Salvatore Giuliano Salvatore Giuliano (Montelepre, 16 novembre - TopicsExpress



          

Salvatore Giuliano Salvatore Giuliano (Montelepre, 16 novembre 1922 – Castelvetrano, 5 luglio 1950) è stato un criminale italiano. Per alcuni mesi sfruttò la copertura dellEVIS, il braccio armato del Movimento Indipendentista Siciliano attivo a partire dalla fine della seconda guerra mondiale, ma il suo nome resta principalmente legato alla strage di Portella della Ginestra (1º maggio 1947), in cui morirono undici persone e altre 27 rimasero ferite[1]. Il padre, suo omonimo, costretto ad emigrare negli Stati Uniti, a più riprese riuscì a comprare diversi pezzi di terra nei dintorni del paese. Infine rimpatriò, proprio nellanno di nascita di Salvatore,[2] per occuparsi della loro coltivazione. Il giovane Salvatore, finite le elementari, andò ad aiutare il padre. In verità avrebbe preferito dedicarsi al commercio, ma non si sottrasse al suo dovere, trovando il tempo per continuare gli studi. Spesso, una volta finito il lavoro, si recava dal prete del paese o da un suo ex insegnante. La latitanza Giuliano fu una figura molto controversa: dopo aver lavorato come fattorino per una società elettrica, si dedicò al mercato nero, durante loccupazione alleata[3], specialmente al commercio di grano. La sua latitanza iniziò il 2 settembre 1943 quando, fermato ad un posto di blocco dei carabinieri mentre trasportava due sacchi di frumento (80 kg) caricati su un cavallo, gli vennero sequestrati cavallo e frumento. Giuliano reagì uccidendo il giovane carabiniere con la sua pistola e si diede alla macchia. Il 23 dicembre 1943 Giuliano, incappato a Montelepre in un rastrellamento della sua famiglia, la quale era sospettata di dargli asilo, uccise a colpi di mitragliatrice il carabiniere Aristide Gualtiero. Nel gennaio 1944 Giuliano riuscì a fare evadere numerosi suoi parenti dalla prigione di Monreale, unitamente ad altri detenuti, i quali costituirono il primo nucleo della sua banda[3]. In questa fase, Giuliano e la sua banda compirono numerose rapine e sequestri a scopo di estorsione ai danni di ricchi agricoltori, commercianti ed imprenditori[2] con la complicità di Ignazio Miceli, capo della cosca mafiosa di Monreale, che fornì alla banda Giuliano il suo vice Benedetto Minasola, che agì in qualità di tesoriere e di depositario di numerose persone sequestrate[4]. Colonnello dellEVIS Nella primavera 1945 Giuliano sincontrò con alcuni leader del Movimento Indipendentista Siciliano, tra i quali cerano Concetto Gallo e il figlio del barone Lucio Tasca Bordonaro. Giuliano chiese dieci milioni di lire per entrare nellEVIS, il progettato esercito separatista, che gli furono concessi insieme al grado di colonnello e la promessa di armi e munizioni[3]. Dopo questi accordi, Giuliano iniziò la guerriglia contro le autorità, compiendo imboscate e assalti alle caserme dei carabinieri di Bellolampo, Pioppo, Montelepre e Borgetto, alcune delle quali furono anche occupate[1]. In questo periodo, Giuliano riuscì a costruirsi unimmagine da Robin Hood, continuando però a compiere numerose rapine e sequestri[5]. Per contrastare Giuliano fu costituito lIspettorato generale di polizia in Sicilia, che però non attuò appieno il suo compito, poiché i suoi dirigenti intrecciarono rapporti con lo stesso bandito e ne protessero la latitanza attraverso il boss Ignazio Miceli[6]. Nel gennaio 1946 la banda Giuliano attaccò la sede della Radio di Palermo[7]. Nello stesso anno il Movimento Indipendentista Siciliano decise di entrare nella legalità e di partecipare alle elezioni per lAssemblea Costituente. Il separatismo scemò con il riconoscimento dello Statuto speciale siciliano conferito dal Re Umberto II alla Sicilia nel maggio 1946, 17 giorni prima del referendum che trasformerà lItalia in Repubblica, e divenne parte integrante della Costituzione Italiana (legge costituzionale n° 2 del 26/02/1948). Con lamnistia del 1946 per i reati politici, i separatisti lasciarono la banda di Giuliano, che continuò i sequestri e gli attacchi contro le caserme dei carabinieri e le leghe contadine. Le imprese di Giuliano, da allora, furono trasmesse allopinione pubblica non più come azioni di guerriglia ma come veri e propri atti di criminalità comune, di brigantaggio, compresi i sequestri. La strage di Portella della Ginestra Nella primavera del 1947 Giuliano rilasciò unintervista al giornalista americano Michael Stern, che riuscì a raggiungerlo nel suo rifugio sui monti di Montelepre, dove lo fotografò. Lintervista fu rilasciata pochi giorni prima della strage di Portella della Ginestra e in quelloccasione il bandito consegnò al giornalista una lettera per il presidente Harry Truman, in cui chiedeva aiuti e armi per lindipendenza della Sicilia, vaneggiando unannessione agli Stati Uniti dAmerica. Il contatto con il latitante Giuliano rese Stern sospetto di essere al servizio dellOSS, il servizio segreto statunitense dellepoca[8]. Il 1º maggio 1947, presso Portella della Ginestra, duemila lavoratori, in prevalenza contadini, si erano riuniti per festeggiare la vittoria della coalizione tra PSI e PCI, riunita in un Blocco del Popolo, nelle recenti elezioni per lAssemblea Regionale Siciliana, dove aveva aveva conquistato 29 rappresentanti su 90 (con il 29% circa dei voti). Improvvisamente la banda Giuliano iniziò a sparare sulla folla dai monti circostanti: 11 persone furono uccise, mentre altre 27 rimasero ferite[9]. Subito dopo il massacro di Portella, il mafioso Ignazio Miceli e Domenico Albano, capo della cosca di Borgetto, consegnarono una dichiarazione scritta di Giuliano a Ciro Verdiani, ispettore generale di pubblica sicurezza in Sicilia, che proteggeva la latitanza del bandito, e lo accompagnarono allincontro con Giuliano a Castelvetrano, a cui era presente anche il suo luogotenente Gaspare Pisciotta[10][11][12]. Nellestate 1947 la banda Giuliano incendiò e devastò con mitra e bombe a mano le sedi delle leghe contadine del PCI di Monreale, Carini, Cinisi, Terrasini, Borgetto, Pioppo, Partinico, San Giuseppe Jato e San Cipirello, provocando un morto e numerosi feriti. Sui luoghi degli attentati venivano lasciati dei volantini firmati dallo stesso Giuliano che incitavano la popolazione a ribellarsi al comunismo[10][13]. Consapevole di essere divenuto ormai scomodo a tanti che lo avevano sostenuto, Giuliano cominciò a fare una serie di allusioni sui rapporti da lui intrattenuti con noti esponenti politici, tra cui lonorevole Mario Scelba, citato in una lettera inviata da Giuliano al quotidiano LUnità nel 1948[14]. Contemporaneamente la banda Giuliano uccise Santo Fleres, capo della cosca di Partinico, e altri cinque mafiosi locali[15][3]. L8 luglio 1949 la banda Giuliano assassinò Leonardo Renda, segretario della Democrazia Cristiana di Alcamo, per vendicarsi del tranello architettato mesi prima ai loro danni dallo stesso Renda, che aveva sì dato rifugio al bandito, ma che successivamente aveva avvertito la polizia per catturarlo, benché Giuliano fosse riuscito a fuggire[11]. Il 19 agosto 1949 avvenne una seconda strage, quella di Bellolampo-Passo di Rigano, sempre ad opera di Giuliano. In questo eccidio persero la vita 7 carabinieri, mentre 11 uomini rimasero feriti[16], tra cui il colonnello Ugo Luca. Pochi giorni dopo fu decisa la costituzione del Comando forze repressione banditismo, con lo stesso Luca al comando. Il declino e la morte Gli uomini del colonnello Luca si accordarono segretamente con il boss Ignazio Miceli e il suo vice Benedetto Minasola, che gli consegnarono numerosi membri della banda Giuliano. Nella primavera 1950 venne ucciso dai carabinieri in uno scontro a fuoco il bandito Rosario Candela e venne catturato il suo sodale Frank Mannino, detto «lamericano», attirato in una trappola proprio da Minasola[12][17]. Il 5 luglio 1950 Giuliano venne ritrovato morto nel cortile della casa di un avvocato di Castelvetrano: un comunicato del Ministero degli Interni annunciò ufficialmente che era stato ucciso in un conflitto a fuoco avvenuto la notte precedente con un reparto di carabinieri alle dipendenze del capitano Antonino Perenze, un uomo del colonnello Luca[12]. Sin dallinizio apparvero però diverse incongruenze nella versione degli inquirenti sulla fine del bandito. Il giornalista de LEuropeo Tommaso Besozzi pubblicò uninchiesta sulluccisione di Giuliano dal titolo Di sicuro cè solo che è morto[18], nella quale mise in luce le incongruenze della versione data dai carabinieri sulla morte del bandito e indicò come assassino di Salvatore Giuliano il suo luogotenente Gaspare Pisciotta, il quale poco prima della morte di Giuliano era segretamente diventato un informatore del colonnello Luca[19]. Al processo per il massacro di Portella della Ginestra tenutosi a Viterbo, Pisciotta si autoaccusò dellomicidio di Giuliano e accusò anche i deputati Bernardo Mattarella, Gianfranco Alliata, Tommaso Leone Marchesano ed anche Mario Scelba di essere i mandanti della strage di Portella, dichiarando: “Servimmo con lealtà e disinteresse i separatisti, i monarchici, i democristiani e tutti gli appartenenti a tali partiti che sono a Roma con alte cariche, mentre noi siamo stati scaricati in carcere. Banditi, mafiosi e carabinieri eravamo la stessa cosa”[20]. Come emerso dalle dichiarazioni di Pisciotta al processo, Giuliano fu da lui ucciso nel sonno nella casa di Castelvetrano dove si nascondeva e il cadavere sarebbe poi stato trasportato nel cortile della casa stessa, dove gli uomini del colonnello Luca e del capitano Perenze inscenarono una sparatoria mentre Pisciotta si dava alla fuga[21]. Nel 1954 Pisciotta fu avvelenato nel carcere dellUcciardone con un caffè alla stricnina, prima che potesse rendere la sua testimonianza sulla strage di Portella della Ginestra al procuratore Pietro Scaglione[22]. Dubbi sulla morte Sulla morte di Giuliano esistono almeno cinque differenti versioni[senza fonte] ed il segreto di stato fino al 2016[23]. Alcuni, come il ricercatore storico Giuseppe Casarrubea addirittura sostengono che il Giuliano morto in Sicilia fosse un sosia, e che il vero Salvatore fu fatto fuggire allestero oppure divenne latitante e fu ucciso solo alcuni anni più tardi, in un bar di Napoli, con un caffè al cianuro[24]. Secondo unultima ipotesi, al posto del bandito fu ucciso, forse intenzionalmente, un suo sosia, per essere poi tumulato al suo posto. Per queste ragioni lo studioso Giuseppe Casarrubea ha chiesto alla Procura di Palermo di riaprire la bara tumulata nella cappella della famiglia Giuliano a Montelepre per accertarne lidentità[25][26]. La riesumazione è avvenuta il 28 ottobre 2010[27] ma lesame del DNA e gli accertamenti medico-legali hanno confermato che i resti sepolti nella tomba della famiglia Giuliano appartengono realmente al bandito e quindi linchiesta è stata archiviata[28]. Va detto, comunque,che a distanza di circa tre anni dalla esumazione del cadavere non si conosce ancora la relazione ufficiale della commissione dei periti medico-legali. Filmografia La scena del ritrovamento del cadavere di Salvatore Giuliano a Castelvetrano dallomonimo film di Francesco Rosi (1962) I fuorilegge di Aldo Vergano, 1949. Salvatore Giuliano di Francesco Rosi, 1962. Il siciliano di Michael Cimino, 1986. Segreti di Stato di Paolo Benvenuti, 2003. Bibliografia Beautiful Lightning, Time, September 12, 1949 Giuseppe Casarrubea, Salvatore Giuliano. Morte di un capobanda e dei suoi luogotenenti. FrancoAngeli, 2001. ISBN 88-464-2976-1. Dickie, John (2004). Cosa Nostra. A history of the Sicilian Mafia, London: Coronet Duncombe, Stephen. Cultural Resistance Reader. Verso. Finkelstein, Monte S., Separatism, the Allies and the Mafia: The Struggle for Sicilian Independence, 1943-1948, Bethlehem: Lehigh University Press, 1998 Eric Hobsbawm The Bandit Giuliano, New York Review of Books, 14 February 1985 Eric Hobsbawm, Primitive Rebels, chapter Millenarianism III, Norton, 1965, p. 105 Salvatore Gesù (a cura di), Francesco Rosi, Giuseppe Maimone Editore, Catania, 1993 Norman Lewis, The Honoured Society: The Sicilian Mafia Observed Eland Publishing Ltd, 2003 Carlo Maria Lomartire. Il bandito Giuliano. Mondadori, 2007. Carlo Lucarelli. Il bandito Giuliano in Nuovi misteri dItalia. I casi di Blu Notte. Torino, Einaudi, 2004. pp. 3–24. ISBN 978-88-06-16740-0. Gavin Maxwell God Protect Me From My Friends. Longmans, Green, London, 1956 Mario Puzo. Il siciliano. 1984, da cui è stato tratto lomonimo film di Michael Cimino. Billy Jaynes Chandler. King of the Mountain - The Life and Death of Giuliano the Bandit. Northern Illinois University Press DeKalb, Illinois 1988 Carlo Ruta. Il binomio Giuliano-Scelba. Un mistero della Repubblica?. Rubbettino editore, Soveria Mannelli, 1995 Carlo Ruta. Giuliano e lo Stato. Documenti sul primo intrigo della Repubblica. Edi.bi.si., Messina, 2004 Carlo Ruta. Il processo. Il tarlo della Repubblica. Eranuova, Perugia, 1994 Gaia Servadio (1976), Mafioso. A history of the Mafia from its origins to the present day, London: Secker & Warburg Giuseppe Sciortino Giuliano. Mio Fratello Salvatore Giuliano. Arnone Editore fonte wikipedia
Posted on: Fri, 15 Nov 2013 20:42:56 +0000

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