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Segue... Hezbollah Capitolo 2: Il Libano Primo: La Patria Il Libano è la nostra patria e la patria dei nostri padri e antenati. È anche la patria dei nostri figli, nipoti e delle generazioni future. È il paese per la cui sovranità, orgoglio, dignità e liberazione abbiamo offerto i nostri sacrifici estremi ed i nostri più cari martiri. Vogliamo questa nazione per tutti i libanesi. Vogliamo abbracciarli, avere spazio per loro ed essere orgogliosi delle loro offerte. Vogliamo che ci sia unione e coesione tra la terra, il popolo, lo stato e le istituzioni. Noi rifiutiamo ogni forma di frammentazione o di federalismo, esplicita o mascherata. Vogliamo che il Libano sia sovrano, libero, indipendente, forte e capace. Vogliamo anche che sia attivo e presente nella geopolitica della regione. Vogliamo anche che dia un contributo fondamentale nel fare il presente ed il futuro, come è sempre stato attivo nel fare la storia. Una delle condizioni più importanti per la creazione e la continuità di una patria di questo tipo è quella di avere uno Stato equo, capace e forte, nonché un sistema politico che rappresenti veramente la volontà del popolo e le sue aspirazioni per la giustizia, la libertà, la sicurezza, la stabilità, il benessere e la dignità. Questo è ciò che tutto il popolo libanese vuole e ciò per cui lavora. Noi siamo una parte di esso. Secondo: La Resistenza Israele rappresenta una minaccia eterna per il Libano – lo Stato e l’entità – e un reale pericolo per il paese a causa delle sue ambizioni storiche sulla terra come sull’acqua. Inoltre il Libano è considerato un modello di convivenza tra i seguaci delle religioni monoteiste, in una formula unica in contrasto con l’idea di Stato razzista espressa invece dalla entità sionista. In più la presenza del Libano ai confini della Palestina occupata, in una regione particolarmente instabile a causa della continua lotta con il nemico israeliano, ha reso inevitabile l’assumersi delle responsabilità nazionalistiche. La minaccia israeliana in questo paese è iniziata sin dall’istituzione della entità sionista nella terra della Palestina. È un entità che non ha mai esitato a rivelare le sue ambizioni di occupare alcune zone del Libano e di prenderne le ricchezze, in particolare l’acqua. Quindi, ha cercato di realizzare gradualmente queste ambizioni. Questa entità ha iniziato la sua aggressione contro il Libano a partire dal 1948, dal confine fin nel profondo del paese, dal Massacro di Hula nel 1949 all’aggressione all’aeroporto internazionale di Beirut nel 1968. Tra questi eventi ci sono stati lunghi anni di attacchi alle aree di confine, alla terra, popolazione e ricchezza. Ciò è stato un preludio all’impadronirsi direttamente della terra mediante ripetute invasioni che hanno poi condotto all’invasione del marzo 1978 ed all’occupazione della zona di frontiera, in modo da rendere la popolazione di quell’area soggetta alla loro autorità non solo a livello di sicurezza ma anche a livello politico ed economico, nel quadro di un processo di sottomissione di tutto il paese, con l’invasione del 1982. Tutto ciò stava avvenendo con il pieno sostegno degli Stati Uniti ed il disinteresse, elevatosi fino a diventare una vera complicità, da parte della cosiddetta “comunità internazionale” e delle sue istituzioni, in mezzo al sospetto silenzio ufficiale del mondo arabo ed all’assenza di alcuna autorità libanese che ha abbandonato la terra ed il popolo all’occupazione e ai massacri israeliani, senza assumersi mai le proprie responsabilità ed i propri obblighi nazionali. Nonostante questa grande tragedia nazionale, le sofferenze del popolo, l’assenza dello Stato e l’abbandono internazionale, i Libanesi leali verso la propria patria non hanno avuto altra scelta se non quella di avvalersi del proprio diritto, in nome del proprio dovere nazionale, morale e religioso, a difendere la propria terra. Così, la loro scelta è stata quella di lanciare una resistenza popolare armata per affrontare il pericolo sionista e l’aggressione permanente contro la loro vita, la loro ricchezza ed il loro futuro. In mezzo a queste difficili circostanze, i libanesi hanno iniziato un processo di ripristino della nazione tramite la resistenza armata, iniziando a liberare la terra e l’iniziativa politica dalle mani dell’occupazione israeliana, preludio al ripristino dello Stato e all’edificio delle istituzioni costituzionali. Ancor più importante è stato ristabilire i valori nazionali su cui la nazione si è costruita, in cima ai quali ci sono la dignità e la sovranità nazionale. Ciò ha conferito alla libertà la sua dimensione reale, non lasciandola limitata ad uno slogan. La resistenza si è consacrata mediante l’atto di liberare la terra e gli uomini e quindi questi valori nazionali si sono trasformati in pilastri per la costruzione del Libano moderno. In quanto tale, il Libano ha ripristinato la propria posizione sulla mappa del mondo ed ha restaurato il suo ruolo di paese da rispettare, i cui figli sono orgogliosi di appartenervi, dal momento che è la nazione della libertà, della cultura, della scienza e della diversità, nonché paese di orgoglio, rispetto, sacrifici ed eroismo. La Resistenza ha coronato tutte queste dimensioni insieme raggiungendo la liberazione nel 2000 e la storica vittoria nel luglio 2006, dimostrando di possedere una vera esperienza nella difesa della patria, un’esperienza che si è trasformata in un esempio dal quale le nazioni e gli Stati possono trarre beneficio per difendere il proprio territorio, proteggere la propria indipendenza e mantenere la propria sovranità. Questo successo nazionale della resistenza è stato realizzato grazie al sostegno reale di un popolo e di un esercito nazionale leale, frustrando così gli obiettivi del nemico ed infliggendogli una sconfitta storica che ha permesso alla resistenza di celebrare insieme ai suoi combattenti e martiri, così come a tutto il Libano, attraverso la nazione e l’esercito, la grande vittoria che ha spianato la strada a una nuova fase nella regione, fondata sul ruolo centrale della resistenza a dissuadere i nemici, garantire la salvaguardia dell’indipendenza e della sovranità del paese, a difendere il popolo e a completare la liberazione dei territori occupati che erano rimasti. La Resistenza è un mezzo nazionale, necessario e continuato, almeno fino a quando continueranno le minacce israeliane e le loro ambizioni di prendere le nostre terre e acque, fino a quando non esisterà uno Stato forte ed efficace ed in presenza di uno squilibrio di potenza tra noi ed il nemico. Questo squilibrio in realtà obbliga gli Stati ed i popoli deboli che sono bersaglio delle minacce degli Stati forti e dominanti a ricercare formule attraverso cui beneficiare delle capacità e potenzialità disponibili. Perciò le continue minacce israeliane obbligano il Libano ad adottare una strategia difensiva composta da una resistenza popolare che partecipa a difendere il paese e da un esercito che opera per la protezione e la salvaguardia della sicurezza e della stabilità, in un processo complementare che nelle fasi precedenti si è dimostrato vincente nella lotta contro il nemico, nell’ottenere risultati per il Libano e fornirlo di mezzi per proteggere se stesso. Questa formula, che è inclusa nella strategia difensiva, costituisce un mezzo di protezione per il Libano, in particolare dopo il fallimento dei tentativi con altre modalità, siano esse internazionali, arabe o cercate attraverso la negoziazione con il nemico. L’adozione del percorso di resistenza in Libano ha raggiunto il suo obiettivo con la liberazione della terra, con il ripristino delle istituzioni statali, con la salvaguardia della sovranità e con il raggiungimento della vera indipendenza. In questo quadro, i libanesi di tutti i partiti politici, le classi sociali, le organizzazioni culturali e gli organismi economici si preoccupano di salvaguardare e mantenere questa formula, perché il pericolo israeliano minaccia il Libano in tutte le sue componenti e ciò richiede la più ampia partecipazione dei Libanesi nell’assumersi le responsabilità della difesa. Il successo dell’esperienza di resistenza nella lotta contro il nemico ed il fallimento di tutti i piani e gli schemi di abolirne i movimenti, di limitare la loro scelta e disarmarli da un lato ed il protrarsi delle minacce israeliane contro il Libano dall’altro rendono inevitabile che la Resistenza faccia del suo meglio per rafforzare le sue capacità e consolidare le sue forze per assumersi le proprie responsabilità nazionali e partecipare a liberare le terre ancora sotto l’occupazione israeliana nelle Fattorie di Sheba’a e nelle Colline Kafarshuba e la città libanese di Ghajar, così come a liberare i detenuti e le persone scomparse e i corpi dei martiri e prendere parte alla difesa e alla salvaguardia della terra e del popolo. Terzo: Lo Stato ed il sistema politico Il principale problema del sistema politico libanese che impedisce una riforma, sviluppo ed aggiornamento continuo è il confessionalismo politico. L’istituzione del regime su base confessionale costituisce di per sé stesso un forte ostacolo al raggiungimento di una vera democrazia, in cui la maggioranza eletta possa governare e la minoranza elettorale possa opporsi, aprendo la porta ad una corretta circolazione di potere tra l’adesione e l’opposizione o fra le diverse coalizioni politiche. Perciò l’abolizione del settarismo è una condizione fondamentale per una vera democrazia. In questo quadro, l’Accordo di Taif prevede la costituzione di un consiglio supremo nazionale per conseguire l’abolizione del settarismo. Tuttavia, fino a quando i libanesi non riusciranno a raggiungere attraverso il dialogo nazionale questo significativo risultato – cioè l’abolizione del confessionalismo politico – e dato che il sistema politico in Libano si basa su fondamenta confessionali, la democrazia consensuale rimane la base fondamentale per la governabilità del Libano, perché è l’incarnazione reale dello spirito della Costituzione e la quint’essenza dell’Accordo di Coesistenza. Perciò qualsiasi approccio alle questioni nazionali secondo l’uguaglianza di maggioranza e di minoranza attende il raggiungimento delle condizioni storiche e sociali per l’esercizio della democrazia effettiva in cui il cittadino diventa un valore di per se stesso. La volontà dei libanesi di vivere insieme in dignità, uguali diritti ed obblighi richiede una cooperazione costruttiva al fine di consolidare il principio del vero e proprio partenariato, che costituisce la formula più adeguata per proteggere la diversità e la piena stabilità dopo un periodo di instabilità causata dalle politiche basate sul monopolio, la cancellazione e le esclusioni. La democrazia consensuale costituisce una formula politica appropriata per garantire vero partenariato e contribuisce ad aprire le porte a chiunque per accedere alla fase della costruzione dello Stato assistenziale che dia a tutti i suoi cittadini la sensazione di essere stato costituito per il loro bene. Di seguito la nostra visione dello Stato che ci auguriamo di poter costruire insieme a tutti i Libanesi. Lo Stato che preserva le libertà pubbliche e offre l’ambiente adatto per metterle in pratica. Lo Stato che è forte in virtù della sua unità nazionale e coerenza. Lo Stato che è in grado di proteggere la sua terra, il suo popolo e la sua sovranità e che ha un esercito nazionale forte e organismi di sicurezza attivi che rispettano la sicurezza del popolo e dei suoi interessi. Lo Stato che è strutturato sulla base di istituzioni moderne, efficaci e cooperative che hanno poteri e competenze definite e chiare. Lo Stato che si impegna nell’applicazione delle leggi nei confronti di tutti i suoi cittadini senza distinzione di religione, provenienza geografica ed orientamento politico, in un quadro di rispetto delle libertà e di giustizia verso i diritti e i doveri dei cittadini. Lo Stato che garantisce una rappresentanza parlamentare corretta e giusta, che non può essere ottenuta se non attraverso una legge elettorale moderna che consenta agli elettori di scegliere i propri rappresentanti al di fuori del controllo del denaro, del fanatismo e delle varie pressioni e che renda possibile la più ampia rappresentanza dei vari tessuti popolari libanesi. Lo Stato che si affida a persone dalle capacità qualificate e senza pregiudizi a prescindere dal loro credo religioso e che imposta meccanismi attivi ed energici per combattere senza compromessi la corruzione e i corruttori nella pubblica amministrazione. Lo Stato che gode di una autorità giudiziaria indipendente e non politicizzata in cui giudici competenti e senza pregiudizi esercitano il loro critico dovere di diffondere la giustizia tra la gente. Lo Stato che basa la sua economia principalmente sui settori produttivi e lavora al loro consolidamento, soprattutto quello agricolo e industriale, dando loro una quota adeguata nei piani e nei progetti di sviluppo e sostenendo tutto ciò che conduce al miglioramento dei prodotti e gli strumenti della loro commercializzazione che offrono opportunità di lavoro adeguate e sufficienti soprattutto nelle zone di campagna. Lo Stato che adotta e applica il principio di uno sviluppo equilibrato tra tutte le regioni e cerca di colmare i divari economici e sociali tra loro. Lo Stato che si preoccupa per il suo popolo e opera per fornirgli servizi adeguati: istruzione, cure mediche, alloggio, benessere, combattendo la povertà, offrendo opportunità di lavoro… Lo Stato che si prende cura delle nuove generazioni in crescita, aiuta i giovani a sviluppare le proprie capacità e talenti, li orienta verso obiettivi umanistici e nazionali e li protegge dalla delinquenza e dal vizio. Lo Stato che opera per consolidare il ruolo delle donne a tutti i livelli nell’ottica di beneficiare delle loro caratteristiche, nel rispetto del loro status. Lo Stato che ha a cuore l’istruzione e lavora per rafforzare le scuole ufficiali e l’Università Libanese a tutti i livelli, applicando il principio dell’insegnamento obbligatorio e gratuito. Lo Stato che adotta un sistema decentrato che da ampi poteri amministrativi alle varie unità amministrative (province/distretti/comuni) con l’obiettivo di promuovere lo sviluppo e facilitare gli affari e le transazioni senza consentire la successiva trasformazione di questa decentralizzazione in una sorta di federalismo. Lo Stato che lavora duramente per arrestare l’emigrazione dei giovani e delle famiglie e la fuga di cervelli mediante un piano esaustivo e razionale. Lo Stato che custodisce i suoi soggetti in tutto il mondo, li protegge e trae beneficio dalle loro posizioni per il servizio della causa nazionale. La creazione di uno Stato basato su queste specifiche e requisiti è il nostro obiettivo e lo scopo di ogni persona libanese onesta e sincera. Noi, con Hezbollah, eserciteremo tutti gli sforzi possibili, in cooperazione con le forze popolari e politiche, per raggiungere questo nobile obiettivo nazionale. Quarto: Il Libano e le relazioni libano-palestinesi Una delle tragiche conseguenze della costruzione dell’entità sionista sulla terra di Palestina e dello spostamento dei suoi abitanti è il problema dei profughi palestinesi che si sono trasferiti in Libano per vivere temporaneamente sul suo territorio come ospiti dei loro compagni libanesi fino a quando non ritorneranno nel loro paese e alle loro case dalle quali furono espulsi. La causa originale e diretta della sofferenza dei libanesi e dei palestinesi è stata in realtà l’occupazione israeliana della Palestina, che ha provocato tragedie e calamità che hanno afflitto tutti i popoli della regione e non solo i palestinesi. Inoltre, le sofferenze dei profughi palestinesi in Libano non sono limitate al dolore della migrazione forzata, ma sono dovute anche ai selvaggi massacri e alle atrocità israeliane che hanno distrutto uomini ed edifici (come quello che è stato commesso nel Campo di Nabatiyeh, completamente distrutto) alle difficoltà della vita in campi che mancano delle condizioni minime per un dignitoso benessere, alla privazione di tutti i diritti civili e sociali, alla non assunzione da parte dei governi libanesi succedutisi delle loro responsabilità verso i rifugiati palestinesi. Questa situazione malsana impone ora alle autorità libanesi di assumersi le proprie responsabilità e, pertanto, edificare relazioni libano-palestinesi su basi giuste, solide e legali, che rispettino le norme della giustizia, del diritto e dei giusti interessi di entrambe le nazioni. È necessario che questo rapporto libano-palestinese non resti disciplinato dai capricci e dagli stati d’animo così come da considerazioni di ordine politico spicciolo, da interazioni interne e interventi internazionali. Noi crediamo che questa missione possa essere realizzata attraverso i seguenti punti: Dialogo libano-palestinese diretto; Invito dei Palestinesi in Libano per accordarsi su una sola autorità che li rappresenti in questo dialogo, oltrepassando le disparità dello status generale palestinese. Garanzia ai Palestinesi in Libano dei loro diritti sociali e civili, che migliorino le loro condizioni umane e salvaguardino la loro personalità, identità e causa. Impegno per il Diritto al Ritorno e rifiuto di ogni negoziato. Quinto: il Libano e le relazioni col mondo arabo Il Libano possiede un’identità ed un’appartenenza araba che considera come una condizione originale naturale nel processo di edificazione sociale libanese. Inoltre, l’ambito vitale, la geopolitica, la dimensione strategica, le politiche di integrazione regionale e gli interessi nazionali – che sono le specifiche strategiche ed i maggiori interessi della posizione politica del Libano – hanno reso inevitabile per il Libano di impegnarsi per le cause arabe giuste ed eque, fra le quali primeggia la causa palestinese e il conflitto con il nemico israeliano. Inoltre, c’è un urgente bisogno di sforzi concertati per superare i conflitti che attraversano i vertici arabi. La contraddizione strategica e la differenza di alleanze, nonostante la loro gravità e intensità, non giustificano le politiche che mirano ad impegnarsi in progetti esterni basati sull’aggravare le discordie, incitare al settarismo e agitare i fattori di divisione e di disgregazione, che portano all’esaurimento della nazione e di conseguenza fanno gioco al nemico sionista e rafforzano le trame statunitensi. Lo sviluppo di una pratica politica basata sul limitare o dare ordine ai conflitti ed evitare il loro proliferare in lotte aperte è una scelta degna di essere adottata per maturare un approccio qualitativo responsabile nel trattare le cause nazionalistiche. In quanto tale, cerca di promuovere punti comuni e fornire opportunità per una comunicazione pubblica e ufficiale costruttiva, al fine di ottenere il più ampio quadro di solidarietà al servizio delle nostre cause. La scelta della Resistenza costituisce ancora una volta la necessità centrale e un fattore obiettivo di rafforzamento della posizione araba e di indebolimento del nemico, al di la della natura delle strategie o delle contrattazioni politiche. Basandosi su tutto ciò che è stato summenzionato, la resistenza non intraprende alcuna offensiva per giustificarne l’uso o per raggiungere le varie posizioni arabe, a meno che queste azioni non rientrino nel quadro di un indebolimento del nemico e del conseguente rafforzamento della posizione araba. In questo contesto, la Siria ha dimostrato una distintiva fermezza nella lotta contro il nemico israeliano. Ha sostenuto i movimenti di resistenza nella regione, è stata accanto a noi nelle circostanze più difficili ed ha cercato di unificare gli sforzi arabi per garantire gli interessi dell’area e affrontare le sfide. Vogliamo sottolineare come la necessità di stringere notevoli rapporti tra Libano e Siria sia un’esigenza politica, economica e di sicurezza dettata dai due paesi, dai due popoli, dagli imperativi geopolitici, dai requisiti per la stabilità del Libano e per far fronte alle sfide comuni. Ci appelliamo, inoltre, perché si ponga fine a tutti i sentimenti negativi che hanno intralciato i rapporti bilaterali in questi ultimi anni e affinché queste relazioni ritornino al loro stato normale il più presto possibile. Sesto: il Libano e le relazioni col mondo islamico Il mondo arabo e islamico si trova ad affrontare sfide che si estendono al punto da raggiungere la nostra società nelle sue varie componenti. Ciò rende necessario che noi non ne pregiudichiamo l’efficacia. In verità, i conflitti e le tensioni confessionali create artificiosamente, in particolare tra sunniti e shi’iti, la creazione di contrasti razziali tra curdi, turcomanni ed arabi e tra iraniani ed arabi… l’intimidire e terrorizzare le minoranze, il continuo drenaggio cristiano dall’Oriente arabo ed in particolare dalla Palestina e dall’Iraq oltre che dal Libano, sono tutti fattori che minacciano la coesione delle nostre società, indebolendo le sue forze e incrementando le difficoltà per la rinascita e lo sviluppo. Invece di essere una fonte di ricchezza sociale e di vitalità, le diversità confessionali sembrano essere sfruttate come fattori di incitamento alla divisione sociale. Un tale abuso sembra essere il risultato dell’intersezione di deliberate politiche occidentali – soprattutto americane – e di visioni interne fanatiche ed irresponsabili, oltre che di un ambiente politico instabile. Sembra inevitabile prendere in considerazione tali fatti. È inoltre necessario elencarli tra le preoccupazioni basilari nelle piattaforme delle forze e dei movimenti essenziali. Fra di essi i movimenti islamici devono assumere una particolare responsabilità nell’impegnarsi in queste sfide e affrontare tali crisi. Hezbollah sottolinea la necessità di cooperare con gli stati islamici a diversi livelli per ottenere la forza di contrastare i progetti di egemonia. Tale cooperazione serve anche ad affrontare l’invasione culturale della comunità e dei media e incoraggia gli Stati islamici a sfruttare le loro risorse per un proficuo scambio tra questi paesi. In questo contesto, Hezbollah considera l’Iran come uno Stato centrale nel mondo islamico, dal momento che è il paese che ha abbattuto con la sua rivoluzione il regime dello Shah e i suoi progetti statunitensi-israeliani. È anche lo Stato che ha sostenuto i movimenti di resistenza nella nostra regione e che si è schierato con coraggio e determinazione al fianco delle cause arabe e islamiche, fra le quali primeggia la causa palestinese. La politica della Repubblica Islamica è chiara e ferma nel sostenere la causa primaria, centrale e più importante per gli arabi ed i musulmani, vale a dire la “Causa Palestinese”. Dopo l’annuncio della vittoria benedetta della rivoluzione islamica sotto la guida del Wali al-Faqih Imam Khomeini (possa Iddio benedire la sua anima) e la creazione della prima ambasciata palestinese al posto della Ambasciata d’Israele, questo sostegno è continuato in varie forme fino ai giorni nostri sotto la leadership del Wali al-Faqih Imam Khamenei (possa Iddio prolungare la sua vita). Ciò ha portato a conseguire importanti vittorie per la prima volta nella storia della lotta contro gli aggressori sionisti. La fabbricazione di accuse contro la Repubblica Islamica in Iran da parte di alcuni partiti arabi rappresenta un esempio di autolesionismo e danneggiamento delle cause arabe. Ciò non è utile che ad “Israele” e agli Stati Uniti d’America. L’Iran, che ha formato il suo credo politico e costruito il suo ambito vitale nel dare supporto alla causa palestinese, nell’ostilità ad “Israele”, nell’ostacolare le politiche degli Stati Uniti e nell’integrazione con l’ambiente arabo e islamico, deve essere trattato con la volontà di cooperare fraternamente. Bisogna confrontarsi con esso su una base di rinascita. Deve essere il centro del bilancio strategico. Deve essere considerato come un esempio di sovranità, indipendenza e libertà che sostiene il progetto moderno di indipendenza arabo-islamica e come una potenza che aumenta la fermezza e la forza degli Stati e dei popoli della nostra regione. Il mondo islamico cresce più forte con il formarsi di coalizioni e della cooperazione tra i suoi Stati. Rivendichiamo l’importanza del fare uso degli elementi di forza di natura politica, economica ed umana che esistono in ogni Stato nel nostro mondo islamico, su una base di integrazione e patrocinio e per non essere soggetti a arroganti egemonie. Ricordiamo l’importanza dell’unità tra i musulmani. Dio il Possente dice nel Sacro Corano: “E aggrappatevi tutti insieme alla corda di Dio e non dividetevi tra voi”. Bisogna stare attenti a tutto ciò che causa discordia tra i musulmani, come le istigazioni settarie, specialmente tra sunniti e shi’iti. Scommettiamo sulla consapevolezza dei popoli musulmani nell’affrontare le congiure e le ordalie tessute contro di loro in questa prospettiva. Settimo: il Libano e le relazioni internazionali I criteri che regolano il disaccordo, il conflitto e la lotta secondo il punto di vista e l’approccio di Hezbollah si basano primariamente su questioni politiche e morali: i rapporti avvengono tra l’arrogante ed il supposto debole, tra l’autoritario ed il soggiogato e tra l’occupante e coloro che chiedono libertà e indipendenza. Hezbollah ritiene inoltre che l’egemonia unilaterale rovesci l’equilibrio e la stabilità internazionale, nonché la pace e la sicurezza tra gli Stati. Il sostegno illimitato degli Stati Uniti ad Israele ed il suo appoggio verso l’occupazione israeliana dei territori arabi, oltre al dominio delle istituzioni internazionali e in aggiunta all’opportunismo insito nell’approvazione e nell’implementazione delle risoluzioni internazionali, la politica di interferenze negli affari degli altri Stati, la militarizzazione del mondo e l’adozione del principio delle guerre preventive nei conflitti internazionali, (che provocano disordine e turbolenze in tutto il mondo) hanno posto l’amministrazione americana in una posizione ostile alla nostra nazione ed ai nostri popoli e la rendono in sostanza responsabile di provocare il caos nel sistema politico inter-statale. Quanto alle politiche europee, esse oscillano tra l’incapacità e l’inefficienza da un lato e la sottomissione ingiustificata alle politiche statunitensi dall’altro, cosa che sta portando in realtà ad annullare la tendenza moderata in Europa a favore dell’interesse della egemonia atlantica con il suo sfondo coloniale. Essere sottomessi alle politiche statunitensi – in particolare nella fase del loro fallimento storico – è un errore strategico che porterà solo ad altre crisi, complicazioni e ostacoli alle relazioni euro-arabe. Una particolare responsabilità grava sull’Europa a causa del patrimonio coloniale che ha inflitto alla nostra regione, con danni enormi le cui ripercussioni i nostri popoli stanno ancora soffrendo. Dato che ci sono popoli europei che vantano una lunga esperienza di resistenza agli invasori, è un obbligo umano e morale dell’Europa, ancor prima di essere un obbligo politico, quello di riconoscere il diritto dei popoli a resistere all’occupante sulla base della distinzione tra resistenza e terrorismo. Dal nostro punto di vista, i presupposti per la stabilità e per la cooperazione euro-araba richiedono la costruzione di un approccio europeo più indipendente, giusto ed obiettivo. È impossibile costruire un comune ambito vitale di politica e di sicurezza senza questa trasformazione, al fine di garantire che siano affrontati i sintomi delle crisi e dell’instabilità. D’altra parte, abbiamo osservato con molta attenzione e profondo rispetto lo sforzo indipendente e libero che si oppone all’egemonia sugli stati latino-americani. Ci sono moteplicii punti in comune tra i loro progetti ed i progetti dei movimenti di resistenza della nostra regione, cosa che contribuisce a costruire un sistema internazionale più equilibrato e giusto. Questi sforzi sono molto promettenti a livello internazionale per una identità umana collettiva e un comune background politico e morale. In questo quadro, lo slogan dell’“unità dei supposti deboli” rimane uno dei pilastri della nostra concezione politica per costruire la nostra consapevolezza, le nostre relazioni ed i nostri atteggiamenti verso le cause internazionali. Capitolo 3: La Palestina e i negoziati per un accordo Primo: La Causa Palestinese e l’entità sionista Sin dalla usurpazione della Palestina e dalla cacciata del suo popolo nel 1948 con il sostegno e l’appoggio delle potenze allora egemoniche, l’entità sionista ha rappresentato un’aggressione diretta, un grave pericolo e una minaccia per la sicurezza e la stabilità di tutta la regione araba e per i suoi interessi. I danni non sono limitati solo al popolo palestinese o agli Stati e popoli confinanti con la Palestina. Le aggressioni, le tensioni e le guerre a cui la nostra regione ha assistito a causa delle tendenze aggressive e delle concrete aggressioni israeliane sono una prova tangibile della massiccia oppressione che ha colpito il popolo palestinese, gli arabi ed i musulmani a causa dei crimini contro l’umanità perpetrati dall’Occidente, allorquando ha impiantato questa estranea entità nel cuore del mondo arabo e islamico. In questo modo ha creato al tempo stesso una violazione aggressiva ed una posizione avanzata per l’arrogante progetto occidentale in generale, e una base per il controllo e l’egemonia sulla regione in particolare. Il movimento sionista è un movimento razzista a livello sia pratico che teorico. È il prodotto di una mentalità arrogante, opprimente e dominante. Il suo progetto è fondamentalmente la giudaizzazione mediante l’espansione degli insediamenti. Ancor di più, l’entità che è stata costituita in base a questo movimento, è cresciuta diventando sempre più forte ed è riuscita a sopravvivere mediante l’occupazione, l’aggressività, i massacri ed il terrorismo, fattori sostenuti ed appoggiati dagli Stati coloniali ed in particolare gli Stati Uniti d’America, ad essa legati da un’alleanza strategica che l’hanno resa un vero e proprio partner in tutte le guerre, i massacri e le pratiche terroristiche. La lotta in cui noi e la nostra nazione ci siamo impegnati contro il progetto coloniale sionista in Palestina sta adempiendo all’obbligo di autodifesa contro l’occupazione coloniale di Israele, l’aggressione e l’oppressione che minacciano la nostra esistenza e prendono di mira i nostri diritti ed il nostro futuro. Non si basa, da parte nostra, sullo scontro religioso o razziale, ma è così per i coloni sionisti: il progetto coloniale non ha mai esitato a coinvolgere la religione ed a sfruttare i sentimenti religiosi come mezzo per raggiungere i propri obiettivi e traguardi. In effetti, la stessa richiesta del presidente degli Stati Uniti Bush, del suo successore Obama e dei leader dell’entità sionista a palestinesi, arabi e musulmani di riconoscere uno “Stato di Israele” ebreo, non è altro che la prova più evidente di ciò. Il risultato naturale e inevitabile è che questa entità costituita sull’usurpazione vive una crisi esistenziale che preoccupa i suoi dirigenti ed i suoi sostenitori, perché si tratta di un neonato innaturale e di un’entità incapace di vivere e durare, cioè soggetta alla distruzione. Ciò impone la responsabilità storica alla nazione ed ai suoi popoli di non riconoscere questa entità, indipendentemente dalle pressioni e dalle conseguenti sfide. Piuttosto, la nazione ed i suoi popoli devono continuare a lavorare per liberare tutte le terre usurpate e ripristinare tutti i diritti sequestrati, non importa quanto tempo e quanti sacrifici ciò richiederà. Secondo: al-Quds (Gerusalemme) e la Moschea di al-Aqṣā Il mondo intero è a conoscenza dell’importanza e della santità di al-Quds (Gerusalemme) e della Moschea di al-Aqṣā. Al-Aqṣā è una delle due Qibla (direzione verso cui tende la preghiera) ed è terza solo alle due Moschee Sacre (di La Mecca e Medina). È la destinazione del viaggio notturno del Profeta (pace su di lui e la sua famiglia). Nessuno tra i musulmani nega il suo grande status come uno dei luoghi più sacri, avente un profondo rapporto con l’Islam come uno dei più importanti simboli islamici sulla Terra. La città di al-Quds (Gerusalemme) incarna insieme molti luoghi santi islamici e cristiani, cosa che la rende sublime sia per i musulmani che per i cristiani. La continua occupazione israeliana della città santa, insieme alle trame ed ai progetti di giudaizzazione, all’espulsione dei suoi abitanti, alla confisca delle loro case e dei loro possedimenti, al suo accerchiamento con quartieri, cinture e blocchi di insediamenti ebraici ed al suo soffocamento con il Muro di Separazione razzista, in aggiunta agli incessanti tentativi israeliani e statunitensi di consacrarla come la capitale eterna internazionalmente riconosciuta dell’entità sionista, tutte queste sono misure aggressive che vanno respinte e condannate. Per di più, le incessanti e ripetute aggressioni pericolose alla benedetta Moschea di al-Aqṣā, gli scavi eseguiti in tale area ed i progetti di demolirla costituiscono un serio pericolo reale che minaccia la sua esistenza e sopravvivenza e preannuncia pericolose ripercussioni in tutta la regione. Sostenere al-Quds (Gerusalemme) e difendere e salvaguardare la Moschea di al-Aqṣā è un obbligo religioso e una responsabilità morale e umana che devono essere assunti da ogni persona nobile e libera nella nostra nazione araba e islamica e da tutti i popoli liberi e nobili del mondo. Ci appelliamo agli arabi ed ai musulmani a livello pubblico e ufficiale e a tutti gli Stati che hanno a cuore la pace e la stabilità mondiale perché esercitino ogni sforzo possibile per liberare al-Quds (Gerusalemme) dall’occupazione sionista e per preservare la sua vera identità ed i suoi luoghi sacri islamici e cristiani. Terzo: La Resistenza Palestinese Il popolo palestinese, mentre è impegnato nella battaglia di autodifesa e di lotta per ripristinare i propri legittimi diritti nazionali in Palestina – nel suo significato e nella sua posizione geografica e storica – sta in realtà esercitando un diritto legittimo approvato e reso necessario dalle missioni divine, dalle leggi internazionali, dai codici e dalle norme umani. Tale diritto include la resistenza in tutte le sue forme – prima fra tutte la resistenza armata – e con tutti i mezzi che le fazioni della resistenza palestinese sono in grado di utilizzare, in particolare in queste condizioni di squilibrio di forze a vantaggio dell’entità sionista, che è armata con le armi di distruzione più avanzate, usate per uccidere, attaccare e distruggere. Questi tentativi hanno costituito una prova evidente che non lascia spazio a dubbi, durante tutto il processo di lotta e di scontro tra la nostra nazione e l’entità sionista sin da quando ha usurpato la Palestina fino ad oggi. L’importanza e l’efficacia della scelta di resistenza ğihādista e la lotta armata contro le aggressioni per liberare le terre, ripristinare i diritti e raggiungere un equilibrio che colmi il divario di superiorità strategica attraverso il bilanciamento imposto dalla resistenza sfruttando le capacità disponibili, la forza di volontà e la determinazione nel campo di battaglia. La miglior prova di ciò sono le vittorie conseguite dalla resistenza in Libano e le conquiste militari e morali che hanno segnato tutto il suo processo ğihādista, in particolare costringendo i sionisti a mettere in scena nel maggio 2000 un massiccio ritiro israeliano dalla maggior parte dei territori libanesi occupati ed il fiasco assoluto dell’esercito sionista nel corso dell’aggressione del luglio 2006, momento in cui la resistenza ha ottenuto una vittoria divina, storica e strategica che ha cambiato radicalmente la forma della lotta ed ha inflitto una sconfitta al nemico israeliano, la prima del suo genere, dato che ha spazzato via la leggenda dell’esercito imbattibile. L’altra prova è ciò che ha ottenuto la resistenza in Palestina: conquiste successive che sono iniziate con il tentativo di rivoluzione palestinese, la scelta della resistenza armata che ha adottato la prima e la seconda Intifada, fino a costringere alla ritirata l’esercito israeliano nel corso del totale ritiro dalla striscia di Gaza nel 2005, un ritiro incondizionato, non conseguente ad alcuna trattativa ne accordo e privo di alcun risultato politico, geografico o a livello di sicurezza. Quella è stata la prima grande (a livello geografico) vittoria sul campo di questo tipo. Il significato del fatto che la resistenza in Palestina sia stata la prima a costringere ad un ritiro israeliano, dovuto alla resistenza all’interno dei confini storici della Palestina, è molto importante a livello strategico nel processo di lotta tra noi e l’entità sionista. Per di più, la brillante fermezza del popolo palestinese in lotta e la sua resistenza a Gaza contro il nemico sionista nel 2008, sono una lezione per le generazioni a venire e un avvertimento per gli invasori e gli aggressori. Se questa è stata l’efficienza della resistenza in Libano e Palestina, qual è stata l’efficienza della scelta dei negoziati e degli accordi? Quali sono gli esiti, gli interessi ed i risultati ottenuti dai negoziati in tutte le loro fasi e attraverso tutti gli accordi conclusi? Non si riducono forse ad una maggiore arroganza ed egemonia israeliana, e maggiori condizioni, interessi e conquiste a vantaggio di Israele? Come abbiamo sottolineato il nostro sostegno permanente e fermo al popolo ed alla causa palestinese con i suoi dati storici, geografici e politici, così rimarchiamo definitivamente e decisamente il nostro sostegno e supporto a questo popolo ed ai movimenti di resistenza palestinesi ed alla loro lotta contro il progetto israeliano. Quarto: I negoziati per un accordo La nostra posizione nei confronti del processo di negoziazione e degli accordi prodotti dai negoziati di Madrid (l’“Accordo di Wadi ‘Araba”) con le sue appendici, degli “Accordi di Oslo” con le appendici e prima ancora dell’“Accordo di Camp David” con le sue appendici è sempre stata e sempre sarà quella di un rifiuto assoluto al principio stesso di un accordo con l’entità sionista che si basi sul riconoscimento della legittimità all’esistenza di questa entità e sulla rinuncia a suo favore delle terre che ha usurpato alla Palestina araba ed islamica. Questa nostra posizione è una posizione finale, definitiva e permanente, che non è oggetto di negoziazione o ritiro, anche se il mondo intero dovesse riconoscere “Israele”. Perciò, in nome della fratellanza e della responsabilità, ci appelliamo a tutte le autorità arabe perché si impegnino a rispettare le scelte del loro popolo, riconsiderando la scelta dei negoziati e rivedendo i risultati degli accordi conclusi con il nemico sionista, in modo da abbandonare in modo decisivo e definitivo il processo illusorio verso una soluzione di oppressione che viene falsamente chiamato “processo di pace”. In particolare coloro che hanno contrattato, credendo nel ruolo di partner o mediatori imparziali e giusti per il processo dei governi statunitensi succedutesi, hanno visto senza dubbio che questi sono venuti meno a tale ruolo, hanno esercitato pressioni su di loro o addirittura li hanno ricattati. Anche questa amministrazione statunitense ha dimostrato ostilità verso i loro popoli, le loro cause ed i loro interessi e si è schierata totalmente ed apertamente con il suo alleato strategico, l’entità sionista. Per quanto riguarda l’entità sionista, con cui ritengono di poter fare pace, essa ha dimostrato in tutte le fasi dei negoziati che non cerca ne auspica la pace. Piuttosto, sta sfruttando i negoziati per imporre le sue condizioni, promuovere la sua posizione, ottenere i propri interessi e rompere l’ostilità e il blocco psicologico dei loro popoli verso di sé. Per conseguire ciò, mira ad una aperta normalizzazione ufficiale e pubblica, che renda possibile la convivenza naturale e la sua integrazione nel sistema regionale e la imponga come uno status quo nella regione, che quindi la dovrebbe accettare e dovrebbe riconoscere la sua legittimità all’esistenza, dopo averle lasciato le terre palestinesi che ha usurpato. Perciò chiediamo, ci aspettiamo e ci auguriamo che tutti gli arabi e i musulmani, a livello ufficiale e pubblico, possano considerare nuovamente la Palestina e al-Quds (Gerusalemme) come la loro causa centrale, attraverso cui possano unirsi tutti ed impegnarsi a liberarla dalla abominevole ed oppressiva occupazione sionista. Ci auguriamo che espletino i loro obblighi religiosi, fraterni ed umani nei confronti dei loro santuari in Palestina e del suo popolo oppresso, che gli forniscano tutti i mezzi di sostegno per salvaguardare la fermezza del popolo palestinese, che gli consentano di proseguire nella sua resistenza e rifiutino e facciano fallire tutti i piani di normalizzazione con il nemico sionista e rispettino il diritto al ritorno per tutti i rifugiati palestinesi alle terre ed alle case da cui sono stati espulsi, rifiutino decisamente tutte le proposte alternative senza possibilità di accordi, risarcimenti o compensazioni, si attivino immediatamente per la revoca dell’assedio imposto al popolo palestinese ed in particolare dell’assedio totale sulla Striscia di Gaza e adottino la causa degli oltre 11 mila prigionieri nelle carceri israeliane e mettano in opera piani per liberarli. Conclusione Questi sono i nostri punti di vista e le nostre aspettative. Nel delinearli, abbiamo cercato di appellarci alla giustizia ed alla verità. Queste sono le nostre posizioni ed i nostri impegni. Abbiamo cercato, nel definirli, di essere delle persone leali, sincere e fiduciose nella giustizia, che parlano chiaro, difendono la giustizia e si sacrificano per ottenerla, fino al martirio. Noi non ci aspettiamo altro, nel farlo, che l’approvazione del nostro Creatore e Dio, il Signore dei Cieli e della Terra. Non ci aspettiamo che di migliorare il nostro popolo e la nostra nazione ed il loro benessere e la felicità in questo Mondo e nell’Aldilà. Iddio sa che non lo abbiamo fatto per competere per il potere o andare in cerca di profitti mondani. Solo per rilanciare la giustizia e battere la menzogna, per difendere i nostri schiavi oppressi e diffondere la giustizia nella Sua terra, in cerca della Sua approvazione e cercando di avvicinarci a Lui. Per questo i nostri martiri sono stati onorati con il martirio e per questo andiamo avanti e continuiamo la nostra lotta e il nostro ğihād, e Lui ci ha promesso uno dei due lieto fine: la vittoria o essere onorati dalla riunione con Lui, tinti del nostro sangue. La nostra promessa a Te, Nostro Signore, e a tutti i Tuoi schiavi oppressi è quella di essere sempre uomini e donne sinceri, che mantengono i loro giuramenti, ed attendono il loro compito fermamente e senza esitazioni.
Posted on: Wed, 06 Nov 2013 13:59:49 +0000

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