministro, vi fu una costante crescita degli stanziamenti che nel 1890 consentì allItalia di entrare nel novero delle potenze marittime, arrivando a ricoprire il terzo posto tra le maggiori flotte mondiali.[25] La Regia Marina si dotò, infatti, di nuove e moderne corazzate ed avviò lammodernamento della propria flotta. Tra queste, le due navi della classe Caio Duilio che con i loro cannoni da 450 mm potevano distruggere qualunque nave esistente pur non essendo dotate di una corazzatura proporzionata al loro potere offensivo; fatto importante dal punto di vista strategico, le due navi della classe potevano affrontare da sole lintera squadra navale francese dellepoca, principale rivale dellItalia nel Mediterraneo[26]. Inoltre la successiva classe Italia, che rispetto alla classe precedente aveva larmamento non in torre ma in barbetta, con una corazzatura ancora più ridotta e la cui protezione passiva era costituita da una fitta compartimentazione interna, oltre ad una grande autonomia[27]; altro aspetto notevole della classe Italia era la sua capacità di imbarcare nei suoi grandi volumi interni un elevato numero di soldati, rendendola di fatto lantesignana di una nave da sbarco e quindi con capacità di proiezione strategica. Un unico aspetto in apparente contrasto con la politica di rafforzamento di Brin fu leliminazione nel 1878 della Fanteria Real Marina, gli avi dellattuale Reggimento San Marco[28]. Dal punto di vista strategico la Regia Marina si rivolse soprattutto al teatro occidentale, in vista di una possibile guerra difensiva con la Francia[29]. I progettisti navali[modifica | modifica sorgente] Vittorio Cuniberti. In questo periodo la Regia Marina vide crescere un gruppo di progettisti molto preparati, che furono gli artefici della realizzazione delle classi di corazzate ed incrociatori che riportarono la cantieristica navale italiana ai vertici nello scenario mondiale fino alla prima guerra mondiale; tra essi, oltre alleclettico Benedetto Brin, generale del genio navale oltre che politico, Edoardo Masdea e soprattutto Vittorio Cuniberti che fu il teorizzatore della nave da battaglia monocalibro, della quale articolò per primo il concetto di una nave da battaglia armata solo di cannoni di grande calibro nel 1903. Quando la Regia Marina non perseguì la sua idea per questioni economiche e di volontà politica, Cuniberti scrisse un articolo intitolato An Ideal Battleship for the British Fleet (una nave da battaglia ideale per la flotta britannica) per Janes Fighting Ships propagandando il suo concetto[30]. Questo, che fu al centro di molte e animate discussioni tecniche su scala mondiale, verrà però realizzato dalla Royal Navy con la sua HMS Dreadnought che precederà di pochissimo la statunitense classe South Carolina[31]. Lidea di Cuniberti avrebbe così radicalmente rivoluzionato il concetto di nave da battaglia e di strategia navale per il dominio dei mari, con una accelerazione che avrebbe visto la fine solo con lavvento della portaerei al centro di un gruppo da battaglia durante la seconda guerra mondiale[31]. Le sperimentazioni[modifica | modifica sorgente] Negli anni a cavallo della fine del XIX secolo e linizio del XX alcune sperimentazioni vennero svolte a bordo di navi della Regia Marina, ad opera di Guglielmo Marconi. In particolare lincrociatore Carlo Alberto, della classe Vettor Pisani venne attrezzato per compiere esperimenti di radiocomunicazione a lunga distanza[32]. In particolare, nel 1902 venne dotato di un sistema di antenne disteso tra i due alberi che venne utilizzato per trasmissioni a lunga distanza, sulla tratta tra Ferrol e Poldhu[33]; allepoca la nave era al comando del contrammiraglio Carlo Mirabello, ed il tenente di vascello Luigi Solari coadiuvò Marconi negli esperimenti; lo stesso Solari venne intervistato dal il Resto del Carlino il 21 gennaio 1903 riguardo al successo delle trasmissioni e alla preparazione tecnica di Marconi[33]. La convenzione navale del 1900 e i problemi nellAlleanza[modifica | modifica sorgente] Con il trattato di Campoformio del 17 ottobre 1797, Venezia, lIstria e la Dalmazia erano passate sotto lAustria che, grazie a questi possedimenti, cominciò ad esercitare la propria influenza, quasi indisturbata, sul mare Adriatico. Successivamente a favore del Regno dItalia ci fu lannessione di Venezia del 1866, che sembrò riequilibrare in parte le cose, anche se lImpero continuava a possedere limportante porto di Trieste che, dopo lapertura del canale di Suez, aveva acquisito a pieno titolo la funzione di porta principale tra Oriente ed Occidente[34]. Ottobre 1911, navi italiane si dirigono verso Tobruk. Lunità capofila è una nave da battaglia classe Regina Elena. Legemonia austriaca nellAdriatico però non vacillò, e per i successivi 38 anni, sembrò che lItalia si fosse disinteressata dellAdriatico, mentre lAustria poteva indisturbata cercare di sopraffare il sentimento di italianità nei territori ad essa soggetti[35]. Forse per non accrescere lattrito le navi della Marina italiana si astennero dal mostrare la bandiera nellAdriatico, il dominio austriaco sembrava definitivo, ma verso la fine del XIX secolo, questo periodo di disinteresse verso il Golfo di Venezia non fu lunico problema per la Marina del Governo Crispi. Un forte disavanzo nel bilancio dello Stato diminuì fortemente i fondi destinati alle Forze Armate e anche la Marina risentì particolarmente di questo calo nei finanziamenti[36]. Negli anni seguenti, parallelamente alla crescita delle altre marine, la Marina italiana scese dal terzo al settimo posto tra le potenze marittime, e per la sua sicurezza non poteva fare affidamento nemmeno sugli alleati, in quanto fino al 1900 non esistevano piani navali nellambito della Triplice Alleanza che stabilissero una risposta congiunta ad uneventuale attacco francese[36]. Così, dal 5 novembre al 5 dicembre 1900 ebbero luogo una serie di incontri atti a regolamentare leventualità di una guerra navale, al termine dei quali fu deciso che la flotta italiana in caso di conflitto, avrebbe dovuto assumersi la difesa di tutto il Mediterraneo ad eccezione dellAdriatico, affidato alla flotta austriaca, mentre la Germania sarebbe rimasta a difendere i suoi interessi nel Mare del Nord. In sintesi, lAustria non si sarebbe allontanata dal suo bacino. Se i risultati militari non procedevano a dovere, i rapporti politici non andavano meglio tra i paesi dellAlleanza. Ad inizio del secolo, mentre i rapporti con la Francia andavano migliorando, quelli con lAustria tornavano a diventare ostili, e la Triplice Alleanza iniziò a mostrare segni di cedimento, proprio quando subì un altro colpo con loccupazione italiana della Tripolitania e della Cirenaica[36]. LItalia tentava di assumere un ruolo di rilievo nella politica coloniale europea, abbandonata dopo le sconfitte in Eritrea e Somalia, ma che voleva essere ripresa nei territori nordafricani che costituivano parte dellImpero ottomano. Chiaramente i rapporti tra i due paesi si deteriorarono rapidissimamente e il 28 settembre 1911 fu consegnata la dichiarazione di guerra allImpero turco[36]. La guerra italo-turca[modifica | modifica sorgente] Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Guerra italo-turca. La RN Libia. Durante il conflitto la Regia Marina fu pesantemente impegnata, sia per appoggiare le operazioni a terra che per contrastare le operazioni della flotta turca, che comunque non era molto consistente. La squadra navale italiana dellammiraglio Raffaele Borea-Ricci il 30 settembre si presentò davanti al porto di Tripoli, il 2 ottobre iniziarono i bombardamenti e il 5 un contingente di Fanteria di Marina comandato dal capitano di vascello Umberto Cagni occupò la città[28]; successivamente nel mese di ottobre furono occupate dalla Fanteria di Marina in ordine Tobruk (il 4), Derna (il 19), Bengasi (il 20), Homs (il 21)[28] e Zuara, mentre la Marina fu utilizzata nuovamente per occupare le isole di Rodi e il Dodecaneso, anchesse sotto dominio ottomano.[36] Nel teatro dellEgeo infatti una consistente forza navale operò in modo da impedire qualunque movimento turco in mare, bombardando il 19 aprile 1912 i forti dei Dardanelli[37] con le unità da battaglia come le corazzate classe Regina Margherita e gli incrociatori corazzati classe Pisa e Garibaldi, mentre reparti da sbarco occupavano le isole Sporadi meridionali[38]. Un secondario teatro di operazioni fu la costa libanese, dove gli incrociatori corazzati Garibaldi e Ferruccio il 24 febbraio 1912, in unazione congiunta affondarono la vecchia cannoniera turca Avnillah e la torpediniera Angora nel porto di Beirut. Nel Mar Rosso, la battaglia di Kunfida del 7 gennaio 1912 vide una flottiglia italiana composta da un incrociatore e due cacciatorpediniere prevalere su sette cannoniere (tutte affondate) ed uno yacht armato turchi. Infine il 18 luglio 1912 una squadriglia di torpediniere comandata dal capitano di vascello Enrico Millo tentò il forzamento dello stretto dei Dardanelli, ma lazione venne abortita dopo che una torpediniera si incagliò e venne recuperata dopo varie ore, sotto il tiro dei cannoni turchi; perduto leffetto sorpresa e non potendo concludere loperazione col favore delloscurità, la squadriglia invertì la rotta senza perdite. La Marina in questo modo riuscì dopo Lissa ad avere successo in unaltra importante campagna militare[39]. La convenzione navale del 1913[modifica | modifica sorgente] Fin dal 1900 le finanze dello Stato italiano avevano ricominciato a migliorare e lo stesso bilancio della Marina si attestò su buoni livelli. Il 1º aprile 1913 il viceammiraglio Paolo Emilio Thaon di Revel assunse lincarico di capo di Stato Maggiore della Regia Marina[40], incarico delicato in un periodo di rapide evoluzioni tecnologiche e incertezze politiche nello Stato e nelle stesse Forze Armate. Lammiraglio fu molto critico fin dallinizio nei rapporti che legavano lItalia alle potenze centrali che riteneva insufficienti a garantire un successo in caso di conflitto contro unalleanza franco-russa. Secondo il nuovo capo di Stato Maggiore, in caso di conflitto, la Marina italiana non avrebbe dovuto preoccuparsi di difendere anche gli interessi delle altre potenze, bensì concentrarsi sui propri, e agire politicamente e militarmente in questo senso; ma lobbligatoria obbedienza alla politica vincolò Thaon di Revel ad indire una nuova riunione diplomatica interalleata per rivedere gli accordi navali in vigore[41]. I lavori ebbero luogo a Vienna tra il 3 e il 23 giugno 1913, in cui lItalia riuscì a convincere gli alleati che solo con un concreto aiuto della stessa flotta austriaca, quella italiana avrebbe potuto garantire la sicurezza nellAdriatico, altrimenti a rischio in caso di attacco da parte della forte flotta francese. Tali osservazioni ritenute valide però dovettero ottenere in cambio lassegnazione in caso di guerra del Comando supremo delle forze navali alleate allAustria-Ungheria[41]. In sintesi, lItalia era riuscita ad allontanare la flotta austriaca dallAdriatico, nel quale in caso di conflitto sarebbero rimaste forze navali miste tra le più antiquate a protezione delle coste. La preoccupazione tuttavia era se la flotta della Triplice Alleanza sarebbe stata in grado, e per quanto tempo, di contrastare efficacemente la flotta dellIntesa[41]. Lammiraglio Paolo Emilio Thaon di Revel. Il potenziamento[modifica | modifica sorgente] Dallassunzione del comando della Regia Marina, Thaon di Revel dovette provvedere ad un riordino generale dellArma: per la scarsità di fondi che colpì la Marina negli ultimi decenni del XIX secolo, la sua organizzazione, il suo potenziale e le componenti della sua flotta erano afflitti da diversi problemi, che andavano dalla scarsa potenza delle difese costiere allo scarso livello di mezzi e materiali fino alle carenze numeriche e addestrative a livello di personale[42]. Lammiraglio iniziò quindi un determinato confronto con le istituzioni politiche per tentare di dare al paese uno strumento navale adatto, bilanciato, efficiente e moderno, dotato di navi da battaglia, ma al contempo provvisto di una grande varietà di unità sottili e siluranti così come sommergibili e idrovolanti; macchine che nelle marine europee avevano raggiunto un ragguardevole livello di sviluppo[42]. Il personale[modifica | modifica sorgente] Dopo la guerra di Libia, il personale di servizio della Regia Marina subì una pesante riduzione, e per questo motivo lammiraglio Thaon di Revel fece presente dal primo momento del suo insediamento come capo di Stato Maggiore al Ministero le gravi carenze di personale di ogni livello che affliggeva la Marina. Thaon di Revel propose che venissero completati il prima possibile i quadri organici degli ufficiali e che la forza del Corpo Reale Equipaggi (CRE) fosse aumentata per avere almeno al completo gli uomini delle navi da battaglia[42]. Purtroppo però queste richieste, per ragioni di bilancio, non trovarono accoglimento[43], e al 1914 il numero degli ufficiali comprensivi della riserva e del complemento era pari a 2.163 unità delle quali un migliaio di vascello, mentre il personale CRE ammontava ad appena 40.000 uomini[42]. Le difese costiere[modifica | modifica sorgente] Per molti anni venne privilegiato lapprontamento delle difese costiere tirreniche, invece le coste adriatiche rimasero ad un livello di arretratezza preoccupante: le artiglierie erano obsolete e inconsistenti al confronto con le moderne artiglierie navali di cui erano dotate le navi da battaglia, cosicché queste potevano infliggere gravi danni restando fuori dalla portata delle batterie costiere. Nel maggio 1913 la Commissione Suprema per la Difesa dello Stato approvò un piano di lavori per la sistemazione difensiva del litorale per una spesa di 124.173.000 lire con lo scopo di riordinare alcune batterie antisiluranti e delle stazioni fotoelettriche. Ad un anno di distanza, e dopo lapprovazione di un altro programma finanziario, fino allingresso in guerra, nessuno dei lavori di adeguamento previsti era in opera; lItalia si presentava quindi con delle grosse carenze difensive soprattutto e paradossalmente proprio nellAdriatico, mare in cui ci si stava preparando a convogliare la maggior parte degli sforzi[42]. Le costruzioni navali[modifica | modifica sorgente] Prova di velocità della RN Giulio Cesare nel 1914. Agli inizi del secolo era stato approvato un programma di costruzioni navali con limpostazione di tre grandi unità navali ogni tre anni, in modo da sostituire quelle più vecchie, e in tempi relativamente brevi costruire una flotta moderna e omogenea. Nonostante la Regia Marina considerasse come nemico potenziale la Francia, in seguito al potenziamento navale austriaco messo in atto nel 1908, lo Stato Maggiore italiano presentò un elaborato nel quale si presentava una strategia che consisteva nellassumere il ruolo di flotta bloccante e costringere la flotta austriaca allinterno dei suoi sicuri porti[44]. Questa strategia richiedeva però un elevato numero di unità, in rapporto minimo di 2 a 1, ma come al solito i fondi disponibili non furono sufficienti a sostenere lo sforzo economico richiesto, che fu quindi ridotto dopo la firma della convenzione navale del 1913. Nella primavera del 1914, senza contare le unità più datate, la Regia Marina aveva in servizio tre unità monocalibro di ottimo livello per velocità, potenza e protezione: il Dante Alighieri (prima dreadnought costruita in Italia e progettata da Masdea), il Giulio Cesare (entrambe da 19.500 tonnellate) e il Leonardo da Vinci da 22.400 tonnellate, una quarta, il Conte di Cavour (24.550 t) era prossima allingresso in linea, mentre il Caio Duilio e lAndrea Doria da 22.700 t erano in allestimento[44]. A queste si aggiungevano la Divisione Corazzate del tipo Regina Elena, le due Margherita e gli incrociatori corazzati tipo Pisa e San Giorgio anchessi dotati di buone prestazioni generali, oltre ai tre vecchi Garibaldi da 7.350 tonnellate. Il resto della flotta era poi completata dagli esploratori Quarto, Bixio, Libia e Marsala, cui era previsto vi si aggiungessero i piroscafi della classe Città, armati con cannoni da 120 mm[44]. Nel 1910 aveva avuto inizio la costruzione di due cacciatorpediniere tipo Audace e otto di tipo Indomito da 680 t, questultime di buona qualità, su cui lammiraglio fece affidamento, così nel 1913 furono impostati 8 cacciatorpediniere classe Rosolino Pilo, da 770 t simili alle classi Audace e Indomito. Quellanno furono poi approntati anche tre esploratori leggeri da 1.000 t classe Alessandro Poerio e lanno successivo iniziò la costruzione delle tre unità della classe Mirabello, simili alle Poerio ma da 1.500 t, veloci e potenti che rientravano sempre nella categoria degli esploratori leggeri. Il naviglio di squadra era poi completato da 11 cacciatorpediniere classe Soldato da 400 tonnellate, sei cacciatorpediniere classe Borea da circa 370 t e 5 Lampo da 350 t costruiti un decennio prima. Infine in linea vi erano poi 28 torpediniere da 200 tonnellate, e torpediniere costiere di vario tipo con compiti di pattugliamento, scorta e antisommergibile[44]. I sommergibili[modifica | modifica sorgente] Il Nautilus in uscita dal Mar Piccolo a Taranto, sotto il Ponte Girevole, 1911. Già dal 1890 la marina italiana si interessò della nuova arma sottomarina, quando fu impostato e prodotto nellArsenale di La Spezia il sommergibile Delfino, che però non ebbe molta fortuna in quanto il progetto dopo un primo abbandono fu reso operativo solo quattordici anni dopo. Quando nel 1913 Thaon di Revel assunse il comando, si dimostrò subito molto interessato allo sviluppo dei mezzi subacquei, tanto che riuscì a far approvare un programma che portasse il numero di unità sommergibili dalle iniziali 12 al numero di 36, insufficienti nei confronti delle 92 unità già in possesso della marina francese, ma decisamente superiori alle 6 in possesso della marina austriaca[45]. Nel 1914 la flotta contava oltre al Delfino anche cinque Glauco da 160 tonnellate costruiti prima del 1910, il Foca poco più grande e otto classe Medusa da 250 tonnellate muniti di due tubi lancia siluro, il Nautilus e il Nereide da 225 tonnellate e il Giacinto Pullino da 355 tonnellate a cui a dicembre verrà affiancato il Galileo Ferraris[46]. Allinizio delle ostilità venne anche requisito lArgonauta, esemplare unico costruito per la marina zarista, che fu al centro di un singolare dirottamento durante il collaudo[47][48]. Laviazione marittima[modifica | modifica sorgente] Un Macchi L.3 con il suo equipaggio. LItalia fu la prima nazione ad impiegare il mezzo aereo in un conflitto, precisamente durante la guerra italo-turca[49], e da allora, larma aerea fece notevoli progressi anche grazie allinteresse di Thaon di Revel, che diede un impulso nellacquisizione di nuove macchine e la costruzione di aeroscali e stazioni di idrovolanti. La Regia Marina iniziò a provare interesse verso laviazione allinizio del XX secolo cominciando ad adattare alcune sue unità anche al compito di nave aerostiera. Fu nellambito delle esercitazioni effettuate nellottobre 1907 che lincrociatore corazzato Elba, così adibito, effettuò delle operazioni di ricognizione ed avvistamento di zone minate operando grazie a palloni frenati. Pur conseguendo risultati giudicati contrastanti, negli anni seguenti venne dato seguito a quella teoria[50]. In quegli anni si stava sviluppando anche laviazione con il più pesante dellaria e la nuova tecnologia ebbe sostenitori nella sua applicazione in campo navale, quali il tenente di vascello Fausto Gambardella, ipotizzando anche la creazione di unità appositamente studiate per trasportare aerei, idea molto simile al futuro concetto della portaerei. Un pilota di aerostato, Ettore Cianetti della Brigata Specialisti del Genio di Roma, si espresse invece negativamente ed in favore del dirigibile, pur se limitatamente ad operazioni in quota nelle vicinanze di stazioni costiere, affermando che un suo utilizzo non era possibile data la sua tecnologia difficilmente applicabile alle operazioni militari[50]. Perplessità smentite dal rapido evolversi del mezzo. La crescente curiosità verso il nuovo mezzo aereo creò la disponibilità di un primo nucleo di piloti il quali fondarono una scuola di pilotaggio a Venezia, che nel marzo 1913 venne presa in carico dalla Regia Marina e battezzata Squadriglia San Marco, e che poteva contare su una flotta già di otto idrovolanti di vari modelli[50]. Nel maggio 1913, sempre sotto limpulso del capo di Stato Maggiore, fu decisa la costituzione di una sezione Aviazione marittima presso il 1º Reparto dello S.M. e, nel marzo del 1914, fu istituito il 5º Reparto che permise alla Marina di possedere un servizio aeronautico embrionale, con alcune stazioni, pochi piloti e un numero esiguo di idrovolanti[51]. Il 5º Reparto successivamente presentò alcuni piani di ampliamento, riuscendo ad arrivare allo scoppio del conflitto con una flotta composta da 14 idrovolanti di vario tipo, ripartiti tra la scuola di Venezia, quella di La Spezia e le grandi unità Dante Alighieri, Amalfi e San Marco; un nuovo aeroscalo a Ferrara con laeronave M2, un aeroscalo a Jesi, uno in costruzione a Pontedera, unaeronave collaudo tipo V a Vigna di Valle[52]. Lapprossimarsi del conflitto[modifica | modifica sorgente] Lagosto 1914[modifica | modifica sorgente] Con lattentato di Sarajevo e il cataclisma politico che ne derivò, lItalia decise per la neutralità, come per altro fecero altri paesi europei, ma oramai la miccia della guerra era stata accesa, e lItalia si trovò a dover affrontare una situazione molto critica: da una parte lalleanza ufficiale con gli Imperi centrali che avevano dato inizio alle ostilità, e dallaltra i forti interessi che il governo italiano avrebbe potuto sfruttare per unalleanza con lIntesa[53]. Il 3 agosto dopo la dichiarazione di neutralità il Ministro della Marina emanò a tutte le capitanerie di porto la circolare n°27380: « Pubblicata dichiarazione di neutralità Italia presente conflitto alcune Potenze europee stato guerra stop Raccomando quindi V.S. vigilare ogni cura osservanza regole dover derivanti neutralità base codice marittimo integrato Convenzioni Aja cui Governo Re attienesi sebbene non ancora ratificate stop V.S. riceverà istruzioni massima, intanto qualora abbia bisogno chiarimenti cioè applicazione qualche caso su indicate regole rivolgasi urgenza telegrafo Ministro stop Impartisca istruzioni uffici dipendenti. Millo (ammiraglio Enrico Millo di Casalgiate, in sostituzione dellindisposto Ministro della Marina n.d.r.) » La neutralità influì non tanto sulla Regia Marina ma soprattutto sui piani difensivi dei suoi alleati, infatti con la flotta tedesca impegnata nel Mare del Nord, la flotta austriaca si trovò improvvisamente sola contro le forze navali dellIntesa, rispetto alle quali, considerando anche solo la flotta francese, era decisamente inferiore. Così lAustria decise di richiudersi allinterno dei suoi porti, e il fronte marittimo si contrasse entro la fascia costiera orientale dellAdriatico fino allo sbocco del canale dOtranto[54]. Ma la neutralità dellItalia, fu un elemento di cui lammiraglio austriaco Anton Haus dovette tener conto, in quanto un intervento del Regno dItalia a fianco dellIntesa avrebbe fatto diventare la Marina italiana il maggior antagonista della flotta austriaca, e per questo motivo venne deciso di mantenere il quanto più possibile intatta la flotta e tenerla pronta contro un possibile scontro con lItalia. « La Marina austro-ungarica teneva le bocche dei cannoni dirette contro la Francia e la Gran Bretagna, ma aveva gli occhi rivolti verso lItalia[55] » La Regia Marina si prepara alla guerra[modifica | modifica sorgente] Il Duca degli Abruzzi, comandante dellArmata Navale I vertici della Marina presentarono immediatamente una serie di relazioni al capo di Stato Maggiore e al Consiglio dei ministri sullo stato della Forza Armata analizzata il primo agosto 1914, da cui lammiraglio Thaon di Revel rilevava che in unipotesi di conflitto tra lAlleanza e lIntesa, il rapporto tra le forze navali era sfavorevole per lAlleanza, considerando anche che un intervento inglese nel Mediterraneo assieme alla flotta francese avrebbe reso praticamente impossibile ogni speranza di vittoria degli Imperi centrali nel Mediterraneo, anche con lintervento italiano a fianco dellAustria[56]. Inoltre la grande estensione di coste italiane, e la mancanza di adeguate difese costiere soprattutto per i poli industriali marittimi di Genova, Livorno, Civitavecchia, Napoli, Palermo e Ancona avrebbero reso vulnerabili questi centri, che sarebbero stati certamente obiettivi delle eventuali offensive marittime anglo-francesi. Poi cera la questione delle colonie, in quanto in caso di conflitto la Regia Marina avrebbe incontrato seri problemi a mantenere i collegamenti con queste, essendo le rotte in questione sotto controllo inglese[56]. Tutte queste motivazioni di carattere marittimo influenzarono sicuramente anche le scelte politiche che lItalia fece nei mesi successivi, ma nonostante liniziale neutralità, il Ministero della Guerra intensificò gli stanziamenti alla Marina in modo da cominciare unopera di potenziamento della flotta, del personale, delle difese costiere e degli stessi piani di guerra. Quindi mentre si incrementava lo strumento militare, i vertici della Marina consideravano anche il probabile impegno armato contro lImpero austro-ungarico, e di conseguenza modificarono i piani che prevedevano il mare Adriatico come principale teatro delle operazioni di guerra[57]. Il primo provvedimento a livello operativo allo scoppio del conflitto fu la ridislocazione della flotta nel porto di Taranto ove assunse la denominazione di Armata Navale che il 26 agosto 1914, fu posta al comando di S.A.R. il Duca degli Abruzzi, a cui seguirono i primi studi per eventuali operazioni contro lAustria. Fu ripresa lipotesi, già avanzata nel 1908, di un atteggiamento attendista della flotta avversaria a protezione dei suoi potentissimi porti che avrebbe agito solo con operazioni di naviglio minore per logorare la flotta italiana, alla ricerca del momento più favorevole per sferrare un decisivo attacco con le unità maggiori; e come evidenziato già nel 1908, lunica strategia attuabile doveva consistere nel blocco del traffico nemico, con lintento di far uscire dai porti le unità maggiori per portarle lontano dalle basi e impegnarle in battaglia[57]. Altra decisione fu quella, in caso di conflitto, di occupare territorialmente una parte della costa nemica per assicurare il sostegno del fianco destro dellArmata, di creare un blocco allimbocco del canale dOtranto per impedire alle navi austriache di uscire dallAdriatico, di minare le principali linee di comunicazione nemiche e cercare di assicurare il dominio nellAlto Adriatico anche per sostenere le operazioni del Regio Esercito sullIsonzo[58]. Intanto mentre la diplomazia e la politica lavoravano alacremente per assicurare al paese le più vantaggiose condizioni per entrare in guerra a fianco dei più probabili vincitori, a fine 1914 cominciava a preoccupare la situazione in Albania, specialmente per la sua parte più meridionale dove lavanzata austriaca in Serbia minacciava di portare sotto linfluenza dellImpero lo stato albanese; questo avrebbe penalizzato fortemente la possibilità di controllare il Canale dOtranto, la tanto importante porta per lAdriatico. Così venne deciso di instaurare rapidamente dei presidi a Saseno e Valona, con delle azioni presentate come esercizio di polizia marittima per impedire il contrabbando di armi per cui fu incaricata la Marina, che occupò le città in cui il 25 dicembre fece sbarcare i primi marinai in attesa dellarrivo dellesercito che avvenne quattro giorni dopo[59]. La Marina nella Grande Guerra[modifica | modifica sorgente] Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Operazioni navali nel mare Adriatico (1914-1918) e Naviglio militare italiano della prima guerra mondiale. Unità navali italiane impegnate nella caccia ai sommergibili, durante la prima guerra mondiale. Al momento dellentrata in guerra dellItalia contro gli Imperi centrali il 24 maggio 1915, la Regia Marina fu impegnata in azioni di pattugliamento dellAdriatico, di supporto allala destra dellesercito impegnato sullIsonzo e di blocco del litorale austro-ungarico e del canale dOtranto. Nel corso del conflitto venne dato notevole impulso, sul fronte dei mezzi a disposizione, allo sviluppo della componente aerea della Marina. Furono infatti utilizzati, da questultima, oltre agli aerei e ai dirigibili di stanza a terra anche idrovolanti installati a bordo e furono inoltre concepiti ed approntati nuovi mezzi dassalto e mezzi veloci: tra i primi la Torpedine semovente Rossetti detta mignatta: un siluro guidato da un equipaggio e dotato di due cariche esplosive da 175 kg ciascuna; come mezzo veloce dassalto venne invece sviluppato il Motoscafo Armato Silurante (MAS), cioè ununità leggera, veloce, fornita di mitragliera, con siluri e bombe anti-sommergibile, sviluppata allo scopo di compiere azioni di sabotaggio dei porti nemici dellalto Adriatico e di contrastare i sommergibili. LItalia inoltre costruì e mantenne in servizio diverse corazzate, ma queste non parteciparono ad alcuna battaglia navale degna di nota. Per la maggior parte della durata del conflitto le marine italiana ed austriaca mantennero infatti una sorveglianza relativamente passiva verso la controparte. Entrambe le parti compirono comunque alcune azioni di rilievo: il sommergibile tedesco UB 14, in quel momento operante come laustroungarico U.26 in quanto la Germania non aveva ancora dichiarato guerra allItalia, affondò lincrociatore Amalfi, con soli 67 morti su un equipaggio di oltre 1300 uomini[60]; Le corazzate Benedetto Brin a Brindisi il 27 settembre 1915 e Leonardo Da Vinci a Taranto il 2 agosto 1916 affondarono a seguito di esplosioni, una delle possibilità prese in considerazione per spiegare questi episodi, è che siano state sabotate dagli Austriaci; nella battaglia del canale di Otranto, tra il 14 e il 15 maggio 1917, alcune unità austriache, gli incrociatori Novara, Helgoland e Saida, scortati da due cacciatorpediniere e tre sommergibili, tentarono il forzamento della barriera ma furono contrattaccati da una formazione alleata al comando dellammiraglio italiano Alfredo Acton, composta dagli incrociatori inglesi Dartmouth e Bristol, appoggiati da cacciatorpediniere italiani e francesi; 14 pescherecci antisommergibile vennero affondati dalle navi austriache, ma il Novara rientrò gravemente danneggiato a Cattaro a traino del Saida, e solo per la protezione offerta dalle altre unità che costrinsero le navi alleate ad interrompere linseguimento[61]. 9 dicembre 1917 - porto di Trieste: Luigi Rizzo provocò laffondamento della corazzata austriaca Wien. 10 febbraio 1918 - beffa di Buccari: Costanzo Ciano, Luigi Rizzo e Gabriele dAnnunzio provocarono laffondamento di quattro piroscafi; lazione ebbe notevole risonanza e contribuì a risollevare il morale delle truppe per il lancio su Vienna, da parte di dAnnunzio, di bottiglie contenenti un messaggio ed ornate di nastri tricolori. 10 giugno 1918 - impresa di Premuda: il tenente Luigi Rizzo e il guardiamarina Giuseppe Aonzo alla guida dei MAS 15 e 21 provocarono laffondamento della corazzata austriaca Szent István. Questa azione è tuttora ricordata e celebrata con la Festa della Marina. 1º novembre 1918 - impresa di Pola: con una mignatta il maggiore Raffaele Rossetti e il tenente medico Raffaele Paolucci affondarono la corazzata Viribus Unitis. Marinai combatterono anche a terra: infatti una brigata di fanteria di marina venne schierata nei ranghi della 3ª armata del duca dAosta e varie batterie costiere appoggiarono la fanteria dellesercito; la brigata non era costituita come reparto ufficiale, tanto che la Fanteria di Marina verrà riformata solo a guerra finita, ma compagnie di marinai fucilieri (che era il nome della specializzazione dopo la riforma Brin) combatterono a Grado e a Cortellazzo[62] (Cortellazzo è appunto il nome del battaglione logistico dellattuale reggimento Carlotto, che svolge funzioni di scuola e logistica, abbinato al San Marco nella Forza da Sbarco della Marina Militare); inoltre un gruppo di artiglieria fu creato con i marinai superstiti dellaffondamento dellincrociatore Amalfi ed impiegato con lXI corpo darmata sul Carso e un raggruppamento Artiglieria Marina con 100 cannoni venne creato ed inquadrato nel VII corpo darmata che operava sul fianco destro della 3ª armata[62]. Successivamente, allinizio del 1918, le varie compagnie vennero raggruppate in un reggimento costituito da tre battaglioni di fanti di marina, Grado, Caorle e Monfalcone, cui se ne aggiunse un quarto, il Golametto, e un reggimento di artiglieria su otto gruppi. Il Monfalcone verrà il 9 aprile 1918 intitolato al suo ex comandante, MOVM alla memoria Andrea Bafile[62]. Inoltre imbarcazioni leggere pattugliarono i fiumi contro le infiltrazioni austriache e unità leggere coprirono dal mare le operazioni costiere[63]. Il primo dopoguerra[modifica | modifica sorgente] La conferenza di Washington per il disarmo navale postbellico, conclusasi nel febbraio del 1922 con il trattato navale[64], stabilì che vi sarebbe dovuta essere la parità nel dislocamento complessivo tra le marine italiana e francese sia per quanto riguardava le navi da battaglia (175.000 tonnellate ciascuna, nellart. 4)[64] che le portaerei (60.000 tonnellate ciascuna, nellart. 7): tale decisione influenzò lo sviluppo della flotta italiana nel corso degli anni tra le due guerre mondiali, condizionandolo al mantenimento dellequilibrio con la Francia[64]. Divisa di gala, maggiore del Corpo sanitario militare marittimo, 1924 Durante quasi tutta la vita precedente della Regia Marina le cariche di capo di stato maggiore ed anche di norma di ministro della marina erano state ricoperte da marinai competenti (escluso Persano), e fino al 1925, anche dopo lascesa al potere di Mussolini, il capo di stato maggiore fu Thaon di Revel; in quellanno, dopo la crisi legata allomicidio Matteotti, Mussolini assunse ad interim i tre ministeri della Guerra, della Marina e dellAeronautica[65]. Lincrociatore Armando Diaz, della classe Condottieri durante una visita in Australia nel 1934 o 1935. Il governo fascista decise di ammodernare la Regia Marina, con lobiettivo di essere in grado di sfidare la Mediterranean Fleet (flotta del Mediterraneo) della Royal Navy britannica: tra la fine degli anni venti ed i primi anni trenta fu iniziata la costruzione di incrociatori pesanti da 10.000 tonnellate, cui fece seguito quella di cacciatorpediniere e sommergibili (limpegno nella costruzione di questultima tipologia di battelli fu notevole, fino a raggiungere nel giugno del 1940, con più di cento unità[66], un numero di assoluto rilievo; di questi, 59 erano battelli entro le 600 t appartenenti alla Serie 600, il cui numero non era limitato dal trattato di Washington) e delle corazzate della classe Littorio. Venne anche pianificato il rimodernamento delle corazzate classe Cavour e classe Duilio, che in realtà si trasformò in una ricostruzione pressoché totale, lasciando solo il 40% della struttura originaria, e i cannoni originari (13 pezzi da 305/46 mm)[67] divennero 10 pezzi da 320/44 mm, in pratica i precedenti ritubati e con leliminazione della torre centrale[67]. Il progetto di rimodernamento venne firmato dal generale del genio navale Francesco Rotundi e dallammiraglio Eugenio Minisini, che allungarono le navi con una falsa prora di 10 m, migliorandone anche il coefficiente di finezza e sostituirono le caldaie a carbone con moderne caldaie a nafta[68]. Questa imponente mole di lavoro nella realtà produsse quattro navi da battaglia con cannoni da 320 che avrebbero dovuto fronteggiare le corazzate inglesi delle classi Queen Elizabeth e Revenge e gli incrociatori da battaglia della classe Renown con cannoni da 381 mm, decisamente più potenti come armamento e (le prime) anche come corazzatura. Le corazzate della classe Littorio potevano invece reggere senzaltro il confronto, ma avevano comunque una grossa limitazione di fondo: lautonomia di 3.920 miglia a 20 nodi[69] le metteva in grado di effettuare operazioni esclusivamente nel bacino del Mediterraneo. Allo scopo di rendere, in prospettiva, minimo un contatto tra le navi italiane ed i vascelli britannici, la Regia Marina basò la sua strategia di sviluppo su navi veloci con cannoni a lunga gittata. A questo scopo sviluppò cannoni di calibro inferiore ma di gittata maggiore di quelli delle controparti britanniche; inoltre per ottenere velocità maggiori le navi italiane di nuovo progetto vennero dotate di una corazzatura più leggera e dimensioni contenute (come ad esempio, nel caso dellincrociatore Giovanni dalle Bande Nere). In realtà la corazzatura di queste unità era praticamente inesistente, visto che era di 24 mm contro, per esempio, i 102 mm della contemporanea classe Leander inglese; questo avrà un peso determinante in molti scontri navali, come la battaglia di Capo Spada[70]. Si aggiunga che poca o nulla cura fu dedicata alla ricerca scientifica di apparecchiature di scoperta, come il radar e il sonar (o ecogoniometro), che pure erano oggetto di studi nelle università italiane e negli stessi laboratori militari, come dimostrano gli studi del prof. Ugo Tiberio e di Guglielmo Marconi[71], principalmente per le scelte dellammiraglio Cavagnari, nominato da Mussolini capo di stato maggiore della marina nel 1933 e successivamente sottosegretario alla marina (senza che lasciasse la carica militare)[65]; lo stesso valeva per gli strumenti di puntamento diurno e il munizionamento per il combattimento notturno[65], e Cavagnari affermò, riguardo ai radiolocalizzatori di non volere trappole tra i piedi[72], mentre lammiraglio Iachino scriveva fosse meglio[72] « ... procedere con estrema cautela nellaccettare brillanti novità tecniche che non siano ancora collaudate da una esperienza pratica sufficientemente lunga » Pertanto le navi italiane dovettero affrontare il successivo conflitto in inferiorità tecnica verso la marina inglese, e il generale tedesco Kesselring definirà la marina italiana una marina del bel tempo, non in grado di operare in condizioni avverse o di notte[65]. Il pannello di controllo del radar italiano EC3/ter Gufo. Unaltra gravissima carenza nellevoluzione tecnologica e di impiego della Regia Marina fu legata alle scelte politiche del fascismo: nel 1923 con la nascita della Regia Aeronautica i mezzi aerei, le basi ed il personale della componente aerea della marina passarono, insieme agli uomini, ai mezzi ed alle strutture provenienti dal Regio Esercito, sotto il comando ed il controllo della nuova Forza Armata, facendo venir meno il coordinamento centrale delle componenti aerea e navale[65]. Nel 1925 un comitato tecnico della marina, presieduto da Mussolini (allepoca anche responsabile del ministero), proclamò che la Regia Marina non aveva bisogno di portaerei[65], in quanto il supporto aereo sarebbe stato assicurato dallAeronautica basata a terra. Ancora nel 1936 lammiraglio Cavagnari bocciò uno studio dello stato maggiore che teorizzava la necessità di costruire tre portaerei di squadra[65], fatto ribadito ancora il 15 marzo 1938 alla Camera dei deputati[65]. Di conseguenza, anche a seconda guerra mondiale iniziata, le squadre da battaglia italiane dovettero combattere senza di fatto avere protezione aerea; solo a conflitto inoltrato, e ben dopo la sostituzione di Cavagnari nel 1940 a seguito della notte di Taranto, venne deciso di costruire navi portaerei; visto il ritardo accumulato, dellunica costruita, lAquila, non venne mai completato lallestimento mentre laltra, lo Sparviero, non arrivò oltre lo stadio iniziale. Questo contribuì, nel corso del conflitto, ad influenzare in maniera determinante e negativa landamento delle battaglie navali condotte delle forze armate italiane nel Mar Mediterraneo[65]. Nel 1925 venne inviato in Cina un reparto del Reggimento San Marco, ad assicurare il presidio della Concessione italiana di Tientsin[73] e di Pechino, creato in seguito alla rivolta dei Boxer; questo contingente si aggiunse allesiguo gruppo della Regia Marina presente e facente parte della Legazione italiana, alla cannoniera Carlotto che faceva servizio sul fiume Yang Tze Kiang e allariete torpediniere Calabria,che verrà poi sostituito dalla RN Libia, come nave comando[74]. Durante la guerra dEtiopia la marina non fu ovviamente coinvolta come forza navale nelle operazioni militari contro lAbissinia, anche se reparti del San Marco parteciparono alla parte terrestre della campagna. A seguito dellembargo dichiarato dalla Società delle Nazioni nei confronti del Regno dItalia, la Royal Navy aumentò la propria presenza nel Mediterraneo, tanto da paventare uno scontro tra le due squadre da battaglia, ed elaborò anche un piano di attacco al porto di Taranto; questo piano, più volte aggiornato negli anni successivi, avrebbe poi trovato applicazione l11 novembre 1940 durante la cosiddetta notte di Taranto[65][75]. Nel 1936, In seguito allo scoppio della guerra civile in Spagna, il regime fascista italiano diede il proprio appoggio alla fazione franchista. Di conseguenza, la Regia Marina, che ufficialmente avrebbe dovuto vigilare sullembargo di armi ad entrambi i contendenti, fu invece impegnata ad assicurare la protezione dei convogli di truppe e di armi inviati a Francisco Franco e prese parte anche direttamente alle operazioni offensive dei nazionalisti. La marina italiana impiegò, in tempi differenti, decine di sommergibili[76], che attaccarono vari mercantili impegnati a trasportare rifornimenti a vantaggio dei repubblicani, vennero anche danneggiate due navi da guerra appartenenti alla marina repubblicana spagnola, mentre gli incrociatori Duca dAosta ed Amedeo di Savoia bombardarono di notte alcune città spagnole[65]. Classificazione e organizzazione
Posted on: Mon, 28 Oct 2013 22:06:53 +0000

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